Concetto di "minore": ai fini dell'art. 609 septies comma 4 n.2 cp significa infradiciottenne mentre ai fini dell'art. 609 quater comma 1 n.2 cp significa infrasedicenne
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente Dott. MANCINI Franco - Consigliere Dott. TERESI Alfredo - Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Milano avverso la sentenza del 18.12.2003 della Corte di Appello di Milano, con la quale, in riforma di quella del G.I.P. del Tribunale di Milano del 30.1.2001, è stata emessa pronuncia di non doversi procedere nei confronti di P.A., nato a ... in ordine al reato di cui all'art. 609 bis, comma 1 e 2 n.1, 61 n. 5 e n.11 c.p., per mancanza di querela.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso; Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Salzano Francesco, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza; Udito il difensore, Avv. I.P., che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di P.A. in ordine al reato di cui all'art. 609 bis, comma 1 e 2 n.1, 61 n. 5 e n.11 c.p., per mancanza di querela.
Premesso che il predetto reato era stato ascritto al P. per avere costretto, anche quale affidatario, W.B.Z., di poco minore degli anni diciotto, a subire atti sessuali, consistiti nel palpeggiarle il seno, baciarla ed infilarle un dito nella vagina, la Corte Territoriale ha fondato la pronuncia di proscioglimento sul rilievo che l'imputato era stato assolto definitivamente dai reati di cui agli art. 326 e 378 c.p., che avevano giustificato la perseguibilità di ufficio degli atti di abuso sessuale, a nulla rilevando la circostanza che la parte lesa non aveva ancora compiuto gli anni diciotto.
Su tale punto la sentenza ha affermato che la nozione di minorenne indicata dall'art. 609 septies, comma 4, n. 2 c.p., ai fini della perseguibilità di ufficio del fatto, deve farsi coincidere con quella di soggetto infrasedicenne prevista dall'art. 609 quater, comma 1 n.2 c.p., ai fini della configurazione della fattispecie criminosa prevista da detta norma, dovendosi ritenere che il legislatore abbia inteso attribuire un significato unitario alla nozione di minore, quale persona che non ha ancora raggiunto la piena maturità psicologica, e che, pertanto, oltre tale limite di età sussiste piena libertà sessuale, sicchè non è giustificata la perseguibilità di ufficio dell'atto sessuale commesso in danno di tale soggetto.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Territoriale, che la denuncia per violazione ed errata applicazione dell'art. 609 septies comma 4, n.2 c.p.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento la pubblica accusa ricorrente deduce che la disposizione citata ha stabilito la perseguibilità di ufficio dell'atto sessuale commesso da uno dei soggetti legati alla parte lesa dal particolare rapporto precisato dalla norma, allorchè la stessa parte lesa sia minorenne, senza alcuna altra indicazione in ordine all'età, a differenza di quanto precisato nell'art. 609 quater, comma 1 n.2 c.p., che specifica l'età del soggetto nei cui confronti è configurabile la fattispecie criminosa, sicchè con il termine "minore" adoperato dall'art. 609 septies comma 4 n.2 c.p. deve identificarsi il soggetto che non ha ancora compiuto i diciotto anni.
Il ricorso è fondato.
Questa Corte non ritiene condivisibile l'interpretazione dei giudici di merito, secondo la quale la configurazione della fattispecie criminosa prevista dall'art. 609 quater, comma 1 n.2 c.p., e la perseguibilità di ufficio degli atti sessuali commessi dalle persone indicate nell'art. 609 septies, comma 4 n.2 c.p., nei confronti dei soggetti minori legati ad esse dal particolare rapporto che ne determina la qualità, devono essere ricondotte ad un principio ispiratore unitario afferente all'età della vittima.
La tesi prospettata in sentenza in punto di maturità psicologica del minore partecipe del rapporto sessuale si palesa indubbiamente esatta con riferimento alla fattispecie criminosa di cui all'art.609 quater, comma 1, n.2 c.p..
Risulta, infatti, evidente che il legislatore ha ritenuto di dover elevare il limite dei quattordici anni, stabilito in generale quale età in cui si presume che il minore abbia raggiunto una sufficiente maturità sessuale e psicologica, che gli consente di valutare la portata dell'attività sessuale (art. 609 quater, comma 1, n.1 c.p.), a sedici anni in considerazione della maggiore capacità di induzione e di influenza che può esercitare sul minore uno dei soggetti indicati dalla norma a causa del rapporto affettivo o, più in generale, di dipendenza psicologica che lega ad esso il minore, sicchè si è ritenuto necessario un più elevato grado di maturità da parte del minore stesso, per considerare valido il consenso da questi prestato all'attività sessuale, che oltre il detto limite di età diviene penalmente irrilevante.
Ben diversa, invece, è la ratio ispiratrice dell'art.609 septies c.p., finalizzato ad estendere, per quanto possibile, la perseguibilità di ufficio dei fatti di abuso sessuale, in tutti i casi in cui il legislatore ha ritenuto non meritevoli di considerazione le ragioni di tutela della parte lesa che giustificano la perseguibilità a querela.
Rientra, pertanto, nella previsione della norma l'ipotesi in cui l'attività giudiziaria sia comunque resa necessaria dalla perseguibilità di ufficio di altri reati (art.609 septies, comma 4, n.4 c.p.), sicchè diventa inconferente la considerazione che la pubblicità della vicenda derivante dal processo possa costituire ulteriore fonte di danno per la vittima dell'abuso; l'ipotesi in cui possa ritenersi che la libera determinazione della vittima in ordine all'esercizio del diritto di querela venga condizionato dalla particolare qualità dell'autore del fatto o dal rapporto di questi con la stessa vittima (art. 609 septies, comma 4, n.2 e 3 c.p.); l'ipotesi, infine, in cui la perseguibilità di ufficio si palesi giustificata dalla gravità dell'azione delittuosa (art.609 septies, comma 4, n.1 e 5 c.p.).
Così individuata la finalità della norma, non vi è ragione di far coincidere il concetto di minore adoperato nell'art.609 septies, comma 4, n.2 c.p., in assenza di ogni specificazione in ordine alla età di tale soggetto, con quella di minore degli anni sedici di cui all'art.609 quater, comma 1, n.2 c.p., risultando evidente che la ratio della prima delle disposizioni citate è dettata, come già accennato, dalla necessità di impedire che le remore derivanti dal rapporto di dipendenza, anche economica, della parte lesa, minorenne, nei confronti dell'autore del reato possano essere di ostacolo alla punizione degli abusi sessuali commessi da quest'ultimo, mentre la individuazione del limite di età stabilito nella seconda delle disposizioni citate è ispirato esclusivamente da considerazioni afferenti alla maturità psicologica e sessuale del minore.
Di tale diversa ratio delle disposizioni esaminate, peraltro, costituisce puntuale riscontro il fatto che mentre nell'ipotesi criminosa di cui all'art. 609 quater, comma 1, n.2 c.p., sono indicati tra i possibili soggetti attivi dell'abuso sessuale anche l'ascendente del minore e colui che abbia una relazione di convivenza con quest'ultimo, gli stessi soggetti non sono indicati tra quelli nei cui confronti il reato è perseguibile di ufficio, mentre è menzionato dall'art. 609 septies, comma 4, n.2 c.p., il convivente del genitore, per la evidente considerazione del più intenso grado di coazione psicologica che i soggetti indicati da tale norma sono in grado di esercitare sul libero esercizio del diritto di querela da parte del minore.
Deve essere anche rilevato in proposito che secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte con il termine "fatto" di cui all'art.609 septies, comma 4, n.2 c.p., deve intendersi qualsiasi ipotesi di abuso sessuale secondo le previsioni di cui art.609 bis, ter e quater c.p. (Sez. III, n.02661/1999,Malavenda, riv. 213008; conf. Sez. III, n.11504/2001, Galante, riv. 218789; Sez. III, n.32157/2002, Copia, riv. 223105; Sez. III, n.44173/2003, Bellocchi, riv. 227478), sicché la previsione della norma non è affatto riconducibile, in via esclusiva, agli abusi sessuali configurabili in ragione del particolare legame che lega i soggetti della vicenda.
Il termine "minore" adoperato nell'art. 609 septies, comma 4, n. 2 c.p., deve, pertanto, riferirsi al soggetto che non ha raggiunto la maggiore età secondo la previsione del codice civile.
La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto degli enunciati principi di diritto. P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 2 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2006
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