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 Corte di Cassazione, Sezione V penale, Sentenza 2 luglio 2007 (dep. 13 agosto 2007), n. 31921

Richiesta di archiviazione in caso di diffamazione: gli eredi del querelante non hanno diritto all’avviso

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:      
Dott. CALABRESE Luigi Renato - Presidente -
Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere -
Dott. FEDERICO Raffaello - Consigliere -
Dott. ROTELLA Mario - Consigliere -
Dott. DI TOMASSI Maria Stefania - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da L.T.A. avverso il decreto pronunciato in data 10.4.2007 dal Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Savona nei confronti di B.M.;
Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Di Tomassi M. Stefania;
Lette le conclusioni del Procuratore generale, Dott. Meloni Vittorio, con le quali si chiede l'annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Savona archiviava la notizia di reato iscritta nei confronti di B.M. a seguito della querela proposta nei suoi confronti da S.G. per il reato di diffamazione.
Ricorre a mezzo del proprio difensore L.T.A., nella qualità di moglie ed erede del querelante chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato per violazione del contraddittorio.
Assume la ricorrente che, avendo il querelante chiesto d'essere avvisato della eventuale richiesta d'archiviazione, il relativo diritto s'era trasmesso, dopo la sua morte, agli eredi.
Il disposto dell'art. 597 c.p.p., comma 3, estendendo ai prossimi congiunti della persona offesa dal reato d'ingiuria o di diffamazione la facoltà di proporre querela, non consentirebbe dubbi sul fatto che ad essi spetterebbero altresì il diritto di proporre opposizione e i diritti a questo connessi.
Erroneamente dunque il Pubblico ministero dopo avere formulato la richiesta d'archiviazione e averne tentato la notifica al querelante, appresane la morte, avrebbe omesso di inoltrare l'avviso agli eredi del defunto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La circostanza che la ricorrente sia erede del querelante, nella sua prospettazione persona offesa del reato di diffamazione, non rileva in alcun modo con riferimento alla sua legittimazione a proporre ricorso, giacchè non v'è norma che estenda le facoltà e/o i diritti della persona offesa, in conseguenza della sua morte, agli eredi, in quanto tali.
Nel sistema, peraltro, la qualità di persona offesa è strettamente personale e correlata al rapporto processuale penale che si instaura con l'indagato e non è trasmissibile "iure hereditatis" (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 38872 del 24/10/2006; Sez. 6, Sentenza n. 35518 del 02/10/2002);
La qualità di moglie, e perciò prossimo congiunto, sarebbe rilevante invece agli effetti degli artt. 90 c.p.p. e 597 c.p., comma 3, ma nessuna di tali norme, che riguardano casi particolari e diversi, è idonea ad estendere ai prossimi congiunti anche il diritto ad essere avvisato in caso di richiesta d'archiviazione in caso di morte della persona offesa, neppure nell'ipotesi in cui il reato denunziato sia, come nel caso in esame, la diffamazione.
L'art. 90 c.p.p. è infatti norma apparentemente più generale, ma si riferisce alla sola situazione in cui "la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato", che non ricorre nel caso in esame.
L'art. 597 c.p., espressamente evocato dal ricorrente, istituisce d'altra parte una disciplina particolare con riferimento ai reati contro l'onore, in forza della quale - ai sensi del primo periodo del terzo comma - i prossimi congiunti possono proporre querela (a) se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre querela; (b) se si tratta di offesa alla memoria di un defunto. Ma nessuna di tali ipotesi ricorre nel caso di specie (in cui l'offesa non era alla memoria ma alla persona e il defunto aveva già proposto querela). 
Nei suddetti casi (a e b) ed inoltre nel caso in cui la persona offesa muoia dopo avere proposto la querela - che è il caso che qui interessa - ai prossimi congiunti è riconosciuta dal secondo periodo del medesimo comma la facoltà indicata nel capoverso dell'art. 596 c.p., e cioè la facoltà di deferire ad un giurì d'onore il giudizio sulla verità del fatto che si assume diffamatorio ove consti di un fatto determinato; e solo tale facoltà (cfr., mutatis, sulle connotazioni di specialità della previsione Sez. 1, Sentenza n. 1296 del 21/10/1966).
D'altra parte, anche a ritenere la legittimazione iure proprio della ricorrente per effetto dell'offesa recata all'onore e alla reputazione del marito, alla sua immagine professionale e, ex post, alla sua memoria, al più alla stessa si sarebbe potuto riconoscere il diritto a proporre opposizione, non già anche quello ad essere avvisata. 
Quest'ultimo (il diritto ad essere avvisato), a differenza dell'altro (il diritto di proporre opposizione), non è difatti connesso direttamente alla veste di persona offesa nè discende automaticamente da tale veste, scaturendo invece solo dalla richiesta d'avviso, autonomamente avanzabile da ciascuno degli offesi.
Sicchè anche l'argomento che la ricorrente avrebbe avuto diritto a proporre querela e quindi opposizione non consentirebbe di configurare la dedotta lesione del contraddittorio per la mancanza dell'avviso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
 
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2007
 
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