Tribunale di Firenze, in composizione monocratica,
Ordinanza 17 marzo 2000

TRIBUNALE DI FIRENZE

Il giudice, decidendo sulla questione preliminare di rito proposta dalla difesa degli imputati S. R. e S. R., sentito il parere contrario del P.M. e del difensore della parte offesa, A. A., osserva:
a) La difesa degli imputati, cui è ascritto il delitto di omicidio colposo, invoca l'applicabilità dell'art. 550 terzo comma C.P.P., sostituito dall'art. 44 della legge 16.12.1999 n. 479 il quale recita:
"Se il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall'art. 491, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero".
Sostiene il difensore che il reato per il quale si procede, essendo punibile con pena edittale massima di anni cinque di reclusione, A soggetto alla disciplina di cui agii articoli 405, 416 C.P.P. e, quindi, in base alle norme introdotte dalla Legge 479/99 di regola il P.M. deve richiedere il rinvio a giudizio degli imputati al giudice dell'udienza preliminare; nel caso di specie, che origina da un decreto di citazione a giudizio emesso e notificato anteriormente all'entrata in vigore della Legge n. 479/99, l'applicabilità della disposizione trova ragione nelle disposizioni transitorie del Decreto Legislativo n. 51/98. In alternativa, argomenta che l'effetto del decreto di citazione a giudizio non è reso indenne dalla disciplina introdotta dalla Legge n. 479/99.
b) Il P.M. e Il difensore della parte offesa deducono, invece, che l'art. 550 nuovo non è applicabile, in quanto il decreto di citazione a giudizio è stato emesso e notificato anteriormente alla data di entrata in vigore della Legge n. 479/99, quando, cioè, la disciplina invocata non era esistente, per cui esso non è invalido. Inoltre, il decreto di citazione. atto a struttura polifasica, è immune, per il principio "tempus regit actum", dagli effetti della modifica legislativa frattanto intervenuta.
In particolare, premesso che la Legge n. 479/99, introdotte le nuove regole, non ha disciplinato espressamente con apposite norme transitorie le situazioni sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, a parere dei resistenti non può farsi applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 219 e seguenti del D. Lgvo n. 51/98, perché per il principio "tempus regit actum" il decreto di citazione in giudizio ha esplicato validamente i suoi effetti nei confronti degli imputati secondo il regime vigente al momento della sua emanazione e notificazione, (avvenuta per entrambi i Sigg.ri S. il 29.12.99).
Ancora: ove si accogliesse l'eccezione, dovrebbe individuarsi, irragionevolmente, nel decreto di citazione emesso un vizio in rapporto ad una disciplina sopravvenuta, con conseguente regressione alla fase antecedente, viceversa validamente conclusa.

* * *

Queste, in estrema sintesi, le argomentazioni delle parti, si ritiene che l'eccezione della difesa degli imputati debba essere accolta, non disconoscendosi, peraltro, il differente orientamento seguito da altri giudici di merito, (es. Tribunale di Grosseto e Tribunale di Firenze).
1) In primo luogo, non convince la riconduzione della soluzione negativa alla teoria della teoria della natura polifasica del decreto di citazione a giudizio in quanto, se correttamente si esclude l'applicabilità dello jus superveniens quando l'atto, emesso, non ha ancora raggiunto lo scopo precipuo (es. il maggior termine di giorni sessanta di cui all'art. 552 terza comma, introdotto dalla Legge n. 479/99, rispetto a quello minore previgente), è evidente che non è questa la fattispecie concreta, dal momento che il decreto di citazione è stato emesso e notificato prima dell'entrata in vigore della Legge n. 479/99.
2) In secondo luogo ed in generale, la dottrina più attenta (cfr. S. Del Corso in Digesto delle discipline penalistiche. UTET), ha sottolineato che del principio "tempus regit actum" in campo processuale penale ne debba essere inteso il senso e ristretto l'ambito ai soli casi nei quali, in concreto, lo jus superveniens amplifichi le garanzie dell'imputato.
3) A parere del decidente, consentito il ricorso al principio "tempus regit actum" solo in chiave garantista, non è necessario verificare nel caso di specie in via interpretativa l'applicabilità della regola, in quanto altra e più esplicita è la strada per attingere la soluzione.
Difatti non è esatto ritenere che la Legge n. 479/99 costituisca corpus normativo autonomo ristretto al sistema processuale esistente al momento della sua entrata in vigore (2.1.2000), ed in specie al modello introdotto con il Decreto Legislativo n. 51/98.
Invero, per quanto si affermi (così il Tribunale di Grosseto) che dal lavori preparatori della legge n. 479 non emerga alcun riferimento al D.Lgvo n. 51/98, non è esatto affermare che la medesima non contenga alcun riferimento espresso alla disciplina transitoria del D.Lgvo n. 51, giacché, al contrario, con l'art. 56 della Legge n. 479 il legislatore del 1999 sì è preoccupato di adattare l'art. 223 del D.Lgvo n. 51 alla nuova disciplina del giudizio abbreviato, come introdotta dalla Legge n. 479, sopprimendo la necessità del consenso del P.M.
Tale intervento dimostra esplicitamente che il legislatore ha, da un lato, considerato qual era l'assetto processuale sul quale veniva ad incidere la novella, dall'altro, - e proprio intervenendo su una delle disposizioni transitorie del D.Lgvo n. 51 -, ha voluto espressamente che queste ultime costituiscano il corpus juris necessario per disciplinate i processi pendenti alla data del 2.1.1000.
Anche la scelta legislativa, di dare effettività alla novella nello stesso istante in cui trova compiuta attuazione e pieno vigore la riforma del Giudice Unico penale, appare sintomatica della volontà legislativa di innestare le modifiche introdotte con la Legge n. 479 all'interno di quel modello processuale.
Il predetto intervento legislativo sull'art. 223 è, dunque, indicativo della strada da seguire per risolvere la questione.
Nel caso concreto, allora, posto che con la notifica del decreto di citazione, agli imputati questi sono stati chiamati in giudizio alla presente udienza (vocatio in judicium), non essendo stato superato il limite di cui all'art. 484 - 492 C.P.P. per la proponibilità dell'eccezione di rito, il processo è "in corso", ma non è soggetto all'applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti secondo il dettato dell'art. 221 primo comma D.Lgvo n. 51, e sono, quindi, applicabili le norme introdotte dal predetto decreto e dalla Legge n. 479, che, come ritenuto, in quello si innesta, con conseguente applicabilità dell'art. 550 terzo comma C.P.P.
Dall'affermazione non consegue quella dell'invalidità del decreto di citazione a giudizio, che è stato emesso e notificato nel rispetto delle norme previgenti, essendo l'azione penale stata esercitata validamente, bensì soltanto il transito attraverso la trasmissione degli atti al P.M. - che noti potrebbe ritrattare l'azione -, al giudice dell'udienza preliminare, al quale viene demandata la decisione sul rinvio a giudizio o sulle istanze consentite alle parti in quella sede.

E' questo lo sviluppo procedimentale della eccezione degli imputati, la cui odierna eccezione di rito consente di discutere avanti al giudice dell'udienza preliminare la richiesta del P.M. di rinvio a giudizio avanti al Tribunale in composizione monocratica, oppure di imboccare la strada dei riti alternativi.
Proprio in applicazione dell'ambito garantista, nel quale inquadrare la regola "tempus regit actum", si osserva. altresì, che tale ultima facoltà sarebbe, invece, preclusa ai Sigg.ri S. ove si respingesse la loro eccezione, giacché:
1) al processo che oggi li riguarda non potrebbero appellarsi gli articoli 223 e 224 del D.Lgvo n. 51, in quanto tali disposizioni, presupponendo avvenuta già prima del 3.6.99 la dichiarazione di apertura del dibattimento, (di talché tali processi sono "in corso alla data di efficacia" del D.Lgvo n. 51 nelle parti non contemplate dall'art. 247 comma 2bis), consentono ugualmente, - per mera finalità deflattiva -, l'accesso al rito abbreviato "prima dell'inizio dell'istruttoria dibattimentale" ovvero l'applicazione della pena "nella prima udienza successiva e tale data";
2) L'imputazione ad essi mossa non contempla reati rientranti tra quelli per i quali, a termini dell'art. 550 primo comma e secondo comma novellato il P.M, esercita l'azione penale mediante citazione diretta a giudizio, con la conseguente possibilità dell'imputato di chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena ex art. 555 secondo comma novellato.
In sostanza, tralasciando i casi di processi penali aperti alla data del 3.6.99, che per l'art. 219 primo comma proseguono secondo le disposizioni previgenti e con la possibilità, anomala, di definizione consentita dagli artt. 223 e 224, il regime dei processi penali concernenti delitti con pena superiore nel massimo ad anni quattro di reclusione secondo l'art. 550 novellato, nei quali al 2.1.2000 non sia stato ancora dichiarato aperto il dibattimento, ai sensi dell'art. 221 secondo comma D.Lgvo n.51 sono regolati dalle norme processuali introdotte dal decreto medesimo e dalla Legge n. 479. Agli altri, invece, è applicabile direttamente il disposto dell'art. 555 secondo comma C.P.P.
La soluzione proposta appare armonica e bene inserita nell'assetto normativo esistente, al contrarlo dell'altra, la quale, precludendo l'applicabilità dell'ars. 550 terzo comma C.P.P. novellato, si espone al rilevante dubbio di costituzionalità per contrasto con gli art. 3 e 24 Cost., perché finisce per impedire all'imputato, se il delitto è punibile con pena massima superiore a cinque anni di reclusione, l'accesso al giudice dell'udienza preliminare cui sottoporre la richiesta di proscioglimento ovvero l'istanza dei riti alternativi, così trattando differentemente gli stessi casi concreti in ragione della sola circostanza della celebrazione della prima udienza avanti al giudice, se anteriore al 3.6.99 o successiva al 2,1.2000; ed ancora al dubbio di violazione dell'art. 25 primo comma Cost., venendo l'imputato ad essere sottratto al giudice dell'udienza preliminare, al quale solo spetta la pronuncia di non luogo a procedere.

P. Q. M.

il giudice, accogliendo l'eccezione ex art. 550 terzo comma C.P.P., come sostituito dall'art. 44 della Legge 16.12.1999 n. 479, sollevata dal difensore degli imputati S. R. e S. R., ordina la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero.
Così deciso in Firenze, il 17 marzo 2000.

IL GIUDICE
dott. Gaetano Magnelli

[torna alla primapagina]