Corte
di Appello di Genova - Sezione Feriale Penale
Ordinanza 13 agosto 1999 (*)
LA CORTE
DI APPELLO DI GENOVA
Sezione Feriale Penale
Composta dai
sottoindicati magistrati riuniti in camera di consiglio:
dr. Mario Luigi Giacobone - Presidente
dr. Franca Carpinteri - Consigliere
dr. Maria Teresa Bonavia - Consigliere
Vista la richiesta
proposta in data 14 luglio 1999 dal Procuratore generale di revoca della sentenza
di condanna per il delitto di cui all'art. 341 c.p., abrogato dalla legge 25.6.1999
n. 205, nei confronti di:
Tizio.
Viste le richieste subordinate di citazione della persona offesa al fine di
raccogliere l'eventuale querela o alternativamente di sollevare questione di
legittimità costituzionale dell'art. 19 L. 205/99 per la omessa previsione
di una norma transitoria che legittimi il giudice dell'esecuzione a consentire
l'eventuale proposizione di querela alla persona offesa, con conseguente disparità
di trattamento tra la situazione di chi abbia un procedimento in corso e di
chi sia gi... stato condannato con sentenza in via definitiva;
Sentito il P.G. all'udienza camerale del 12/8/99 che ha modificato la richiesta
principale di cui all'incidente di esecuzione proposto il 14.7.1999, concludendo
per la non revocabilità della sentenza e mantenendo in via subordinata
le altre richieste;
Sentito il difensore di Tizio, il quale ha chiesto la revoca della sentenza
ai sensi dell'art. 673 c.p.p. e il rigetto della questione di legittimità
costituzionale sollevata dal Procuratore Generale;
osserva
L'art. 18, comma
1ø, della legge 205/99 ha statuito l'abrogazione del reato di oltraggio
di cui all'art. 341 c.p.
Il semplice dato normativo dell'abolitio criminis del reato di oltraggio non
comporta necessariamente e automaticamente l'applicazione dell'art. 2, comma
2°, c.p., in forza del quale "nessuno può essere punito per
un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato, e, se vi
è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali".
Se, ad esempio, un fatto previsto come reato viene degradato a illecito amministrativo,
è pacifica l'intervenuta irrilevanza della condotta sotto il profilo
penale, con conseguente applicazione del secondo comma dell'art. 2 c.p. per
non essere il fatto più previsto dalla legge penale come reato.
Diverso è il caso in cui, nonostante l'abolizione della norma incriminatrice,
il fatto continua ad avere i connotati dell'illiceità penale, prevista
da altra disposizione di legge.
La Suprema Corte ha affermato che "...dal solo dato dell'abrogazione non
può dedursi che tutte le condotte precedentemente realizzate e rientranti
in quella disposizione sono divenute non punibili, ma occorre stabilire, ai
sensi dell'art. 2 c.p., se la condotta oggetto del giudizio continui a costituire
reato anche per la legge posteriore; solo in caso negativo, infatti, essa deve
essere ritenuta non punibile, ai sensi del 2° comma dell'art. 2 c.p., mentre
in caso positivo deve trovare applicazione il terzo comma dello stesso articolo..."
(Cass. Pen. Sez. V, 17.6.1992 n. 6997).
La sentenza sopra citata fa riferimento a una legge posteriore che disciplini
diversamente il fatto, ma la successione di leggi penali rientrante nella previsione
di cui al terzo comma dell'art. 2 c.p. non richiede necessariamente la formale
sostituzione di una disposizione di legge con un'altra, potendo accadere che
una norma venga abrogata e il fatto resti previsto come reato da una norma preesistente
(vds. Cass. Pen. Sez. V, 17.81990 n. 11495).
Nella fattispecie la condotta sanzionata come reato di oltraggio non ha perduto
ogni connotazione criminosa a seguito dell'abolizione della norma di cui all'art.
341 c.p., perché nella stessa sono ravvisabili tutti gli elementi costitutivi
del reato di ingiuria p. e p. dall'art. 594 c.p.
Il rapporto tra l'abrogato reato di oltraggio e quello di ingiuria era un rapporto
di specialità nel senso che l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico
ufficiale doveva avvenire a causa o nell'esercizio delle funzioni; in assenza
di tale nesso funzionale la lesione all'onore e al decoro della persona (il
prestigio non è altro che una forma qualificata di decoro discendente
dalle funzioni) costituiva il delitto comune di ingiuria.
Va, quindi, sottolineata l'identità degli elementi strutturali del fatto.
Il diverso trattamento sanzionatorio, abolito con la legge 205/99, era conseguente
alla ritenuta maggiore gravità dell'offesa diretta sia alla persona che
alla pubblica funzione. L'abrogazione dell'art. 341 c.p. ha reso punibile a
querela l'ingiuria a pubblico ufficiale, così come quella rivolta la
privato cittadino, non avendo più rilevanza la causa o l'esercizio delle
pubbliche funzioni.
La Suprema Corte a Sezioni unite (sentenza 27.6.1994 n. 7394) ha ritenuto ravvisabile
la successione tra fattispecie incriminatrici sulla base del criterio della
continenza; tale criterio è certamente ravvisabile tra l'abrogata fattispecie
di cui all'art. 341 c.p. e quella di cui all'art. 594 c.p. (gli elementi costitutivi
del reato di ingiuria erano ricompresi nella più ampia previsione del
reato di oltraggio, tra questi la necessaria presenza dell'offeso).
Essendosi verificata una successione di leggi penali ai sensi del 3° comma
dell'art. 2 c.p., osta all'applicazione della legge più favorevole sopravvenuta,
che comporta la punibilità come reato di ingiuria procedibile a querela,
dell'offesa a pubblico ufficiale, la preclusione della condanna passata in giudicato.
Le sentenza di condanna riportata da Tizio, già definitiva, non può
quindi essere oggetto di revoca ai sensi dell'art. 673 c.p.p., applicabile solo
quando il fatto non sia più previsto come reato e non quando il fatto
sia in astratto diversamente punibile.
Tale conclusione rende del tutto superfluo l'esame delle richieste subordinate
proposte dal Procuratore Generale, relative alla mancata previsione di una disposizione
transitoria atta a consentire la proposizione di querela da parte della persona
offesa.
P.Q.M.
Respinge l'istanza di revoca ai sensi dell'art. 673 c.p.p. della sentenza di condanna emessa nei confronti di Tizio in data 23.6.1997 dalla Corte di Appello di Genova in parziale riforma della sentenza 11.1.1994 del Pretore di Ventimiglia.
Genova 13.8.1999
(*) Su questo stesso sito è rintracciabile il ricorso per cassazione avverso la suestesa ordinanza.