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 Luca De Gennaro, Introduzione alla responsabilità amministrativa degli Enti - 2/3 I destinatari della normativa

3.1 I destinatari della normativa
L'art. 1 del decreto legislativo, dopo aver definito genericamente il contenuto del provvedimento, al comma 2, ne individua i soggetti destinatari.
Le disposizioni si applicano “agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”, mentre non si applicano “allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”.
Quanto all’ambito privatistico, la disciplina si rivolge, oltre che alle società, a tutti gli enti dotati di personalità giuridica, nonché alle associazioni anche prive di personalità giuridica. Con riferimento agli enti pubblici, essa ricomprende i soli enti pubblici economici. In particolare le disposizioni della legge delega su questo punto sono contenute in due differenti sedi: per un verso, il comma 1 dell'art. 11 L. 300/2000 stabilisce che il decreto disciplini la responsabilità amministrativa delle "persone giuridiche e delle società, associazioni od enti privi di personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale"; per altro verso, il comma 2 del medesimo articolo dispone che "per persone giuridiche si intendono gli enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri".
Dal combinarsi delle due disposizioni, è parso dunque al delegato di dover circoscrivere l'ambito di responsabilità dell'ente nei seguenti termini. Innanzitutto, l'inequivoca volontà della delega di estendere la responsabilità anche a soggetti sprovvisti di personalità giuridica ha suggerito l'uso del termine "ente" piuttosto che "persona giuridica", il cui significato avrebbe dovuto essere dilatato troppo al di là della sua capacità semantica.
Quanto poi agli enti "a soggettività privata" non dotati di personalità giuridica, ovvero si tratta di quei soggetti che, potendo più agevolmente sottrarsi ai controlli statali, sono a "maggior rischio" di attività illecite ed attorno ai quali appare, dunque, ingiustificato creare delle zone di immunità. Allo scopo di contenere tale rischio, il delegato, nell'impossibilità materiale di indicare nominativamente tutte le singole realtà, ha preferito utilizzare una formula elastica. Nel far ciò, tuttavia, non ha replicato testualmente la legge delega, ma si è limitato a citare "le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica", in modo da indirizzare l'interprete verso la considerazione di enti che, seppur sprovvisti di personalità giuridica, possano comunque ottenerla.
Infine, si può notare che le precise indicazioni della delega, fedelmente riprodotte nello schema di decreto legislativo, hanno indotto ad escludere gli "enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale", tra cui sembrano rientrare anche i partiti politici ed i sindacati, questi ultimi sguarniti di personalità giuridica, vista la nota mancata attuazione dell'art. 39 Costituzione, dando così luogo ad una zona franca giustificabile soltanto alla luce delle delicate conseguenze che produrrebbe l'impatto, su questi soggetti, delle sanzioni interditive previste dal nuovo impianto legislativo.
3.2 Soggetti pubblici espressamente esclusi
Il D.Lgs. n. 231 non si applicaallo Stato, agli enti pubblici territoriali e agli altri enti pubblici “non economici”. Mentre per quanto riguarda “lo Stato, alle Regioni, Province e Comuni” “nulla quaestio”, tenendo conto del ruolo riconosciuto da questi nella Costituzione, come anche previsto dal precetto normativo dell'art. 197 Codice penale ([1]) che opera l’esclusione nel caso di pagamento di pene pecuniarie ([2]).
Più dibattute sono l'opportunità e la legittimità della scelta di escludere i partiti politici e i sindacati ([3]), per i quali la natura di associazioni private non riconosciute poteva ammetterne l'inclusione, si è tuttavia optato per una loro totale esclusione da responsabilità ritenendoli tra gli “enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionali” come previsto dagliarticoli 39 e 49 Costituzione.Motivo essenziale per la loro esclusione, come anche espresso nella Relazione accompagnatoria è l'intento di scongiurare facili “strumentalizzazioni a fini politici” che “possa derivarne un attentato ai diritti costituzionalmente garantiti”. Inoltre è evidente il rischio che un impatto delle rigide sanzioni interditive su questa tipologia di enti potrebbe ripercuotersi sulla Comunità dando luogo ad un oneroso costo collettivo ([4]).
Maggiori perplessità porta l'esclusione degli “altri enti pubblici non economici nonché degli altri enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”([5]), interpretando in questa maniera il dettato della Legge Delega che all'articolo 11, secondo comma, escludeva “lo Stato e gli altri enti che esercitano pubblici poteri”. Quindi, l'applicazione della normativa risulta circoscritta agli enti pubblici economici, ossia a quelli che svolgono attività “di natura squisitamente economica” e cioè a tutti quelli che hanno fini di lucro ([6]), presupposto per cui ricorre la repressione di comportamenti illeciti. Il corollario conseguente è l' espressa esclusione di tutti quegli enti che, pur non esercitando poteri pubblicistici, perseguono e curano interessi pubblici senza perseguire, tuttavia, un fine lucrativo ([7]).
A parte l'ampia ed eterogenea categoria degli enti pubblici economici, “specie in via di estinzione” per effetto del processo di privatizzazione iniziato con la cosi dettata Legge Amato del 30 luglio 1990, n. 218, ossia quelli che operano in maniera imprenditoriale nella produzione e nella fornitura di beni e servizi, conformemente alle regole del diritto privato, esulano da tale elenco, in quanto non hanno scopi lucrativi, e rispettivamente:
-      gli enti pubblici non territoriali come le camere di commercio;
-      gli enti di erogazione di un pubblico servizio di qualsiasi dimensione territoriale, come gli Istituti di assistenza, le aziende ospedaliere, le scuole, le università;
-      gli enti privati che svolgono un pubblico servizio (per le ragioni dianzi indicate);
-      gli enti pubblici associativi (es. Ad, CRI, CONI, ecc.) aventi natura pubblica per effetto del disposto di leggi speciali;
-       gli enti autarchici che perseguono fini ed interessi dello Stato (INAIL, INPS, ISTAT, ENEA, ecc.);
-      gli enti cosi detti “istituzionali”, come gli Ordini ed i Collegi professionali, gli enti lirici.
(Fine parte 2/3 - continua)
 
- dott. Luca De Gennaro, revisore contabile (studioldg@hotmail.it) - maggio 2008
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[1]             “Obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende” (come sostituito dall'art. 116 Legge 24 novembre 1981, n. 689 in tema di depenalizzazione): “Gli enti forniti di personalità giuridica (12 cc.) eccettuati lo Stato, le regioni, le province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza, o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta. (omissis)”.
[2]             A. Iannini, G.M. Armine, “Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di organizzazione aziendale”, Salerno editrice, pag.24. “Gli enti non hanno capacità penale, ma rispondono in via amministrativa di fatti di reato commessi da persone fisiche. Il legislatore era probabilmente consapevole delle difficoltà di inquadramento che una simile qualificazione avrebbe creato, ma ha preferito non impegnarsi in un esplicito superamento del principio “societas delinquere non potest”. La responsabilità rimane amministrativa, il reato ne costituisce il mero presupposto e non il fondamento. Il modello di riferimento resta così quello fissato sia dall’art. 197 del codice penale. sia dall’art. 6, legge 24novembre 1981, n. 689 in materia di depenalizzazione: le persone giuridiche fanno ingresso nel processo penale, ma la loro resta una responsabilità per fatto altrui, in base alla quale esse rispondono degli illeciti dei propri rappresentanti o dipendenti a vario titolo, ma noncommettono reati in proprio. Sotto il profilo definitorio, una responsabilità dunque parapenale o, come si esprime la relazione al decreto legislativo n 231, un tertium genus di responsabilità.”
[3]             A. Iannini, G.M. Armine, “Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di organizzazione aziendale”, op.cit., pag. 25: “Il legislatore italiano, consapevole che un semplice riferimento alle persone giuridiche in senso proprio avrebbe, nel nostro sistema, fortemente limitato il campo applicativo della nuova normativa, ha affiancato alle persone giuridiche i soggetti collettivi non dotati del requisito formale della personalità. L’articolo II D.Lgs 231/2001 stabilisce infatti che la nuova normativa investe tutte «le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica».
In tal modo, è stato assicurato il pieno rispetto degli obblighi internazionali e si è contemporaneamente evitato di creare un’area di immunità per soggetti collettivi che, privi della personalità giuridica e dunque meno soggetti al controllo statale, possono ugualmente, e anzi con maggiore facilità, trarre vantaggio dalla propria autonomia patrimoniale per operare illecitamente.”
[4]             A. Iannini, G.M. Armine, “Responsabilità amministrativa degli enti e modelli di organizzazione aziendale”, op.cit., pag. 25: “Con altrettanta sicurezza può sostenersi che la nuova normativa invece non si applica allo Stato e agli enti pubblici territoriali; agli enti pubblici non economici; agli enti che svolgono funzioni di rilievo istituzionale, tra i quali la Relazione governativa indica i partiti e i sindacati ma che ad essi non devono necessariamente limitarsi.”
[5]             Come letteralmente dispone il terzo comma dell’art. 1
[6]             Così la Relazione accompagnatoria.
[7]             In dottrina: De Simone, I profili sostanziali della responsabilità c.d. amministrativa degli enti: La parte generale e la parte speciale del D.lgs. 8 giugno 2001 n. 23!, in Aa.Vv. Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di GARUTI, Padova, 2002, 81 Ss.; GENNAI - TRAVER5I, ap. cit, sub art. I, 13 ss.
 
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