Penale.it  
 Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 11 maggio 2006 (dep. 06 settembre 2006), n. 29730/2006 (814/2006)

Abuso sessuale su minori: non c'è spazio per la lieve entità se la vittima ha di gran lunga meno di dieci anni (quattro e mezzo, nel caso di specie)

                        REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITALONE Claudio - Presidente
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da A.P., nato a ..., avverso la sentenza resa il 1.12.2003 dalla Corte d'Appello di Torino;
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dr. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Izzo Gioacchino, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell'imputato, Avv. S.S., che ha insistito nel ricorso.
Osserva:
           
           SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza dell'1.12.2003 la Corte d'Appello di Torino, parzialmente riformando quella resa l'11.5.2001, in esito a  giudizio abbreviato, dal G.U.P. del locale Tribunale, condannava A.P. alla pena di due anni e due mesi di reclusione, quale colpevole del reato di cui all'art. 81 cpv. c.p. e art. 609 quater c.p., u.c., perchè, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, aveva compiuto atti sessuali con la minore S.F., di circa quattro anni e mezzo, facendosi  toccare dalla stessa l'organo genitale e accarezzandola sulla vagina (in ...).
2 - Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, deducendo due motivi a sostegno.
2.1 - Col primo lamenta inosservanza dell'art. 81 cpv. c.p., art.192 c.p.p., comma 1 e 2, e art. 194 c.p.p., nonchè carenza di motivazione sul punto.
Sostiene che i giudici di merito hanno scorrettamente valutato come attendibili le prime dichiarazioni rese alla madre dalla piccola F., trascurando la circostanza che in sede di audizione protetta questa aveva negato che l'imputato A.P. (amico di famiglia) le avesse toccata "la farfallina" e aveva invece aggiunto particolari inverosimili, e cioè che P. si era fatto toccare il pene in casa sua quando c'erano anche i di lei genitori e il di lui figlioletto (Al.).
Aggiunge il difensore che non poteva condividersi la valutazione del consulente del pubblico ministero, dott.ssa O., la quale aveva spiegato le incongruenze del racconto fatto al giudice con l'ansietà e la vergogna che la reiterazione dell'esame in sede ufficiale avevano ingenerato nella piccola.
Infine, anche ammettendo la veridicità del racconto accusatorio, non era stata provata oltre ogni ragionevole dubbio la ripetizione nel tempo del presunto abuso.
2.2 - Col secondo motivo, il ricorrente deduce erronea applicazione dell'art. 609 quater. c.p. e carenza di motivazione in ordine alla denegata attenuante speciale della minore gravità del fatto.
Sostiene che l'attenuante non poteva essere negata in base alla minore età della vittima, e neppure per il danno arrecato alla sua crescita sessuale, considerato che la maestra della piccola (signora G.) aveva testimoniato della sua serenità e tranquillità anche dopo aver subito gli asseriti abusi.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Va anzitutto disattesa la prima censura (n. 2.1).
La Corte di merito, infatti, ha motivato in modo logico e legittimo in ordine alla attendibilità del racconto accusatorio della piccola F., soprattutto valorizzando l'assoluta occasionalità e spontaneità della prima significativa rivelazione sul tema: la bimba chiese al padre di fargli toccare il "pisello", e poi, alla richiesta di spiegazione,  precisò immediatamente che tale era la condotta praticata normalmente da A.P..
Anche le successive inesattezze in cui era caduta F. in sede di audizione protetta sono state plausibilmente spiegate  nella sentenza impugnata con la tensione ormai assimilata dalla piccola in ordine a quei rapporti con A. che inizialmente aveva raccontato con assoluta naturalezza.
Tali inesattezze comunque non erano tali da incrinare la credibilità complessiva del racconto accusatorio.
Infine, è stata motivatamente accertata la continuazione nel reato, sottolineando che le prime spontanee dichiarazioni  di F. erano assolutamente univoche circa la normalità e ripetitività dei gesti sessuali compiuti dall'imputato.
4 - Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso in tema di attenuante speciale (n. 2.2).
E' vero che l'età della vittima inferiore a dieci anni è elemento essenziale della circostanza aggravante, contestata all'imputato, di cui all'art. 609 quater c.p., u.c., sicchè l'attenuante della minore gravità deve essere individuata in un elemento di disvalore aggiuntivo rispetto a quello tipico della età infradecennale (Cass. Sez. 3^, n.37565 del 9.7.2002, Capaccioli, rv. 223672).
Ma è anche vero che in questo caso la età della bambina era di gran lunga inferiore al limite dei dieci anni (appena  quattro anni e mezzo), sicchè poteva essere valutata come elemento concreto ulteriore rispetto a quello essenziale dell'aggravante, atto a escludere la circostanza attenuante speciale di cui all'art. 609 bis c.p.p., u.c..
Peraltro, la Corte di merito ha escluso la minore gravità del reato anche in considerazione del danno indubbiamente arrecato all'equilibrato sviluppo sessuale di F., che non può essere certamente escluso sol perchè la sua maestra aveva riferito della serenità e tranquillità della bambina anche dopo gli abusi sessuali.
La percezione di un atteggiamento esteriormente sereno non è incompatibile con il processo di alterazione psicologica profonda che notoriamente colpisce le vittime precoci di abusi sessuali e che può esprimersi anche a notevole distanza di tempo.
5 - Il ricorso va pertanto rigettato. Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente alle spese processuali.  Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di comminare anche la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
                               P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 settembre 2006
 
© Copyright Penale.it - SLM 1999-2012. Tutti i diritti riservati salva diversa licenza. Note legali  Privacy policy