Confisca obbligatoria e reati tributarî - Natura di pena della confisca obbligatoria - Il G.U.P. del Tribunale di Trento solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 200, 322 ter c.p. e 1, comma 143, della legge finanziaria 2008, per contrasto con l'art. 7 CEDU e con l'art. 117, comma 1, Cost., nella parte in cui consentono la confisca obbligatoria di beni di cui il reo abbia la disponibilità per reati tributari commessi precedentemente la loro entrata in vigore.
Tribunale Civile e Penale di Trento Ufficio del Giudice per le Udienze Preliminari
Oggetto: ordinanza di Legittimità Costituzionale
In data 17.12.2007
Il Gup di Trento applicava ex art. 444 c.p.p. a B.S. la pena
di anni 1 e mesi 10 di reclusione per i seguenti reati: a)
artt.
110, 81 c.p., 2 D.L.vo 74/2000 perchè, in esecuzione di un medesimo
disegno criminoso, nelle qualità di cui
sopra, in concorso con persone non identificate, al fine di ottenere un’indebita detrazione Iva e di evadere le imposte
sui redditi, e avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente
inesistenti emesse dalle imprese Z.F., S. Srl, N.C. di C. R e M.G.
C di M.G.
- nella dichiarazione Iva della A. di B.G. & C.
s.n.c. relativa all’esercizio 2003 presentata in data
4.9.04 , indicava elementi passivi
fittizi pari a € 358.647,50
- nella dichiarazione Iva della A. di B.G. & C.
s.n.c. relativa all’esercizio 2004 presentata in data 27.9.05,
indicava elementi passivi fittizi pari a
€
362.880,17
- nella dichiarazione dei redditi
della A. di B.G. & C.
s.n.c. relativa all’esercizio 2003,
presentata in data 4.9.04 , indicava elementi passivi fittizi pari a €
1.793.237,49.
- nella dichiarazione dei redditi
della A. di B.G. & C.
s.n.c. relativa all’esercizio 2004,
presentata in data 27.9.05,
indicava elementi passivi fittizi pari a € 1.814.400,85.
In B. nelle
date di presentazione delle dichiarazioni Iva e dei redditi
b)
artt. 110, 81 c.p., 8 D.L.vo 74/2000 perché,
nella qualità di cui sopra, in concorso con persone non identificate e al fine
di consentire a impresa individuale Z. e a N.C. di C.R. di
evadere l’Iva, emetteva fatture per operazioni soggettivamente inesistenti nei
confronti dell’impresa tedesca di Z. per un ammontare complessivo pari a
€ 515.402,32
In B. il
15.1.2003,7.8.2003, 1.9.2003 e 16.4.2004., data di emissione delle
fatture
c) Artt. 110,81, c.p., 216 comma 1 n. 1, 219
commi 1 e 2 n. 1 r.d. 267/1942 perché, in esecuzione di un medesimo disegno
criminoso, nella qualità di cui sopra, in concorso con Z.F
(quale amministratore dell’impresa individuale Z.F.) e
con persone allo stato non identificate, distraeva
dalle casse sociali della impresa individuale Z.F. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio
2005) la somma complessiva non inferiore a € 387.935,89 attraverso le seguenti operazioni:
a) imprese estere
hanno venduto alla impresa Z. (e, in alcuni casi le imprese italiane A.B. sp.a., L’A. s.r.l., N. s.p.a., e N.T. s.r.l.
alla impresa Z.F.H., che poi ha ceduto alla impresa Z.
italiana) una serie di autovetture (senza Iva ex D.L 331/93) per un
ammontare complessivo di €
3.996.929,47
b) successivamente
l’impresa Z. ha venduto alla A. di B.G. & C. s.n.c.
(in alcuni casi previo passaggio attraverso la Z.F.H.,
resasi acquirente delle imprese italiane di cui sopra) tali
autovetture al prezzo complessivo (Iva compresa) di € 4.384.865,36 e pertanto in apparenza
“sottocosto”, atteso che l’Iva dovrebbe essere solo una partita di giro
e pertanto versata all’erario.
c) in realtà il rapporto tra i fornitori
esteri e italiani, da una parte, e A. di B.G. & C.
s.n.c. dall’altra, è diretto, mentre l’impresa Z. (e, in alcuni casi
Z.F.H.) è mero soggetto interposto la cui funzione è quella di
non versare l’Iva e così immettere sul mercato autovetture a prezzi
concorrenziali, atteso che l’importo dell’Iva in parte viene destinato a pagare
il fornitore e in parte trattenuto e poi diviso tra B. e
Z..
Tutto ciò ha generato naturalmente un
enorme debito fiscale in capo alla impresa individuale Z. che ha
condotto al fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data
17 febbraio 2005
B., acquistando dalla impresa Z.
nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con Z.
l’importo dell’Iva, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle distrazioni.
Con le aggravanti
di aver compiuto più fatti di distrazione e di aver cagionato un danno
patrimoniale di rilevante gravità.
d) Artt. 110 c.p., 216 comma 1 n. 1, 219 commi
1 e 2 n. 1, 223 comma 1 r.d. 267/1942 perché, nella qualità di cui sopra,
in concorso con Z.F. (quale di amministratore di S. s.r.l.)
e con persone allo stato non identificate, distraeva dalle casse sociali
della S. s.r.l. (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Trento in
data 17 febbraio 2005) la somma complessiva non inferiore a € 182.463,18 attraverso
le seguenti operazioni:
a) imprese estere hanno venduto
alla S. s.r.l. (e, in alcuni casi, A.B. s.pa., alla impresa Z.F.H., che poi ha
ceduto alla S. s.r.l.) una serie di autovetture (senza Iva ex D.L 331/93 )
per un ammontare complessivo di € 1.908.517,84
b) successivamente S. s.r.l. ha
venduto alla A. di B.G. & C. s.n.c. (in alcuni casi
previo passaggio attraverso la Z.F.H.,
resasi acquirente A.B. s.pa.,)
tali autovetture al prezzo complessivo (Iva compresa) di
€ 2.090.981,02 e pertanto
in apparenza “sottocosto”, atteso che l’Iva dovrebbe essere solo una
partita di giro e pertanto versata all’erario.
c) in realtà il rapporto tra le imprese
estere e A.B., da una parte, e A. di B.G. &
C. s.n.c., dall’altra, è diretto, mentre S. s.r.l. (e, in alcuni
casi impresa Z.F.H.) è mero soggetto interposto la cui funzione
è quella di non versare l’Iva e così immettere sul mercato autovetture a prezzi
concorrenziali, atteso che l’importo dell’Iva in parte viene destinato a pagare
il fornitore e in parte trattenuto e poi diviso tra B. e
Z..
Tutto ciò ha generato naturalmente un enorme
debito fiscale in capo alla S. s.r.l. che ha condotto al
fallimento, dichiarato con sentenza del Tribunale di Trento in data 17 febbraio
2005
B., acquistando dalla S.
s.r.l. nella piena consapevolezza del meccanismo truffaldino e spartendosi con
Z. l’importo dell’Iva, ha fornito un contributo casualmente rilevante alle
distrazioni.
Con le aggravanti di aver compiuto più fatti di distrazione e di aver
cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità.
e) artt. 110 c.p.
223 comma 2 n. 2, r.d. 267/1942 nella qualità in epigrafe indicata, in concorso
con Z.F. e con persone allo stato non identificate, cagionava per effetto di operazioni dolose,
meglio descritte al capo che precede, il fallimento della S. s.r.l..
In T. il 17 febbraio 2005, data della dichiarazione di fallimento di
S. s.r.l. e impresa individuale Z.
In data 4 gennaio 2008 il B., tramite il suo difensore, depositava istanza di dissequestro
(anche) della somma complessiva di € 10.820,00 affermando (e la circostanza è
del tutto pacifica) che tale denaro non era in alcun modo collegabile con
l’attività delittuosa (né con le bancarotte nè con gli illeciti fiscali) e rimarcando di aver già versato a titolo di
risarcimento (certo non integrale attesi gli importi del danno e del profitto)
la somma complessiva di € 636.620,24
Poste tali
premesse ad avviso dello scrivente la restituzione delle somme di denaro
sarebbe atto dovuto.
Senonchè in data 1.1.2008 è entrato in vigore l’art. 1 comma 143 della
L. 244/2007 (in GU 28.12.2007) il quale prevede che “nei casi di cui agli
articoli 2,3,4,5,8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto legislativo 10
marzo 2000 n. 74 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui
all’art. 322 ter del codice penale”
Per effetto di tale norma la confisca per equivalente è estesa a (quasi)
tutti i reati tributari.
Tale norma si applica anche ai reati commessi precedentemente alla sua
entrata in vigore posto che, per giurisprudenza costante della Cassazione,
costituente ormai diritto vivente, Il principio di irretroattività della
legge penale, sancito dagli artt. 2 cod. pen. e 25, comma secondo, Cost., è
operante nei riguardi delle norme incriminatrici e non anche rispetto alle
misure di sicurezza, sicché la confisca
può essere disposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non
era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a
tipo, qualità e durata “ (Cass. 3717/1999; cass. n. 7045/2000;
Cass. cass. n.. 4328/2000; Cass. n. 10575/2003; Cass. n. 13039/ 2005; Cass. n. 9269/2006 )
Alla luce di tale norma la somma si € 10.820,00
dovrebbe essere confiscata, posto che la confisca di cui all’art. 1 comma 143 della L. 244/2007 è una misura
di sicurezza (art. 236 comma 1 n. 2 c.p.) e non certo una pena (artt. 17 e 19
c.p.) e che allo ststo non si è a conoscenza di altri beni intestati a B.
Peraltro, il principio di retroattività nell’applicazione delle misure
di sicurezza si pone in contrasto con l’art. 7 Convenzione europea Diritti
dell’Uomo (recepita nel nostro ordinamento con L. 848/1955) il quale prevede
che “Non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al
momento in cui il reato è commesso”.
La disposizione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stata
interpretata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nel senso che la Corte “deve
essere libera di andare al di là delle apparenze e di valutare essa stessa se
una data misura costituisca una pena ai sensi di tale norma.”
Si è sostenuto in particolare che “la formulazione dell’art. 7
seconda frase indica che il punto di partenza di ogni valutazione
sull’esistenza di una pena consiste nello stabilire se la misura in questione
sia stata imposta a seguito di una condanna per un reato. (…) Al riguardo altri
elementi possono essere ritenuti pertinenti: la natura e lo scopo della misura
in questione, la sua qualificazione nel diritto interno; le procedure correlate
alla sia adozione e esecuzione” (Corte Europea diritti Uomo 9.2.1995 Welch
c. Regno Unito)
Alla luce di tali
criteri la Corte ha ritenuto in contrasto con l’art. 7 CEDU l’applicazione
retroattiva della confisca di beni applicata a un trafficante di droga
condannato a lunga pena detentiva.
Per quanto concerne la misura di cui all’art. 322 ter c.p., richiamato
dall’art. 1 comma 143 L.
244/2007, la Suprema
Corte, a sezioni unite, ha ritenuto che la confisca per
equivalente, “costituendo una forma di prelievo pubblico a compensazione di
prelievi illeciti viene ad assumere un carattere eminentemente sanzionatorio”
(Sez. Un. 41936/2005; in senso conforme Cass. 30543/2007). Alla luce di tale giurisprudenza si può
affermare che la confisca per equivalente prevista nell’ordinamento italiano è
una misura di sicurezza di carattere sanzionatario e costituisce una “pena”
secondo la nozione che ne fornisce la Corte Europea dei diritti dell’uomo
Poste tali premesse gli artt. 200, 322 ter c.p. e 1 comma 143 L. 244/1997 si pongono in contrasto con
l’art. 7 CEDU come interpretato dalla
Corte dei diritti dell’Uomo e pertanto con l’art. 117 comma 1 Cost. come
interpretato da Corte Cost. 348/2007 (in senso analogo Corte Cost. 349/2007): il
nuovo testo dell'art. 117, primo comma, Cost, se da una parte rende
inconfutabile la maggior forza di resistenza delle norme CEDU rispetto a leggi
ordinarie successive, dall'altra attrae le stesse nella sfera di competenza di
questa Corte, poiché gli eventuali contrasti non generano
problemi di successione delle leggi nel tempo o valutazioni sulla rispettiva
collocazione gerarchica delle norme in contrasto, ma questioni di
legittimità costituzionale. Il giudice comune non ha, dunque, il
potere di disapplicare la norma legislativa ordinaria ritenuta in contrasto con
una norma CEDU, poiché l'asserita incompatibilità tra le due si presenta come
una questione di legittimità costituzionale, per eventuale violazione dell'art.
117, primo comma, Cost., di esclusiva competenza del giudice delle leggi.
Rilevato dunque che la questione di legittimità costituzionale degli
artt. 200, 322 ter c.p., 1 comma 143
L. 244/2007 è rilevante (qualora la norma censurata
fosse dichiarata incostituzionale le somme di denaro andrebbero restituite a
B. e non confiscate) e non manifestamente infondata, il
Giudice dell’udienza preliminare, quale
Giudice dell’esecuzione, visti gli artt. 134 Cost. e 23 l. 87/53. Solleva questione di legittimità costituzionale
degli artt. 200, 322 ter c.p., 1 comma 143 L.
244/2007 per contrasto con l’art. 117 Cost. nella parte in cui consentono la confisca obbligatoria per un valore corrispondente a quello del profitto, per reati tributari commessi precedentemente alla loro entrata in vigore. Dispone che, a cura della Cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, sia notificata all'imputato, al difensore e al PM, nonché al Presidente de Consiglio dei Ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Trento, 12.02.2008
IL GIUDICE Dott. Corrado PASCUCCI
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