Tribunale di Arezzo,
Ordinanza 29 luglio 1999

TRIBUNALE DI AREZZO

Il Giudice Penale dr. Giampiero Borraccia in qualità di giudice dell'esecuzione;
sull'istanza di revoca parziale ai sensi dell'art. 673 c.p.p. della sentenza 10.2.1999 a carico di ***** relativamente alla condanna per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale;
sciogliendo la riserva di cui al verbale del 28.7.99;
letti gli atti e sentite le parti;
ritenuto che il Giudice dell'esecuzione, in sede di istanza ai sensi dell'art. 673 c.p.p. debba valutare se la fattispecie per cui vi è stata condanna, passata in giudicato, non è più prevista dalla legge come reato;
osserva quanto segue:
- l'art. 18 della l. 25 giugno 1999 n. 205, che ha abrogato l'art. 341 c.p., è di immediata applicazione sebbene contenuto nella legge di delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori (il precetto non ha bisogno di ulteriore legificazione e comunque rientra nella parte della legge relativa alle modifiche al sistema penale);
- tale innovazione legislativa deve essere valutata alla luce dei principi della successione della legge nel tempo (art. 2 c.p.), al fine di verificare se vi sia stata semplice abolitio criminis o successione di leggi nel tempo (con conseguente applicabilità del 2° o 3° comma dell'art. 2 c.p.)
- sul punto appare condivisibile l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di legge sopravvenute, ai sensi dell'art. 2 c.p., non è sufficiente che queste siano più favorevoli
all'imputato in astratto, ma occorre che lo siano altresì in concreto, ossia non soltanto sulla base della mera comparazione fra le due normative succedutesi nel tempo, ma anche confrontando i risultati che deriverebbero dalla effettiva applicazione di esse alla fattispecie concreta" (Cass., sez. I, 18.5.94, Arata; ma cfr. anche Cass. sez. III, 15.12.95, Misconel;
Id., sez. V, 9.11.93, Imperatore; Id. 30.5.95, Cosco; Id. 4.11.82, Colantonio; Id. 11.2.81, Blotto; Id. 4.3.80, D'Ambrosio);
- all'imputato è stata contestato l'art. 341 c.p. "perché con un'unica azione offendeva l'onore ed il prestigio dei pubblici ufficiali V. Sov. Fiori e Ass.te Clementino rivolgendo loro le seguenti espressioni:
"Poliziotti di merda, tanto appena posso sparo a tutti, a te specialmente bastardo"" ;
- tale condotta, a parere di chi scrive, appare riconducibile nelle fattispecie della minaccia (art. 612 c.p.) e dell'ingiuria (art. 594 c.p.) il cui trattamento (sia sul piano sanzionatorio che su quello della procedibilità - trattasi di fattispecie perseguibili a querela, mentre l'oltraggio lo era di ufficio) appare più favorevole al reo sia in astratto che in concreto, tenuto conto anche della continuazione tra le fattispecie;
- al fine di decidere occorre verificare se tra la abrogata fattispecie di oltraggio e quelle di cui agli artt. 594 e 612 c.p. ricorra o meno rapporto di specialità, poiché nel primo caso si avrebbe vera e propria successione di legge nel tempo per riespansione di fattispecie preesistenti, nel secondo ricorrerebbe il caso di semplice abolitio criminis;
- appare utile a tale scopo richiamare l'orientamento della Corte Costituzionale (ord. n. 134/1983) secondo cui con le fattispecie di cui agli art. 594 e 341 c.p. "si e' inteso tutelare beni giuridici ben diversi, giacche' nell'una sono presi in considerazione l'onore e il decoro del privato cittadino mentre nell'altra e' protetto il prestigio della pubblica amministrazione nel suo funzionamento attraverso l'opera dei pubblici ufficiali (Sentenze n. 22/1966; 109/1968; 51/ 1980 e Ord. 20/1983), che,
percio', non puo' essere accolta l'opinione., secondo cui l'oltraggio sarebbe nient'altro che un'ingiuria aggravata dalla qualita' di pubblico ufficiale della parte offesa";
- tale ragionamento può anche estendersi all'ipotesi aggravata di oltraggio mediante minaccia in relazione alla fattispecie di cui all'art. 612 c.p.;
- pertanto può escludersi che tra l'abolita fattispecie di cui all'art. 341 c.p. e quelle di cui agli art. 594 e 612 c.p. ricorra rapporto di specialità e conseguentemente che a seguito della abrogazione del primo
reato la fattispecie debba automaticamente ricondursi negli illeciti ancora vigenti (nulla vietava evidentemente, in presenza di querela, la contestazione illo tempore di tutte le fattispecie in concorso tra loro - tesi questa peraltro sostenuta in dottrina anche se priva di riscontri giurisprudenziali);
- può ritenersi in definitiva che nel caso di specie la condotta contestata non sia prevista più dalla legge come reato e che il ricorso debba essere sul punto accolto;
- giova peraltro precisare che non deve trovare applicazione la norma di cui all'art. 19, comma 2, l. n. 205/99 il quale prevede l'informativa alla persona offesa del reato della facoltà di esercitare il diritto di querela con conseguente remissione in termini per tale adempimento, e ciò per una serie di motivi:
a) la norma trova applicazione solo per i procedimenti pendenti e non anche per quelli per cui la sentenza è passata in giudicato;
b) la norma si riferisce a quei reati "perseguibili a querela, ai sensi delle disposizioni della presente legge" (205/99) e pertanto solo a quelli per i quali è cambiato il tipo di procedibilità (ad es. per il furto semplice);
c) la querela, secondo la prospettazione già evidenziata, poteva essere sporta già prima della abrogazione del reato di cui all'art. 341 c.p. e pertanto non si giustificherebbe una eventuale remissione in termini.
Rilevato che con la sentenza per cui si chiede la revoca parziale è stata comminata la pena di mesi 10 di reclusione così determinata: pena base per il reato di cui all'art. 337, aumentata di 1 mese ex 339 c.p., aumentata di 1 mese ex art. 81 c.p. ed ulteriormente aumentata per la continuazione relativamente all'art. 341 c.p.p., pena diminuita ex art. 444 c.p.p.;
ritenuto di conseguenza che, attesa la depenalizzazione della fattispecie anzidetta, debba detrarsi dalla pena finale quella conseguente alla applicazione dell'aumento per la continuazione proporzionalmente diminuita per il rito premiale (mesi 2 di reclusione - 1/3 = giorni 40 di reclusione);
ritenuto che la pena debba rideterminarsi in mesi 8 e giorni 20 di reclusione;
rilevato che l'imputato ha iniziato a scontare la pena dall'8.4.99 e che a tutt'oggi non si è esaurito il periodo di detenzione considerata anche la detrazione operata con il presente provvedimento;
visto l'art. 673 c.p.p.;

P.Q.M.

revoca parzialmente la sentenza del Pretore di Arezzo del 10.2.99 a carico di ***** nella parte in cui applica la pena di mesi due di reclusione per il reato di cui all'art. 341 c.p. poiché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e conseguenzialmente, tenuto conto della riduzione della pena ex art. 444 c.p.p., ridetermina la pena complessiva di cui alla sentenza in mesi 8 e giorni 20 di reclusione;
rigetta l'istanza di scarcerazione;
manda alla cancelleria per la comunicazione alle parti e al difensore ai sensi dell'art. 666, comma 6, c.p.p. e per gli adempimenti di cui all'art. 193 disp. att. c.p.p..

Arezzo, 29/07/99
Il Giudice dell'Esecuzione
(dr. Giampiero Borraccia)

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