Daniele Minotti, Cambiano le norme penali sul diritto d'autore? Il ddl C4953

Ci prepariamo ad una moltiplicazione e ad aggravamento delle ipotesi di reato previste dalla legge sul diritto d'autore? Parrebbe proprio di sì, almeno nelle intenzioni del passato Governo che ormai quasi un anno fa, nel silenzio dei media, ha presentato il disegno di legge n. C4953 Modifiche e integrazioni delle leggi in materia di diritto d'autore.
Tra i vari argomenti trattati, ritengo meriti particolare attenzione quello del software abusivo definito, sotto il profilo penale, dall'art. 171 bis, l. 22 aprile, 1941, n. 633.
Il Governo ha, infatti, proposto poche modifiche alla norma capaci, però, di sconvolgere l'attuale assetto e rendere sostanzialmente irrilevanti i precedenti giurisprudenziali sin qui formatisi come, ad esempio, la ben nota sentenza del Pretore di Cagliari.
Secondo il ddl, l'attuale locuzione "a fini di lucro" dovrà fare spazio al ben più ampio dolo di "profitto", (1) mentre, addirittura, alle parole "a scopo commerciale" si dovranno aggiungere "o imprenditoriale".
Le conseguenze sono facilmente immaginabili (ed altrettanto criticabili).(2) L'introduzione del semplice dolo (specifico) di profitto consentirà di colpire comportamenti che, quanto a disvalore socio-penale, sono, quanto meno, casi di confine. Ad esempio, potrà essere condannato colui che deterrà un software senza trarne alcun vantaggio (rectius: accrescimento) patrimoniale, semplicemente risparmiando sull'acquisto della licenza.
Quanto allo scopo imprenditoriale, sembra potersi dire che si tratti, piuttosto, di una correzione di tiro tesa a rendere univoca l'interpretazione della norma.
E' nota la questione relativa alla presunta (e forse fondata) illegittimità della norma per eccesso di delega.(3) La direttiva comunitaria 91/250 aveva, infatti, reputato la necessità di punizione delle sole detenzioni effettuate "per la commercializzazione", locuzione che limiterebbe le condotte punibili ad ipotesi di future cessioni in un àmbito di scambio, appunto, commerciale (pure in "nero" o in "bundle" per rendere più allettante l'acquisto di hardware).
Ma il decreto legislativo che ha introdotto l'art. 171 bis dir. aut. (decreto legislativo 29 dicembre 1992, n. 518) si era espresso con la frase "a fini commerciali" evidentemente di più ampio respiro.
Fortunatamente, gli interpreti sembrano essersi resi conto di questa mancata corrispondenza, optando per una soluzione più restrittiva, più aderente al testo comunitario, superando gli evidenti imbarazzi di rango costituzionale.
La novità del ddl sposta, però, nuovamente la soglia di punibilità. Se, un domani, la proposta dovesse divenire legge, il semplice imprenditore che possedesse una copia abusiva di software (e salve le eventuali ipotesi di ricettazione) potrebbe essere punito con la stessa pena di un masterizzatore "professionista", certamente duplicatore a fini di lucro.
Resterebbero, comunque, al di fuori di questa previsione penale gli appartenenti a diverse categorie. Per citare qualche esempio: lavoratori autonomi, associazioni ed enti non commerciali. In altre parole, un commercialista non sarebbe ancora penalmente perseguibile.
Infine, va segnalata un'altra proposta decisamente rivoluzionaria (ma, allo stesso tempo, molto imbarazzante e opinabile). Si tratta di quella che segnerebbe la nascita di un vero e proprio "pentitismo elettronico", termine molto efficacemente coniato da Andrea Monti.(4)
Il testo, contenuto nell'art. 22 del ddl, si commenta da solo:
"Art. 171-nonies. - 1. La pena principale per i reati di cui agli articoli 171-bis, 171-ter e 171-quater è diminuita da un terzo alla metà e non si applicano le pene accessorie a colui che, prima che la violazione gli sia stata specificatamente contestata in un atto dell'autorità giudiziaria, la denuncia spontaneamente o, fornendo tutte le informazioni in suo possesso, consente l'individuazione del promotore o organizzatore dell'attività illecita di cui agli articoli 171-ter e 171-quater, di altro duplicatore o di altro distributore, ovvero il sequestro di notevoli quantità di supporti audiovisivi e fonografici o di strumenti o materiali serviti o destinati alla commissione dei reati".
Ancora una volta, dunque, la Giustizia italiana non potrà fare a meno di scendere a patti con la criminalità (che in molti casi di computer crimes od altre violazioni del diritto d'autore è realmente "organizzata"), mostrando debolezza e gestendo il Potere come merce di scambio in un accordo di tipo "contrattuale".

avv. Daniele Minotti - maggio 1999

[torna alla primapagina]


(1) Va detto, però, che la più recente giurisprudenza, segnatamente quella riguardante i reati riguardanti il gioco d'azzardo, tende sempre di più ad allargare il concetto di "lucro" con erosioni di quello di "profitto", purtroppo rischiando di annullare un distinguo che, pure, esiste nella legislazione ed è molto chiaro in dottrina.

(2) Chi scrive non è infatti convinto dell'efficacia del sistema penale contro i crimini informatici, preferendo sistemi sanzionatori di tipo civile o amministrativo. Per alcune riflessioni sul tema rinvio a http://www.interlex.com/inforum/minotti.htm.

(3) Per tutti, G. D'Aietti, La tutela dei programmi e dei sistemi informatici, in AA.VV., Profili penali dell'informatica, Giuffré, 1994, passim.

(4) Andrea Monti, Come cambia il diritto d'autore in Italia e in Europa, PC Professionale, n. 98, maggio 1999, pag. 210.