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 Magistrato di Sorveglianza di Torino, Ordinanza 21 novembre 2008; Giudice VIGNERA; ric. G.

Pur nel silenzio dell’art. 223, 2° comma, c.p. ed alla stregua di una sua interpretazione estensivo-adeguatrice, è ammissibile sostituire con il ricovero in una casa di cura e di custodia la misura di sicurezza del ricovero in un riformatorio giudiziario, qualora quest’ultima debba essere eseguita nei confronti di persona divenuta maggiorenne.

MISURE DI SICUREZZA – PERSONALI – RIFORMATORIO GIUDIZIARIO – PERSONA DIVENUTA MAGGIORENNE – SOSTITUZIONE CON IL RICOVERO IN CASA DI CURA E DI CUSTODIA – AMMISSIBILITA’ – RAGIONI (Cod. pen., artt. 219, 222, 223).
 
Pur nel silenzio dell’art. 223, 2° comma, c.p. ed alla stregua di una sua interpretazione estensivo-adeguatrice, è ammissibile sostituire con il ricovero in una casa di cura e di custodia la misura di sicurezza del ricovero in un riformatorio giudiziario, qualora quest’ultima debba essere eseguita nei confronti di persona divenuta maggiorenne.
 
 
 
N.    58/08    R.P.M.S.
N.                 ORD.
 
 
UFFICIO DI SORVEGLIANZA
per le circoscrizioni dei Tribunali di Alessandria, Tortona e Acqui terme
IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
 
 
ha emesso la seguente
ORDINANZA
nel procedimento di sorveglianza relativo al riesame della pericolosità sociale per scadenza periodo del riformatorio giudiziario in Comunità, nonchè eventuale applicazione del manicomio giudiziario o casa di cura da parte del Magistrato di Sorveglianza
nei confronti di   G. R. L., nato il XXXX
domiciliato in XXXX c/o Comunità “Il Montello”
 
in relazione alla misura di sicurezza di cui alle ordinanze 31.12.01 e 23.9.04 del Magistrato di Sorveglianza per i Minori di Torino (in riferimento a ordinanza 11.10.01 GUP Tribunale Milano confermata da provvedimento 9.11.01)
difeso dall’Avv. Michela Villa di Milano – di fiducia
VISTI gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
VERIFICATA la regolarità delle comunicazioni e delle notificazioni degli avvisi al rappresentante del P.M., all’interessato ed al difensore;
CONSIDERATE le risultanze delle documentazioni acquisite, degli accertamenti svolti, della trattazione e della discussione di cui a separato processo verbale;
UDITE le conclusioni del rappresentante del P.M. e del difensore;
OSSERVA
quanto segue.
1. - Con sentenza in data 11 ottobre 2001 il Tribunale per i Minorenni di Milano:
     - assolveva G. R. L. dal delitto di omicidio aggravato (della minore Trapani Monica, commesso il 12 febbraio 2001 in Sesto San Giovanni, recidendole il collo con un coltello multiuso), poiché si trattava di persona non imputabile per vizio totale di mente (grave disturbo della personalità definito narcisistico- schizoide);
     - contestualmente applicava al predetto la misura di sicurezza del riformatorio giudiziario da eseguirsi nelle forme del collocamento in comunità per un periodo di tempo non inferiore ad anni tre.
          Con ordinanza in data 9 novembre 2001 lo stesso Tribunale per i Minorenni, evidenziata la necessità che il G. venisse “sottoposto ad un trattamento psicofarmacologico e psicoterapeutico inevitabilmente lungo e complesso, all’interno di una struttura idonea di cura che lo preservi da rapporti non controllati con tutti gli esterni alla comunità e, assolutamente, con soggetti femminili eventualmente ospiti della struttura”, confermava in via definitiva l’applicazione della superiore misura, che veniva eseguita con il collocamento del G. presso la Comunità “Il Montello” di Serravalle Scrivia.
          Con ordinanza in data 23 settembre 2004 il Magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale per i Minorenni di Torino riesaminava la pericolosità sociale del G. e confermava la misura in esecuzione per la durata di anni tre.
          La predetta ordinanza veniva impugnata innanzi al Tribunale per i Minorenni di Torino, il quale (all’esito di una nuova c.t.u. eseguita sulla persona di G. R.), confermava la collocazione in comunità terapeutica e la prosecuzione del trattamento psicoterapeutico, consentendo soltanto che il soggetto si sperimentasse in attività lavorativa esterna o di studio senza accompagnamento.
          Il 26 ottobre 2006 il Magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale per i Minorenni di Torino procedeva ad una nuovo esame della pericolosità sociale del G., all’esito del quale confermava la misura di sicurezza in atto per la durata di anni due, “concedendo la possibilità di uscire non accompagnato solo per svolgere attività di studio o lavoro, a condizione che si tratti di tragitti brevi e che venga verificato l’arrivo nel luogo di destinazione dagli operatori della comunità”. In motivazione si dava atto che “nello scorso mese di maggio l’UEPE di Alessandria e la Comunità segnalavano una difficoltà del G. ad osservare le regole della Comunità e ne chiedevano il trasferimento in altra struttura”.
          Anche la predetta ordinanza veniva impugnata innanzi al Tribunale per i Minorenni di Torino perché (a dire dei difensori) “il Giudice di prime cure non aveva tenuto in adeguato conto il tenore della perizia del Prof. Fornari, nominato nell’ambito di analogo procedimento da questo Tribunale per i Minorenni in funzione di Sorveglianza, la quale, già nel 2005 aveva prospettato l’utilità di un superamento della comunità terapeutica e della sostituzione della misura di sicurezza disposta con quella della libertà vigilata, fondandosi sui netti miglioramenti ravvisato nell’internato”.
          Il Tribunale per i Minorenni confermava l’impugnata ordinanza, prevedendo solamente una sua più ampia possibilità di movimento. Nella relativa motivazione si legge: “Pare, infatti, il G. tuttora lontano dalla percezione della gravità del reato commesso, dalla coscienza di infermità, e dalla conseguente necessità di attenersi a limiti esterni, oltre che di godere appieno dei sostegni propostigli. Ciò significa che lo stesso, anteriore, ampliamento delle sue possibilità d’uscita ha, in certo senso, anticipato i tempi e trovato un terreno non ancora idoneo a sopportarlo. Ne deriva allo stato l’incompatibilità tra le specifiche esigenze di tutela collettiva derivante dal suo stato di pericolosità – che lo stesso appellante non nega, ma ritiene attenuate tanto da giustificare l’applicazione di misura di sicurezza meno incisiva – e l’applicazione della libertà vigilata che, attuandosi nella forma delle ‘prescrizioni’, si limiterebbe ad imporre determinati comportamenti ma, sostanzialmente, a consentire tutto quanto non è espressamente vietato”.
          L’8 febbraio 2008 il responsabile della Comunità “Il Montello” comunicava al Magistrato di Sorveglianza minorile che “in data odierna il signor G. R. è stato trovato in una situazione di intimità con un’altra paziente particolarmente problematica della struttura, oltrepassando il reparto delle donne e recandosi nella stanza della ragazza. Più volte gli operatori e i responsabili avevano spiegato al signor G. l’importanza di non tenere questo tipo di relazioni in comunità per non compromettere il lavoro terapeutico degli interessati”. Di fronte alla gravità dell’accaduto si sollecitava espressamente un intervento (pure) del giudice.
          Nella successiva relazione dell’11 febbraio 2008 la Comunità stessa precisava al riguardo che, “a fronte della maggiore possibilità di sperimentarsi all’esterno, si è ripresentato un elemento fortemente problematico e rischioso, che tocca la questione del rapporto del sig. G. con le donne. Nonostante i ripetuti interventi degli operatori, il sig. G. si è sentito autorizzato ad avere rapporti sessuali, ad entrare nel reparto donne e a fare entrare in mansarda una giovane ospite. Il rapporto con lei è stato talvolta caratterizzato dal passaggio da un atteggiamento di cura e protezione, ad uno insultante, quasi violento”.
          Il 17 aprile 2008 la Comunità “Il Montello” riferiva che “la situazione del sig. G. continua a rimanere molto delicata in quanto il tempo della cura presso la Comunità … è arrivato ad una sua conclusione”, ribadendo l’urgenza di un suo trasferimento presso altra struttura.
          L’8 maggio 2008 la Comunità sollecitava nuovamente il trasferimento del G. “prima che si verifichino conseguenze irreparabili”, segnalando (pure) al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Torino “l’estrema gravità e pericolosità che la permanenza del sig. G. rappresenta, nell’ambito della nostra Comunità, in particolare rispetto al rapporto con le giovani donne alle quali tende a legarsi, stante la natura del reato da lui compiuto”.
          Il 4 giugno 2008 anche gli operatori del Centro Psico-Sociale (CPS) di Sesto San Giovanni concordavano “sulla necessità urgente di reperire una idonea struttura ove trasferire” il G.
          Il 26 settembre 2008 (nell’imminenza della scadenza del termine biennale divisato dall’ordinanza in data 26 ottobre 2006) il Magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale per i Minorenni di Torino (senza dare una soluzione al problema sottopostogli gia nel febbraio 2008) disponeva la trasmissione degli atti a questo Ufficio “per raggiunti limiti di età” del G..
          L’odierna udienza è stata fissata per il riesame della pericolosità sociale del G. e per l’eventuale applicazione di una misura di sicurezza consentanea alla propria condizione adulta.
 
2.- G. R. L. è ancora soggetto socialmente pericoloso.
     Invero:
a)     nella relazione clinica in data 4 novembre 2008 del C.P.S. di Sesto San Giovanni si legge: “Sul piano psicopatologico si conferma l’orientamento diagnostico risultante dalla valutazione peritale che, oltre a giudicarlo non in grado di intendere e volere al momento del fatto-reato di cui si rese attore, lo riteneva portatore di patologia psichiatrica grave e di fatto perdurante. In specifico la diagnosi formulata era di disturbo di personalità di tipo narcisistico schizoide, diagnosi che trova conferma nell’attualità. … Alla luce di queste considerazioni appare necessaria ed opportuna la prosecuzione per il paziente di un percorso di cura nell’ambito di una struttura che possieda un idoneo profilo terapeutico-riabilitativo ed al tempo stesso soddisfi i criteri impliciti nella misura di sicurezza alla quale il Magistrato di Sorveglianza ritenga opportuno sottoporre il G.”;
b)    per quanto non proveniente da un’istituzione pubblica, rilevante al riguardo è pure la (convergente con quella suindicata) valutazione fatta dal Direttore sanitario della struttura “Le Vele”, dove si legge che il paziente, visitato il 19 agosto 2008, “risulta ancora molto distante da una minima critica rispetto al gesto omicidiario compiuto, decisamente orientato in senso narcisistico e poco in grado di esprimere un’alleanza al lavoro terapeutico” (ragione per la quale si negava la disponibilità ad accogliere il paziente stesso nella struttura);
c)     in epoca assai recente (8 febbraio 2008) il G. ha posto in essere una grave condotta costituente estrinsecazione concreta della patologia di cui è portatore (v. in particolare la relazione dell’UEPE di Alessandria in data 11 febbraio 2008, dove sta scritto: “Durante il recente incontro in Comunità con gli operatori sono emerse diverse difficoltà nella gestione del soggetto, che ormai non solo dimostra di non accettare le regole comunitarie, ma le trasgredisce nonostante le ripetute richieste degli stessi operatori nel seguire un comportamento consono ed adeguato nel rispetto degli altri pazienti. Infatti, nel pomeriggio del giorno 8 febbraio 2008 il sig. G. ha avuto un rapporto sessuale con un’altra ospite della struttura, particolarmente problematica e fragile, e quest’ultima dovrà, come conseguenza di tale evento, subire un ricovero in un reparto psichiatrico. Tale situazione appare molto grave sia per le conseguenze psicologiche riportate dalla ragazza sia per il sig. G., che pare aver strutturato un senso di onnipotenza e di superiorità nei confronti delle regole, in particolare di quelle comunitarie, che rendono leciti anche agiti trasgressivi in quel contesto”).
          Tutto ciò:
-         fa apparire meramente defatigatoria la richiesta di c.t.u. fatta dal difensore del G.;
-         basta (senza dover cinicamente e/o irresponsabilmente attendere che il G. faccia altre vittime) per affermare che l’attuale pericolosità sociale del predetto è ancora corrispondente a quella che nel 2001 si concretizzò nella brutale soppressione della giovanissima Trapani Monica;
-         impone di applicare al G. la misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura.
     A quest’ultimo proposito si rileva che:
A)      la surricordata “strutturazione di un senso di onnipotenza e di superiorità del G.” e la negativa precedente (ed ultrannuale) esperienza comunitaria rendono assolutamente inutile un eventuale collocamento del soggetto presso altra comunità quale prescrizione accessoria ad una libertà vigilata (prescrizione assai verosimilmente destinata al “fallimento” in considerazione dei predetti dati fattuali);
B)      detto altrimenti, non è la Comunità “Il Montello” ad essere inadeguata alle esigenze terapeutiche del G., ma è quella sua “strutturazione di un senso di onnipotenza e di superiorità” a renderlo incompatibile con qualsivoglia struttura comunitaria (tant’è che nessuna delle otto strutture individuate dal C.P.S. di Sesto San Giovanni ha dato la disponibilità ad accoglierlo: v. comunicazione dello stesso C.P.S. del 17 ottobre 2008);
C)      non osta all’applicazione della suddetta misura il disposto dell’art. 223, comma 2, c.p. [“Qualora tale misura” (recte: quella del ricovero in un riformatorio giudiziario) “debba essere, in tutto o in parte, applicata o eseguita dopo che il minore abbia compiuto gli anni ventuno, ad essa è sostituita la libertà vigilata, salvo che il giudice ritenga di ordinare l’assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro”], che non fa parola dell’assegnazione ad una casa di cura: invero, atteso che l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro (espressamente divisate dalla norma predetta) si risolverebbe in un trattamento meno favorevole per il G., un’interpretazione estensiva della disposizione de qua (nel senso di consentire pure l’assegnazione ad una casa di cura) deve considerasi non solo ammissibile (perché assicura al destinatario un trattamento più favorevole), ma anche costituzionalmente imposta (arg. ex Corte cost., 18 luglio 2003, n. 253, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 32 Cost., l'art. 222 c.p. nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi indicati, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, parimenti idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale).
          Ai sensi dell’art. 219, comma 2, c.p. la durata minima di tale misura non può essere inferiore a tre anni.
P.Q.M.
 
dichiara persistente la pericolosità sociale di G. R. L. e ordina la sua assegnazione ad una casa di cura per la durata di anni tre. 
Alessandria, 21 novembre 2008
 
 
                                                      Il Magistrato di Sorveglianza
                                                                                Dr. Giuseppe Vignera
 
 
 
 
 
Depositato in Cancelleria
Oggi 25.11.2008
             Il Cancelliere
 
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