Rimessione in termini: strada in salita per il condannato latitante e alloglotta
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Giuseppe Maria - Presidente
Dott. CARMENINI Secondo Libero - Consigliere
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
Dott. ZAPPIA Pietro - Consigliere
Dott. IASILLO Adriano - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da N.A., alias ND.AR., nato a ..., alias NO.AR., nato a ..., che ha chiesto la
rimessione in termini per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Brescia del 11/6/2004;
Sentita la relazione del consigliere Dr. Carmenini;
Lette le conclusioni del P.G., Dr. De Sandro Anna Maria, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
OSSERVA
Il difensore di N.A. ha avanzato istanza volta ad ottenere la rimessione in termini per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appelo di Brescia in data 11.6.2004,
confermativa della condanna per rapina ed altro a carico del prevenuto; egli deduce, in sostanza, la mancata conoscenza del provvedimento che si intende impugnare, sia per il suo stato di latitanza, sia per la mancata conoscenza della lingua italiana, in difetto di atti non tradotti nella sua lingua.
L'istanza-ricorso è manifestamente infondata.
Deve essere subito precisato che la restituzione nel termine ai fini dell'impugnazione tardiva della sentenza contumaciale presuppone la non addebitabilità al condannato in contumacia della mancata
conoscenza della decisione; al riguardo non può ritenersi giustificazione valida ex se la mera condizione di latitanza, la quale, anzi, dimostra la volontà dell'imputato di sottrarsi volontariamente al procedimento e quindi di porsi scientemente nella condizione di non volerne conoscere lo sviluppo e l'esito.
Conseguentemente, qualora la sentenza contumaciale sia stata ritualmente notificata, è onere del richiedente (anche latitante) provare le ragioni che gli hanno impedito di conoscere il provvedimento da impugnare e la diversa epoca in cui ne è venuto a conoscenza, al fine di consentire il riscontro del rispetto del termine di trenta giorni previsto dall'art. 175 c.p.p., comma 3, come novellato dal D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, conv. con mod. nella L. 22 aprile 2005, n. 60, dovendosi, in difetto, ritenere verificata la decadenza dal termine (v. Cass. Sez. 1, sent. n. 08321/2006, Rv 233700).
Nel caso di specie, per altro, risulta in positivo - come ha correttamente rilevato il P.G. ricorrente - che il condannato era stato ristretto anche per questa causa nella Casa Circondariale di Novara e, quindi, conosceva perfettamente l'esistenza del procedimento a suo carico; che, comunque, gli fu successivamente notificato un provvedimento di correzione di un errore materiale contenuto nella sentenza in questione, di modo che almeno da quella data l'imputato ha avuto effettiva conoscenza della sentenza, essendo stato posto in condizione di acquisire ogni relativa informazione; che pertanto almeno da quella data è cominciato a decorrere il dies a quo per la presentazione dell'istanza di rimessione nel termine (trenta giorni da quello di effettiva conoscenza), termine ampiamente spirato.
Quanto all'addotta mancata conoscenza della lingua italiana - rilevato che l'art. 143 c.p.p. non prevede l'obbligo indiscriminato della traduzione degli atti nella lingua dello straniero - non può sottacersi che dagli atti del processo non risulta tale asserita mancata conoscenza; che, anzi, sia il lungo periodo trascorso dallo N. in Italia, ove ha subito anche la restrizione della libertà personale, sia la conoscenza delle attività processuali da compiere emergente proprio dalla presente istanza affidata a difensore di fiducia, dimostrano, nell'interessato, una buona padronanza della lingua italiana.
A mente dell'art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità - determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso – consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1.000,00 (mille) Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di 1.000,00 Euro.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2007
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