Per la prima volta la Suprema Corte si pronuncia sul reato di cui all'art.377-bis c.p.: il tentativo è configurabile
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROMANO Francesco - Presidente Dott. AMBROSINI Giangiulio - Consigliere Dott. SERPICO Francesco - Consigliere Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da L.F., nato il ..., avverso l'ordinanza del 11/04/2006 del Tribunale della Libertà di Trieste; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Serpico Francesco; lette/sentite le conclusioni del P.G. Dr. Consolo Santi intese alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso; udito il difensore Avv. F.L. che ha concluso per l'accoglimento del ricorso; Letta la memoria difensiva pervenuta in data 7/07/2006.
OSSERVA
Sulla richiesta di riesame proposta nell'interesse di L.F. avverso l'ordinanza del GIP del Tribunale di Pordenone in data 28/03/2006, con la quale era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti dell'istante, indagato in ordine ai reati di cui agli artt. 56, 377 bis c.p., per avere, con minaccia, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre P.M., suo coimputato in un procedimento per concorso nel reato di incendio doloso aggravato, a non rendere dichiarazioni o a renderle mendaci sulla posizione di esso istante, innanzi all'A.G. procedente, con facoltà di non rispondere, il Tribunale del riesame di Trieste, con ordinanza in data 11/04/2006, confermava detta misura coercitiva intramuraria, ribadendo la sussistenza della gravità indiziaria in relazione alla ribadita configurabilità del tentativo per il reato di cui all'art. 377 bis c.p., l'idoneità del gesto della croce disegnato in aria con due dita all'indirizzo del P. quale atto idoneo, diretto in modo non equivoco a costituire minaccia per detta finalita, nonchè la sussistenza delle esigenze cautelari di cui alle lett. a) e c) dell'art. 274 c.p.p., fermo restando l'adeguatezza e proporzionalità della misura applicata, rispetto a dette esigenze cautelari.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il L., deducendo a motivi del gravame:
1) Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione agli artt. 377 bis e 56 c.p., per la ritenuta configurabilità del tentativo di tale reato, posto che il momento consumativo dell'induzione di cui allo art. 377 bis cit. è il medesimo della subornazione ex art.77 c.p., trattandosi, per entrambe le fattispecie, di delitti a consumazione anticipata che non ammettono il tentativo;
2) Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all'art. 56 c.p., per erronea indicazione della legge penale e per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta idoneità degli atti asseritamente commessi dal ricorrente a rivestire significato di "minaccia di morte" nei confronti del P., posto che tale idoneità va inquadrata nella natura oggettiva della nozione, al momento della commissione dell'atto e, avuto riguardo ai rapporti di stretta amicizia e di usuale frequentazione intercorsi tra le parti da sempre, era ragionevole riferire il gesto ad "una semplice goliardata" verso un amico, inidonea a coartarne la sua volontà;
3) Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione all'art. 56 c.p., per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta direzione degli atti asseritamente commessi dal ricorrente, senza che il Tribunale del riesame abbia motivato in ordine alla sussistenza del dolo diretto sul punto;
4) Violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all'art. 56 c.p. per erronea applicazione della legge penale e per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta inequivocità degli atti asseritamente commessi dal ricorrente per indurre il P. a non rendere dichiarazioni ovvero a renderle mendaci, non potendosi escludere altro significato del gesto, in merito al quale l'ordinanza impugnata ha omesso pertinentemente di motivare.
Con memoria difensiva prodotta in atti, si è ribadita la inconfigurabilità del tentativo per il delitto di cui all'art.377bis c.p., avuto riguardo alla sovrapponibilità strutturale e consustanzialità tra detto reato e quello di subornazione ex art. 377 c.p., tenuto conto della novella n. 146/06 che avrebbe reso vieppiù coincidenti le ipotesi predette, sicchè, come è inammissibile la previsione del tentativo nel reato di pericolo, quale è quello di subornazione, altrettanto lo è per il reato di cui all'art. 377 bis c.p., definibile di "subornazione speciale".
Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata nella misura di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ed invero, essenzializzando le risposte ai motivi di gravame ed alla stessa memoria difensiva, sostanzialmente tese a ribadire l'inconfigurabilità del tentativo nel delitto di cui all'art. 377bis c.p., giova ribadire che, a prescindere dalla novella della L. n. 146 del 2006, l'art. 377 c.p., cui la difesa intende sovrapporre contenutisticamente e funzionalmente l'art. 377bis c.p., resta figura autonoma di reato che, proprio per l'inequivoco tenore letterale della norma, è di certo inquadrabile nel novero dei reati c.d. di pericolo (per indurlo a commettere), e, come tale, annoverabile tra le fattispecie che non ammettono l'ipotesi del tentativo.
Per contro, l'art. 377bis c.p., come lo stesso tenore letterale della norma autorizza a ritenere (induce a fare o non fare), è un reato inquadrabile in quelli di evento/danno e, come tale, consente l'ipotesi del tentativo. Sul punto il Tribunale del riesame ha offerto corretta, logica e motivata risposta alla doglianza difensiva (cfr. foll. 3/4 ordinanza impugnata).
Alla manifesta infondatezza del motivo sub 1) (e della relativa memoria difensiva) si accompagna pari infondatezza manifesta per i motivi sub 2), 3) e 4), posto che tanto per l'idoneità del gesto, quanto per la sua direzione ed inequivocità, agli effetti di rappresentare minaccia penalmente rilevante in termini - innanzitutto - di oggettività, il Tribunale del riesame ha fornito ampia, logica e corretta risposta, "rivisitando" l'intera vicenda agli effetti della apprezzabilità ragionevolmente fondata della gravità indiziaria, a supporto della misura intramuraria applicata (cfr. foll. 5, 6, 7, 8 dell'ordinanza impugnata).
Del resto e proprio attraverso una lettura oggettivizzata del gesto, univocamente, allo stato, convergente nell'attribuzione al ricorrente della paternità dello stesso e della sua inequivoca direzione al P. (cfr. molteplici dichiarazioni accusatorie dei verbalizzanti, anche testi oculari e dello stesso destinatario del gesto), che, come rilevato nell'impugnata ordinanza, è dato coglierne la valenza di chiara matrice intimidatoria, se letta ed opportunamente inquadrata nelle circostanze di tempo, luogo e soprattutto di riferimento alle inequivoche finalità di tale minaccia verso il coimputato del delitto di incendio doloso aggravato, così integrandosi, allo stato, gravi indizi di colpevolezza a carico del L. in ordine al delitto tentato ascrittogli. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2006.
Depositato in Cancelleria il 2 ottobre 2006
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