Diffusione, in ŕmbito pubblico, di trasmissioni televisive criptate in base a licenza uso residenziale: č veramente reato?
TRIBUNALE DI SIENA
Dispositivo di sentenza e successiva motivazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Monocratico del Tribunale di Siena Dr. Riccardo Guida
Nella Camera di Consiglio del 3/3/2003 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nei confronti di
XXXXXXXXXXXX
IMPUTATO
Del reato p. e p. dall'ari. 14, comma primo, lett. E) della legge 18 agosto 2000 n. 248; art. 81 cpv del codice penale per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso anche se commesse in tempi e luoghi diversi, quale legale rappresentate della s.r.l. "La Birreria xxxxxxx" e titolare del contratto n. XXX per l'accesso di programmi televisivi s.p.a "Stream in ambito residenziale, in assenza di specifico accordo con legittimo distributore, diffuso all'interno del predetto esercizio commerciale un servizio criptato, ricevuto per mezzo dell'apparato marca "Italtel" con "Smart Card" n. 0102706851, atto alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato. Commesso in Siena dal 29 settembre 2000 al 4 febbraio 2001.
Con l'intervento del Pubblico Ministero: dr.ssa Filomena D'Amora,
e di
Avv. Roberto Martini del Foro di Siena dif. fid. dell'imputato
Le parti hanno concluso come segue:
II P.M. chiede condanna alla pena di 4 mesi di reclusione e 2.000.00 di multa.
Il difensore dell'imputato chiede assoluzione perché il fatto non costituisce reato; in ipotesi perché il fatto non costituisce reato a seguito dell'entrata in vigore del Decreto n. 373/00.
FATTO E DIRITTO
XXXXXXXXX è stato tratto in giudizio con decreto di citazione emesso dal PM il 25.9.2002 per rispondere di avere diffuso nella sua birreria un servizio criptato sebbene fosse titolare di un contratto Stream in ambito residenziale, fatto commesso in Siena nel periodo dal 29.9.2000 al 4.2.2001. Il processo si è svolto, in contumacia dell'imputato, nelle forme del giudizio abbreviato.
Sul piano fattuale la vicenda è chiara.
il 4.2.2001 la polizia postale di Siena effettuò una verifica nell'esercizio pubblico denominato "La birreria XXXXXXX", amministrata dall'imputato, e accertò l'esistenza di trE impianti di decodifica, con relative smart card, due della società D+ e uno della società Stream.
Due giorni dopo il XXXXX mise a disposizione della polizia i contratti stipulati con le predette società e risultò che il contratto Stream, stipulato dal XXXXXX in data 29.9.2000, prevedeva la visione dei programmi in ambito residenziale e non all'interno di un esercizio pubblico (v. la notizia di reato ed i documenti ad essa allegati).
Ciò premesso, la riferita condotta è sussumibile nell'ipotesi delittuosa di cui all'ari. 171 ter leti. e L. n. 633/1941, novellato dall'art. 14 L n. 248/2000 che punisce chi, in assenza di accordo con il legittimo distributore, diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto mediante il c.d. decoder. Al riguardo non appare condivisibile la tesi difensiva secondo cui la ridetta condotta sarebbe stata depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo dalle disposizioni del D.L.vo n. 373/2000 e, in particolare, dall'art. 4 lett. b (in combinato disposto coll'art. 6), che configura quale illecito amministrativo l'installazione a fini commerciali di un dispositivo illecito.
E' infatti evidente il diverso contenuto delle due disposizioni a confronto: la prima (art. 171 ter lett. e), si riferisce alla diffusione abusiva di un servizio criptato; la seconda (art. 4) riguarda invece la mera installazione a fini commerciali di un dispositivo illecito. Oltre all'univoco tenore letterale di queste due norme, l'eterogeneità delle due condotte ivi disciplinate trova oggi una significativa conferma nell'art. 1 L n. 22/2003 che sottopone nuovamente alle sanzioni penali stabilite per le attività illecite di cui agli artt. 171 bis e octies L. n. 633/1941 le condotte descritte dal combinato disposto dei menzionati artt. 4 e 6.
Ciò permette di ribadire il rapporto d'omogeneità tra le condotte illecite contemplate in tali norme e, per converso, l'autonomia dei reati disciplinati dall'ari. 171 ter, compresa la fattispecie sub lett. e), non interessati dalla novella del 2003.
L'elemento psicologico del reato è da ricondurre alla consapevolezza, da parte dell'imputato, dell'impiego abusivo del decoder Stream che, contrariamente al decoder D+, secondo gli accordi contrattuali, poteva essere utilizzato solo in ambito residenziale.
In punto di pena, al XXXXXXXX possono essere concesse le attenuanti generiche per adeguare la sanzione al disvalore del fatto.
Valutati i parametri stabiliti dall'ari. 133 CP, si stima congrue condannarlo alla pena di 2 mesi e 20 giorni di reclusione e 1.400 euro di multa (pena base: 6 mesi di reclusione e 3.000 euro di multa, riduzione della pena a 4 mesi di reclusione e 2.100 euro di multa, ex art. 62 bis CP, definitiva riduzione della pena per la diminuente del giudizio abbreviato), oltre al pagamento delle spese processuali. Ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi per disporre la conversione della pena detentiva in quella di 3.040 euro di multa.
P.Q.M.
Il Tribunale di Siena dichiara XXXXXXX colpevole del reato ascrittogli, concesse le attenuanti generiche e la diminuente del giudizio abbreviato, letto l'art. 533 CPP lo condanna alla pena di 2 mesi e 20 giorni di reclusione e 1.400 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 53 L. n. 689/1981 dispone la sostituzione della pena detentiva con quella di 3.040 euro di multa. Visto l'art. 544 CPP indica in 30 giorni il termine per il deposito della sentenza.
Siena, 3 marzo 2003
Il Giudice
Riccardo Guida
Nota di Leonardo Tamborini
Il regolare possessore di carta che, benché autorizzato solo presso la residenza, ne fa uso presso un esercizio pubblico, viola i patti con il gestore del servizio ma non anche, a nostro avviso, la legge penale sul diritto d'autore, che punisce “chi in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato.” (art. 171-ter lett. e) legge 633/1941, così come modificato dalla legge 248/2000).
Occorre premettere la mutevole complessità della disciplina evidenziata dalla depenalizzazione “accidentale” (compiuta con d.l.vo 373/2000) di una delle condotte meno gradite agli editori di programmi criptati, la produzione di “smart card” (alla quale poi ha posto rimedio la legge 22/2003). Tale pregressa depenalizzazione non è qui richiamata ad colorandum, poiché si ritiene che essa abbia catalizzato l'attenzione degli interpreti distogliendola – come sembra sia successo a Siena – dal dato letterale. La sentenza afferma: “la riferita condotta è sussumibile nell'ipotesi delittuosa di cui all'ari. 171-ter lett. e) legge n. 633/1941, novellato dall'art. 14 L n. 248/2000 che punisce chi, in assenza di accordo con il legittimo distributore, diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto mediante il c.d. decoder. Al riguardo non appare condivisibile la tesi difensiva secondo cui la ridetta condotta sarebbe stata depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo dalle disposizioni del D.L.vo n. 373/2000 e, in particolare, dall'art. 4 lett. b (in combinato disposto con l'art. 6), che configura quale illecito amministrativo l'installazione a fini commerciali di un dispositivo illecito. E' infatti evidente il diverso contenuto delle due disposizioni a confronto...”
La motivazione non tiene conto che la legge descrive la condotta punibile con i termini ritrasmissione e diffusione dei programmi decodificati. Il fatto in esame, invece, consiste nel semplice utilizzo della carta presso utenza non autorizzata: si tratta, pertanto, di ricezione (benché non consentita dal contratto di distribuzione) e non di diffusione o ritrasmissione. Diverso sarebbe il giudizio nel caso di chi, ricevuta la trasmissione presso il domicilio, la diffonde altrove via etere o cavo, vale a dire con qualsiasi mezzo, per usare le parole del legislatore. La ricezione non può essere considerata sinonimo delle altre condotte. Essa, infatti, è “minore”, avendo la particolarità di attivare non un rapporto trilaterale (concessionario-utenza domiciliare-utenza commerciale) bensì un mero rapporto bilaterale tra concessionario e utilizzatore.
Ma più che la ratio è la lettera.
- dott. Leonardo Tamborini, Sostituto procuratore presso il Tribunale di Massa - aprile 2003
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