Pretura
di Cagliari
Sentenza 26 novembre 1996
PRETURA CIRCONDARIALE
DI CAGLIARI
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
II Giudice ha pronunciato la seguente sentenza nel procedimento penale nei confronti di XXX, imputat_ del reato di cui all'art. 171 L. 633/41 perché abusivamente duplicava a fini di lucro i seguenti programmi per elaboratore: MICROSOFT WORD - MICROSOFT EXCEL - MICROSOFT POWER POINT - MICROSOFT SCHEDULE - MICROSOFT ACCESS. Accertato in Cagliari in data 16-09-1996
In Fatto e in Diritto
Il 16 settembre 1996 personale del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza si recò in via XXXX, presso XXXXXXX. I verbalizzanti trovarono che la società utilizzava per lo svolgimento della propria attività commerciale (relativa, come si evince dal verbale, ad accertamenti catastali) tre personal computer: un Athena pentium 90, un Datastar 486, uno Staver 386. Essi accertarono altresi’, mediante l’uso del programma d'intercettazione Spaudit, che su tutti i personal era stato caricato il programma OFFICE della Microsoft (contenente i programmi Word, Excel, PowerPoint, Scbedule e Access ) nonostante XXXX fosse in possesso di una sola licenza d'uso relativa al programma OFFICE montato sul computer Athena. Da cio’ gli agenti dedussero che il programma era stato duplicato e caricato, a loro avviso illecitamente, sui computers Datastar e Staver e procedettero al sequestro del software contenuto nella memoria rigida delle ultime due macchine sul presupposto che la duplicazione del programma da parte del XXXXX costituisse violazione della norma di cui all'art. 171 bis della legge 22-4-1941. In data 8 novembre 1996 il P.M. presso questa Pretura, competente per il reato indicato, chiedeva la fissazione di un’udienza camerale per l’applicazione di pena concordata con l'indagata. Si ritiene doveroso rilevare che, sulla scorta degli atti allegati alla richiesta, dev'essere pronunciata immediatamente, ex art. 129c.p.p., sentenza di assoluzione de XXXXX poichè il fatto contestatole non costituisce reato per mancanza del fine di lucro richiesto nella fattispecie in esame per la punibilità della condotta tenuta dal XXXX. L'articolo 171 bis della legge sul diritto d'autore è stato introdotto con l'art.10 del decreto legislativo del 29 dicembre 1992, emanato in attuazione della Direttiva 91/250/CEE. Tale normativa ( in particolare l’articolo 1 del decreto citato ) ha riconosciuto, ai programmi per elaboratore il valore di opere letterarie ed artistiche e la conseguente meritevolezza della tutela offerta dalla Legge n°633 del 1941. Non è questa la sede appropriata per soffermarsi a riflettere sulla scelta operata dal Legislatore Italiano (uniforme d'altro canto a quella di numerosissimi altri Stati), preceduta comunque da una oramai consolidata giurisprudenza di legittimità e, in parte, dei giudici di merito univoche nel riconoscere ai programmi per elaboratore lo status di opera dell'ingegno, e ad apprestarne la conseguente tutela (per tutte si richiamano: Pretura Pisa 11 -4- 1984 e Corte di Cassazione, terza sezione, 24-11-1986). Si appalesa peraltro la necessità di soffermarsi sugli aspetti penalistici della norma incriminatrice. L'articolo 171 bis citato evidenzia, al pari delle fattispecie individuate dall’articolo 171, una chiara finalità sanzionatoria, di ulteriore tutela dell'opera dell'ingegno già dettagliatamente regolamentata dalle norme privatistiche. Con la sanzione penale si cristallizzano e si ribadiscono i valori già attribuiti dall'ordinamento alle opere dell'ingegno ed ai diritti su di esse spettanti ai Loro autori. L’articolo in questione ha la marcata finalità di garantire al titolare del programma i vantaggi economici che derivano dalla sua commercializzazione in contrasto netto e conflittuale con il diffuso fenomeno del commercio clandestino di programmi duplicati e contraffatti ( il cosiddetto campo dei computer crimes). La struttura della norma è composita e volta ad individuare in modo analitico le diverse condotte punibili. Si tratta con tutta evidenza di norma a più fattispecie o norma mista cumulativa, che prevede differenti condotte materiali punibili. L'articolo 171 bis individua le condotte sanzionabili nel duplicare programmi a scopo di lucro o (sapendo o avendo motivo di sapere che si tratta di copie illecitamente riprodotte) nell'importare, distribuire, detenere a scopo commerciale, nel concedere in locazione programmi o strumenti atti ad eludere i locks ossia i sistemi di protezione degli stessi software. Appare utile ad un inquadramento generale della norma porre in luce che le condotte consistenti nel duplicare i Programmi a fine di lucro e nel detenere programmi abusivamente riprodotti a scopo commerciale costituiscono con certezza, sotto il profilo della condotta, un’anticipazione del momento consumativo del reato rispetto alle altre fattispecie individuate (importazione, vendita, distribuzione e locazione ) esse sono in realtà inquadrabili come reati di pericolo, senza danno effettivo per il legittimo proprietario-produttore dell'opera e presentano dalle condotte di per sé non offensive in concreto degli interessi tutelati dalla norma. La duplicazione e la detenzione acquistano rilievo penale in tanto in quanto siano finalizzate rispettivamente al lucro ed alla commercializzazione. Tali condotte sono pertanto sanzionate solo se sorrette dal dolo specifico indicato. In particolare deve ritenersi che, di per se, la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun modo a fatto penalmente rilevante, ma è senza dubbio consentita dalla normativa attuale in tema di diritto d'autore. Ciò si ricava in primo luogo dall’art. 5 D.1.GS. n°518/92 che, nell'introdurre l'art.64 ter della L. n°633/1941, al secondo comma dello stesso non consente che si imponga al compratore il divieto di effettuare una copia di riserva del programma stesso. Ma ancor meglio si evince dall’articolo 68 della L 633/1941 che permette, ed anzi indica come libera la riproduzione di singole opere o loro parti per uso personale dei lettori (rectius fruitori) con il limite del divieto di spaccio al pubblico di tali beni onde logicamente evitare la lesione dei diritti di utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto sul l'opera. . Si può pertanto escludere che violi la fattispecie citata il soggetto, pubblico o privato che detenga per utilizzarla una copia abusivamente duplicata del programma. L’elemento che rende invece penalmente illecita la duplicazione é dato dal fine di lucro, dalla volontà diretta specificamente a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti garantirsi al titolare dei diritti sull’opera il vantaggio esclusivo di mettere in commercio il programma, e quindi di lucrarvi ( articolo 17 Legge sul diritto d’autore ) senza dover patire e subire danni da illecite concorrenze. Invero il fine di lucro connota tutte le fattispecie focalizzate dall'art. 171 bis, ma il suo significato dev'essere chiarito. Il termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell'acquisizione di uno o piu’ beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto, che ha un significato ben più' ampio. Il profitto può implicare sia il lucro: quindi l'accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, che la mancata perdita patrimoniale ossia il depauperamento dei beni di un soggetto. In altri termini nel profitto può rientrare anche la mancata spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un bene. Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l’accrescimento positivo del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso: Alla luce di quanto riportato si può concludere sostenendo che XXX, che svolgeva attività relativa ad accertamenti catastali su immobili ( come si legge dal verbale che indica che nella sua banca dati v'erano migliaia di visure catastali ) nel duplicare le copie del programma OFFICE della Microsoft e con l’utilizzarle esclusivamente per la sua attività non era mossa da fini di lucro, ma eventualmente di profitto, consistente nell'evitare la spesa necessaria ad acquistare le altre due copie del programma e pertanto non ha violato la fattispecie contenuta nella norma incriminatrice, perché nella condotta dalla stessa tenuta non è ravvisabile il fine di lucro. XXX dev’essere assolta perchè il fatto non costituisce reato, ferma restando la sua responsabilità sotto altri profili diversi da quello penalistico.
P.Q.M.
Visti gli articoli 171 bis L.n°633/1941 , 129 c p p
assolve
XXX dal reato ascrittole perchè il fatto non costituisce reato.
Cagliari 26-11-1996
IL GIUDICE MASSIMO DEPLANO
Depositato in Cancelleria oggi Cagliari, li 03 DIC. 1996