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 Lidia Anghinoni, Brevi considerazioni su Corte Costituzionale, Ordinanza 20 luglio 2011 (dep. 27 luglio 2011), n. 253

La Corte Costituzionale con ordinanza 27 luglio 2011 n. 253 si è espressa in relazione al rapporto di specialità della normativa di cui al decreto legislativo 133/2005 rispetto alla disciplina di cui agli articoli 208 “Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero di rifiuti” e seguenti del D. Lgs 152/2006.
Il Tribunale di Trieste ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’articolo 19 del D. Lgs 133/2005 “nella parte in cui contempla la sanzione congiunta dell’arresto e dell’ammenda e non invece le pene di cui all’articolo 16 del D. Lvo 59/2005 dell’arresto o dell’ammenda”. La questione prospettata dinnanzi al Tribunale riguarda una società commerciale dedita al trattamento di rifiuti di un impianto di incenerimento, a cui viene contestato sia lo svolgimento dell’attività di incenerimento di materiali, assimilabili ai rifiuti urbani, in assenza delle autorizzazioni, sia le condotte di superamento dei valori limite di emissione (articolo 19, comma 8, D. Lgs 133/2005), di protrazione dell’attività oltre il limite temporale fissato dall’articolo 16, comma 3, D L.gs 133/2005, di omissione della dovuta informazione alle autorità competenti circa l’avvenuto superamento di determinati limiti di emissione e di sospensione della registrazione dei valori inquinanti (articolo 19, comma 5, D. Lgs 133/2005). La difesa sollecita l’applicazione della disciplina sanzionatoria di cui all’articolo 16 D. Lgs 59/2005 (“Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento”) il cui contenuto, dopo l’abrogazione disposta dall’articolo 4, comma 1 lettera a ), del D. Lgs 29.06.2010 n.128, risulta trasfuso nell’articolo 29 quattuordecies del D. Lgs 152/2006. Il Tribunale rileva che, ai fini della individuazione del regime autorizzatorio dell’attività di incenerimento dei rifiuti, l’articolo 19 D. Lgs 133/2005 contiene un rinvio esplicito all’articolo 4 del medesimo decreto, e quest’ultimo richiama la disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), contenuta nel D L.gs 59/2005. Le disposizioni di cui agli articoli 16 D. Lgs 59/2005 e 19 D. Lgs 133/2005, secondo il Tribunale, considerano l’autorizzazione come “precondizione” per l’esercizio dell’attività di incenerimento dei rifiuti, dettando le sanzioni per l’ipotesi di esercizio in assenza di autorizzazione. La Corte Costituzionale sostiene che l’intera disciplina contenuta nel D. Lgs 133/2005, in materia di incenerimento di rifiuti, si pone in termini di specialità rispetto alla disciplina generale riguardante gli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, di cui agli articoli 208 e seguenti del D. Lgs 152/2006 e rispetto a quella riguardante i soli impianti di incenerimento di rifiuti urbani, sottoposti ad AIA, contenuta nel D Lgs 59/2005 oggi trasfusa nel Titolo III-bis del D. L.gs 152/2006.
Il D. Lgs 133/2005 stabilisce i requisiti degli impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti e le condizioni di esercizio degli stessi, rinviando al regime autorizzatorio previsto dalle richiamate disposizioni generali per la valutazione di conformità dei singoli impianti alle prescrizioni in esso contenute. La normativa speciale di cui all’articolo 19, commi 1 e 2, D. Lgs 133/2005 configura come reati contravvenzionali le condotte di esercizio e di impianti di incenerimento e coincenerimento dei rifiuti pericolosi e non, in assenza delle prescritte autorizzazioni, prevedendo, in entrambe i casi, la pena congiunta dell’arresto o dell’ammenda. L’articolo 16, comma 1, D Lgs 59/2005, ora articolo 29 quattuordecies D Lgs 152/2006, sanziona con pene alternative dell’arresto o dell’ammenda l’esercizio in assenza di autorizzazione integrata ambientale (AIA), delle attività di cui all’allegato VIII alla parte seconda del D Lgs 152/2006, tra le quali rientra quella svolta dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti dalla Direttiva 89/369/CE del 8.06.1989 del Consiglio (punto 5.2 dell’allegato). Il comma 10 dell’articolo 16 D. Lgs 59/2005 stabilisce che “per gli impianti rientranti nel campo di applicazione del presente decreto, dalla data del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, non si applicano le sanzioni, previste da norme di settore, relative a fattispecie oggetto del presente articolo”. Gli impianti rientranti nel campo di applicazione di cui all’allegato VIII del D. Lgs 152/2006, dalla data di rilascio dell’AIA, non sono soggetti all’applicazione delle sanzioni previste dalle norme di settore relative a fattispecie già disciplinate dall’articolo 16 D. Lgs 59/2005 (oggi articolo 29 quattuordecies D. Lgs 152/2006). In riferimento invece all’attività di incenerimento e coincenerimento di rifiuti urbani, in assenza di autorizzazione integrata ambientale (AIA), la specialità della norma di cui all’articolo 19, commi 1 e 2, D. Lgs 133/2005, impone l’applicazione delle più rigorose sanzioni in esso previste a seconda della tipologia di rifiuti. La scelta legislativa di sanzionare con particolare rigore l’attività di incenerimento dei rifiuti, in assenza di autorizzazione, non può dirsi, secondo la Corte, manifestamente irragionevole, attesa la necessità di garantire che lo svolgimento di tali attività sia effettuata nel rispetto delle condizioni di esercizio e nell’osservanza delle prescrizioni tecniche, dettate dal D Lgs 133/2005 "Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti” allo scopo di evitare o di limitare gli effetti negativi dell’incenerimento o coincenerimento di rifiuti sull’ambiente. In riferimento al caso trattato dal Giudice Monocratico di Trieste, la norma sanzionatoria applicabile dovrebbe essere individuata dal tipo di AIA e dalle altre autorizzazioni prescritte per l’incenerimento di rifiuti assimilabili a quelli urbani, speciali o pericolosi, quindi le norme contenute nel D Lgs 133/2005. 
avv. Lidia Anghinoni, agosto 2011
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