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 Silvio Riondato, Quadro di applicazione delle norme concernenti i reati di frode comunitaria

1. La cornice di diritto comunitario e dell'Unione europea
La frode che si riverbera direttamente o indirettamente a danno di interessi comunitari è fenomeno che da tempo è emerso come vistoso e preoccupante, tanto che il Parlamento europeo fin dal 1991 ha ritenuto che i trattati attribuiscano alla Comunità europea, per le materie di sua competenza, una potestà normativa penale da esercitare con direttive o regolamenti volti ad armonizzare la tutela penale degli interessi finanziari comunitari in seno ai diversi ordinamenti giuridici nazionali [1] . Al momento la lotta frode è obiettivo contemplato dall' art. 280 T.CE [2] e dal titolo VI del T.UE contenente disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
Il settore della politica agricola comune ha storicamente costituito il campo “ideale” per frodi e varie irregolarità [3] , che poi si sono estese a tutti i settori in cui si realizza l'impegno finanziario comunitario [4] , nonché tra l'altro il settore doganale e il settore tributario da cui, tra l'altro, la Comunità attinge il proprio sostentamento [5] , e il settore della moneta unica europea, l'euro [6] . L'esperienza ha dimostrato che le frodi più gravi si legano saldamente alla corruzione degli apparati pubblici, nazionali e comunitari [7] , in un quadro dominato dalla criminalità organizzata [8] .
Contro la frode, specie quella in sovvenzioni [9] , si sono diretti molteplici interventi della Comunità in ambito sanzionatorio. La tendenza è per ora quella di intervenire autonomamente e più incisivamente nel campo delle sanzioni punitive amministrative (siano esse poi applicate dalla Comunità oppure dagli Stati) [10] , e valersi invece degli Stati per il settore penale-criminale, peraltro non senza imporre vincoli, compresi obblighi di penalizzazione (di cui si dirà), nonostante continuino le resistenze contro il dispiegarsi delle competenze penali sovranazionali [11] .
De iure condendo , oltre agli esiti della Costituzione europea [12] , il “Corpus Iuris” è il progetto ambizioso di una parte generale penalistica e di una parte speciale rivolta alla tutela degli interessi finanziari sovranazionali [13] .
In ambito punitivo-amministrativo si è già formata una parte generale dell'illecito amministrativo comunitario, composta sia dal c.d. diritto non scritto, frutto dell'esperienza giurisprudenziale, sia, per quanto concerne il diritto scritto, da certi principi desumibili dalla legislazione comunitaria in tema di punizioni nei settori della concorrenza, della pesca, dell'agro-alimentare e altro, e soprattutto da un regolamento comunitario rivolto proprio a introdurre una parte generale concernente le sanzioni previste dalla normativa comunitaria a tutela degli interessi finanziari delle Comunità (Reg. Consiglio 18 dicembre 1995, 2988/95) [14] .
Tutta la parte generale comunitaria dell'illecito amministrativo è importante non solo ai fini della punizione amministrativa, compresa quella in ambito nazionale qualora si tratti di materie comunque collegate al diritto comunitario, ma anche in ambito penale-criminale, poiché è pacifico che principi del giure punitivo sviluppatisi sul versante amministrativo possano essere mutuati sul versante penale-criminale. A questa componente, si aggiungono, nel formare una parte generale penalistica, i principi di diritto penale (di diritto c.d. non scritto) manifestatisi nella giurisprudenza della Corte di Giustizia CE (legalità, irretroattività, personalità, proporzionalità, etc.) [15] , mentre tutta la Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali entra nel diritto comunitario ed è suscettibile di applicazione diretta .
Le norme penali italiane in materia di frodi con danno comunitario si iscrivono nel quadro che qui si va delineando. Di solito, al tema della frode comunitaria vengono ascritte le fattispecie previste dagli articoli 316 bis c.p. (Malversazione a danno dello Stato), 317 ter c.p. (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche), 2 legge 23.12.1986, n. 898 (frode FEOGA). E' un ambito di responsabilità penale delle persone fisiche . Vi è poi l'ambito della responsabilità c.d. “amministrativa” degli enti per reato, in cui ricadono sia la malversazione di cui all'art. 316 bis c.p., sia l'indebita percezione di erogazioni contemplata dall'art. 316 ter c.p., sia la truffa aggravata ex art. 640 bis c.p. (art. 24 decr. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che al riguardo prevede la sanzione pecuniaria e sanzioni interdittive) [16] .
Si tratta in ogni caso di fattispecie che espressamente considerano interessi patrimoniali e altri di origine comunitaria. Resta però inteso che di principio nulla ostacola la rilevanza di altre norme penali più generali o comunque diverse, in relazione a fatti che comunque offendano beni/interessi riconducibili alla Comunità europea o all'Unione europea. Anzi, la circostanza che l'interesse comunitario non sia nominato dalla fattispecie, o comunque non ne emergano dati esplicitamente intonati in senso comunitario, non esclude da sé che essa sia priva di un nesso di collegamento col diritto comunitario – si rammenta che il nesso di collegamento è imprescindibile ai fini della interferenza del diritto comunitario (anche) in ambito penalistico [17] . E' sufficiente che la norma sia suscettibile di essere interpretata e/o applicata in collegamento col diritto comunitario, come di seguito si dirà.
I principi che presiedono alla penalizzazione di interesse comunitario sono quelli affermati dalla Corte di Giustizia CE fin dalla sentenza c.d. del mais greco (o jugoslavo) del 1989 [18] e dalla sentenza Zwartveld del 1990 [19] , sulla base dell'obbligo di solidarietà comunitaria (art. 5 ora 10 T.CE): 1) Gli Stati devono perseguire con concreta adeguatezza sotto il profilo sostanziale e processuale le violazioni del diritto comunitario; 2) I termini della prevenzione sono prefissati, la tutela dovendosi attestare almeno sui livelli previsti per le violazioni del diritto interno simili per natura ed importanza (principio di assimilazione), e comunque su livelli tali da conferire alla sanzione un carattere di effettività, proporzionalità, capacità dissuasiva; 3) gli Stati sono obbligati ad adottare tutte le misure atte a garantire, se necessario anche penalmente, la portata e l'efficacia del diritto comunitario. Si apre così anche sul fronte dell'impulso alla penalizzazione un sindacato comunitario sulle scelte di penalizzazione degli Stati, che si affianca contrapponendosi a quello esperibile in base a principi comunitari penalistici di garanzia e libertà. Ciò vale anche in relazione alla necessità di una responsabilità penale della persona giuridica, eventualità emersa fin dalla sentenza Vandevenne del 1991 [20] .
Nella stessa prospettiva dell'interesse comunitario alla penalizzazione, la Corte di Giustizia ha da tempo indicato la necessità per il giudice penale di ricercare nel proprio ordinamento una sanzione “non simbolica” per le violazioni attinenti al diritto comunitario [21] . In questa prospettiva ben si inquadra, tra l'altro, la c.d. interpretazione conforme al diritto comunitario [22] . E' in definitiva da preferire un'interpretazione che assicuri tutela penale all'interesse comunitario.
Non meraviglia, quindi, che la legislazione penale nazionale sia vista dalla Corte di Giustizia come misura di esecuzione del diritto comunitario [23] . Può essere concepita come misura di esecuzione, quindi collegata al diritto comunitario, anche una norma penale preesistente rispetto al diritto comunitario in questione, sempre che il testo sia in grado di sorreggere l'interpretazione in tal senso [24] .
L'interpretazione conforme è altresì conseguenziale all'interpretazione sistematica che soprattutto si impone qualora le norme nazionali siano state adottate in esecuzione di specifici obblighi comunitari di penalizzazione, come per esempio nel caso dell'art. 316 ter c.p. (indebita percezione di erogazioni) che è stato introdotto dalla legge di ratifica di Convenzioni in tema di tutela di interessi finanziari CE e lotta alla corruzione di funzionari CE o stranieri (29 settembre 2000, n. 300), ove è espressamente previsto l'obbligo di fornire adeguata tutela penale in materia.
2. Profili di problemi interpretativi in tema di reati di frode comunitaria
L'economia del contributo consente di soffermarsi soltanto su alcuni tra i più importanti problemi.
Il primo riguarda la previsione del reato di indebita percezione di erogazioni a danno delle Comunità europee (art. 316 ter c.p.) e i suoi rapporti con il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.).
A prima vista, qualora l'indebita percezione di fondi si realizzi tramite artifici o raggiri, opera l'art. 640 bis c.p., compreso il caso in cui la truffa danneggi il FEOGA (i citati artt. 316 ter e 2 l . n. 898 contengono una clausola di sussidiarietà a favore dell'art. 640 bis c.p.). Sarà poi da stabilire se la truffa è aggravata nel senso che sussiste una circostanza aggravante oppure nel senso che si tratta di un più grave titolo autonomo del reato. Nel primo e più favorevole senso si sono pronunziate le Sezioni Unite [25] . Già però su questo problema potrebbe porsi una questione alla luce dei principi comunitari sopra esposti, qualora si ritenesse che la soluzione del diritto vivente fosse inadeguata rispetto alle esigenze preventivo-repressive comunitarie; si aprirebbe la via dell'interpretazione conforme al diritto comunitario, eventualmente previa proposizione di una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE.
Una questione c.d. in malam partem è stata posta soltanto alla Corte costituzionale e soltanto rispetto al trattamento più favorevole che tramite l'art. 316 ter sarebbe stato introdotto, contro il senso dell'obbligo comunitario di penalizzazione, per fatti che nel regime previgente gravitavano nell'orbita della truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.). In buona sostanza, al di là dei dati formali, l'art. 316 ter è suscettibile di essere interpretato nel senso che esso sottrae all'art. 640 bis certe condotte che pure sono qualificabili come artifici e raggiri ( ma la giurisprudenza ha preferito in genere affermare che in caso di frode comunitaria gli artifizi e raggiri richiedono un quid pluris rispetto alla mera falsità; ciò non è coerente con una lunga, pregressa tradizione giurisprudenziale che in generale riguardo alla truffa non è mai stata altrettanto attenta a distinzioni del genere). La Corte [26] ha risposto negativamente, peraltro con motivazione che pare del tutto formalistica, facendo leva sul carattere “aggiuntivo” dell'art. 316 ter , sulla clausola di salvezza per l'art. 640 bis c.p. Sarebbe opportuno riproporre la questione, nei congrui termini, alla Corte di Giustizia CE. In quest'ambito potrebbe valere inoltre una censura di proporzionalità/adeguatezza fondata sul rilievo che la pena detentiva edittale prevista dall'art. 316 ter c.p. è esattamente la metà di quella prevista dall'art. 640 bis c.p., senza che esista alcun fondamento ragionevole di un siffatto giudizio di molto minore gravità [27] : invero, ammessa pure la peraltro “esile” [28] linea di demarcazione tra le due fattispecie, altrettanto esile dovrebbe essere la diversificazione sanzionatoria, il che non è – si veda anche il regime della confisca ex art. 640 quater c.p.). Il trattamento punitivo parrebbe svelare definitivamente l'intenzione legislativa verso un favore che non è giustificato.
Beninteso, nulla vieta che, più incisivamente, in nome delle esigenze di punizione scaturenti dal diritto comunitario si imponga un'interpretazione che in definitiva sottragga all'art. 316 ter c.p. tutta o quasi tutta la sua operatività ( plus dixit quam voluit ), optando per la sussistenza del ridetto reato di truffa aggravata.
Il secondo punto riguarda i rapporti tra il menzionato reato di indebita percezione di erogazioni (art. 316 ter c.p.) e la c.d. frode FEOGA (art. 2 l . n. 898/1986), con riferimento alla condotta di omissione informativa, la quale è prevista nel primo caso ma non nel secondo. La dottrina [29] ha rilevato che, se ciò significasse l'operatività dell'art. 316 ter , inteso quale norma generale, allora la norma concernente la frode FEOGA perderebbe ogni utilità perché in definitiva sarebbe un doppione dell'art. 316 ter (resta però da verificare l'andamento della disciplina dell'illecito amministrativo, di cui si dirà in seguito). Se invece dovesse intendersi che l'omissione informativa nel caso FEOGA venga esclusa dall'incriminazione, allora vi sarebbe una irragionevole discriminazione.
Questa discriminazione può essere evitata tramite l'applicazione dei principi comunitari anzidetti, già rinunziando all'interpretazione discriminante perchè questa non è conforme al diritto comunitario sia in relazione allo specifico obbligo di penalizzazione da cui discende il citato art. 316 ter c.p., sia in relazione al principio di assimilazione per cui il bene comunitario deve godere almeno della stessa tutela penale di cui godono i beni nazionali.
Analoghi rilievi valgono in ordine alla disparità di trattamento che riguardo alle stesse due disposizioni si profilano in tema di sanzione amministrativa. La sanzione, che in entrambe le ipotesi è riservata ai casi meno gravi, non è però uniforme, né è sempre possibile in astratto valutare quale sia la più grave e quale la meno grave. Comunque, può darsi una disparità di trattamento del tutto irragionevole nonché irrazionalmente determinata.
Un terzo punto concerne l'ipotesi della “ritenzione illecita” di fondi erogati, rispetto alla quale la Convenzione del '95 esige la penalizzazione. La dottrina ricostruisce l'ipotesi poggiandola sull'ottenimento di fondi senza falsità od omissioni informative, fondi che tuttavia sarebbero trattenuti omettendo di comunicare ex post che l'erogazione a suo tempo effettuata non avrebbe dovuto realizzarsi o che comunque, per il sopraggiungere di nuove e diverse condizioni, non può più essere trattenuta [30] . L'art. 316 ter c.p. non comprende questo tipo di condotta. Pare arduo ricondurre l'ipotesi alla malversazione di cui all'art. 316 bis c.p. [31] , dato che non solo non si tratta propriamente di “non destinazione” ai fini di pubblico interesse, ma anche non è escluso che si dia una ritenzione che pur sia indebita e tuttavia si risolva nella destinazione ai fini pubblici – comunque, l'aggravamento sanzionatorio non sarebbe giustificato [32] . L'appropriazione indebita (art. 646 c.p.) può forse soccorrere in congrui casi, ma ancora una volta si constata un abbassamento ingiustificato del livello di tutela. Rimane quindi la lacuna nell'adempimento dell'obbligo convenzionale. Il principio di legalità, a partire da quello comunitario, non consente all'interprete di andare oltre questa costatazione. Ma se la Corte costituzionale fosse disposta ad entrare nel merito di questioni c.d. in malam partem proposte sulla scorta di obblighi comunitari di penalizzazione –come del resto ha fatto nel caso dianzi ricordato, pur concludendo negativamente - [33] , l'ipotesi della ritenzione illecita potrebbe rivelarsi un buon banco di prova.
Analoghi rilievi valgono in tema di illecito amministrativo, con riferimento al secondo comma dell'art. 316 ter c.p. e alla linea di discrimine tra illecito penale e illecito amministrativo. La dottrina [34] ha osservato che la norma non riflette il disposto convenzionale (art. 2 par. 2) secondo cui i casi di frode di lieve entità punibili con sanzione anche di natura non penale dovevano rispondere al duplice criterio sia dell'importo delle somme ottenute inferiore ad una data soglia, sia dell'assenza di <>. Al secondo corno il legislatore italiano non ha dato alcuna rilevanza, fissando il discrimine esclusivamente sull'ammontare degli importi indebitamente ottenuti, sicché nessun aspetto di particolare gravità è idoneo a a trasformare l'illecito amministrativo in illecito penale.
Concludo con un accenno, sempre in tema di illecito amministrativo, alla circostanza che l'illecito amministrativo di regola soggiace al regime per cui è punita anche l'ipotesi colposa. Un regime del genere non ha senso nelle nostre ipotesi che, alla luce dei dati di sistema, dovrebbero ritenersi esclusivamente dolose [35] .
Silvio Riondato - professore associato di diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova – novembre 2005
(riproduzione riservata)

* Testo, corredato di prime note, della Relazione all'Incontro organizzato a Venezia il 10 novembre 2005 dal C.S.M., Ufficio dei referenti distrettuali per la formazione decentrata dei magistrati, Corte di Appello di Venezia, "L'attività dell'OLAF (Ufficio di lotta antifrode della Commissione europea). La cooperazione con le autorità nazionali e la circolazione delle prove in ambito giudiziario". Ringrazio Giulia Donadi che ha collaborato all'attività preparatoria.
[1] Risoluzione sulla protezione giuridica degli interessi finanziari della Comunità europea (24 ottobre 1991), in GUCE 25 novembre 1991, C 305/106. Sul tema della competenza penale comunitaria v., volendo, RIONDATO, Competenza penale della Comunità europea. Problemi di attribuzione attraverso la giurisprudenza, Padova, 1996; Id., Profili di rapporti tra diritto comunitario e diritto penale dell'economia, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1997, 1135. Riguardo all'armonizzazione v., per tutti, BERNARDI, Strategie per l'armonizzazione dei sistemi penali europei, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2002, 787.
[2] L'art. 280 T.CE stabilisce: che la Comunità e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari della Comunità stessa mediante misure adottate a norma dello stesso articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri; che gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari; che, fatte salve altre disposizioni del trattato, gli Stati membri coordinano l'azione diretta a tutelare gli interessi finanziari della Comunità contro la frode, e a tale fine essi organizzano, assieme alla Commissione, una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti; che il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, previa consultazione della Corte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari della Comunità, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri (tali misure non riguardano l'applicazione del diritto penale nazionale o l'amministrazione della giustizia negli Stati membri); che la Commissione , in cooperazione con gli Stati membri, presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle misure adottate ai fini dell'attuazione di quanto testé esposto.
[3] GRASSO, Comunità europee e diritto penale, Milano, 1989, 17; MEZZETTI, La tutela penale degli interessi finanziari dell'Unione Europea, Padova, 1994, passim; PELLISSERO, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in Riv. it. dir. proc. pen., 1991, 922; RIZ, Diritto penale e diritto comunitario, Padova, 1984, passim.
[4] RACITI, Le condotte fraudolente a danno del bilancio comunitario nel settore degli interventi finanziari dell'Unione europea nell'economia degli Stati membri, in Riv. trim dir. pen. ec., 2003, 809; DONA'-VISCARDINI, La tutela penale e amministrativa degli operatori economici e gli interessi finanziari dell'Unione europea, Padova, 2000; MEZZETTI, Ricognizione sui recenti sviluppi delle tecniche di contrasto delle frodi comunitarie, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1998, 127; CARACCIOLI-MENSI, Frodi comunitarie: novità normative e giurisprudenziali, ivi, 1997, 819; VOGEL, Frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità europee, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1995, 601; TIEDEMANN, La tutela penale degli interessi finanziari della Comunità europea, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1991, 513.
[5] Sull'influenza del dirtto comunitario nel campo dell'illecito amministrativo-tributario e penale- tributario v., volendo, RIONDATO, sub art. 1, in MOSCHETTI-TOSI (a cura di), Commentario alle disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria, Padova, Cedam, 2000.
[6] BERNARDI (a c.di), La tutela dell'euro. Teoria e prassi, Atti Conv. Ferrara 16 aprile 2004, Padova, 2005; GRANDI, La disciplina del falso nummario nell'era della valuta unica, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2003, 367; VERVAELE, La contraffazione dell'euro: verso una federalizzazione del diritto dell'Unione europea?, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2002, 999.
[7] MANACORDA, Corruzione internazionale e tutela penale degli interessi comunitari, in Dir. pen. e processo, 2001, 415; CALDERONE, Lotta alla corruzione in campo comunitario e internazionale, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2001, 607; HUBER, La lotta alla corruzione in prospettiva internazionale, ivi, 2001, 467.
[8] PATALANO ( a cura di), Nuove strategie per la lotta al crimine organizzato transnazionale, Torino, 2003; FORNASARI ( a cura di), Le strategie di contrasto alla criminalità organizzata nella prospettiva di diritto comparato, Padova, 2002; DE FRANCESCO G.A. ( a c. di), La criminalità organizzata tra esperienze normative e prospettive di collaborazione internazionale, Torino, 2001; MILITELLO-HUBER (eds.), Towards a european criminal law gainst organised crime, Freiburg i. Br., 2001; MILITELLO-PAOLI-ARNOLD (cur.), Il crimine organizzato come fenomeno transnazionale, Friburg i. Br., 2000; FORNASARI, Le strategie di contrasto alla criminalità organizzata: aspetti comparatistici nell'esperienza europeo-continentale, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1999, 897.
[9] Cfr. TIEDEMANN, La frode alle sovvenzioni: origine di un diritto penale europeo?, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1999, 316.
[10] Per un quadro recente, GRASSO, Il Corpus Iuris: profili generali e prospettive di recepimento nel sistema delle fonti e delle competenze comunitarie, in PICOTTI ( a cura di), Possibilità e limiti di un diritto penale dell'Unione europea, Milano, 1999, 127; GRASSO ( a c.di), La lotta contro la frode agli interessi finanziari della Comunità europea tra prevenzione e repressione. L'esempio dei fondi strutturali, Milano, 2000.
[11] Sul tema, oltre agli AA. cit. in nota 1, v. ZUCCALA', L'unitario diritto penale europeo come meta del diritto penale comparato?, in Riv. trim. dir. pen. ec., 2002, 603; RIZ, Unificazione europea e presidi penalistici, ivi, 2000, 179.
[12] BERNARDI A., Europeizzazione del diritto penale e progetto di Costituzione europea , in Diritto Penale e Processo, n. 1, Milano, 2004, 5.
[13] PICOTTI (a cura di), Il Corpus Juris 2000. Nuova formulazione e prospettive di attuazione, Padova, 2004 ; DELMAS MARTY – VERVAELE, The Implementation of the Corpus Iuris in the Member States, Paris, Intersentia, 2000 (con il testo del C.J. dopo le modifiche); GRASSO –SICURELLA, Il Corpus Iuris 2000, Milano, 2002 (con il testo del C.J. dopo le modifiche); PICOTTI (a c.d.), Possibilità, cit.; ROSSI VANNINI, La collaborazione giudiziaria ed il Corpus Iuris elaborato dalla Commisione europea: off-shore extra-UE e strumenti per la tutela delle risorse comunitarie, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1997, 1285 (e ivi, 1299, è pubblicato il testo del C.J. nella versione originaria).
[14] MAUGERI, Il regolamento n. 2988/95: un modello di disciplina del potere punitivo comunitario, in Riv. trim dir. pen. ec. , 1999, 527 (I) e 929 (II).
[15] Per un primo panorama v. RIONDATO, Profili, cit.
[16] Per prime indicazioni su tutte queste fattispecie v. SEMINARA, sub art. 316 bis e sub art. 317 ter , in CRESPI-STELLA-ZUCCALA', Commentario breve al codice penale, IV ed., Padova, 2003; FORNARI, sub art. 640 bis , ivi; VALENTI, Sovvenzioni pubbliche (frodi nelle), Dig. Disc. Pen., XIII, 1997, 528. Cfr., inoltre, ROMANO M., Abusi di finanziamenti comunitari ed indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, in Dir. pen. e processo, 2002, 269; SEMERARO, Osservazioni in tema di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, in Cass. pen., 2001, 2568; MANNUCCI, Prospettive di applicazione dell'art. 316 ter c.p. introdotto dalla l. n. 300/2000, in Cass. pen., 2001, 2561; PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte speciale. I delitti contro la Pubblica Amministrazione , Milano, 2000; SEMINARA, La prevenzione e repressione delle frodi a danno delle finanze comunitarie nell'ordinamento italiano, in Riv. dir. pen. ec., 1994, 127; PALERMO FABRIS, La recente legislazione italiana in tema di frodi nelle sovvenzioni comunitarie, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1993, 810; MAZZA L., Delitti contro la Pubblica Amministrazione : propsetiive di ulteriore riforma, ivi, 1992, 693; PELISSERO, Osservazioni sul nuovo delitto di malversazione a danno dello Stato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 200; INSOLERA, Commento all'art. 22 l . 19 marzo 1990, n. 55, in LP, 1991, 489; PISA, Commento all'art. 3 della legge 26 aprile 1990, n. 86, in LP, 1990, 279; PADOVANI, La riforma dei reati contro la pubblica amministrazione, in Corr. Giur., 1990, 540; COPPI (a c.di), Reati contro la Pubblica Amministrazione , Studi mem. A.R. Latagliata, Torino, 1993; MAZZAMUTO (a cura di), Il finanziamento agevolato alle imprese, Milano, 1987; COSTI-LIBERTINI (a c. di), Problemi giuridici delle agevolazioni finanziarie all'industria, Milano, 1982; MARINUCCI, Tendenze del diritto penale bancario e bancarotta preferenziale, in La responsabilità penale degli operatori bancari, a c. di M. Romano, Bologna, 1980, 47.
[17] V. per esempio CGCE, 9 settembre 1999, 217/97, Commissione/RFT, in Dir. pen. e processo, 1999, 1522.
[18] CGCE, 21 settembre 1989, 68/88, Commissione/Repubblica Ellenica, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1993, 570.
[19] CGCE, 13 luglio 1990, 2/88, Zwartveld e aa., in Raccolta, 1990, 3365.
[20] CGCE, 2 ottobre 1991, 7/90, Vandevenne, in Raccolta, 1991, 4383. V. al riguardo, anche per ult. ind., RIONDATO, Competenza, cit., 35.
[21] Si tratta di quanto si desumerebbe dalle sentenze nelle cause 14/83 (Von Colson e a./Land Nordrhein-Westfalen) e 79/83 (Doriz Harz/Deutsche Tradax GmbH), entrambe del 10 aprile 1984, in Raccolta, 1984, risp. 1891 e 1921 (BERNARDI, “Principi di diritto” e diritto penale europeo, in Ann. Univ. Ferrara – Sc. Giur., Nuova serie, 1988, 75; CURTIN, Effective Sanctions and the Equal Treatment Directive: The Von Colson and Harz Cases, in Comm. Mark. L. R., 1995, 505).
[22] V. di recente CGCE, 16 giugno 2005, 105/03, Pupino, in Dir. penale e processo, 2005, 1178 (ivi ult. ind.).
[23] V. per es. CGCE, 28 gennaio 1999, 77/97, Oesterreichische Unilever GmbH, in Dir. pen. e processo, 1999, 447, con nostri rilievi.
[24] E' ciò che non è stato adeguatamente considerato nel caso “Berlusconi”. V. al riguardo quanto abbiamo rilevato in Dir. pen. e processo, 2005, 910 (Il falso in bilancio e la sentenza della Corte di Giustizia CE: un accoglimento travestito da rigetto).
[25] SS.UU., 26 giugno-10 luglio 2002, n. 26351, Fedi, in Diritto e giustizia, 2002, n. 35, 72. Cfr. PELISSERO, Truffa per conseguire erogazioni pubbliche: circostanza aggravante o fattispecie autonoma, in Dir. pen. e processo, 1999, 341.
[26] Corte cost., 23 dicembre 1998, n. 433, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1999, n. 447; v. anche Corte cost. 10 febbraio 1994, in Giur. cost., 1994, 177 con nota di MAZZA.
[27] Un dubbio di ragionevolezza è affacciato da MANACORDA, Corruzione, cit., 424.
[28] ROMANO, Abusi, cit., 271.
[29] ROMANO, Abusi, cit., 269.
[30] ROMANO, Abusi, cit., 274.
[31] Dubitativamente, ROMANO, Abusi, cit., 274.
[32] ROMANO, Abusi, cit., 274.
[33] Sul punto v., per le diverse posizioni anche dottrinali, il nostro Competenza , cit., 289 ss.; PATRONO P., Diritto penale dell'impresa e interessi umani fondamentali, Padova, 1992, passim; SOTIS, Obblighi comunitari di tutela e opzione penale. Una dialettica perpetua?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, 171.
[34] ROMANO, Abusi, 274.
[35] Per tutti SEMINARA, sub art. 317, cit. Ivi indicazione di giurisprudenza contraria.
 
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