Sulla ammiissibilità della costituzione di parte civile di un ente esponenziale di interessi collettivi in tema di reati ambientali.
N. 202/02 R.G. Notizie di reato N. 213/06 R.G. Trib.
TRIBUNALE DI TOLMEZZO
Il giudice, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 18.1.2007, con riguardo alla richiesta di espunzione dei documenti allegati alla costituzione di parte civile, si rileva che la documentazione risulta allegata esclusivamente per supportare l’atto di costituzione e che, sotto tale limitato profilo, assume piena rilevanza. L’eccezione deve pertanto essere respinta. Con riguardo all’opposizione alla costituzione di parte civile. Occorre premettere che l’azione civile da parte dell’associazione WWF è esercitata sotto diversi profili, da un lato in proprio, in relazione alla lesione dell’interesse collettivo alla salubrità dell’ambiente di cui detto ente è portatore, nonché per far valere il diritto al risarcimento della propria immagine e reputazione, pregiudicati dai reati per i quali si procede (in quanto contrastanti con le finalità statutarie dell’associazione), e, dall’altro lato, in sostituzione degli enti territoriali Comune di Tolmezzo, Provincia di Udine e Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 9, co. 3° D.Lgs. 267/00 (testo unico sugli enti locali); sotto il primo profilo occorre evidenziare come la Giurisprudenza più recente (cfr. Cass. 9.10.2006, n. 33887) abbia fatto propria l’impostazione dommatica che utilizza lo schema generale dell’azione aquiliana di cui all’art. 2043 cod. civ., configurando in capo alle associazioni ambientaliste in quanto tali un interesse legittimo alla tutela dell’ambiente, idoneo a essere leso dal danno ambientale. A tale scopo questa impostazione si avvale in modo più o meno articolato della sistemazione teorica elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa in tema di interessi diffusi e di interessi collettivi. Secondo questa elaborazione, gli interessi diffusi, che sono in genere comuni a tutti gli individui di una formazione sociale o addirittura della comunità nazionale o internazionale, sono privi di tutela giurisdizionale. Si tratta infatti di interessi che riguardano beni insuscettibili di appropriazione individuale e quindi anche di gestione processuale. Perciò sono stati opportunamente definiti come “adespoti”, cioè senza portatori, privi di titolari. Da un processo di soggettivizzazione o corporativizzazione degli interessi diffusi nascono gli interessi collettivi, che sono comuni a più soggetti che si associano come categoria o gruppo omogeneo per realizzare i fini del gruppo stesso. A differenza degli interessi diffusi, gli interessi collettivi sono suscettibili di tutela giurisdizionale, perché trovano una titolarità in enti esponenziali capaci di agire, che si distinguono tanto dalla comunità generale quanto dai singoli associati nell’organizzazione. Si tratta perciò di interessi legittimi. Secondo la dottrina amministrativistica, per consentire il passaggio da interessi diffusi nella comunità, privi di tutela, a interessi collettivi legittimi, dotati di tutela davanti al giudice amministrativo, occorre che i primi siano non solo differenziati ma anche qualificati. Come ha precisato la giurisprudenza amministrativa, i fattori essenziali di tale qualificazione giuridica sono: a) il collegamento territoriale, in forza del quale la legittimazione ad agire contro la Pubblica Amministrazione deve essere riconosciuta esclusivamente ai soggetti e alle organizzazioni degli interessi diffusi che siano radicate nell’ambito territoriale in cui ha effetto il provvedimento amministrativo da impugnare (ed a tale riguardo assume rilevanza la documentazione allegata alla costituzione di parte civile dalla quale si desume l’aderenza al territorio dell’azione dell’associazione de quo; analogo riconoscimento è contenuto ad es. nella sentenza della Cassazione penale, sez. III, 1.10.1996, n. 9837 in un procedimento penale per violazione dell'art. 734 c.p. e dell'art. 1 sexies d.l. 27 giugno 1985 n. 312, conv. con modificazioni in l. 8 agosto 1985 n. 431, in relazione ad attività di coltivazione di una cava). b) la partecipazione procedimentale, in forza della quale la legittimazione ad agire davanti al giudice amministrativo spetta a tutte le organizzazioni che siano ammesse a partecipare al procedimento amministrativo finalizzato all’emanazione del provvedimento impugnando (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 407 del 27 agosto 1982, che ha riconosciuto la legittimazione dell’Associazione Italiana per il World Wildlife Fund a impugnare un provvedimento in materia venatoria, in considerazione del fatto che essa era chiamata a designare un proprio rappresentante in seno al Comitato tecnico venatorio nazionale). Questo criterio ha poi trovato una consacrazione legislativa nell’art. 9 della legge 7 agosto 1990 n. 241 in materia di procedimento amministrativo, secondo il quale “qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento”. Si deve quindi riconoscere che, per effetto di una lunga evoluzione giurisprudenziale e normativa, è stata estesa agli enti esponenziali di interessi collettivi la possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale amministrativa, in quanto enti portatori di un interesse legittimo alla legalità dell’attività amministrativa. Unico requisito richiesto è che l’ente esponenziale sia titolare di interessi territorialmente determinati, tali da poter essere concretamente lesi dal provvedimento amministrativo. Acquisito questo risultato, il passo successivo è consequenziale, perché la titolarità di un interesse legittimo in capo agli enti collettivi diventa il presupposto per la loro legittimazione all’azione di risarcimento in sede civile e in sede penale. Infatti, la fondamentale pronuncia di Cass. SS.UU. Civ. n. 500 del 22 luglio 1999, Com. Fiesole c. Vitali, rv. 530533, ha statuito che anche la lesione di un interesse legittimo può essere fonte di responsabilità aquiliana, giacché il danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. è quello che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, e in particolare senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Ne deriva che gli enti esponenziali di interessi collettivi possono essere danneggiati (in senso proprio) da attività lesive degli interessi di cui sono portatori. Risulta così dimostrata, in base allo schema aquiliano e agli approdi dommatici in tema di interessi collettivi, l’assoluta correttezza della tesi secondo la quale le associazioni ambientaliste sono legittimate in via autonoma e principale all’azione di risarcimento per danno ambientale, quando siano statutariamente portatrici di interessi ambientali territorialmente determinati, concretamente lesi da un’attività illecita. Dall’altro lato, l’associazione, in quanto soggetto giuridico dell’ordinamento, è senza dubbio portatrice di un proprio autonomo diritto soggettivo all’immagine ed alla reputazione, che risulta astrattamente tutelabile anche in sede penale mediante costituzione di parte civile, qualora lo stesso risulti direttamente leso dalla condotta illecita. Anche sotto tale profilo deve quindi essere ammessa la costituzione di parte civile. Con riguardo poi all’azione civile in sostituzione degli enti territoriali indicati dall’art. 9 del T.U: sugli Enti Locali, si deve evidenziare come l’interpretazione offerta dalla parte civile appaia l’unica costituzionalmente compatibile. Infatti qualsiasi diversa interpretazione del combinato disposto di cui agli artt. 303 let. f) e 318 let. b) D.L.vo 152/06 (laddove la prima norma esclude l’applicabilità della parte VI del D.L.vo 152/06, relativa alle norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente, ai danni causati da emissioni, eventi ed incidenti verificatisi prima dell’entrata in vigore della citata parte VI del decreto e la seconda dichiara abrogato l’art. 9 comma 3° D.L.vo 267/00) verrebbe a determinare una situazione di inammissibile vuoto di tutela risarcitoria con riguardo ai danni ambientali verificatisi prima dell’entrata in vigore del codice dell’ambiente del 2006, con l’impossibilità di applicare, da un lato, le complesse procedure di ripristino ambientale di cui agli artt. 305 e ss. del D.L.vo 152/06 e, dall’altro, il risarcimento del danno disciplinato dagli artt. 18 L. 349/86 (con l’esclusione del solo comma 5° relativo all’intervento in giudizio) e 9 D.L.vo 267/00. Si deve quindi ritenere che la norma di cui alla let. f) dell’art. 303 D.L.vo 152/06 escluda l’applicabilità della nuova disciplina di cui alla parte VI del decreto legislativo anche con riferimento alla disciplina transitoria prevista dall’art. 318, che produrrà pertanto i propri effetti abrogatici esclusivamente con riguardo ai danni ambientali verificatisi successivamente all’entrata in vigore del D.L.vo 152/06. Se pertanto la disciplina introdotta dal D.L.vo 152/06 con riguardo alla legittimazione ad agire ha senza dubbio carattere processuale, il principio del tempus regit actum risulta nel caso in esame condizionato dal termine di entrata in vigore previsto dall’art. 303 let. f), per il quale, si ribadisce, l’applicabilità di tutta la parte VI del decreto legislativo è esclusa con riguardo agli eventi verificatisi anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa. Deve pertanto ammettersi la costituzione di parte civile, anche sotto il profilo della richiesta di risarcimento del danno in sostituzione del Comune di Tolmezzo e della Provincia di Udine. L’azione di cui all’art. 9 T.U. Enti Locali, come tutte le ipotesi di legittimazione ad agire in via surrogatoria, è di carattere eccezionale ed è quindi in suscettibile di interpretazione estensiva o analogica al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge. Né appare condivisibile la tesi del difensore di parte civile, secondo la quale l’azione di cui all’art. 9 sarebbe esercitata non in sostituzione della Regione F.V.G. quale istituzione, ma della collettività che tale regione rappresenta. Si tratta, ad avviso dello scrivente, di due ipotesi differenti, in quanto, sotto il primo profilo, l’azione civile può essere esercitata iure proprio dall’associazione, quale ente rappresentativo di interessi collettivi, per le ragioni che si sono sopra sinteticamente evidenziate; la legittimazione processuale di cui all’art. 9 costituirebbe invece una legittimazione processuale sostitutiva delle facoltà di un’istituzione (peraltro dotata di autonomo statuto), che quindi in assenza di espressa previsione legislativa, non può essere riconosciuta.
P.Q.M.
Rigetta la richiesta di esclusione della documentazione allegata all’atto di costituzione di parte civile, ammettendone l’allegazione solo in riferimento alla legittimazione ad agire dell’associazione; ammette la costituzione dell’Associazione Italiana per il World Wide Fund - Onlus, con la sola esclusione dell’azione esercitata in surrogazione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
Tolmezzo, 9 marzo 2007
Il G. Camillo Poilucci
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