Il Giudice osserva
Il problema sollevato nelle dette richieste è se è ammissibile e legittima la costituzione di parte civile nei confronti di ente chiamato a rispondere quale responsabile amministrativo ai sensi del d.lg. 231/01.
Punto necessario di partenza è la disciplina prevista dai codici penale e dì procedura penale in materia di esercizio dell'azione civile nel processo penale. Gli artt. 74 c.p.p. e 185 c.p. prevedono che, ai fini delle restituzioni e del risarcimento del danno, la legittimazione attiva spetta al danneggiato (o successori universali) dal reato, quella passiva all'imputato/colpevole ed al responsabile civile, ossia al soggetto che, in base alle leggi civili, deve rispondere per il fatto del colpevole.
L'ambito di applicazione dell'istituto è, pertanto, ben delineato dalle dette norme: presupposti sono la commissione di un reato, l'esistenza dì un danno patrimoniale o non patrimoniale quale conseguenza diretta ed immediata dal reato, la sussistenza di una responsabilità disciplinata dalla normativa civilistica in capo a soggetto diverso dal colpevole.
Già il richiamo alla detta disciplina evidenzia come l'ente chiamato a rispondere nel processo penale ai sensi del d.lg. 231 non è soggetto passivo di una pretesa risarcitoria avanzata dalla parte civile.
Esso, infatti, non è né l'autore del reato né soggetto che, sulla base del detto d.lg., può essere chiamato a rispondere civilmente per il fatto del colpevole. Quest'ultima responsabilità potrà sussistere, ove ne ricorrano i presupposti, nella veste di responsabile civile ed in base alla disciplina appositamente dettata dal codice per quest'ultimo soggetto processuale.
A supporto di questa conclusione vi è la disciplina prevista dal d.lg. 231.
Essa si riferisce alla responsabilità amministrativa dell'ente per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Ripetutamente la normativa in questione parla di responsabilità amministrativa: nell'intitolazione del Capo I, delle Sezioni I e III, dei Capo III negli artt. 2, 3, negli artt. 9 e 22, 34, 36, 37, 38, 43, 44, 45, 55, 56, 58, 59, 60, 61, 62, 63, 66, 69, 71, 74, 78, 83, 85, nonché negli artt. 1, 2, 3, 4, 7 delle relative disposizioni regolamentari (norme tutte dove si parla di illeciti amministrativi dipendenti da reato e di sanzioni amministrative).
Accertata la detta responsabilità amministrativa non vi è spazio perché l'ente, sulla base della stessa, possa essere chiamato a rispondere civilmente per le restituzioni od il risarcimento del danno.
Sicuramente non può farlo sulla base degli artt. 185 c.p. e 74 c.p.p. in quanto, lo si ripete, l'ente non è autore del reato ma di un comportamento differente e ben distinto dal medesimo.
Questa distinzione emerge con tutta evidenza dagli artt. 5 e 6 del decreto laddove vengono individuati i soggetti che, commettendo il reato, fanno scattare la responsabilità dell'Ente e gli oneri a carico di quest'ultimo per evitare la condanna. Distinzione che ancora è sottolineata nell'art. 59, di cui si dirà tra poco.
D'altro canto il dettato normativo del d.lg. 231 da un lato non prevede né richiama l'istituto della costituzione di parte civile, fatto significativo posto che la detta normativa disciplina molteplici istituti paralleli a quelli penali e processuali (si pensi, ad esempio, al principio di legalità, alla successione delle leggi, al sistema sanzionatorio, a quello cautelare, alla prescrizione, alla contumacia, alle fasi delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, ai riti speciali), d'altro lato specifiche disposizioni di legge che nella legge processuale penale menzionano la parte civile, o comunque ad essa fanno riferimento, sono ribadite nel decreto in questione senza alcun riferimento a quest'ultimo soggetto processuale.
Ed infatti l'art. 54 del decreto, relativo al sequestro conservativo, prevede tassativamente che possa essere richiesto dal PM in relazione alla dispersione delle garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria. Si tratta di norma che ricalca l'art. 316 c.p.p. che consente analoga richiesta alla parte civile in relazione alle obbligazioni civili derivanti da reato.
L'art. 54 non solo non prevede alcun potere in capo alla parte civile ma - a conferma che non si tratta di norma che semplicemente omette di prevedere un potere di una parte processuale che comunque potrebbe essere presente nel procedimento contro l'ente, ma di norma che segnala inequivocabilmente che la detta parte non può agire nei confronti dell'ente imputato dell'illecito amministrativo - nel richiamare espressamente la disciplina del sequestro conservativo del c.p.p., con riferimento all'art. 316 c.p.p. limita il richiamo al relativo quarto comma, omettendo il comma secondo (ossia quello che consente la richiesta anche alla parte civile) ed il comma terzo (che stabilisce che il sequestro richiesto dal Pm giova anche alla parte civile).
Trattandosi di norme di rilevante importanza per detta parte, in quanto dirette a garantire il soddisfacimento proprio della pretesa civilistica, ossia il risarcimento, il fatto che non siano ribadite nel d.lg. 231 non può essere considerata una mera dimenticanza del legislatore: si tratta invero di una precisa ed inequivocabile scelta legislativa nel senso di non prevedere nel procedimento in questione la parte civile.
Né può dirsi che la lacuna è colmabile dall'art. 34, ossia dalla norma affermante che, per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme previste dal Capo III del decreto (relativo al procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative) e le disposizioni processuali penali in quanto compatibili.
Da un lato, quest'ultimo inciso comporta che non tutti gli istituti non previsti dal decreto possano applicarsi "tout court", al procedimento amministrativo.
Ma vi è di più: il concetto di compatibilità comporta che l'eventuale ricorso all'analogia, o meglio, la trasposizione di un istituto dalla sede di un corpo normativo ad un'altra debba essere vagliata con particolare attenzione interpretativa. Questa particolare attenzione determina che la detta trasposizione non è possibile che venga effettuata in un blocco normativo in cui alcun cenno, neanche indiretto, vi è all'istituto in questione, anzi, una delle facoltà più significative attribuita alla parte civile (la detta possibilità di richiedere il sequestro conservativo) viene addirittura esclusa.
Ma non solo nessuna traccia vi è della parte civile nella disposizione relativa al sequestro conservativo, ma anche in altre norme.
Così nella Sezione I del Capo II, dove si fa riferimento alla responsabilità patrimoniale dell'ente, la norma (art. 27) sancisce che l'ente risponde con il suo patrimonio o con il fondo comune dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria (nessun riferimento, quindi, al danno risarcibile). L'art. 69 prevede che, in caso di condanna, il Giudice applica all'ente le sanzioni e lo condanna al pagamento delle spese processuali. Nessun riferimento al risarcimento del danno laddove il c.p.p. prevede una articolata normativa in tema di decisione sulle questioni civili (artt. 538 e segg. c.p.p.). In tema di archiviazione, poi, l'art. 58 non prevede, così come l'art. 408 comma 2 c.p.p., alcun avviso alla persona offesa della determinazione dei Pm di procedere alla archiviazione del procedimento (laddove la persona offesa è frequentemente anche danneggiata dal reato ed è quindi una potenziale parte civile che ha interesse all'esercizio dell'azione penale onde poi esercitare l'azione).
Sulla stessa linea si pone l'art. 61 comma 2 del decreto che stabilisce ciò che deve contenere, a pena di nullità, il decreto che dispone il giudizio nei confronti dell'ente: alcun riferimento viene fatto alla indicazione di parti differenti dall'ente, laddove il corrispondente art. 429 comma primo lettera a) dei c.p.p. stabilisce che oltre alle generalità dell'imputato il decreto deve anche indicare quelle delle altre parti private (tra cui, appunto, la parte civile).
Particolarmente significativa la norma di cui all'art. 59 del decreto: essa prevede, attraverso il rinvio all'art. 405 c.p.p, che la contestazione da parte del Pm all'ente dell'illecito amministrativo viene effettuata in via ordinaria mediante la richiesta di rinvio a giudizio. Detta contestazione deve contenere gli elementi identificativi dell'ente, l'enunciazione in forma chiara e precisa del "fatto" che può comportare l'applicazione delle sanzioni amministrative. l'indicazione del "reato" da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova. Da un lato manca l'indicazione della persona offesa, laddove il corrispondente art. 417 c.p.p. la prevede.
Ma ancor più significativo, a conferma della netta distinzione tra comportamento - non reato addebitabile all'Ente e comportamento - reato addebitabile alla persona fisica/imputata, è che la norma distingue espressamente il fatto da cui deriva la responsabilità dell'ente dal reato. Distinzione che, ovviamente, non è necessaria in tema di responsabilità penale in quanto vi è corrispondenza e coincidenza tra fatto e reato, tanto è che l'art. 417 c.p.p. parla di enunciazione in forma chiara e precisa del "fatto".
Il detto art. 59 secondo comma del decreto dà chiara conferma, pertanto, che una cosa è il reato, altra cosa è il fatto addebitabile all'ente. Ed ancora e da ultimo: il decreto 231 intitola la Sezione II del Capo III "soggetti, giurisdizione e competenza" ed in essa non vi è alcuna menzione della parte civile, differentemente da quanto avviene nel libro I del c.p.p. (parimenti dedicato ai soggetti del procedimento) in cui vi è compiutamente disciplinata la detta parte.
A sostegno della tesi opposta, il richiamo alle disposizioni del decreto che prevedono la possibilità dell'Ente che abbia risarcito il danno di ottenere una riduzione della sanzione pecuniaria (art. 12) e di non essere sottoposto a sanzione interdittiva (art. 17) e quello all'art. 35 che estende all'ente la disciplina processuale dell'imputato, non sono pertinenti.
La possibilità risarcitoria dell'Ente, evidentemente finalizzata ad una sanzione inferiore ed a non essere sottoposto a sanzione interdittiva, è argomento neutro. La seconda disposizione, poi, contiene la precisazione che la disciplina processuale dell'imputato è estesa all'Ente solo se compatibile. Questa delimitazione non può essere intesa unicamente con riferimento a quegli istituti che, evidentemente, non potrebbero trovare applicazione per gli enti (si pensi, ad esempio, ai provvedimenti limitativi della libertà personale) e per cui, quindi, non ci sarebbe alcun bisogno di specificarne l'inapplicabilità, ma deve essere letta alla luce del sistema complessivo e secondo i criteri in precedenza evidenziati.
In sostanza gli elementi a sostegno dell'inammissibile esperimento dell'azione civile nei confronti del responsabile amministrativo sono tali che comportano, appunto, l'incompatibilità di cui parla l'art. 35 del decreto.
Va aggiunto che l'art. 35 limita il richiamo alle disposizioni processuali, laddove l'art. 185 c.p. non può certamente considerarsi pura norma processuale. Né da ultimo può invocarsi l'art. 8 del decreto e sostenersi che negare la costituzione di parte civile nei confronti dell'Ente significherebbe, nei casi previsti da detta norma, privare il danneggiato della possibilità di rivalersi nel processo penale.
La detta norma, infatti, ancora conferma la distinzione tra reato e fatto generatore dell'illecito, amministrativo con le conseguenze già ampiamente evidenziate.
2) Sulla richiesta di esclusione della parte civile I. s.p.a.
Quest'ultima società si è costituita parte civile nei confronti degli imputati persone fisiche sostenendo che i danni provocati dalle condotte illecite hanno portato alla irreversibile necessità della liquidazione.
Va rilevato, a sostegno della inammissibilità di detta costituzione, che la società, ove ammessa quale parte civile, verrebbe ad assumere nell'ambito del presente procedimento due vesti processuali antitetiche, quella di responsabile amministrativo ex d.lg. 231 e di parte civile nei confronti di soggetti imputati dei reati ascritti a P. e B. (ossia alle persone il cui operato fonda, secondo la prospettazione della richiesta di rinvio a giudizio, la responsabilità amministrativa della I. s.p.a.) in concorso con questi ultimi. In sostanza si ammetterebbe una domanda risarcitoria nei confronti di persone che avrebbero cagionato danno alla società in concorso con soggetti che avrebbero agito nell'interesse della società stessa, che viene incolpata di non essersi attivata, predisposto ed adottato alcun modello di organizzazione volto a prevenire la commissione dei detti reati.
Si aggiunga poi che nel parallelo procedimento nei confronti di P. e B. (che hanno scelto con il rito immediato di evitare l'udienza preliminare) la I. s.p.a. potrebbe assumere la veste di responsabile civile in tal modo venendo a rivestire (formalmente in ambito di diverso procedimento ma sostanzialmente nell'ambito di una identica vicenda processuale) una ulteriore qualità del tutto incompatibile ed antagonista a quella della parte civile che pretende di assumere.
In definitiva non può I. s.p.a. avanzare una pretesa risarcitoria per reati che, non solo sarebbero stati commessi nel suo interesse, ma che la società stessa avrebbe reso possibile omettendo di adottare le necessarie contromisure.
3) Sulla richiesta di esclusione della parte civile B. o. A.
Analoghe conclusioni valgono per B. o. A.
Sostiene la detta società l'ammissibilità della sua costituzione in quanto l'azione civile viene esercitata non nei confronti di Sa., L. e M. (capo e), ossia dei soggetti per i quali essa è incolpata quale responsabile amministrativo, bensì nei confronti degli altri imputati di cui ai capi a), c), d) della richiesta di rinvio a giudizio.
Il capo e), nel suo sviluppo espositivo, contesta a Sa., L., M. la violazione dell'art. 2637 c.c. commessa in concorso tra loro ed anche con T., To., D. S., B., F., M., R., Z., consistita, in sintesi, nell'avere aiutato il gruppo Parmalat a diffondere nel mercato ed nella comunità finanziaria internazionale informazioni non rappresentanti le reali condizioni economico-finanziarie, anche con riferimento ai rapporti effettivi con B.o.A.
E' pertanto evidente che la costituzione di parte civile viene effettuata nei confronti di soggetti che, sempre secondo la prospettazione accusatoria, si sarebbero resi corresponsabili delle condotte delittuose poste in essere dai soggetti (Sa., L., M.) per i quali B. o. A. è chiamata a rispondere nel presente procedimento quale responsabile amministrativo e che avrebbero commesso il reato nell'interesse della stessa B.o.A.. Ciò chiarito è sufficiente richiamare, a sostegno della inammissibilità della costituzione di parte di civile di B. o. A., le considerazioni svolte a proposito della costituzione di parte civile di I. s.p.a..
4) Sulla richiesta di esclusione delle parti civili V. A. C. F. Sri (già G. T. & Partners s.p.a.) e di E. Srl (già G. T. San Marino Srl)
Entrambe queste società prospettano, quale fondamento dell'azione civile, danni derivanti dal comportamento delittuoso posto in essere dai revisori della G. T. s.p.a. e dagli altri imputati in concorso con i primi, e consistiti, in sintesi, nella necessità di mutare la ragione sociale contenente le parole "G. T. ", nella revoca di incarichi di revisione conferiti da numerosi clienti, nella perdita di fatturato e di credibilità.
Alla luce di queste argomentazioni è ravvisabile la legittimazione attiva delle dette società a costituirsi parte civile nel presente procedimento tranne che, ovviamente, nei confronti di P. e B. che hanno optato per il rito immediato.
5) Sulla richiesta di esclusione della parte civile P. Finanziaria Spa in amministrazione straordinaria
Tale richiesta non è accoglibile.
Essa si fonda (ci si riferisce a quella formulata dalla difesa di Z.) sul fatto che la società avrebbe dovuto comparire quale responsabile amministrativo ai sensi del d.lg. 231 e che, pertanto, non può qualificarsi quale soggetto danneggiato dal reato chi dovrebbe rispondere quale responsabile amministrativo in quanto i relativi reati sono stati commessi nel suo interesse. Quest'ultimo assunto, come del resto si è appena evidenziato, è esatto.
Tuttavia la prospettazione di una presenza virtuale di soggetti nel procedimento per di più avanzata da soggetto, l'imputato, portatore di un diretto interesse alla esclusione della parte civile e non legittimato all'esercizio dell'azione penale e dell'azione per responsabilità amministrativa da reato che competono unicamente al PM - soggetti che , però, di fatto non sono presenti in quanto il PM non ha dato il necessario impulso processuale sulla base di valutazioni di sua esclusiva competenza (a titolo esemplificativo ed in linea generale ed astratta si può ipotizzare che il Pm non ravvisi che il reato sia stato commesso nell'interesse dell'ente il che comporta, in base all'art. 5 del d.lg. 231, l'esclusione della sua responsabilità amministrativa ed il mancato esercizio della relativa azione processuale) non può comportare, quantomeno nella presente fase preliminare e prima di un accertamento del merito, una pronuncia di esclusione. Quanto poi alla eccezione sollevata dalla difesa di Sa. circa la mancanza, nell'atto di costituzione, dei requisiti previsti dalla lettera d) dell'art. 78 c.p.p., si osserva che le ragioni della domanda, pur sintetiche, sono ritualmente esposte. Alla luce di queste considerazioni è superata la questione, sollevata dalla difesa di S., di non estensione analogica della norma di cui all'art. 240 L. F.
6) Sulla richiesta di esclusione della parte civile "Comitato per la tutela dei diritti dei titolari di obbligazioni del gruppo Parmalat, clienti delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali".
Le difese di S. e T. S. hanno richiesto l'esclusione dei detto Comitato costituitosi parte civile rilevando che, essendosi costituito dopo le vicende di cui all'imputazione, non può vantare alcun diritto risarcitorio in quanto soggetto non esistente al momento in cui si sarebbero verificati i fatti reato. Queste istanze di esclusione non possono essere accolte.
E' vero che il Comitato si è costituito il 16/3/04, successivamente quindi ai fatti oggetto dei presente procedimento, ma l'azione civile non viene esercitata per ottenere il ristoro dei danni subiti dal Comitato, bensì dagli aderenti allo stesso. La domanda, infatti, di cui all'atto di costituzione di parte civile è relativa alla condanna degli imputati al risarcimento di tutti i danni subiti dai clienti delle Banche di Credito Cooperativo partecipanti al Comitato e possessori di titoli emessi e/o garantiti dalle società dei Gruppo Parmalat, danni pari alla diminuzione patrimoniale pari alla somma del valore nominale dei detti titoli, per la parte di rispettiva spettanza di ogni singolo partecipante al Comitato. Quanto al danno morale viene chiesto il risarcimento a titolo di ristoro per la frustrazione delle aspettative legate agli investimenti effettuati dai singoli partecipanti al Comitato e per il relativo turbamento psico-fisico.
Lo Statuto dei Comitato prevede, all'art. 4, lo scopo di difendere e far valere, nei confronti delle società emittenti, delle società loro garanti e dei loro esponenti, i diritti di qualunque specie dei clienti, persone fisiche o giuridiche, delle Banche di Credito Cooperativo Casse Rurali e Artigiane Italiane, che sono titolari o possessori di obbligazioni del Gruppo Parmalat, nonché la possibilità del Comitato di esercitare, quale rappresentante dei singoli aderenti da cui abbia ricevuto incarico ex art. 77 c.p.c., le azioni anche giudiziarie collettive in rappresentanza dei partecipanti ed a tutela e difesa dei loro diritti. Il mandato ex art. 77 c.p.c. conferisce al Comitato la facoltà di promuovere la costituzione di parte civile nei procedimenti penali allo scopo di conseguire il risarcimento dei danni materiali e morali subiti dal mandante nella qualità di portatore di titoli obbligazionari emessi e/o garantiti da società del Gruppo Parmalat.
Quanto basta, pertanto, per dimostrare che il detto Comitato non agisce per un interesse suo proprio ma quale mandante di soggetti legittimati a costituirsi parte civile.
7) Sulla richiesta di esclusione della parte civile CONSOB
Si costituisce parte civile la Consob sostenendo di avere subito danni dalla violazione degli artt. 2637 e 2638 c.c. evidenziando che: gli interessi protetti dalla prima norma si sostanziano nel corretto, trasparente ed efficiente andamento dei mercato degli strumenti finanziari, ragion per cui la loro lesione ed il conseguente sviamento dell'attività di vigilanza comportano un danno in capo alla Consob.
La violazione dell'art. 2638 c.c ha comportato parimenti lo sviamento delle sue funzioni tutorie e di vigilanza, inibendole di esercitare i poteri ad essa attribuiti con ulteriore aggravio dei costi anche per l'esercizio dell'attività amministrativa di controllo.
Si è inoltre determinata un'offesa all'immagine della stessa in quanto la commissione dei detti reati ha compromesso il prestigio e l'autorevolezza della Commissione.
La difesa di M. e R. ne chiede l'esclusione evidenziando che:
quanto al reato di aggiotaggio il combinato disposto degli artt. 187 e 187 bis TUF riconosce alla Consob il diritto di intervenire nei processi penali per detto reato esercitando i diritti e le facoltà di cui agli artt. 91 e segg. c.p.p. - in tal modo la Commissione è equiparata alla persona offesa dal reato e, in tale qualità o in quella di ente rappresentativo di interessi lesi dal reato, non può costituirsi parte civile in assenza di un danno ex art. 185 c.p.
Nessuna disposizione normativa, poi, la legittima all'azione civile nel processo penale per reati di aggiotaggio, diversamente il legislatore ha espressamente previsto che le associazioni e fondazioni riconosciute per la prevenzione dell'usura sono legittimate a costituirsi parte civile nei relativi procedimenti (art. 10 L. 7/3/96 n. 108) e che le Camere di Commercio possono costituirsi parte civile nei giudizi relativi ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio (art. 2 comma 5 L. 29/12/93 n. 580).
Quanto al reato di cui all'art. 2638 c.c. la predetta difesa sostiene che, essendo tale norma posta a presidio non di un bene giuridico ma di una funzione, configura un reato senza offesa e senza soggetto passivo. In ogni caso l'unico danno ipotizzabile sarebbe quello in capo ai titolari dei beni finali garantiti dalla funzione di vigilanza, ossia gli investitori, e non quello in capo al soggetto che esplica tale funzione.
Osserva questo Giudice che il bene giuridico tutelato dal reato di cui all'art. 2638 c.c. è costituito dal regolare svolgimento dell'esercizio delle funzioni di vigilanza svolte dalle autorità pubbliche a dette funzioni preposte. Consob nella fattispecie in esame e nella prospettazione accusatoria si pone come soggetto destinatario di comunicazioni lacunose e false sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Parmalat Finanziaria Spa, finalizzate ad ostacolarne le funzioni di vigilanza.
Sussistendo, quindi, una lesione del detto bene giuridico e ipotizzabile, quantomeno, un danno non patrimoniale (sotto l'aspetto della lesione all'immagine, al prestigio) in capo alla Commissione, ossia all'Autorità preposta a tutelare il detto bene.
Il fatto che la legislazione non preveda espressamente, così come fa in altre ipotesi ed in relazione ad altri Enti, un potere della Consob di costituirsi parte civile in procedimenti penali non comporta automaticamente la negazione della possibilità di esercitare detta azione, operando il principio generale di cui agli artt. 74 c.p.p. e 185 c.p.
La norma di cui all'art. 2637 c.c. è posta a tutela della regolare formazione dei prezzi degli strumenti finanziari e, quindi, della regolarità dell'andamento dei mercati finanziari ed a tutela della stabilità del sistema bancario.
Tenuto conto che la Consob è preposta alla tutela degli interessi del pubblico risparmio nel settore dei mercato finanziario è ipotizzabile che, ove siano posti in essere comportamenti volti, mediante le modalità di cui all'art. 2637 c.c., a turbare o alterare la regolarità del mercato finanziario, la sussistenza di danno in capo alla Commissione.
Con atto depositato in data 26/11/04 l'Avv. , difensore e procuratore speciale costituito parte civile nell'interesse di B. L. ed altri, ha formulato istanza di esclusione della parte civile Consob. Alla luce del dettato normativo di cui all'art. 80 c.p.p. che prevede che soggetti legittimati a richiedere l'esclusione della parte civile sono solo il PM, l'imputato ed il responsabile civile, non sussiste legittimazione dell'Avv. a detta richiesta che, pertanto, va rigettata.
8) Sulla richiesta di esclusione della parte civile rappresentante comune degli obbligazionisti
Si sono costituiti parte civile i rappresentanti comuni degli obbligazionisti Avv. e , portatori dei prestiti obbligazionari denominati "Parmalat Finanziaria Spa 1997/2007; Parmalat Finanziaria Spa 1998/2010; Parmalat Finanziaria Spa 1997/2007 II emissione" ai sensi dell'art. 2418 c.c. Ne chiede l'esclusione la difesa di D. & T. quale responsabile civile sostenendo che l'art. 2418 c.c. non legittima la detta domanda in quanto prevede quale oggetto della tutela affidata al rappresentante comune gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società. Nel caso in questione, viceversa, viene azionata una pretesa risarcitoria del danno extracontrattuale da reato nei confronti di terzi, imputati e responsabile civile, non rientrante nei rapporti con la società.
Si tratta di una prospettazione condivisibile.
L'art. 2418 c.c. disciplina gli obblighi ed i poteri del rappresentante comune degli obbligazionisti stabilendo che deve provvedere alla esecuzione delle delibere dell'assemblea degli stessi, tutelare gli interessi comuni nei rapporti con la società, assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni. Il secondo comma stabilisce che, per la tutela degli interessi comuni, il rappresentante ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti. Dato che questo comma va letto in connessione con il primo, si tratta degli interessi comuni nei soli rapporti con la società.
Così delimitato il campo di azione del rappresentante comune non vi è spazio per consentirgli un'azione, come quella esercitata con la costituzione di parte civile, svolta al di fuori dei rapporti con la società.
Viene invocata, a sostegno dell'ammissibilità dell'azione, giurisprudenza dei Tribunale di Milano (sentenza dei 2/11/00 in Giur. It. Parte I, 1935) che, nella analoga ipotesi del rappresentante comune degli azionisti di risparmio, ha ritenuto quest'ultimo legittimato ad agire per richiedere l'accertamento di invalidità di una delibera assembleare quale fatto generatore di danno per i detti azionisti.
Ma proprio questa giurisprudenza non fa che confermare la tesi qui accolta.
Ed infatti, da un lato il fatto generatore del danno attiene alla invalidità di una delibera dell'assemblea e, di conseguenza, rientra nell'ambito dei rapporti tra la società e gli azionisti (va sottolineato che la normativa relativa al rappresentante comune degli azionisti di risparmio prevede anche per quest'ultimo la tutela degli interessi comuni dei possessori di azioni di risparmio nei rapporti con la società). D'altro lato, comunque, la detta pronuncia riconosce al rappresentante unicamente la legittimazione all'accertamento della sussistenza dei danno, ma non anche la legittimazione alla richiesta di condanna al pagamento delle somme a titolo risarcitorio, richiesta che dovrà essere avanzata con distinta domanda da parte dei singoli azionisti (ritenendo infatti il Tribunale che una condanna al risarcimento comporterebbe una inammissibile indeterminatezza delle modalità esecutive ciò tenuto conto che la richiesta risarcitoria del rappresentante è relativa ad una collettività determinata solo nel numero dei membri ma non nella identità dei medesimi - e la possibile sovrapposizione di iniziative risarcitorie.dei singoli azionisti con quella del loro rappresentante).
Nell'attuale costituzione di parte civile, ammesso e non concesso che possa avvenire anche per interessi non riconducibili ai rapporti con la società, ci si troverebbe, in caso di accertamento della responsabilità degli imputati, nella evenienza prospettata e non ritenuta possibile nella citata sentenza del Tribunale, ossia non in presenza di una sola domanda di accertamento del danno ma anche di condanna al risarcimento (tale dovendo necessariamente essere la pronuncia del Giudice, tenuto, quantomeno, una volta accertato il danno, ad una pronuncia di condanna generica ai sensi dell'art. 539 c.p.p.).
9) Sulla richiesta di esclusione da parte delle difese di alcuni imputati dei seguenti enti esponenziali costituitisi parte civile:
Codacons
Lega Consumatori
Confconsumatori
Federconsumatori
Adiconsum
Movimento di difesa del cittadino Movimento Consumatori Adusbef
Cittadinanza Attiva
Adoc
Altroconsumo
Si tratta di enti che si sono costituiti parte civile (Confconsumatori e Adiconsum sono altresì intervenuti ai sensi dell'art. 91 c.p.p.) sostenendo, in sostanza, la lesione del proprio diritto soggettivo a non vedere frustrato lo scopo sociale, consistente nella tutela e difesa dei consumatore / risparmiatore, diritto leso dalle condotte delittuose degli imputati.
Le ipotesi delittuose comportano la lesione del regolare funzionamento dei mercato degli strumenti finanziari e, di conseguenza, l'interesse ed il diritto dei singolo investitore / risparmiatore a corrette comunicazioni, informazioni e prospettazioni circa le condizioni economiche delle società che operano sul mercato finanziario.
Una lesione del diritto dell'Ente al conseguimento dello scopo per cui sì é costituito è ipotizzabile purché tale scopo attenga in via esclusiva e specifica alla materia in questione.
Necessita, pertanto, che lo Statuto faccia riferimento esplicito a tali situazioni e non sia generico ed onnicomprensivo (come emerge da alcuni statuti in cui si parla in via generale, di tutela di consumatori e utenti di beni e servizi). Ammettere la legittimazione ad .agire ad Ente che annovera, tra gli scopi sociali, una generica ed indeterminata tutela dei consumatore, e tenuto conto dell'amplissimo spettro in cui possono farsi rientrare i bisogni e gli interessi di quest'ultimo, comporterebbe un inammissibile allargamento a soggetti che non possono vantare alcuna lesione di diritti.
Sono così legittimati a costituirsi Codacons, Movimento Consumatori, Adusbef, Adoc. Ed infatti:
1) Codacons: l'art. 2 prevede che la finalità dell'associazione di tutelare con ogni mezzo legittimo (in particolare con il ricorso allo strumento giudiziario) i diritti e gli interessi individuali e collettivi di consumatori ed utenti é perseguita anche attraverso la vigilanza sul mercato mobiliare ed iniziative a tutela degli utenti dei servizi finanziari e creditizi in genere intesi anche alla prevenzione dell'usura
2) Movimento Consumatori: l'art. 2 indica quale scopo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori e degli utenti nonché dei risparmiatori e dei contribuenti. Il comma secondo esplicita che l'associazione si batte per il diritto alla protezione della salute, della sicurezza, della tutela degli interessi economici, per il diritto dei consumatori ed utenti ad essere informati, rappresentati ed ascoltati anche con apposite attività di consulenza dei soci, per offrire loro migliori condizioni di consumo, di utenza, di risparmio, di soggettività fiscale, di qualità ambientali.
3) Adusbef: lo scopo dell'Ente, ex art. 1 dello Statuto, é quello di operare sul territorio nazionale e locale per informare, promuovere, assistere, tutelare, rappresentare e difendere i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori ed utenti dei servizi bancari, creditizi, finanziari, assicurativi, postali e sociali e, comunque, gli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti in genere
4) Adoc: l'art. 2 prevede come scopo la difesa dei consumatori e degli utenti ed in particolare annovera lo scopo di coagulare gli interessi dei consumatori nei confronti delle forze economiche, sociali, politiche e finanziarie, di tutelare e favorire l'associazionismo e l'azione collettiva dei risparmiatori e dei piccoli azionisti
Si tratta; in sostanza, di associazioni che fanno specifico riferimento alla categoria dei risparmiatori / investitori, ossia di quei soggetti potenziali diretti danneggiati dalle condotte delittuose, per la cui tutela ed assistenza detti Enti sono nati. E di conseguenza, coincidendo l'interesse tutelato dalle norme penali odierne con l'interesse e lo scopo dell'Ente, ben può, in presenza della lesione del detto interesse, ipotizzarsi un danno dell'Ente.
In relazione alla costituzione degli Enti Codacons, Movimento Consumatori, Adoc, la difesa di M. e R. ha altresì sollevato eccezioni formali (mancanza di conferimento di mandato difensivo ex art 100 c.p.p., mancata indicazione di procura speciale a difensore ex art. 100 c.p.p., mancata allegazione della fonte costitutiva dei poteri del Presidente del Movimento Consumatori, mancata indicazione nell'atto di costituzione di parte civile delle generalità degli imputati nei cui confronti viene esercitata l'azione civile). Dall'esame degli atti di costituzione le formalità relative ai medesimi risultano rispettate con conseguente infondatezza delle dette eccezioni
Diversa valutazione deve essere effettuata per gli altri Enti, Lega Consumatori, Confconsumatori, Federconsumatori, Adiconsum, Movimento di Difesa del Cittadino Onlus, Cittadinanzattiva, Altroconsumo
5) Lega Consumatori: art. 2, prevede quali scopi della associazione l'assistenza sociale e socio sanitaria, formazione, tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, tutela dei diritti civili. Promuove e coordina la creazione di organismi economici basati sulla autogestione e partecipazione diretta dei singoli e delle famiglie per la difesa del potere di acquisto del salario e la scelta programmata e consapevole dei consumi, difende la salute e la integrità morale dei cittadini consumatori e utenti nei confronti delle imprese di produzione e commercializzazione di beni e servizi, nonché tutela i diritti dei cittadini nei confronti della PA.
6) Confconsumatori: l'art. 2 prevede gli scopi della tutela dei consumatori ed utenti perseguendo esclusivamente finalità di solidarietà sociale mediante la promozione di attività di informazione dei consumatori, dì corsi di formazione e aggiornamento del personale insegnante e di quanti hanno interesse in materia di diritto, economia e sociologia dei consumo, di attività di studio e ricerca nell'interesse particolare delle categorie socialmente deboli (portatori di handicap ecc.)
7) Federconsumatori: l'art. 3 indica quale scopo esclusivo anche la difesa degli interessi economici e di contrasto all'usura nell'ambito della legislazione vigente dei consumatori ed utenti
8) Adiconsum: l'art. 1 indica quale scopo esclusivo la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori ed utenti tra cui il diritto alla salute, alla sicurezza e qualità dei prodotti e servizi, ad una informazione adeguata e ad una pubblicità corretta, alla correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi, alla erogazione dei servizi pubblici secondo standard di qualità ed efficienza, all'educazione ed al consumo responsabile, critico e solidale, eco compatibile per un uso razionale dell'energia, all'educazione all'uso del denaro per prevenire il fenomeno del sovraindebitamento e dell'usura, a ricevere assistenza e sostegno per chi é vittima dell'usura o versa in stato di bisogno.
9) Movimento di Difesa del Cittadino Onlus: l'art. 2 prevede finalità di tutela dei diritti dei cittadini, consumatori, utenti nei confronti delle P.A., di aziende pubbliche o private produttrici di beni o servizi, di corretto rapporto tra cittadini e giustizia, di obiettività dell'informazione,, di accesso per tutti alle nuove tecnologie telematiche, di tutela della salute e di soggetti deboli (anziani, bambini, non abbienti), di sicurezza alimentare, di tutela del paesaggio
10) Cittadinanzattiva: l'art. 1 prevede quale finalità la tutela dei diritti umani, la promozione e l'esercizio pratico dei diritti sociali e politici nella dimensione nazionale, europea e internazionale, la lotta agli sprechi ed alla corruzione, la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti a salvaguardia dell'ambiente, del territorio, della salute e della sicurezza individuale e collettiva.
11) Altroconsumo: L'art. 2 prevede quale scopo la promozione e difesa degli interessi dei consumatori ed utenti di beni e servizi, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, la protezione della salute e della sicurezza, la tutela degli interessi economici.
Trattasi di scopi e di finalità che nessun riferimento fanno alla materia oggetto del presente procedimento, richiamando in alcuni casi fenomeni del tutto differenti (si pensi all'usura, alla corruzione, alla assistenza sanitaria, alla tutela dell'ambiente, della salute, al salario, alla tutela di fasce deboli della popolazione, alla qualità dei prodotti, alla efficienza dei servizi pubblici). Le menzioni, in alcuni dei citati Statuti, alla tutela del consumatore e utente di beni e servizi ed ai rapporti economici è talmente ampia e generica da far venir meno l'esclusività dello scopo che, come visto, deve coincidere con l'interesse leso.
10) Sulle ulteriori eccezioni
D. Spa e D. & T. Spa si sono costituti all'udienza del 29/10/04 quali responsabili civili ed hanno chiesto la propria esclusione ai sensi dell'art. 86 c.p.p. in relazione all'art. 419 commi 4 e 6 c.p.p., ed ai sensi dell'art. 83 quinto comma c.p.p., in quanto citati tardivamente, ossia non per l'udienza preliminare dei 5/10/04 e non posti in condizione di esercitare i diritti nella relativa udienza. La richiesta non é accoglibile in quanto il disposto di cui all'art. 419 commi 4 e 6, che prevede che il responsabile civile deve essere citato, a pena di nullità, almeno dieci giorni prima della data dell'udienza, ha come fondamento la necessità di non ritardare e dilazionare il procedimento penale per questioni attinenti alla domanda civile che in esso si inserisce.
Ma ciò vale, ovviamente, se l'udienza preliminare si apre e si conclude in un unico contesto, ragion per cui non può essere dilazionata e differita onde consentire la citazione del responsabile civile. In questo caso é onere, quindi, della parte civile di attivarsi onde richiedere la citazione di quest'ultimo per la .data dell'udienza.
Tale principio non è, viceversa, applicabile laddove, come nel caso concreto, per la consistenza e complessità del processo (numero degli imputati, delle parti civili, degli atti processuali) l'udienza preliminare materialmente non può esaurirsi in unica udienza.
Ed infatti l'attuale udienza preliminare si é frazionata in quattro momenti onde consentire la massiccia costituzione delle parti civili e la presa di posizione delle altre parti processuali, tra cui i detti responsabili civili.
Il fatto che la citazione degli stessi non sia avvenuta per il 5/10/04 ma successivamente non ha pregiudicato i loro diritti e difese (il che, d'altra parte, é comprovato dalle osservazioni mosse nelle richieste di esclusione) posto che, essendosi come detto svolta l'udienza anche nelle date del 29 ottobre, 23 e 30/11/04, in prosecuzione di quella del 5/10/04, gli stessi sono stati posti in grado di interloquire e di svolgere le proprie difese.
Hanno altresì eccepito, in relazione ad alcune citazioni, la nullità delle stesse in quanto notificate non presso la sede sociale.
L'eccezione va rigettata in quanto la costituzione dei detti responsabili civili sin dall'udienza del 29/10/04 dimostra che erano a conoscenza dell'azione civile svolta nei loro confronti anche da parte di coloro che hanno effettuato la notifica dei decreto non presso la sede sociale.
Le eccezioni sollevate dai legali di B. o. A., quale responsabile civile, in relazione alle citazioni da parte delle parti civili rappresentate dagli Avv. per l'udienza del 29/10/04 e da parte di quelle rappresentate dall'Avv. per l'udienza dei 23/11/04, eccezioni relative alla notifica del decreto di citazione fuori termine ed in luogo diverso dalla sede della Banca sono infondate.
Posto che anche B. o. A. é presente come responsabile civile sin dall'udienza del 29/10/04 basta richiamarsi alle osservazioni testé svolte trattando le eccezioni degli altri due responsabili civili.
B. o. A., nella veste di responsabile civile, ha inoltre richiesto l'esclusione delle parti civili (indicate nella nota scritta del 30/11/04) ai sensi dell'art. 80 c.p.p. per difetto del requisito dell'art. 78 lett. d) c.p.p. e, comunque, l'esclusione di coloro che hanno acquistato strumenti finanziari Parmalat dal 10/11/03 in poi.
Analoga richiesta é stata altresì formulata dalle difese di alcuni imputati, tra cui l'Avv. per T. C. in relazione all'acquisto di strumenti finanziari Parmalat successivamente all'8/12/03.
Tali richieste vanno respinte in quanto da un lato l'atto di costituzione di parte civile non deve contenere una dettagliata esposizione della "causa petendi", potendo la stessa essere indicata mediante rinvio al capo di imputazione. D'altro canto le imputazioni della richiesta di rinvio a giudizio fanno riferimento ad un arco temporale successivo sia al 10/11/03 che all'8/12/03 ragion per cui non é possibile, nella attuale fase preliminare, ipotizzare la mancanza di un potenziale danno in capo agli investitori che hanno effettuato operazioni successivamente alle dette date.
Va da ultimo affrontata la questione della cosiddetta estensione della domanda risarcitoria nei confronti dei responsabili civili costituiti ed avanzata da quelle parti civili che non ne hanno chiesto la citazione.
Le norme che riguardano l'ingresso del responsabile civile nel procedimento penale delineano una disciplina ben specifica.
Come visto l'art. 419 c.p.p. richiede la citazione del suddetto con termini previsti a pena di nullità.
L'art. 83 c.p.p. prevede precise formalità per la citazione (da ordinarsi, tra l'altro, con decreto del Giudice) finalizzate, in sostanza, a porre il responsabile civile nelle condizioni di conoscere in modo preciso la domanda svolta nei suoi confronti.
L'art. 84 c.p.p. prevede, a sua volta, precise formalità per la costituzione del responsabile civile, anche previste a pena di inammissibilità.
Seguono poi norme consequenziali alla corretta instaurazione del rapporto processuale: ad esempio la parte civile che ne ha chiesto la citazione non può chiedere l'esclusione del responsabile civile (art. 86 c.p.p.), la parte civile che ha chiesto ed ottenuto l'esclusione dei responsabile civile non può esercitare l'azione nei suoi confronti davanti al giudice civile (art. 88 c.p.p.). Si tratta, in sostanza, di una disciplina normativa che comporta formalità ed oneri ben precisi da parte del soggetto che esercita l'azione civile nel processo penale e che non possono essere aggirati con la detta informale domanda di estensione. Ammetterla comporterebbe, inoltre, e nel caso del presente procedimento in particolare, una inammissibile dilatazione dei tempi processuali, in contrasto con il principio sancito dall'art. 111 comma secondo della Costituzione, posto che il responsabile civile destinatario di una domanda non contenuta in un rituale e tempestivo decreto di citazione ex art. 83 c.p.p., potrebbe avanzare richiesta di un termine a difesa onde potere interloquire sulla medesima.
Ed in questa ottica vanno altresì dichiarate inammissibili, perché tardive, le richieste di citazione di D. Spa, quale responsabile civile, formulate dall'Avv. , quale difensore delle parti civili , pervenute in Cancelleria in data 10 e 15/12/04.
I responsabili civili D. & T. Spa e D. Spa hanno richiesto la loro esclusione ai sensi dell'art. 86 c.p.p. oltre che per le ragioni prima esposte e su cui già si é provveduto anche per ulteriori motivazioni (esposte nelle note scritte del 23/11/04) che così si sintetizzano:
quanto a D. & T. Spa
1) difetto di legittimazione attiva, con riguardo ai capi c) e d), delle parti civili che hanno acquistato prodotti finanziari prima del 31/7/03 (ossia prima dell'assunzione dell'incarico di revisione da parte di D. & T. Spa)
2) difetto di legittimazione con riguardo al presunto danno derivato da investimenti effettuati negli ultimi mesi del 2003 (con riferimento al capo a ed al capo c semestrale 2003)
3) inammissibilità della citazione del responsabile civile in relazione ai reati di ostacolo alle funzioni della Consob (capo b) ed al reato di aggiotaggio di cui al capo e)
4) inammissibilità della citazione del responsabile civile per difetto di legittimazione da parte di
5) nullità della citazione per insufficiente indicazione delle ragioni della domanda ex art. 83 quinto comma c.p.p.
6) nullità della citazione, con riguardo alle parti civili costituitesi con gli Avv. ti , per mancanza della procura ex artt. 100 e 122 c.p.p.
quanto a D. Spa:
1) difetto di legittimazione attiva delle parti civili che hanno acquistato titoli prima dell'1/1/00 (ossia prima dell'assunzione dell'incarico di revisione da parte di D.)
2) difetto di legittimazione passiva in relazione alle domande formulate con riguardo ai capi a), c), d) dalle parti civili che hanno acquistato titoli dopo il 30/7/03, ossia dopo la cessazione dell'attività di revisione di D. Spa,
3) inammissibilità della citazione del responsabile civile in relazione ai reati di ostacolo alle funzioni della Consob (capo b) ed al reato di aggiotaggio di cui al capo e)
4) inammissibilità della citazione del responsabile civile per difetto di legittimazione da parte di
5) nullità della citazione per insufficiente indicazione delle ragioni della domanda ex art. 83 quinto comma c.p.p.
6) nullità della citazione, con riguardo alle parti civili costituitesi con gli Avv.ti , per mancanza della procura ex artt. 100 e 122 c.p.p.
sui detti punti e sulla richiesta, contenuta nella memoria 7/12/04, della difesa di Consob di ordinare la cancellazione, perché offensivi, di alcuni periodi contenuti nella memoria dell'Avv. dei 25/11/04, il Giudice si riserva di provvedere nel prosieguo dell'udienza.
P.Q.M.
Dichiara l'inammissibilità delle costituzioni di parte civile nei confronti dei responsabili amministrativi ex d.lg. 231/01
Dispone l'esclusione delle parti civili costituitesi nei confronti dei detti responsabili amministrativi
Dispone l'esclusione delle seguenti parti civili: I. s.p.a., B. o. A., rappresentante Comune degli Obbligazionisti, Lega Consumatori, Confconsumatori, Federconsumatori, Adiconsum, Movimento di Difesa del Cittadino Onlus, Cittadinanzattiva, Altroconsumo
Rigetta le ulteriori eccezioni e richieste
Milano, 25 gennaio 2005.
Il Giudice, dott. Cesare Sacconi