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 Corte di Cassazione, Sezione VI penale, sentenza 3 giugno 2008 (dep. 10 luglio 2008), n. 28720

Il semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza e la trascurata valutazione delle circostanze di tempo, luogo e modalità comportamentali dell’imputato non è sufficiente ad integrare l'obbligo di motivazione, specie quando siano allegate dall'imputato circostanze specifiche quali l'appartenenza alla religione rastafariana.

Cassazione - Sezione sesta penale - sentenza 3 giugno - 10 luglio 2008, n. 28720
Presidente Lattanzi - Relatore Serpico
Pm Selvaggi - difforme - Ricorrente Guaglione
 
Osserva
Sull'appello proposto da G. G. avverso la sentenza del Tribunale di Terni in comp.ne monocratica in data 23-9-2002 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 73 DPR 309/90 per illecita detenzione a fine di spaccio di marijuana e, concessegli le attenuanti generiche lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 4.000,00 di inulta, la Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 13-12-2004, aveva confermato il giudizio di I grado, ribadendo la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato ascrittogli, posto che, a prescindere dalla religione c.d. rastafariana di cui il G. si era dichiarato adepto, e, come tale aduso al consumo dello stupefacente, non era dato ritenere comprovato il possesso della droga per esclusivo uso personale, stante il dato ponderale della sostanza (gr. 7,300 da cui potevano riceversi 70 dosi droganti).

Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del gravame, la violazione dell'art.606 co. I lett. e) c.p.p., per carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in punto di asserita prova della finalità di spaccio, nonostante le dedotte ragioni di appartenenza a tale religione che, come comprovato dalla documentazione prodotta in merito, prevedeva per i suoi adepti l'uso quotidiano dell'"erba sacra" da consumare da soli fino a 10 grammi al giorno.

Di qui, secondo il ricorrente, la giustificazione del dato ponderale della sostanza da lui detenuta, con l’implicita conferma della destinazione al solo uso personale.

Il ricorso è fondato e va accolto relativamente alla censura di non sufficiente motivazione in ordine alla dedotta finalità di detenzione della marijuana per esclusivo uso personale, anche considerando la religione di cui l’imputato si è dichiarato praticante.

Non sfugge infatti che, secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marjuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come “erba meditativa”, come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che “la erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone, chiamato il Re saggio e da esso ne tragga la forza, come si evince da notizie di testi che indicano le caratteristiche di detta religione.

Ciò posto, non sembra che i giudici della Corte territoriale perugina abbiano operato una logica ricostruzione del fatto in relazione proprio al comportamento dell’imputato all’atto dell’intervento dei verbalizzanti, pacifico essendo che fu proprio il G. a consegnare spontaneamente ai CC. una busta contenente la marjuana non preconfezionata in dosi ma sfusa (cfr. teste Favetta), precisando subito che il possesso di tale erba, prelevata da dietro il sedile della vettura in cui l’uomo era stato sorpreso a dormire in una piazzola di sosta, era da lui destinato ad esclusivo uso personale, secondo la pratica suggerita dalla religione rastafariana di cui si era detto adepto.

Il semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza e la trascurata valutazione delle circostanze di tempo, luogo e modalità comportamentali dell’imputato, non sembra possano costituire, allo stato, un logico e motivato supporto all’esclusione dell’invocato uso esclusivamente personale di marijuana (a prescindere dall’errore materiale sul nome della sostanza di cui vi è traccia in sentenza impugnata), di guisa che s’impone una opportuna rivalutazione dell’intera vicenda ai fini di cui sopra, cui vorrà far fronte la Corte di Appello di Firenze, quale giudice di rinvio competente, previo annullamento dell’impugnata sentenza.
 
PQM
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze per nuovo giudizio.

 
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