Giuseppe Bellazzi, Cenni sulla responsabilità penale del "Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione" per omessa individuazione dei rischi
Il seguente stralcio della sentenza 14.07.03 numero 2461 del Tribunale di Brescia, II Sez. Pen. (Giudice Monocratico, nella persona del dott. Mainardi) affronta specificamente il tema della responsabilità del responsabile del "Servizio di Prevenzione e Protezione" (nella sentenza abbreviato in s.p.p.):
" Deve ritenersi che il profilo psicologico che fonda la responsabilità penale dello **** vada inquadrato nell'ambito della colpa generica, in relazione alla violazione dei compiti discendenti dall'art. 9, I comma, lett. b) e c) del D.lgs. 626/94: l'imputato, quale responsabile s.p.p., aveva il preciso obbligo di sollecitare l'adozione di tutte le idonee misure di prevenzione e protezione, incluse quelle di natura informativa [...] previa individuazione del relativo rischio. Individuazione che, beninteso, doveva essere effettuata in sede di elaborazione del piano di cui all'art.9 [...] a prescindere da segnalazione da parte degli operai, dei preposti, dallo stesso rappresentante sindacale per la sicurezza dei lavoratori.
[...] Così circoscritto il suo profilo di colpa, nessuna importanza ha l'assenza - pacificamente emersa nel corso del giudizio - di autonomi poteri decisionali e di spesa in capo allo ****: al medesimo, infatti, si addebita non la mancata adozione delle misure, ma la mancata individuazione del rischio, e conseguentemente, la mancata realizzazione di un intervento propositivo e sollecitatorio nei confronti del datore di lavoro, a detta azione finalizzato, intervento che, ad avviso del Decidente, pacificamente rientrava nei compiti fissati dalla legge in capo al responsabile s.p.p ." [1]
Per un migliore inquadramento della problematica, è opportuno premettere alcune considerazioni:
(a) la valutazione dei rischi è compito del datore di lavoro (art. 4, comma 1 , del D.Lgs. 626/94: "Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori");
(b) la valutazione dei rischi e la redazione del "documento di valutazione dei rischi" sono compiti non delegabili (art.1, comma 4 ter, del D.Lgs. 626/94).
Il "documento di valutazione dei rischi" è uno di momenti centrali dell'impianto introdotto dal D.Lgs 626/94. In esso, infatti, confluiscono " a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza " [2] .
In relazione alla predisposizione del "documento di valutazione dei rischi" il responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione interviene come ausiliario del datore di lavoro (art.4, comma 6, del D.Lgs. 626/94: " Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ").
Il suo ruolo è pertanto (sia che si tratti di figura "interna", che di soggetto "esterno" all'azienda), quello di mero consulente, a meno che - oltre alla veste di responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione non rivesta anche (come pacificamente ammesso) ruoli operativi o la funzione di responsabile di determinati adempimenti sulla base di un'eventuale specifica delega.
In tale situazione mi sembra di poter dire che l'eventuale colpa del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione nell'individuazione dei fattori di rischio, non possa di per sè risultare rilevante al fine di escludere la responsabilità del datore di lavoro. Ragionando diversamente significherebbe ammettere una delegabilità della funzione espressamente esclusa dalle norme di legge [3] .
Resta da verificare il titolo dell'eventuale responsabilità del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione nell'individuazione dei rischi.
Ai sensi dell'art. 8, comma 3, del D.Lgs. 626/94, i componenti "interni" del Servizio di Prevenzione e Protezione " non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico ": tale norma è stata ritenuta dalla dottrina [4] relativa anche alla responsabilità penale, quanto meno con riferimento all'ambito prevenzionale, con la conseguenza che la responsabilità del componente del Servizio di Prevenzione e Protezione non potrebbe - in tale specifico ambito - essere configurata. Tale esimente non viene, peraltro, ritenuta estensibile [5] ad eventuali ipotesi nelle quali la colpa del "consulente" ha contribuito a causare un infortunio (o malattia sul lavoro).
Tale norma risulta riferibile anche al responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, che - del resto - non è espressamente menzionato tra i destinatari delle disposizioni sanzionatorie del D.Lgs. 626/94 [6] .
Sul punto della responsabilità per infortuni, però, anche la Cassazione (Sez. IV Penale, sentenza n.500 del 9 gennaio 2002) ha affermato che: " una compiuta lettura della normativa ", ovvero del D.Lgs. 626/94, " consente di affermare che i precetti normativi in argomento hanno per destinatario oltre il datore di lavoro anche il responsabile della sicurezza, in posizione di solidarietà e quindi di compartecipazione concorsuale ".
Tale interpretazione risulta in certo modo una svolta nella ricostruzione della figura e nelle funzioni del responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, che passa da mero collaboratore [7] dell'imprenditore, sia pure "qualificato", a soggetto gravato da responsabilità personale e diretta nei confronti dei lavoratori e degli altri soggetti protetti dalla disciplina del D.Lgs.626/94.
- avv. Giuseppe Bellazzi - Giurista d'impresa - marzo 2004
(riproduzione riservata)
[1] Lo stralcio qui riportato è stato diffuso, tramite la lista "penale.it", dall'avv.Stefano Paloschi, del Foro di Brescia, al quale vanno i miei ringraziamenti.
[2] Il modello del 'documento programmatico' è stato successivamente ripreso dalla disciplina dei dati personali che, con il D.P.R. 318/99, ha introdotto il "Documento Programmatico per la Sicurezza", poi ripreso dal D.Lgs. 196/03.
[3] Recentemente sembrano ripetersi (riproporrei anche in questo caso il parallelo con la disciplina dei dati personali) interventi legislativi volti a tipizzare particolari ipotesi di "delega di funzioni", restringendone in qualche caso l'operatività. La figura della "delega di funzioni", come noto è di origine giurisprudenziale e risponde anche ad un principio di natura costituzionale (il principio di "personalità" della responsabilità penale) e a mio avviso tali interventi potrebbero talora risultare in contrasto con tali principi.
[4] Cfr.: Culotta, Di Lecce, Costagliola, "Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro", ed. Il sole 24 ore, 1998, pag.69 ss.
[5] Cfr. la sentenza 27 settembre 2002 del Tribunale di Milano, n.3895 (la sentenza sul caso dell'incendio delle camere iperbariche all'Istituto Galeazzi), che riconosce la corresponsabilità ex art 113 Cod.Pen. del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione in relazione all'evento: http://guide.supereva.it/salute_e_sicurezza_sul_lavoro/interventi/2003/09/143176.shtml
[6] Destinatari che sono, nell'impianto del D.Lgs.626/94: il datore di lavoro ed i dirigenti (art.89); i preposti (art.90); i progettisti, i fabbricanti e gli installatori (art.91) ed, infine, il medico competente (art.92).
[7] Cfr.: A.Burlini, "La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza: un'ipotesi ricostruttiva", in ISL, Igiene e Sicurezza del Lavoro, 8/2003, pag.454; del resto il quarto comma dell'art.9 del D.Lgs.626/94 dichiara che "il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro".