Abrogazione dell'oltraggio e condanne irrevocabili: un ricorso per cassazione dalla Procura della Repubblica di Chiavari (*)

PROCURA DELLA REPUBBLICA
CHIAVARI

OGGETTO: Ricorso per Cassazione avverso la ordinanza con la quale il Giudice dell'Esecuzione presso il Tribunale di Chiavari in data 5.10.1999 disponeva la revoca della sentenza di condanna rectius applicazione pena emessa in data 21.11.1991 dal Pretore di Chiavari Sezione Distaccata di Rapallo a carico di ******* imputato in ordine al reato di cui all'art. 341 cp .
Lamenta questa Procura l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art. 606 l° comma lettera B) c.p.p.), osservando quanto segue.
L'art. l8 comma ,l° della Legge 205/99 ha statuito l'abrogazione del reato di oltraggio di cui all'art. 341 c.p.
Il semplice dato normativo dell'abolitio criminis del reato di oltraggio non comporta necessariamente e automaticamente l'applicazione dell'art. 2 comma II cp, in forza del quale "nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato, e, se vi sia stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali".
Se, ad esempio, un fatto previsto come reato viene degradato a illecito amministrativo, è pacifica l'intervenuta irrilevanza della condotta sotto il profilo penale, con conseguente applicazione del seconda comma dell'art 2 c.p. per non essere il fatto più previsto dalla legge penale come reato.
Diverso è, invece, il caso in cui, nonostante l'abolizione di una norma incriminatrice, il fatto continui ad avere i connotati dell'illiceità penale, prevista da altra disposizione di legge.
La Suprema Corte ha affermato che "... dal solo dato dell'abrogazione non può dedursi che tutte le condotte precedentemente realizzate e rientranti in quella disposizione sono divenute "non punibili, ma occorre stabilire, ai sensi dell'art. 2 cp, se la condotta oggetto del giudizio continui a costituire reato anche per la legge posteriore; solo in caso negativo, infatti, essa deve essere ritenuta non punibile, ai sensi del II comma dell'art. 2 cp , mentre in caso positivo deve trovare applicazione il terzo comma dello stesso articolo ... " (Cass. Pen. Sez. V, 17.6.1992 nr. 6997).
La sentenza sopra citata fa riferimento a una legge posteriore che disciplini diversamente il fatto, ma la successione di legge penali rientrante nella previsione di cui al terzo comma dell'art. 2 cp non richiede necessariamente la formale sostituzione di una disposizione di legge con un'altra, potendo accadere che una norma venga abrogata e il fatto resti previsto come reato da una norma preesistente (vds. Cass. Pen. Sez. V, 17.8.1990 nr. 11495).
Nella fattispecie, la condotta sanzionata come reato di oltraggio non ha perduto ogni connotazione criminosa a seguito dell'abolizione della norma di cui all'art. 341 c.p., perché nella stessa sono ravvisabili tutti gli elementi costitutivi del reato di ingiuria p. e p. dall'art. 594 cp.
Il rapporto tra l'abrogato reato di oltraggio e quello di ingiuria era un rapporto di specialità nel senso che l'offesa all'onore e al prestigio del pubblico ufficiale doveva avvenire a causa e nell'esercizio delle funzioni; in assenza di tale nesso funzionale la lesione all'onore e al decoro della persona (il prestigio non è altro che una forma qualificata di decoro discendente dalle funzioni) costitutiva il delitto comune di ingiuria.
Va quindi sottolineata l'identità degli elementi strutturali del fatto.
Il diverso trattamento sanzionzionatorio, abolito con la legge 205/99, era conseguente alla ritenuta maggiore gravità dell'offesa diretta sia alla persona che alla pubblica funzione.
L'abrogazione dell'art. 341 c.p. ha reso punibile a querela l'ingiuria a pubblico ufficiale, così come quella rivolta al privato cittadino, non avendo più rilevanza la causa o l'esercizio delle pubbliche funzioni.
La Suprema Corte a Sezioni Unite (sentenza 27.6.1994 nr. 7394) ha ritenuto ravvisabile la successione tra fattispecie incriminatrici sulla base del criterio della continenza; tale criterio è certamente ravvisabile tra l'abrogata fattispecie di cui all'art. 341 c.p. e quella di cui all'art. 594 c.p.; (gli elementi costitutivi del reato di ingiuria erano ricompresi nella più ampia previsione del reato di oltraggio: tra questi la necessaria presenza dell'offeso.
Essendosi verificata una successione di leggi penali ai sensi del III comma dell'art. 2 c.p., osta all'applicazione della legge più favorevole sopravvenuta, che comporta la punibilità come reato di ingiuria procedibile a querela dell'offesa a pubblico ufficiale, la preclusione della condanna passata in giudicato.
La sentenza di condanna rectius di applicazione pena riportata dal *******, già definitiva, non può quindi essere oggetto di revoca ai sensi dell'art. 673 c.p., applicabile solo quando il fatto non sia più previsto come reato e non quando il fatto sia in astratto diversamente punibile.
Alla luce delle considerazioni che precedono si chiede pertanto l'annullamento dell'impugnata ordinanza.
Chiavari, 16.10.1999
Il Procuratore della Repubblica
(Dr. Filippo Gebbia sostituto)

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