Abrogazione dell'oltraggio: quid iuris? (*)
L'articolo 18,
comma 1, della legge
25 giugno 1999, n. 205 ha, come è noto, abrogato l'art.
341 c.p. La disposizione, che non costituisce mera delega, è entrata
in vigore il 13 luglio 1999.
Nell'àmbito della mailing
list di Penale.it, già
durante il termine di vacatio legis, iniziava la discussione circa le
possibili conseguenze di tale abrogazione, un nodo dimostratosi soltanto apparentemente
semplice da sciogliere.
La pratica giudiziaria ha, poi, confermato l'importanza e la delicatezza del
tema.
Anzitutto, il "destino" degli oltraggi commessi prima del 13 luglio 1999 deve
valutarsi a seconda che sia intervenuta condanna irrevocabile o, all'opposto,
che il relativo procedimento sia ancora pendente, presso qualsiasi giudice della
cognizione, dunque anche presso la Suprema Corte.
Sembra opportuno considerare per prima quest'ultima eventualità per poi
occuparsi delle condanne irrevocabili.
1) Giudizi pendenti
A prima vista il legislatore pare abbia chiaramente regolato questo caso
con l'art. 19 della legge depenalizzatrice. (1)
"(Disposizioni transitorie in materia di perseguibilità a querela).
1. Per i reati perseguibili a querela, ai sensi delle disposizioni della presente
legge o dei decreti legislativi da esse previsti, commessi prima della data
di entrata in vigore della presente legge o dei citati decreti legislativi,
il termine per presentare la querela decorre dalla data predetta, se la persona
ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato.
2. Se è pendente il relativo procedimento, il giudice informa la persona
offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e
il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata."
Il problema centrale, a prescindere dalla pendenza o meno di un procedimento
di cui si dirà, si è dimostrato quello collegato all'estensione
da attribuire alla norma stessa.
Infatti, alcuni iscritti alla lista hanno fatto subito notare che l'oltraggio
non è divenuto in alcun modo perseguibile a querela, essendo, al contrario,
venuto del tutto meno per effetto della chiara abrogazione.
A precisazione di questa tesi si è aggiunto che sarebbe del tutto irrilevante
sostenere che i casi concreti potrebbero, ancora oggi, essere qualificati come
ingiurie o minacce (aggravate ex art. 61, n. 10), c.p.), reati perseguibili
a querela.
Il dato dell'abrogazione dell'oltraggio, ben diverso dal semplice mutamento
della procedibilità (fatto che si è verificato, ad esempio, per
effetto dell'art. 12 della stessa legge in relazione ad alcune ipotesi minori
di furto), rimarrebbe pur sempre un punto fermo che, secondo i sostenitori di
questa tesi, non potrebbe essere aggirato con alcuna interpretazione. In margine,
è stato, peraltro, sostenuta l'opportunità di una norma transitoria
che, però, il legislatore non ha inserito.
La logica conseguenza di questa tesi non potrà essere, allora, che l'assoluzione
con la formula "perché il fatto non è più previsto dalla
legge come reato" e non la restituzione nel termine per la querela.
Per completezza, va chiarito che tale soluzione sarebbe applicabile soltanto
ai casi regolati dal 2° comma del citato art. 19. Infatti, è lecito ipotizzare
che i nuovi procedimenti (anche relativi a fatti commessi prima della legge,
ma non iscritti a quella data) prevederanno contestazioni di ingiuria o minaccia.
E tale soluzione sarebbe ineccepibile.
Durante la discussione è giunta al sito, inviata da un iscritto alla
lista, un'ordinanza del Tribunale
di Arezzo che, pur occupandosi di una condanna irrevocabile, ha fornito
la spunto per un maggiore approfondimento di tutte le conseguenze dell'abrogazione
de qua.
Incidentalmente, va evidenziato sin d'ora che tale provvedimento ha optato per
la mera abrogazione dell'oltraggio, escludendo, dunque, una qualsiasi successione
di leggi penali nel tempo.
Dal canto suo, invece, la Corte di Cassazione si è già espressa
più volte in relazione ai procedimenti pendenti.
Il primo provvedimento, una
sentenza della VI Sezione Penale, risale proprio al giorno dell'entrata
in vigore della depenalizzazione ed ha annullato senza rinvio una condanna per
oltraggio rilevando la non procedibilità dell'azione penale per difetto
di querela. Come già evidente in questa soluzione, la Cassazione ha,
però, espressamente derubricato l'oltraggio nel reato di ingiuria. Cosa
che ad alcuni iscritti alla lista è parsa incoerente.
Già dal giorno seguente, comunque, un'ordinanza
della III Sezione Penale della Corte ha invertito questo primissimo orientamento.
Anche in questo caso è stata tenuta ferma la citata derubricazione. La
Cassazione ha, infatti, sottolineato la presenza di valori, propri del nostro
codice penale, incompatibili con un'ipotetica semplice depenalizzazione dell'oltraggio
ed una riduzione a mero illecito civile o amministrativo. Contestualmente, è
stata ricordata la "componente", per così dire, "ingiuriosa"
dell'oltraggio.
Ma l'ingiuria è un pur sempre un reato perseguibile a querela, motivo
per cui la Cassazione ha ritenuto che l'art. 19 fosse applicabile anche ai fatti
che, per effetto della legge, avessero semplicemente mutato qualificazione giuridica.
E ciò malgrado la legge sembri riferirsi ai soli reati modificati, nella
procedibilità, dalla legge 205/99.
2) Condanne irrevocabili
Non meno complesso si è dimostrato il caso di condanne per oltraggio
divenute irrevocabili.
La prima tesi proposta in lista è stata quella dell'abolitio criminis
in applicazione dell'art. 2, comma 2, c.p. Le argomentazioni a sostegno si sono,
in un primo momento, fondate sulla semplice (per alcuni semplicistica) osservazione
che il reato è stato abrogato. Donde l'impossibilità di "andare
oltre" la lettera della legge sostenendo una qualche successione di leggi penali
nel tempo.
Tale primo orientamento ha trovato conforto nella citata pronuncia
del Tribunale di Arezzo la quale, sulla scorta di una certa giurisprudenza
costituzionale, ritiene, tra l'altro, che l'oltraggio non possa essere assimilato
alla comune ingiuria e che, dunque, la seconda non possa essere considerata
semplice "componente" del primo.
A tale impostazione è stata subito opposta quella che, al contrario,
ritiene l'applicabilità proprio della successione di leggi penali nel
tempo con il limite, previsto dal comma 3 dell'art. 2 c.p., della condanna irrevocabile.
In buona sostanza l'effetto abrogativo della legge non potrebbe far cadere nel
nulla il fatto, essendo, anzi, necessario verificare se la stessa condotta,
un tempo censurabile come oltraggio, mantenga comunque i caratteri dell'illiceità
penale pur per una diversa norma di legge. Sarebbe, dunque, necessaria un'indagine
sul fatto concreto, approccio sostanzialmente adottato dal Corte
di Assise di Appello di Genova.
Il punto di partenza di questa tesi vanta, paradossalmente, il medesimo supporto
delle argomentazioni opposte.
In sostanza, occorrerebbe guardare alla più recente giurisprudenza costituzionale
(2) la quale ha sostenuto chiaramente la "plurioffensività"
dell'oltraggio, composta anche dai medesimi elementi che caratterizzano l'ingiuria.
Sicché, tale rapporto di specialità - che, per la verità,
è stato addirittura definito di "omogeneità" - dovrebbe necessariamente
condurre a riconoscere una vera e propria successione di leggi penali nel tempo
ai sensi del 3° comma dell'art. 2 c.p.
Peraltro, è stato pure detto che, in verità, la riconduzione,
fatta dal citato giudice merito, ai reati di ingiuria o oltraggio (pur aggravati)
avrebbe dovuto condurre alla conseguenza esattamente opposta (rigetto dell'istanza
di revoca) rispetto alla decisione finale risultante dall'ordinanza.
Non v'è chi non veda quanto queste argomentazioni siano sostanzialmente
in linea con l'orientamento della Suprema Corte di cui si diceva sopra che,
pur trattando sempre il tema dei procedimenti pendenti, ha inequivocabilmente
sostenuto la successione tra oltraggio e ingiuria, fenomeno che, infatti, può
comportare l'applicazione della legge più favorevole soltanto nei casi
di procedimenti pendenti.
Da ultimo, però, la
Suprema Corte, con una sentenza
molto articolata confermata anche successivamente dalla stessa
VI Sezione Penale, sembra avere definitivamente stabilito la possibilità
di revoca delle condanne definitive in tema di oltraggio.
Questi, in sintesi, i principi
fissati dalla VI Sezione Penale:
- il terzo comma dell'art. 2 c.p. (nella sua interpretazione letterale) è
applicabile soltanto nell'ipotesi di legge posteriore a quella abrogata che
sanzioni in modo più lieve il fatto-reato;
- ne consegue l'impossibilità di espansione di leggi coeve a quella abrogata
e che sarebbero state applicabili in assenza della seconda (in applicazione
dell'art. 2, comma 2, c.p.);
- il diverso avviso farebbe sorgere dubbi di conformità alla Costituzione
con riferimento al principio di irreroattività espresso dall'art. 25
Cost.;
- ad ogni modo, il fenomeno dell'espansione di leggi coeve contrasterebbe con
l'abrogazione stessa, in sostanza con la volontà del legislatore;
- d'altro canto, se fosse possibile la suddetta espansione in sede di cognizione,
la norma coeva sarebbe applicata senza l'esercizio dell'azione penale, dunque
in contrasto con l'art. 112 Cost.;
- il terzo comma dell'art. 2 c.p. è, invece, applicabile soltanto qualora
la legge abrogante fissi, esplicitamente, una "continuità"
della tutela dei valori già perseguiti dalla legge abrogata, caso, che
invero, non rientra negli schemi della vera abrogazione, ma, appunto, in quelli
della continuità pur espressa attraverso diverse norme;
- il caso di specie si è presentato con la riforma del 1990 che aveva
abrogato l'art. 324 c.p., ma aveva parzialmente riprodotto, nel nuovo art. 323
c.p., i precetti e le sanzioni della prima;
- tale continuità non si può scorgere nell'abrogazione dell'art.
341 c.p.;
- donde, la revoca della condanna in giudicato e, per ciò che riguarda
i procedimenti pendenti, la non perseguibilità dei fatti (posti in essere
prima dell'abrogazione) ora astrattamente inquadrabili nei sopravvissuti reati
di inguiria o minaccia.
Va comunque segnalato il diverso e costante orientamento difforme di altri Uffici.
Per tutti, v. l'ordinanza 23 maggio 2000 del
Tribunale di Siena.
A cura dell'avv. Daniele Minotti, Genova - Rev. 2.3 - maggio 2000 (riproduzione riservata)
(*) Provvedimenti
e atti presenti sul sito in tema di abrogazione dell'oltraggio
-
Cass., Sez. VI Pen., Sentenza
13 luglio - 5 agosto 1999, n. 1318
- Cass., Sez. III Pen., Ordinanza
14 luglio - 24 settembre 1999, n. 2808 bis
- Cass., sez. VI Pen., Sentenza
28 gennaio - 10 febbraio 2000, n. 518
- Cass., Sez. VI Pen., Sentenza 5
aprile - 3 maggio 2000, n. 1641
- Corte di Assise di Appello
di Genova, Ordinanza 28 settembre-13 ottobre 1999
- Corte di Appello di Genova,
Sezione Feriale Penale, Ordinanza 13 agosto 1999
- Corte di Appello di Genova,
Sezione II Penale, Ordinanza 25-27 ottobre 1999
- Corte di Appello di Cagliari,
Sezione Penale, Ordinanza 7-13 dicembre 1999
- Tribunale Penale di Arezzo,
Giudice Monocratico, Ordinanza 29 luglio 1999
- Tribunale Penale di
Genova, Sez. II, Ordinanza 1°-20 ottobre 1999
- Pretura di la Spezia, Sentenza
10-19 novembre 1999
- Tribunale di Siena, Sentenza 23 maggio 2000
- Procura della Repubblica di
Genova, Istanza ex art. 673 c.p.p. 13 luglio 1999
- Procura della Repubblica
di Chiavari, Ricorso per cassazione 16 ottobre 1999
- Ricorso per cassazione 21
agosto 1999 avv. Giovanni Ricco, Genova
(1) Si noti che la disposizione è identica all'art. 99 legge 24 novembre 1981, n. 689.
(2) Si tratta della nota sentenza costituzionale 25 luglio 1994, n. 341 che ha dichiarato l'illegittimatà della pena detentiva minima edittale allora fissata in sei mesi. La sentenza è pubblicata in Giur. Cost., 1994, 2802 e ss. In Rete, dal sito Consulta Online, direttamente all'indirizzo http://www.giurcost.org/decisioni/1994/0341s-94.html.