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 Schema di disegno di legge recante “Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione”

Schema e relazione illustrativa del disegno di legge recante “Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione” approvato nella riunione del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 2006.

Schema di disegno di legge recante “Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione”

Titolo I - Misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia , di genere e contro le discriminazioni
Art. 1 (Campagne di informazione e di sensibilizzazione)
1. Le amministrazioni statali, nell’ambito delle proprie risorse e competenze e avuto riguardo al piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale, realizzano interventi di informazione e di sensibilizzazione, anche acquisendo il parere dell’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale, al fine di prevenire la violenza in famiglia, di genere e le discriminazioni.
Art. 2 (Principi e strumenti nel sistema dell’istruzione e formazione)
1. Il sistema dell’istruzione e formazione della Repubblica comprende tra le sue finalità la valorizzazione dell’uguaglianza e della pari dignità sociale di ogni persona di fronte alla legge, senza discriminazioni fondate sulla razza, nazionalità, religione, condizioni personali ed opinioni, età, sesso o orientamento sessuale e si impegna per la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione di tali valori.
2. Al comma 2 dell’articolo 284 del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in fine, sono inserite le parole: «nonché, di concerto col Ministro per i diritti e le pari opportunità alle iniziative sul rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito nonché della dignità della donna.».
Art. 3 (Principi e strumenti nel sistema sanitario)
1. Al comma 2 dell’articolo 1 del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, in fine, sono inserite le parole «senza alcuna distinzione di razza, nazionalità, religione, età, sesso o orientamento sessuale.».
2. La rubrica del Titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006 n. 198, è sostituito con il seguente: “Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari e sostegno alle vittime attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione.».
3. Dopo l’articolo 24 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 è aggiunto il seguente:
«Art. 24- bis (Sistema sanitario)
Il Ministro della Salute, d’intesa con i Ministri per i Diritti e le pari opportunità, delle Politiche per la famiglia, dell’Università, e la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, al fine di tutelare le vittime di violenza, promuove, nei limiti delle risorse disponibili, programmi di sensibilizzazione e di formazione del personale sanitario anche attraverso l’integrazione dei programmi di studi dei diplomi universitari e dei programmi di specializzazione delle professioni socio-sanitarie con contenuti concernenti la prevenzione e la diagnosi precoce della violenza, l’intervento ed il sostegno alle vittime di violenze familiari determinate anche da conflitti culturali e intergenerazionali.».
Art. 4 (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria)
Dopo l’articolo 24-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 è aggiunto il seguente: «Art. 24-ter (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria)
1. I mezzi di comunicazione promuovono la protezione e la tutela dell’uguaglianza tra uomini e donne ed evitano ogni discriminazione tra loro.
2. E’ vietato utilizzare in modo vessatorio o discriminatorio a fini pubblicitari l’immagine della donna o i riferimenti all’orientamento sessuale della persona o alla identità di genere.”
3. Il Ministro per i diritti e le pari opportunità, anche su denuncia del pubblico, di associazioni ed organizzazioni, nonché ogni altra pubblica amministrazione che ne abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali possono chiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, istituita dall’articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, che siano inibiti gli atti di pubblicità in contrasto con il divieto di cui al comma 2, che sia inibita la loro continuazione e che ne siano eliminati gli effetti.
4. Per l’esercizio delle funzioni Dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nell’ambito della tutela dalla pubblicità discriminatoria e per le relative sanzioni si applica, in quanto compatibile, l’articolo 26 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.».
Art. 5 (Statistiche sulla violenza)
Dopo l’articolo 24- ter del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 è aggiunto il seguente:
«Art. 24-quater (Statistiche sulla violenza)
1. Ai fini della progettazione e realizzazione di politiche di contrasto alla violenza in famiglia e contro le donne e del monitoraggio delle politiche di prevenzione, l’Istat, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicura lo svolgimento di una rilevazione statistica sulla violenza e maltrattamenti che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio con cadenza almeno quadriennale.».
Art. 6 (Sistema previdenziale)
1. Dopo l’articolo 24-quater del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, è inserito il seguente:
«Articolo 24- quinquies (Sistema previdenziale)
Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per i diritti e le pari opportunità, da emanarsi entro il 30 luglio 2007, nei limiti delle risorse derivanti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto, vengono individuate, per le lavoratrici autonome prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia e che si trovino impossibilitate a svolgere la loro attività perché vittime dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis e 609-octies del codice penale, le modalità di esonero dal versamento dei contributi e premi per un periodo fino a un massimo di sei mesi. Durante tale periodo è riconosciuto un accredito figurativo calcolato sulla media delle quote versate durante i sei mesi precedenti al periodo di esonero.».
Art. 7 (Registro dei centri antiviolenza)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è costituito, nell’ambito delle strutture di competenza e senza oneri aggiuntivi di spesa, un Registro ove sono iscritti i centri antiviolenza che agiscono in ambito sovraregionale ovvero che operano nell’ambito di una Rete con dimensione sovraregionale, con lo scopo di prestare assistenza alle vittime della violenza di genere o per ragioni di orientamento sessuale.
2. Con decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità sono stabilite le procedure per l’iscrizione nel registro e le modalità per documentare il possesso dei seguenti requisiti:
a) avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da almeno un anno e possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo o preminente la tutela delle vittime di violenza, senza fine di lucro;
b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;
c) elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite con indicazione delle quote versate dagli associati e di altre entrate; tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;
d) svolgimento di un'attività continuativa nell'anno precedente a quello di presentazione della domanda di iscrizione;
e) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima, e non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione.
3. Il registro è aggiornato annualmente, anche con la cancellazione dei centri per i quali
siano venuti meno i requisiti necessari per l’iscrizione.
Titolo II- Diritti delle vittime del reato
Art. 8 (Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime del reato)
Costituiscono livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime dei delitti di cui agli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies del codice penale, da determinarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le politiche della famiglia, del Ministro della solidarietà sociale e del Ministro per i diritti e le pari opportunità, d’intesa con la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281:
a) l’informazione sulle misure previste dalla legge riguardo la protezione, la sicurezza ed i diritti di assistenza e soccorso delle vittime di violenza;
b) l’esistenza di servizi cui siano chiaramente attribuite le relative competenze socio-assistenziali, dotati di personale specializzato, facilmente individuabili e raggiungibili dall’utenza;
c) la previsione che i servizi siano in grado di svolgere funzioni di pronto intervento anche psicologico e di successiva presa in carico delle situazioni a medio termine, anche a fini di ricomposizione familiare;
d) l’integrazione tra i servizi, qualora ne esistano di diversi con competenze ripartite;
e) la stabilità e continuità dei servizi, siano essi pubblici o privati convenzionati, accreditati o comunque riconosciuti dalle regioni;
f) la previsione di azioni di sostegno sociale, di protezione, di supporto all’istruzione, alla formazione e all’inserimento professionale;
g) nei casi più gravi, nei quali sia nociva la permanenza in famiglia, l’inserimento delle vittime in comunità di tipo familiare per un periodo sufficiente a realizzare un progetto di reinserimento sociale.
Art. 9 (Programmi di protezione della vittima di violenza)
1. Le Regioni, gli enti locali e i Centri antiviolenza iscritti nel registro di cui all’articolo 7 possono presentare, per il finanziamento da parte dello Stato sull’apposito Fondo per le politiche di pari opportunità, progetti concernenti programmi di protezione sociale e reinserimento delle vittime della violenza per ragioni di genere ovvero di orientamento sessuale che, per effetto della violenza subita, manifestano difficoltà di reinserimento a livello sociale e lavorativo.
2. I programmi di protezione sociale e reinserimento possono riguardare il soddisfacimento delle esigenze alloggiative della vittima, quanto meno con riferimento alla durata del processo penale, il reinserimento professionale, le esigenze di cura e sostegno dei figli a carico.
3. Le procedure e i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti dei programmi di protezione sociale e reinserimento sono determinate con apposita intesa da adottarsi in sede di Conferenza Unificata.
Titolo III – Dei delitti contro la persona e la famiglia
Art. 10 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi)
1. L’articolo 572 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 572. (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.».
Art.11 (Sottrazione e trattenimento di minore all’estero)
1. Dopo l’articolo 574 del codice penale è aggiunto il seguente:
«574 bis. (Sottrazione e trattenimento di minore all’estero). Chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo all’estero ovvero omettendo di farlo rientrare in Italia, contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione da uno a sei anni.
Se il fatto è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e col suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.
Se il fatto è commesso da uno dei genitori, la condanna o l’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per alcuno dei delitti previsti dal presente articolo comporta la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori.».
Art. 12 (Modifiche alle norme sui delitti contro la personalità individuale e la libertà personale)
1. Dopo l’articolo 604 del codice penale è aggiunto il seguente:
« 604 bis. (Ignoranza dell’età della persona offesa). Quando i delitti previsti negli articoli 600, 600 bis, 600 ter, 601 e 602 sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona.».
2. L’articolo 609 bis, terzo comma, del codice penale è sostituito dal seguente:
«Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi; ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo ed alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima.».
3. All’articolo 609 ter, primo comma, numero 2), del codice penale dopo le parole: « stupefacenti o » sono inserite le seguenti: «comunque idonee a ridurne la capacità di determinarsi, o ».
4. All’articolo 609 ter, primo comma, del codice penale il numero 5) è sostituito dal seguente: «5) nei confronti di persona della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;».
5. All’articolo 609 ter, primo comma, del codice penale dopo il numero 5 sono inseriti i seguenti:
«5 bis) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza;
5 ter) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, quando il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza; 5 quater) nei confronti di donna in stato di gravidanza.».
6. L’articolo 609 quater, quarto comma, del codice penale è sostituito dal seguente:
«Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi; ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo ed alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima.».
7. All’articolo 609 quinquies del codice penale dopo il primo comma sono aggiunti i
seguenti:
«Alla stessa pena soggiace chiunque mostra materiale pornografico a persona minore degli anni quattordici, al fine di indurla a compiere o subire atti sessuali.
La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di stabile convivenza.».
8. Dopo l’articolo 609 decies del codice penale sono aggiunti i seguenti:
«609 undecies. (Adescamento di minorenni). Chiunque, allo scopo di sedurre, abusare o sfruttare sessualmente un minore di anni sedici, intrattiene con lui, anche attraverso l’utilizzazione della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, una relazione tale da carpire la fiducia del minore medesimo è punito con la reclusione da uno a tre anni.
609 duodecies. (Computo delle circostanze). Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 609 ter, 609 quater, quinto comma, 609 quinquies, terzo comma e 609 octies, terzo comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti. ».
Art. 13 (Atti persecutori)
1. Dopo l’articolo 612 del codice penale è inserito il seguente:
«612 bis. (Atti persecutori). Chiunque ripetutamente molesta o minaccia taluno in modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fisico o psichico, ovvero tali da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile legame affettivo, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata fino alla metà e si procede d’ufficio se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339.
Si procede altresì d’ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d’ufficio».
Art. 14 (Modifiche all’articolo 640 del codice penale)
1. All’articolo 640, secondo comma, del codice penale dopo il numero 1) è aggiunto il seguente:
« 1 bis) se ricorre l’aggravante di cui all’articolo 61 n. 5;» .
Art. 15 (Altre modifiche al codice penale)
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’art. 157, al sesto comma, dopo le parole “e 589, secondo e terzo comma” sono aggiunte le parole: “572, 600 bis, 600 ter, 609 bis aggravato dalle circostanze di cui all’articolo 609 ter, numeri 1, 5 e 5 bis, 609 quater , 609 octies e 609 undecies”.
b) all’articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371 bis, 371 ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto, ovvero persona con cui, pur non essendo coniuge, come tale conviva, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell'onore.»;
c) al primo comma dell’articolo 576, il numero 5) è sostituito dal seguente: « 5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609 bis, 609 quater e 609 octies; »;
d) negli articoli 604, 609 sexies, 609 septies, primo comma, 609 nonies, primo comma, 609 nonies, secondo comma, 609 decies, primo comma , 734 bis, le parole « 609 ter, » sono soppresse.
Art. 16 (Modifiche al codice di procedura penale)
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 266, comma 1, lettera f), dopo le parole: « reati di » sono inserite le seguenti: « sottrazione consensuale di minorenne, sottrazione di persone incapaci, sottrazione e trattenimento di minore all’estero, » e dopo la parola: « minaccia, » sono inserite le seguenti: « atti persecutori, »;
b) all’articolo 282 bis , dopo il comma 6 è inserito il seguente:
«7. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono comunicati all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.»;
c) dopo l’articolo 282 bis è aggiunto il seguente:
«Art. 282 ter. (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa).
1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa.
2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi.
3. Quando la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
4. Il provvedimento è comunicato all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.».
c) al comma 2 dell’articolo 380, dopo la lettera d) è inserita la seguente:
«d bis) delitti di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis e di atti sessuali con minorenne di cui all’articolo 609 quater del codice penale, qualora ricorra una o più circostanze tra quelle indicate all’articolo 609 ter, nonché delitto di violenza sessuale di gruppo di cui all’articolo 609 octies del codice penale. »;
d) all’articolo 392, il comma 1bis è sostituito dal seguente:
«1 bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600 bis, 600 ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600 quater.1, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. »;
e) all’articolo 393, il comma 2 bis è abrogato;
f) all’art. 398, il comma 5 bis è modificato come segue:
1) prima della parola «600» è inserita «572,»;
2) le parole «e 609 octies» sono sostituite da «609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612 bis»;
3) le parole «vi siano minori di anni sedici,» sono sostituite da «vi siano minorenni ovvero persone offese anche maggiorenni,»;
4) le parole «quando le esigenze del minore» sono sostituite da «quando le esigenze di tutela delle persone»;
5) le  parole  «  abitazione  dello  stesso  minore»  sono  sostituite  dalle  seguenti
«abitazione della persona interessata all’assunzione della prova»;
g) all’articolo 498, il comma 4 ter è modificato come segue:
1) prima della parola «600» è inserita la seguente: «572,»;
2) le parole «e 609 octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612 bis»;
3) dopo le parole «l’esame del minore vittima del reato» sono inserite le seguenti: «ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato »;
g) negli articoli 190 bis, comma 1 bis, 282 bis, comma 6, 398, comma 5 bis, 444, comma 1 bis, 472, comma 3 bis, 498, comma 4 bis, le parole « 609 ter, » sono soppresse.
Art. 17 (Giudizio immediato)
1. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice penale, se ricorrono le condizioni previste dagli articoli 453 e seguenti del codice di procedura penale, il pubblico ministero procede con le forme del giudizio immediato. In tal caso, il termine di cui al primo comma dell’art. 454 del codice di procedura penale è di centoventi giorni.
Art. 18 (Delitti motivati da odio o discriminazione fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere)
1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera a), le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere »;
b) al comma 1, lettera b), le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere »;
c) al comma 3, le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ».
2. La rubrica dell'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».
3. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: « o religioso » sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere ».
4. All'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole «comma 1, » sono inserite le seguenti: «ad eccezione di quelli previsti dall’articolo 609 bis del codice penale, ».
Art. 19 (Intervento in giudizio)
1. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis del codice penale, l’ente locale impegnato direttamente o tramite servizi per l’assistenza della persona offesa, e il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa possono intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.
2. Nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1, se commessi in danno di minori o nell’ambito familiare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche attraverso l’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile di cui all’articolo 17, comma 1-bis della legge 3 agosto 1998, n. 269, può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.
3. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può altresì intervenire ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale nei procedimenti per i delitti di cui al comma 1, caratterizzati da violenza di genere o altra finalità discriminatoria.
4. Nei procedimenti per i delitti previsti dall’art. 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e per i delitti previsti dall’art. 380, lettera d), del codice di procedura penale, nei quali la persona offesa sia stata destinataria di programma di assistenza ed integrazione sociale ai sensi dell’art. art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione ovvero di programma speciale ai sensi dell’art. 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, l’ente locale o il soggetto privato che ha prestato assistenza alla persona offesa nell’ambito dei suddetti programmi può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.
Art. 20 (Costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei procedimenti per reati qualificati dalla discriminazione)
1. Nei procedimenti per i delitti commessi per finalità di discriminazione, motivati da ragioni di discriminazione o aggravati da tale finalità, la Presidenza del Consiglio dei Ministri può costituirsi parte civile .
Art. 21 (Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354)
1. All’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, dopo il primo comma è inserito il
seguente:
«Salvo quanto previsto dal primo comma, ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, 609 bis e 609 octies, , se commessi in danno di persona minorenne, e 609 quater del codice penale, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione ad un programma di riabilitazione specifica.».
2. Con decreto del ministro della giustizia, di concerto con il ministro delle politiche per la famiglia e con il ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinati programmi di riabilitazione, di cui all’articolo 13 della legge 26 luglio 1975, n. 354, con specifico riferimento a quanto previsto dall’articolo 4 bis, secondo comma, della legge medesima.
Titolo IV – Modifiche al codice civile.
Art. 22 (Modifiche all’articolo 342 ter del codice civile)
1. L’articolo 342 ter, quarto comma, del codice civile è sostituito dal seguente:
« Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Qualora disponga l’allontanamento dalla casa familiare, il giudice prevede l’ausilio della forza pubblica e l’allontanamento coattivo del destinatario dell’ordine che non provveda spontaneamente a tale adempimento. Il giudice può altresì indicare le misure idonee a prevenire violazioni successive del predetto provvedimento.».
2. All’articolo 342 ter del codice civile, dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:
«Il decreto emesso ai sensi dell’articolo 342 bis è sempre comunicato all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.».

 
RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELLO SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE MISURE DI SENSIBILIZZAZIONE E PREVENZIONE, NONCHE' REPRESSIONE DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA E NELL’AMBITO DELLA FAMIGLIA, PER L’ORIENTAMENTO SESSUALE, L’IDENTITA' DI GENERE ED OGNI ALTRA CAUDA DI DISCRIMINAZIONE

Lo schema di legge, proposto dal Ministero della Giustizia, dal Ministero dei Diritti e delle Pari Opportunità e dal Ministero per le Politiche per la Famiglia, ha come obiettivo quello di attuare un intervento integrato e su più fronti e livelli a contrasto dei fenomeni di violenza sulla persona, specie nelle relazioni familiari e affettive, e della prevaricazione ai danni di soggetti che, per caratteristiche personali, sono maggiormente vulnerabili, dove la donna, il minore, l’anziano, il “diverso”, sono le categorie più esposte.
A tal fine si mira a predisporre e attivare una serie di misure di sensibilizzazione sociale e di prevenzione e, sul piano del riconoscimento di diritti individuali, viene effettuato un rilevante intervento innovativo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice civile, al fine di assicurare riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime di delitti accomunati dalla caratteristica di realizzare la prevaricazione sulla debolezza, determinata da molteplici ragioni, della parte offesa.
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 Appare opportuno premettere alcune considerazioni esplicative a proposito della c.d. violenza di genere, dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell’autonomia e libertà personali, anche in relazione all’orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni. Essa viola la dignità e l’integrità del corpo, mortifica la persona nella sua sfera più intima e inviolabile, lede il principio dell’uguaglianza inibendo l’espressione piena della soggettività individuale,manifestando l’intolleranza verso ogni differenza e invadendo l’ambito insindacabile dell’autonomia di ciascuno. La violenza di genere mette dunque in discussione l’universalità dei diritti umani: non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza. Per tali ragioni, l’adozione di una normativa di contrasto verso ogni forma di violenza e molestia sessuale o di genere rientra a pieno titolo tra gli obiettivi prioritari di un sistema democratico.
Non è solo un problema di repressione o di ordine pubblico. Dietro le cifre, che evidenziano come in Italia una donna su due è vittima di una o più molestie a sfondo sessuale nell’arco della vita, un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche, il settanta per cento delle vittime è donna, ogni tre morti violente una riguarda donne
uccise da un marito, convivente o fidanzato, oltre il novanta per cento delle vittime di violenza o di molestie non denuncia il fatto: dietro queste cifre, dunque, affiora un’eredità sociale e culturale complessa.
Il fenomeno della violenza di genere complesso è rimasto a lungo compresso e invisibile, considerato per molti decenni l’espressione di un diritto ‘naturale’ e come tale tollerato. Oggi, quelle stesse forme di violenza e molestie definiscono una precisa emergenza sociale e culturale, investendo la qualità della convivenza civile, dell’inclusione sociale e soprattutto della libera e piena espressione della personalità di ciascuno.
La maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni nel Paese è anche il frutto dell’azione di organizzazioni e associazioni femminili che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere, suggerendo un approccio multidimensionale che non si limita alla sola repressione del reato ma tiene insieme i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema.
La legge che si propone intende dunque contribuire alla piena attuazione del dettato costituzionale, che con l’articolo 2 riconosce in modo aperto i diritti inviolabili dell’uomo e ancor più che con l’articolo 3. Ma si vuole altresì rispondere alle molteplici sollecitazioni internazionali, contenute ad esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; nella Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna del 1979; nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro la donna del 1993; nelle Risoluzioni della IV Conferenza mondiale sulla Donna di Pechino (1995). E ancora: nel Rapporto del Parlamento europeo del luglio 1997; nella Risoluzione della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1997 e nella Dichiarazione del 1999, Anno Europeo della Lotta Contro la Violenza di Genere. Più recentemente, la Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 2002 n. 5, la Risoluzione n. 803/2004/CE del Parlamento Europeo, con la quale si è approvato un programma d’azione comunitario (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza esercitata contro l’infanzia, i giovani e le donne e proteggere le vittime e i gruppi a rischio. Ultimo, in ordine di tempo, il Piano 2006 del Consiglio d'Europa contro la violenza alle donne, con particolare riferimento alla violenza domestica.
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 La proposta normazione si attesta dunque su quattro livelli integrati di intervento: misure di sensibilizzazione e prevenzione, riconoscimento di diritti alle vittime di violenza, tutela penale delle vittime di violenza, ampliamento della tutela processuale, sia penale che civile.
Le misure di sensibilizzazione e prevenzione contro la violenza di genere introducono per la prima volta norme di principio in ambito scolastico e universitario fissando tra gli obiettivi della formazione di ogni ordine e grado il pieno riconoscimento dei principi di pari dignità sociale , eguaglianza e non discriminazione per ragioni di genere e non solo, anche con interventi formativi rivolti ai docenti
In ambito sanitario si onera il servizio sanitario nazionale della valorizzazione dei principi di pari dignità sociale, senza discriminazioni da qualsiasi causa determinate, pure onerando lo stesso servizio di una specifica formazione del personale sanitario , e ciò al fine di migliorare la capacità di riconoscimento degli episodi di violenza di genere e, nel contempo, di assicurare un intervento assistenziale e riabilitativo più adeguato alle esigenze delle donne vittime di violenze.
In ambito comunicativo si introduce per la prima volta una norma volta ad orientare i contenuti dei messaggi pubblicitari per evitare riferimenti offensivi e discriminatori in relazione alla appartenenza di genere
Si propone poi un monitoraggio costante del fenomeno funzionale alla progettazione di nuove politiche di contrasto della violenza nei confronti delle donne.
Si è presentata una vera e propria “carta dei diritti” della vittima di violenze volta a garantire, per la prima volta, un supporto psicologico ma anche sociale, economico, familiare, previdenziale. L’aiuto alle vittime è anzitutto un aiuto per ricostruire una loro piena autonomia e non tanto un aiuto contro ciò che è accaduto.
Si sono progettati dei programmi di reinserimento lavorativo, assimilabili a quelli già operanti in materia di tratta. La vittima di violenze che denuncia l’aggressione sofferta spesso è per ciò solo privata pure della possibilità di sostentamento per sé e per i propri figli, dipendendo anche economicamente dall’autore della violenza per essere questi coniuge o convivente, ovvero datore di lavoro . Il programma di protezione aiuta la donna a reinserirsi socialmente e professionalmente riconoscendole nuovi spazi e possibilità anche economiche di mantenersi autonomamente.
Si sono previsti interventi pure in favore dei minori affidati alla cura della vittima di violenze, per evitare che gli stessi subiscano in seconda battuta gli effetti del comportamento delittuoso già sofferti dalla madre.
A livello previdenziale si è operata una equiparazione dei periodi di assenza necessari per la riabilitazione psicofisica in conseguenza della violenza subita ai periodi di malattia e si è garantita una contribuzione “figurativa” per la durata di mesi sei per le lavoratrici autonome che, per effetto della violenza sofferta, cessino la loro attività per avvalersi temporaneamente dei programmi di assistenza e protezione sociale
L’intervento nella materia penale opera a vari livelli.
Quanto agli interventi in tema di violenza sessuale, il disegno di legge opera sulla descrizione delle aggravanti previste dall’articolo 609 ter, sottolineando la gravità del fatto commesso da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato, perché tale condizione normalmente crea un affidamento e un conseguente abbassamento del livello di guardia nella vittima, e individuando situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa; amplia il novero delle condotte tipiche dei reati di corruzione di minorenne, estendendola al caso di esibizione di materiale pornografico, attualmente estranea alla descrizione della condotta tipica contenuta nell’articolo 609 quinquies; estende il principio dell’inescusabilità dell’ignoranza dell’età minore della parte offesa anche ai delitti contro la libertà individuale. Si segnala in particolare la nuova fattispecie delittuosa dell’adescamento di minorenni, che mira a reprimere quelle forme di approfittamento della fiducia di un minore degli anni sedici, realizzate mediante l’instaurazione di relazioni amichevoli anche attraverso forme di comunicazione a distanza (telefono, sms, chat line, etc.) in funzione del compimento di delitti sessuali.
Il disegno di legge incide anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l’effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili. Peraltro, considerando che l’attuale assetto normativo prevede già ora pene consistenti, non si è ritenuto di prevedere ulteriori specifici aggravamenti.
Lo schema di legge interviene sulla fattispecie del delitto di maltrattamenti in famiglia, aumentando le pene detentive previste per le varie ipotesi e trasformando in aggravante l’essere la vittima persona di età inferiore ai quattordici anni.
Di particolare interesse è la nuova fattispecie delittuosa degli atti persecutori, finalizzata ad assicurare un più efficace intervento repressivo rispetto a comportamenti vessatori, perduranti nel tempo e sovente precursori di più efferate aggressioni.
Il delitto consiste dunque sia nella reiterazione di condotte disturbanti, sia nella reiterazione ossessiva di intimidazioni, tali da sconvolgere la qualità di vita della parte offesa o da porre la stessa in stato di soggezione o in grave disagio fisico o psichico, ovvero ancora tali da generare timore per l’incolumità individuale propria o dei propri cari.
Per tale delitto, tra l’altro, è proposto un regime sanzionatorio che consente l’applicazione di misure cautelari, ciò che potrà in molti casi contribuire ad evitare che si giunga ai drammatici epiloghi di cui ormai troppo spesso narra la cronaca.
Il disegno di legge prevede inoltre nuove figure delittuose idonee a sanzionare adeguatamente le sottrazione di minorenni, consensuale o no, allorché il minore sia condotto o trattenuto all’estero.
Con ciò si intende dare una risposta sanzionatoria più appropriata in particolare a quei casi in cui la sottrazione dei minori avviene, direttamente o indirettamente, ad opera di uno dei genitori, specie quando si tratta di figli nati da coppie di cui uno dei genitori sia cittadino straniero. Attualmente, se uno dei genitori – direttamente o indirettamente - sottrae il figlio, trasferendolo lecitamente o illecitamente all’estero e qui trattenendolo, spesso impedendo ogni forma di contatto, anche epistolare e telefonico, con l’altro genitore, il regime penale, qualora non sia ravvisabile un’ipotesi di sequestro di persona, è tale da comportare sanzioni di fatto lievi, e quindi di scarsa efficacia dissuasiva, e tali da non consentire il ricorso a strumenti investigativi, quali ad esempio le intercettazioni telefoniche, che spesso sarebbero indispensabili a fini della localizzazione del minore.
Nei fatti, e specie se il genitore che opera la sottrazione è straniero e porta il figlio all’estero, si tratta di situazioni difficilmente reversibili, che danneggiano gravemente la personalità del minore, sradicato dal suo ambiente di vita e dalle sue relazioni affettive.
Apprestare più penetrante tutela penale e consentire il ricorso a strumenti investigativi più efficaci può contribuire a scoraggiare comportamenti antigiuridici che spesso rimangono privi di effettiva sanzione. Si consideri che, nei fatti, la soluzione dei casi che coinvolgono cittadini stranieri è attualmente affidata per lo più ai canali diplomatici, dal momento che la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, ratificata dall’Italia con la legge 15 gennaio 1994, n. 64, non è stata ratificata da alcuno Stato nord-africano o medio-orientale, ad eccezione della Turchia e di Israele.
Per queste situazioni, il disegno di legge propone dunque una fattispecie autonoma di reato, punita con pene più gravi di quelle stabilite dagli articoli 573 e 574 del codice penale, commisurate al grado di allarme sociale e proporzionate alla gravità dell’offesa inflitta.
In una più complessiva ottica di tutela dei soggetti deboli, si è ritenuto fosse questa la sede opportuna per introdurre una modifica anche all’attuale disciplina del delitto di truffa, con riferimento all’ingravescente fenomeno delle truffe ai danni di persone anziane.
In tali situazioni, cui vanno aggiunte quelle in cui il truffatore sfrutta le caratteristiche di personalità della vittima o delle condizioni di fatto sfavorevoli rispetto ad una corretta valutazione del contesto, si verifica un approfittamento particolarmente spregevole della credulità della vittima, spesso cagionando un danno non solo economico, ma anche morale, sia sotto il profilo del conseguente sentimento di profonda vergogna e disistima personale della vittima, sia sotto il profilo dell’angoscia per avere perso risorse economiche spesso vitali. Ciò comporta grave allarme sociale, cui non corrisponde, attualmente, un’adeguata risposta sanzionatoria. Si prevede pertanto l’introduzione di una specifica aggravante al secondo comma dell’articolo 640 del codice penale, con l’effetto non solo di rendere più adeguata la pena irrogabile rispetto all’effettiva gravità del reato ed all’allarme sociale suscitato, ma di consentire altresì interventi idonei anche in sede cautelare.
Il disegno di legge inoltre apporta alcune integrazioni alle norme che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa: viene introdotto anche il riferimento alle forme di discriminazione fondate sull’orientamento sessuale e all’identità di genere; ciò consente, tra l’altro, di rendere operante in generale, ma più specificamente nella materia dei reati di violenza sessuale, l’aggravante prevista dall’articolo 3 della c.d. legge Mancino.
In particolare, e con riferimento ai reati previsti dall’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, è prevista la possibilità che il Dipartimento per i Diritti e le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri si costituisca parte civile nel processo per ottenere il risarcimento dei danni causati allo Stato da tali delitti.
Nella materia processuale, le innovazioni elaborate mirano a rendere più veloce e più efficace il processo e ad assicurare alla vittima, con particolare riferimento ai delitti di violenza sessuale, protezione e sostegno più intensi, congrui alla gravità dell’offesa subita e alle sue conseguenze traumatiche.
Si è pertanto prevista, per alcune fattispecie, l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza di reato; l’esperibilità di strumenti di indagine quali le intercettazioni; l’ampliamento della possibilità di ricorrere all’incidente probatorio e di attuarlo con modalità protette a tutela dalla parte offesa; l’eliminazione dell’obbligo, a carico del pubblico ministero richiedente l’incidente probatorio, di rivelare tutti gli atti d’indagine compiuti.
L’esigenza della celerità dei processi motiva la scelta di prevedere come doveroso il ricorso al rito immediato, ampliando peraltro il termine entro cui esso può essere chiesto.
Ancora, lo schema prevede la possibilità per i soggetti istituzionalmente coinvolti dell’assistenza alle vittime dei delitti di violenza sessuale di intervenire nel processo, offrendo così alla vittima un significativo, solidale affiancamento nel corso del processo. Analoga facoltà è prevista a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri rispetti ai procedimenti per delitti di violenza di genere o per ragioni discriminatorie, ed altresì in favore dell’ente locale o del soggetto privato che abbia prestato assistenza alla persona offesa nell’ambito di specifici programmi di assistenza ed integrazione. Si è poi prevista la possibilità per il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità di costituirsi parte civile nei processi per atti discriminatori.
Infine, si sono previste misure particolarmente efficaci ai fini dell’esecuzione degli ordini di protezione in materia civile e precauzioni nella concessione di benefici ai detenuti condannati per delitti in materia sessuale ai danni di minorenni.
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 Si esamina ora il testo del DDL, entrando nel dettaglio dei singoli articoli, ripartiti in quattro titoli che consentono l’immediata individuazione del settore di operatività delle norme.
Nel Titolo I , denominato “Misure di sensibilizzazione e di prevenzione contro la violenza in famiglia, di genere e contro le discriminazioni ” sono contenute le norme concernenti le campagne di informazione e di sensibilizzazione sul problema della violenza di genere, gli interventi programmati sul sistema educativo, sul sistema sanitario e comunicativo.
Articolo 1 (Campagne di informazione e di sensibilizzazione)
La norma prevede che i poteri pubblici, ciascuno per le proprie competenze, realizzino campagne periodiche di informazione e di sensibilizzazione al fine di prevenire la violenza di genere, avuto riguardo al piano d’azione nazionale contro la
violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale, anche acquisendo il parere dell’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, di genere e per ragioni di orientamento sessuale.
Si tratta di norma di principio che onera i poteri pubblici di un intervento doveroso, ciascuno per i propri ambiti, nella realizzazione di campagne informative e di sensibilizzazione destinata a prevenire il fenomeno della violenza di genere.
E’ ipotizzato così un intervento a carattere preventivo volto a formare una consapevolezza diffusa sui principi del rispetto della dignità umana e dell’eguaglianza di genere; naturalmente siffatto intervento opererà in vario modo a seconda dell’amministrazione che se ne farà portatrice, ma rappresenta una assunzione di responsabilità da parte dei poteri pubblici in merito ai necessari interventi per rimuovere il fenomeno della violenza di genere
Articolo 2 (Principi e strumenti dell’istruzione e formazione sistema formativo)
La norma inserisce tra le finalità del sistema formativo – inteso nel suo complesso, sia con riguardo alla formazione scolastica, sia con riguardo alla formazione universitaria e post-universitaria , per quello che riguarda i corsi di specializzazione e aggiornamento professionale- la valorizzazione della pari dignità sociale e di fronte alla legge di ogni persona, senza discriminazioni su qualsiasi causale fondate ( sesso, razza, colore della pelle, origine o appartenenza sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione , convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità fisiche e psichiche, età o l’orientamento sessuale).
La norma costituisce attuazione del principio di eguaglianza contenuto all’art. 3 Cost. poiché, nell’imporre come obiettivo ultimo la rimozione dei pregiudizi sessisti o di genere, onera il sistema scolastico , come pure quello universitario e post universitario, della rimozione degli ostacoli di ordine economico , sociale e culturale che impediscono la piena uguaglianza di uomini e donne, mirando al conseguimento dell’obiettivo della prevenzione dei conflitti, della risoluzione pacifica delle controversie in tutti gli ambiti della vita personale, familiare e sociale, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.
Al secondo comma si prevedono poi iniziative formative rivolte ai docenti da attuarsi d’intesa col Ministro per i diritti e le pari opportunità proprio sulle tematiche del rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito e del divieto di atti di violenza nei confronti delle donne.
Articolo 3 (Principi e strumenti del sistema sanitario )
Si tratta di una norma di principio - che si inserisce nel testo unico sulla sanità (dlgs 30 dicembre 1992 , n. 502) - volta a permeare il sistema sanitario delle finalità di valorizzazione della pari dignità sociale e di fronte alla legge di ogni persona, senza discriminazione alcuna . Anche questo intervento normativo, così come quello in ambito formativo costituisce precipitato logico-giuridico dell’attuazione dell’articolo 3 della Costituzione, onerando l’amministrazione sanitaria della rimozione degli
ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena uguaglianza di uomini e donne, nel rispetto e nella valorizzazione della differenza di genere.
La norma poi arricchisce il contenuto del Titolo II del Codice per le pari opportunità nel Libro II intitolato “Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti etico sociali” che , nel Titolo II, denominato “Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari “ prevedeva solo una norma di rinvio alla disciplina penalistica introdotta con la legge 154/01 . Il Titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, muta la denominazione ed è reintitolato “Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari e prevenzione della violenza in ambito sanitario, previdenziale e comunicativo”. La norma introduce un onere di formazione professionale del personale sanitario che per primo ha il contatto con la vittima della violenza e deve essere in grado di riconoscere il problema con immediatezza e di fornire ala donna l’assistenza più idonea , anche di tipo psicologico se del caso
Articolo 4 (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria)
Nel contesto della prevenzione dei fenomeni di violenza di genere, accanto alle campagne di sensibilizzazione e formazione a carico dei pubblici poteri si propone un intervento forte sui livelli mediatici e pubblicitari. Si proibisce a tutti i mass media di utilizzare a fini pubblicitari l’immagine della donna o i riferimenti all’orientamento sessuale della persona o alla identità di genere in modo vessatorio o discriminatorio -al solo fine di produrre reddito per sé o per altri - ed anzi si impone l’obbligo di perseguire il rispetto dell’uguaglianza tra uomini e donne e il divieto di ogni forma di discriminazione.
Analogamente a quanto già avviene in materia di pubblicità ingannevole si è introdotta la possibilità di ricorso, su istanza del Ministro per i diritti e le pari opportunità e di tutte le amministrazioni interessate in ragione dei compiti istituzionali di ciascuna di esse, alla Autorità Garante della concorrenza e del mercato. Tale autorità ha facoltà di inibire la prosecuzione della trasmissione illecita ed anche di rimuovere gli effetti dannosi che nelle more si siano prodotti
Al fine di rafforzare la possibilità di verifica del prodursi di situazioni vietate dalla norma in commento si prevede che l’iniziativa del Ministro per i diritti e le pari opportunità possa essere assunta anche su sollecitazione del pubblico degli spettatori, così come di associazioni ed organizzazioni che tutelino siffatti principi di eguaglianza e non discriminazione
Articolo 5 (Statistiche sulla violenza)
Al fine di individuare le tipologie di intervento più utili per il contrasto dei fenomeni di violenza di genere e di valutare tramite una adeguata attività di monitoraggio l’effetto delle politiche di prevenzione attuate si onera l’Istat dello svolgimento di una rilevazione statistica su violenza e maltrattamenti contro le donne che misuri le caratteristiche   fondamentali,   i   soggetti   più   a   rischio   con   cadenza   almeno
quadriennale. Solo un costante monitoraggio del fenomeno della violenza di genere, dei soggetti maggiormente a rischio, dell’esito degli interventi già operati consentirà infatti ai poteri pubblici di comprendere come meglio orientare i successivi interventi al fine di adeguarli alle mutate esigenze che provengono dall’analisi del sociale.
Articolo 6 (Sistema previdenziale)
Si tratta di una norma che opera in ambito previdenziale e consente alle lavoratrici autonome, che siano state vittime dei reati di cui agli articoli 572, 609-bis, 609- octies del codice penale, che per questo si trovino impossibilitate a svolgere la propria attività e che siano prive di copertura assicurativa per i rischi da malattia, di essere esonerate, secondo modalità che verranno stabilite con successivo decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, dal versamento di contributi e premi per un periodo massimo di sei mesi, durante il quale è riconosciuto un accredito figurativo.
Articolo 7 (Registro dei centri antiviolenza)
La norma prevede la costituzione di un Registro ove sono iscritti i centri antiviolenza che agiscono in ambito sovraregionale, ovvero che operino nell’ambito di una Rete con dimensione sovraregionale, con compiti di prestare assistenza alle vittime della violenza. Tale Registro opera presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di monitorare l’esistenza e l’operatività dei centri antiviolenza per garantire livelli minimi di prestazione il più possibile omogenei su tutto il territorio nazionale e orientare eventuali politiche di intervento negli ambiti di competenza propri. L’iscrizione al Registro aggiornata con periodicità annuale, avviene tramite procedure stabilite al fine di monitorare l’esistenza e l’operatività dei centri antiviolenza, per garantire livelli minimi di prestazione il più possibile omogenei su tutto il territorio nazionale e orientare eventuali politiche di intervento negli ambiti di competenza propri. L’iscrizione al Registro, aggiornato con periodicità annuale, avviene tramite procedure stabilite con decreto del Ministro per i Diritti e le Pari Opportunità, che definisce anche le modalità per documentare il possesso dei requisiti previsti da tale norma.
Il possesso dei requisiti richiesti rappresenta un filtro necessario a selezionare i centri antiviolenza effettivamente operativi sul territorio secondo criteri di continuità, professionalità e trasparenza.
E’ richiesto ai centri di documentare l’avvenuta costituzione da almeno un anno con statuto, la loro democraticità interna, lo scopo sociale di tutela delle vittime di violenza e l’assenza di fini di lucro. Sono inoltre richiesti la tenuta di un elenco aggiornato degli iscritti, con indicazione delle quote versate dagli stessi, la tenuta di libri contabili e la redazione di un bilancio annuale, in conformità alle norme in materia di contabilità delle organizzazioni non lucrative a carattere sociale. Tali previsioni sono individuate al fine di consentire l’iscrizione ai centri che operino in un’ottica di trasparenza. Sono richiesti altresì requisiti di moralità per i legali rappresentanti oltre all’assenza di eventuali conflitti di interesse.
Il Titolo II comprende una sorta di Carta dei diritti della donna vittima di fenomeni di violenza di genere
Articolo 8 (Livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali in favore delle persone e delle famiglie vittime del reato)
La norma prevede gli ambiti dei livelli minimi essenziali di tutela che devono essere assicurati alle vittime di violenza sessuale, di induzione e sfruttamento alla prostituzione minorile, di maltrattamento , corruzione di minorenne e atti sessuali con minorenne, nonché di violenza sessuale di gruppo. I livelli essenziali verranno determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le politiche della famiglia, del Ministro per la solidarietà sociale e del Ministro per i diritti e le pari opportunità, d’intesa con la Conferenza Unificata.
In primis viene in rilievo la necessità dell’informazione della vittima sulle misure previste dalla legge riguardo la loro protezione e la loro sicurezza e riguardo i diritti di assistenza e soccorso. Il diritto di informazione è un diritto “strumentale” all’esercizio degli altri diritti pure riconosciuti in questa normazione
Viene poi in rilievo il livello minimo di assistenza sociale integrata che deve essere assicurata alla vittima. La normazione proposta attua un concetto di assistenza sociale piuttosto amplio, comprensiva del primo soccorso, dell’accoglienza e del recupero integrale. La donna vittima di violenza di genere ha infatti una pluralità di esigenze che vanno dalle prime cure per gli effetti fisici della lesione sofferta, alla necessità di essere inserita logisticamente in un contesto sicuro per evitare il possibile perpetrarsi di ulteriori violenze , alla necessità , immediatamente successiva , di un aiuto dei pubblici poteri per un suo reinserimento a livello sociale. Questo ultimo fenomeno è particolarmente sentito nei casi di violenza perpetrata in ambito familiare laddove la rottura dei rapporti, derivata dalla presa di coscienza della donna che infine decide di denunciare il partner, o comunque l’aguzzino familiare, si trova sprovvista delle possibilità di trovare per sè e per i suoi figli una idonea allocazione nonché, frequentemente pure di un reddito per il proprio sostentamento. L’assistenza alla vittima si sviluppa nella prestazione di assistenza psicologica, sostegno sociale, appoggio in materia di formazione e d’inserimento professionale. I servizi si prevede debbano integrarsi tra loro e devono poter prestare una assistenza a carattere stabile e continuativo .
Articolo 9 (Programmi di protezione della vittima di violenza)
La norma prevede che le Regioni, gli enti locali e i Centri Antiviolenza potranno presentare, per il finanziamento da parte dello Stato sull’apposito Fondo per le politiche di pari opportunità costituito presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, progetti concernenti programmi di reinserimento delle vittime di violenza per ragioni di genere o di orientamento sessuale che, per effetto della violenza subita, manifestano difficoltà di reinserimento a livello sociale e lavorativo. I programmi di protezione sociale potranno riguardare il soddisfacimento delle esigenze abitative della vittima, quanto meno con riferimento alla durata del processo penale, il reinserimento professionale, le esigenze di cura e sostegno dei figli a carico. Le procedure e i criteri per l’assegnazione dei finanziamenti per la realizzazione dei programmi di protezione sociale e di reinserimento saranno stabiliti dal Ministro per i diritti e le pari Opportunità sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato , le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
La norma introduce una procedura che ricalca quella già attuata con successo per la protezione delle vittime di tratta , violenza e grave sfruttamento dall’art. 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 nonchè dagli articoli 12 e 13 della legge 11 agosto 2003 n. 228. Così come per la tutela delle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento si onerano enti locali e associazioni di settore, nel caso di specie i centri antiviolenza, della presentazione di progetti destinati a sostenere la vittima di violenza da un punto di vista sociale, di reinserimento lavorativo nonché pure familiare. Il Fondo per le politiche di pari opportunità costituito presso il Dipartimento sarà destinato, in parte al soddisfacimento di siffatte istanze di finanziamento le quali saranno oggetto di valutazione da parte di una Commissione costituita ad hoc presso il Dipartimento;
La norma tende a garantire pure ai figli minori, affidati alla cura della vittima di violenza gli stessi diritti di assistenza sociale. Si vuole cioè evitare che si creino delle vittime ulteriori in coloro che già subiscono il trauma della sofferenza per la consapevolezza delle lesioni sofferte dalla madre e per il possibile strappo familiare che tale comportamento ha ingenerato. A quest’effetto, il personale dei servizi sociali e dei Centri Antiviolenza dovrà includere persone con una adeguata formazione professionale idonea a evitare il prodursi di danni psichici e fisici ai minori i quali senza loro colpa si trovano a dover vivere in sfere familiari in cui si perpetuano fenomeni di violenza di genere.
Nel Titolo III , intitolato “ Dei delitti contro la persona e la famiglia”, si concentrano tutte le norme che, innovando sul codice penale, sul codice di procedura penale, su alcune leggi speciali e sull’ordinamento penitenziario, rappresentano l’immediata realizzazione della tutela contro forme di violenza e prevaricazione finora trascurate, sottovalutate, dimenticate.
Articolo 10 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi).
La norma interviene sull’articolo 572 del codice penale, aggravando le pene in esso previste sia per la fattispecie base, sia per la prima delle ipotesi aggravate. Inoltre, la commissione del reato ai danni di persona minore degli anni quattordici, legato all’autore del reato dalle relazioni elencate nel primo comma della norma, viene a costituire ipotesi aggravata del reato medesimo.
Articolo 11 (Sottrazione e trattenimento di minore all’estero).
La norma introduce nel codice penale l’articolo 574 bis, relativo alla sottrazione del minorenne al genitore esercente la potestà genitoriale o al tutore, allorché il minore sia condotto o trattenuto all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore. Attualmente, una simile condotta non può che rientrare, a seconda dell’età del minore e della presenza o meno del suo consenso, negli articoli 573 o 574 del codice penale, che prevedono la pena della reclusione fino, rispettivamente, a due o tre anni. Le nuove disposizioni comminano la pena della reclusione da uno a sei anni nel caso in cui un minore di quattordici anni o di ultraquattordicenne, se dissenziente, sia condotto all’estero ovvero non riaccompagnato in Italia, la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni nel caso in cui il minore condotto ovvero trattenuto all’estero sia di età superiore ai quattordici anni e consenziente.
Così come configurato, il delitto rientra nella giurisdizione del giudice italiano anche allorché la condotta criminosa sia iniziata all’estero (come nel caso in cui il minore sia condotto all’estero in vacanza con il consenso del genitore esercente la potestà genitoriale, e poi non più fatto rientrare in Italia, infrangendo l’accordo iniziale). In tal modo, si tutelano tutte le situazioni familiari consolidate nel territorio italiano, a prescindere dalla nazionalità dei soggetti coinvolti. Il terzo comma infine prevede la pena accessoria della sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale a carico dell’autore del reato che sia genitore del minore sottratto.
Articolo 12 (Modifiche alle norme sui delitti contro la personalità individuale e la libertà personale).
La norma prevede una serie di interventi sostanziali sugli articoli contenuti nella sezione I e, più massicciamente, nella sezione II del Libro II, Titolo XII, Capo II del codice penale, intitolate la prima ai delitti contro la libertà individuale e la seconda ai delitti contro la libertà personale.
1. La norma estende ai delitti contenuti nella sezione I, se commessi contro persone minorenni, la regola dell’inescusabilità dell’ignoranza dell’età della persona offesa, inferiore ai quattordici anni, sancita dall’articolo 609 sexies a proposito dei delitti contro la libertà personale. L’attuale lacuna può infatti rendere inoperante l’aggravante specifica contemplata da alcuni articoli della sezione I e consentire addirittura che gli autori di gravissimi reati, quali la pornografia minorile ovvero la prostituzione minorile, restino impuniti.
2. La precisazione così introdotta all’articolo 609 bis, che costituisce una specificazione dell’articolo 133 del codice penale, vuole portare ad una particolare attenzione nell’individuazione dei casi di minore gravità del delitto di violenza sessuale.
3. La previsione specifica l’aggravante di cui all’articolo 609 ter, primo comma, numero 2, ampliando l’elencazione dei mezzi di interferenza con la volontà della vittima a tutti quelli, ancorché non classificabili come sostanze narcotiche o stupefacenti, comunque capaci di ridurre la capacità della vittima a determinarsi liberamente.
4 e 5. Sempre nell’ambito delle aggravanti previste dall’articolo 609 ter, il numero 5, che attualmente si limita a stabilire l’aggravante relativa alla commissione del delitto ai danni di minore degli anni sedici da parte del genitore, dell’ascendente o del tutore, viene ampliato a ricomprendere l’ipotesi di delitto commesso ai danni di persona anche maggiorenne da parte delle categorie di persone già menzionate.
Viene poi introdotto il numero 5 bis, che aggrava il delitto commesso dal coniuge o dal convivente, ovvero da persona cui la vittima comunque sia o sia stata legata da relazione   affettiva:   si   vuole   così   sottolineare   la   gravità   e   la   spregevolezza dell’approfittamento di una situazione di consuetudine nelle relazioni intime.
Il numero 5 ter dispone poi l’aggravante anche relativamente al caso di violenza sessuale ai danni di minorenne, senza ulteriori specificazioni, perpetrata da chi col minorenne medesimo abbia relazione di convivenza ovvero di affidamento per qualsiasi ragione.
Infine, il numero 5 quater qualifica come specifica aggravante la commissione del reato di violenza sessuale ai danni di donna in stato di gravidanza.
6. Si applica anche al delitto di atti sessuali con minorenne il criterio valutativo chiarito al punto 2.
7. L’articolo 609 quinquies (Corruzione di minorenne) attualmente punisce chi compie atti sessuali alla presenza di persona minore dei quattordici anni, al fine di farla assistere. Si prevedono due integrazioni:
- la prima individua come condotta punibile, rientrante nel concetto di corruzione di minorenne, anche l’esibizione di materiale pornografico qualificata dall’intendimento di indurre il minorenne a compiere o subire atti sessuali;
- la seconda introduce anche per questo reato, nelle due ipotesi previste, l’aggravante relativa al rapporto di parentela, vigilanza o convivenza.
8. Si introducono due nuovi articoli. L’articolo 609 undecies, che introduce il delitto di adescamento di minorenni, muove dalla volontà di offrire una tutela penale ai minori di sedici anni vittime di comportamenti accattivanti o seduttivi, perpetrati anche tramite mezzi di comunicazione a distanza, mediante i quali un soggetto intenzionato ad abusare o sfruttare sessualmente il minore medesimo mira a superarne la diffidenza e ad ottenerne la fiducia, al fine di più facilmente realizzare le proprie mire. Il limite di età della vittima, entro il quale si configura il reato in oggetto, è stato individuato tenendo in conto l’influenzabilità che normalmente caratterizza i soggetti minorenni appartenenti a tale fascia.
L’articolo 609 undecies prevede uno specifico meccanismo di valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti, già utilizzato da una serie di norme che hanno inteso sottolineare la gravità dei reati di cui si occupano (inter alia, si veda l’articolo 7 del D.L 31 dicembre 1991, n. 419; l’articolo 3 del D.L. 26 aprile 1993, n. 122). In sostanza, si esclude che il giudizio di bilanciamento tra aggravanti e attenuanti possa portare alla prevalenza delle attenuanti o all’equivalenza. Pertanto, l’applicazione di eventuali attenuanti opererà solo sulla pena già risultante dall’applicazione delle aggravanti. L’effetto è che le pene in concreto applicabili risulteranno più alte.
Articolo 13 (Atti persecutori).
Si individua la nuova fattispecie delittuosa degli atti persecutori, che ricomprendono sia le molestie persecutorie, sia le minacce persecutorie. Si vuole così dare adeguato inquadramento e punizione a condotte concrete ormai frequenti, ma allo stato non classificabili in ipotesi di reato che ne rispecchino l’effettiva offensività e la pericolosità.
Secondo la descrizione della condotta che si propone, gli atti persecutori consistono nella ripetizione assillante di molestie oppure di minacce, tali da sconvolgere la qualità di vita della parte offesa, ovvero da porla in stato di grave disagio fisico o psichico, soggezione o paura per la sicurezza personale propria e dei propri cari. Come già sopra evidenziato, sono stati fissati limiti di pena più congrui alla gravità dell’offesa arrecata, e tali altresì da consentire l’applicazione di misure cautelari, in modo da assicurare le eventuali connesse esigenze di tutela sociale. Per i casi più gravi, infine, si prevede la perseguibilità d’ufficio.
Si sottolinea qui che tale nuova fattispecie criminosa assicura un’efficace repressione anche di quei comportamenti vessatori perduranti nel tempo classificati come atti di “bullismo”.
Articolo 14 (Modifiche all’articolo 640 del codice penale ).
La norma introduce nell’articolo 640, relativo al delitto di truffa, una specifica ipotesi aggravata, richiamando il contenuto dell’articolo 61, n. 5 del codice penale, e cioè i casi in cui il fatto sia commesso profittando di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. Con questa innovazione si produce l’effetto di innalzare la pena fino a cinque anni di reclusione e di rendere possibile, se ne ricorrano le esigenze previste dalla legge, l’applicazione di misure cautelari.
Articolo 15 (Altre modifiche al codice penale).
Comma 1, lett. a). La norma integra l’articolo 157 del codice penale, in tema di prescrizione dei reati, nella parte in cui elenca i reati per i quali il normale termine prescrizionale è raddoppiato. I delitti per i quali viene quindi ad operare questo meccanismo sono caratterizzati da una particolare condizione di soggezione o comunque di debolezza nei confronti dell’autore del reato, di talché è verosimile una concreta difficoltà di emersione dei fatti.
Comma 1, lett. b). I casi di non punibilità previsti dall’articolo 384 del codice penale, che si riferisce ai precedenti delitti contro l’attività giudiziaria, attualmente limitati alle ipotesi in cui la commissione del reato sia da ricollegare alla necessità di salvare se stessi ovvero un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore, sono stati estesi al caso di rapporto di convivenza more uxorio.
Comma 1, lett. c). Si tratta di una modifica dell’articolo 576, primo comma, numero 5), che, in relazione al delitto di omicidio volontario, prevede una specifica aggravante per il caso in cui l’omicidio avvenga nell’atto della commissione di reati di violenza sessuale. L’attuale testo della norma citata fa ancora riferimento agli articoli di legge, ormai abrogati, precedenti alla riforma attuata con la legge 66/96. E’ quindi necessario aggiornarne il testo, non senza aver precisato che l’attuale articolo 576, primo comma, numero 5 – nelle more - è comunque sempre stato interpretato dalla giurisprudenza in senso conforme alla correzione oggi proposta.
Comma 1, lett. d). La norma interviene ad eliminare da una serie di articoli del codice penale il riferimento all’articolo 609 ter, la cui citazione appare impropria, essendo escluso che tale norma sia classificabile fra quelle che definiscono fattispecie autonome di reato, trattando invece delle forme aggravate del reato di cui all’articolo 609 bis. Si tratta pertanto di un mero intervento di correzione sistematica.
Articolo 16 (Modifiche al codice di procedura penale).
Comma 1, lett. a). Nel novero dei reati per i quali l’articolo 266 consente il ricorso alle intercettazioni si prevede – in linea peraltro con quanto già previsto nel caso delle ipotesi “minori” di minaccia e molestie - l’aggiunta della fattispecie di atti persecutori, che di quelle figure di reato costituisce una specificazione: identiche essendo le modalità commissive, analogo deve essere il ricorso ai mezzi di prova già specialmente previsti per tali reati. Si è altresì provveduto ad inserire, nel novero delle ipotesi in ordine alle quali è comunque consentito il ricorso alle intercettazioni, i reati previsti dagli articoli 573 e 574, nonché 574 bis, con riferimento al secondo comma, del codice penale, trattandosi di delitti che condividono natura, caratteristiche e necessità d’indagine con la fattispecie di cui nell’articolo 574 bis, primo comma di novella introduzione, per il quale il ricorso alle intercettazioni è consentito a cagione della pena edittale prevista. In tutti i suddetti casi, lo strumento intercettativo appare infatti decisivo, specie per consentire di rintracciare il minore sottratto.
Comma 1, lett. b). Si prevede che i provvedimenti con i quali il giudice dispone l’allontanamento dell’imputato dalla casa familiare siano comunicati all’autorità di pubblica sicurezza, in modo che la medesima possa valutare l’eventuale adozione di misure in tema di armi.
Comma 1, lett. c). La norma introduce una nuova speciale misura coercitiva, che completa quella di cui all’articolo 282 bis, consistente nel divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi. Trattasi di misura particolarmente significativa e opportuna, anche in relazione al reato - di nuova introduzione - di atti persecutori. Con tale previsione sarà infatti possibile impedire che l’aggressore prosegua nell’opera di molestia o minaccia della vittima e dei suoi familiari, con effetto preventivo di sicura efficacia. Anche in relazione a questa categoria di misure è stabilito l’obbligo di trasmissione all’autorità di pubblica sicurezza.
Comma 1, lett. d). Il disegno di legge prevede la modifica dell’articolo 380 e rende obbligatorio l’arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale di gruppo, di violenza sessuale aggravata e di atti sessuali con minorenne.
Questa previsione, fra l’altro, spiega i suoi effetti anche sull’articolo 15 del Decreto legislativo 286/1998 (T.U. Immigrazione), consentendo l’espulsione dello straniero condannato per tali reati, quale misura di sicurezza.
Comma 1, lett. e). Si prevede la modifica dell’articolo 392, che individua i casi in cui è possibile svolgere l’incidente probatorio.
Attualmente, la norma permette, nei procedimenti per i delitti di violenza e abuso sessuale, nonché per i delitti di cui agli articoli 600 bis e seguenti (prostituzione e pornografia minorile) l’assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche qualora non ricorrano le altre condizioni previste in generale dalla legge. Sostanzialmente, la previsione mira ad estromettere quanto prima il minore degli anni sedici dal processo penale, evitandogli nei limiti del possibile ulteriori turbamenti e traumi.
L’innovazione rende possibile effettuare con incidente probatorio, sempre con riferimento ai reati di cui sopra, l’assunzione della testimonianza del minore ultrasedicenne, nonché della parte offesa anche maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze psicologicamente distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti. Si giustifica pertanto anche nei loro confronti l’esigenza di limitare quanto possibile la reiterazione del confronto in sede giudiziaria con la ricostruzione di esperienze drammatiche e dolorosamente umilianti.
Comma 1, lett. f). Sempre nell’ambito della disciplina dell’incidente probatorio relativa ai reati di cui agli articoli 609 bis e seguenti, la norma intende espungere il comma 2 bis dell’articolo 393, che attualmente impone al pubblico ministero, in tali casi, di depositare tutti gli atti di indagine compiuti, assegnando perciò a tale incombente una disciplina più gravosa - e pregiudizievole rispetto alle indagini ancora in corso - rispetto a quanto invece non sia previsto a proposito di tutte le altre ipotesi di reato. Il pubblico ministero, pertanto, attualmente si trova a dover scegliere se acquisire subito le dichiarazioni della parte offesa minorenne utilizzabili nel dibattimento e “scoprire” tutte le proprie carte, ovvero continuare a tenere riservate le proprie indagini, ma sacrificare i vantaggi (oggettivi e soggettivi) dell’audizione della parte offesa minorenne in epoca prossima alla commissione del reato.
Comma 1, lett. g). Attualmente, l’articolo 398, sempre in materia di incidente probatorio per i reati di cui agli articoli 600 e seguenti, 609 bis e seguenti del codice penale, ne consente l’esecuzione con modalità particolari, a tutela della persona da sentire, solo nel caso di minore infrasedicenne. L’innovazione qui prevista, che si pone sulla scia di una recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 63 del 2005), estende il ricorso a modalità protette all’audizione del minore ultrasedicenne e della parte offesa maggiorenne, allorché il giudice ne ravvisi la necessità o l’opportunità in relazione alle esigenze di tutela delle persone coinvolte. Resta ovviamente la necessità di conservare la tutela anche nei confronti dell’adulto infermo di mente, che sia testimone e non anche parte offesa del reato, in ossequio al citato intervento della Corte Costituzionale.
Conseguentemente, l’udienza dedicata all’audizione della persona potrà svolgersi presso l’abitazione della persona medesima, sia essa maggiorenne o minorenne. Inoltre, il novero dei delitti per i quali è possibile il ricorso a questa modalità protetta di audizione è esteso alla fattispecie di cui agli articoli 572, 609 quinquies (in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 262 del 1998) e 612 bis di novella introduzione.
Comma 1, lett. h). Sulla scia delle innovazioni introdotte all’articolo 398, comma 5 bis, questa disposizione interviene sull’articolo 498, comma 4 ter, nella parte in cui esso prevede e disciplina l’utilizzo dello specchio unidirezionale e dell’impianto citofonico, integrando l’elenco dei delitti per i quali opera l’innovazione procedimentale ed ampliando alla vittima maggiorenne inferma di mente la possibilità di usufruirne, anche qui con riferimento alla sentenza n. 63 del 2005 della Corte Costituzionale.
Va altresì osservato che il richiamo, operato già ora dal comma 4 bis dell’articolo 498 all’articolo 398, comma 5 bis, estende anche alla fase dibattimentale le modalità protette di audizione delle persone vittime e testimoni dei reati indicati, nella nuova estensione stabilita con l’intervento operato sull’articolo 398 medesimo.
Comma 1, lett. i). Analogamente alla lettera c) dell’articolo 6, questa norma interviene ad eliminare dal codice di procedura penale il riferimento all’articolo 609 ter quale autonoma ipotesi di reato.
Articolo 17 (Giudizio immediato).
La norma prevede il ricorso doveroso al giudizio immediato, sempre che ne sussistano in concreto i presupposti fissati dal codice di procedura penale, allorché il pubblico ministero procede per i reati di cui agli articoli 609 bis e seguenti. La disposizione proposta, che non modifica l’istituto del rito immediato, intende imprimere velocità ai processi per tali delitti, senza tuttavia pregiudicare le esigenze relative alla raccolta delle prove.
Al fine di agevolare il ricorso al rito speciale, ed in considerazione della frequente possibilità che, specie nel caso di effettuazione di incidente probatorio, non sia possibile completare le indagini nel termine di novanta giorni, si prevede di elevare a centoventi giorni dall’iscrizione della notizia di reato il termine entro il quale i pubblico ministero deve trasmettere la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice.
Articolo 18 (Delitti motivati dall’odio o discriminazione fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ).
Con questa norma si interviene su una serie di disposizioni (contenute nella legge 13 ottobre 1975, n. 654, e nel D.L. 26 aprile 1993, n. 122) che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa, integrandole mediante il riferimento anche alle forme di discriminazione fondate sull’orientamento sessuale e all’identità di genere.
In particolare, si estende il delitto di istigazione al compimento di atti discriminatorio al compimento di atti di violenza determinati da motivi discriminatori anche alle motivazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. Del pari, si estende il divieto delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi lo scopo di incitare alla discriminazione a quelle compagini in cui l’elemento caratterizzante sia la discriminazione fondata su tali motivazioni.
L’intervento sulla c.d. Legge Mancino (D.L. 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, con legge 25 giugno 1993, n. 205), oltre all’integrazione della rubrica dell’articolo 1, molto più significativamente amplia la circostanza aggravante prevista dall’articolo 3 estendendone la configurabilità alla finalità di discriminazione o di odio motivato dall’orientamento sessuale e all’identità di genere. Si è ritenuto peraltro necessario, in ossequio al generale principio stabilito dall’articolo 609 septies del codice penale, di escludere la perseguibilità d’ufficio, ricollegata dall’articolo 6 della c.d. Legge Mancino alla configurabilità dell’aggravante di cui all’articolo 3, per il delitto di violenza sessuale di cui all’articolo 609 bis del codice penale.
Articolo 19 (Intervento in giudizio).
I commi 1 e 2 della norma consentono ai soggetti pubblici o privati che abbiano prestato assistenza istituzionale alle vittime di reati di maltrattamento in famiglia, violenza sessuale, anche di gruppo, atti sessuali con minorenni, atti persecutori, di affiancare   la   vittima   stessa   anche   nel   corso   del   processo,   assicurandole   un significativo e solidale sostegno. Qualora tali delitti siano commessi ai danni di minorenni o nell’ambito familiare, ovvero ancora si tratti di violenza di genere o perpetrata per ragioni discriminatorie, la norma consente l’intervento in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri, palesandosi così la rilevanza etica e sociale dei valori tutelati dalle norme incriminatrici. Analoga facoltà è prevista al riguardo dei procedimenti per i medesimi delitti che coinvolgano profili discriminatori op collegati alla violenza di genere. Il richiamo anche alle norme successive all’articolo 91 del codice di procedura penale chiarisce la necessità che simili interventi abbiano il consenso della parte offesa.
Il comma 3 prevede infine analoga possibilità di intervento a favore del soggetto pubblico o privato che presta assistenza alla vittima di una serie specifica di reati, tra cui quelli previsti dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75 e dall’art. 380, lettera d), del codice di procedura penale, nell’ambito di particolari programmi di assistenza, reinserimento e protezione, previsti da leggi speciali.
Articolo 20 (Costituzione di parte civile del dipartimento per i diritti e la pari opportunità nei procedimenti per reati qualificati dalla discriminazione).
1. Nei procedimenti per i delitti commessi per finalità di discriminazione, motivati da ragioni di discriminazione o aggravati da tale finalità, la Presidenza del Consiglio dei Ministri può costituirsi parte civile .
La norma attribuisce al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di costituirsi parte civile nei procedimenti relativi ai delitti commessi per finalità di discriminazione, motivati da ragioni di discriminazione o aggravati da tale finalità, nella convinzione che l’odio discriminatorio che caratterizza tali delitti, comunque sia motivato, si ripercuote sull’ordine sociale, fomentando la violenza e l’astio e arrecando allo Stato un danno del quale è così possibile chiedere il risarcimento.
Articolo 21 (Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354).
Con questa norma, la materia relativa ai permessi premio, alle misure alternative alla detenzione e all’assegnazione al lavoro all’esterno, già dettagliatamente disciplinata dall’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull’ordinamento penitenziario, viene ulteriormente arricchita dalla previsione di specifici programmi di riabilitazione rivolti ai detenuti e agli internati condannati per delitti qualificati dalla violenza o dallo sfruttamento di natura sessuale ai danni di minorenni. Con ciò si vuole porre ulteriori confini alla concessione di benefici che riportano il detenuto all’esterno, con la possibilità di dare ulteriore sfogo a pulsioni violente e/o perverse.
Questa previsione postula l’elaborazione e attuazione di programmi specifici, per i quali si rimanda ad un successivo decreto interministeriale.
Il Titolo IV, destinato alle “Modifiche al codice civile”, intende completare il sistema già innovato dalla legge 4 aprile 2001, n. 154.
Articolo 22 (Modifiche all’articolo 342 ter del codice civile).
Con questa disposizione si intende dare maggiore efficacia e cogenza agli ordini di protezione che il giudice può impartire ai sensi dell’articolo 342 bis del codice civile nelle situazioni in cui la condotta del coniuge o del convivente sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale, ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente. La misura che costituisce generalmente il contenuto dell’ordine di protezione, e cioè l’allontanamento del maltrattante, può essere vanificata dalla sua resistenza nella prima fase esecutiva, ciò che pone in una situazione di ulteriore pericolo la parte lesa, esposta a prevedibili e pericolose rappresaglie. Con questa innovazione normativa, il giudice autorizza immediatamente il ricorso alla forza pubblica per l’esecuzione dell’allontanamento e, in ogni caso, gli ordini medesimi saranno comunicato all’autorità di pubblica sicurezza, in modo che la medesima possa valutare l’eventuale adozione di misure in tema di armi. Analogamente a quanto previsto al riguardo delle misure cautelari di cui agli articoli 282 bis e ter del codice di procedura penale.
 
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