I "rischi" di un posteggio in area altrui
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FOSCARINI Bruno - Presidente Dott. MARINI Pierfrancesco - Consigliere (est.) Dott. AMATO Alfonso - Consigliere Dott. FUMO Maurizio - Consigliere Dott. DIDONE Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da: 1) B.T. nato il ... 2) B.P. nato il ...; avverso la sentenza del 20 aprile 2005 della Corte d'Appello di Palermo; Visti gli atti, la sentenza e il procedimento; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Marini Pierfrancesco; Udito il Procuratore Generale che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi; La Corte osserva: B.T. e B.P. ricorrono per cassazione, a mezzo del comune difensore, avverso la sentenza 20/04/2005 della Corte d'Appello di Palermo che, investita del gravame dagli stessi proposto avverso la sentenza 15/01/2004 del giudice del Tribunale di Palermo che li aveva condannati rispettivamente alla pena di Euro 300,00 di multa per il reato di ingiuria ed alla pena di mesi 3 e giorni 10 di reclusione per il reato di violenza privata (pene entrambe sospese) - reati entrambi commessi in danno di D.A. in data 01/06/99 - ha confermato integralmente la pronuncia di primo grado.
Quali mezzi di annullamento, i ricorrenti prospettano: 1) Erronea applicazione dell'art. 192 c.p.p., nonchè difetto, illogicità e contraddittorietà della sentenza, sul rilievo di acritica ed illogica adesione alla narrazione accusatoria della persona offesa, prescelta a fronte di disinteressate testimonianza di segno opposto; 2) Erronea applicazione degli artt. 594 e 610 c.p., sotto il primo profilo difettando le espressioni pronunciate da B.T. di idoneità lesiva dell'altrui onore e, sotto il secondo profilo, riconducendosi il fatto nell'ambito di un mero battibecco verbale.
Il Giudice di merito ha ricostruito in fatto l'episodio nel senso che il B.P., introdottosi con la propria autovettura in altrui area condominiale, parcheggiò il mezzo in modo tale da impedire l'uscita sulla pubblica via all'auto del D.A., rifiutando di spostarsi una volta invitato, pretendendo che esso D.A. dovesse attendere l'arrivo della sorella T. la quale, a sua volta, gli rivolse l'espressione "a questo la casa gliel'hanno regalata ... a noi ci dà fastidio l'esistenza sua e della sua famiglia e che sono dei pazzi"; tale ricostruzione ha fondato sulle "dichiarazioni testimoniale acquisite".
A fronte di tale motivazione, sono evidenti i profili di inammissibilità del primo motivo, che riguarda la sola B.T. e, ciò, sia laddove del tutto genericamente assume l'inattedibilità delle dichiarazioni in quanto contraddittorie ovvero mendaci della persona offesa, ovvero prospetta, secondo personale riflessione, un diritto del "visitatore", cioè del B.P., ad una sorta di "precedenza" nei riguardi del condominio o, infine, oppone che i testi si sarebbero limitati a riferire di "voci concitate", attestative esse stesse di un litigio verbale cui si è resa compatibile la narrazione di espressioni offesive quale resa dalla persona offesa.
Quanto alla valenza offesiva della parole pronunciate da B.T., poi, il ricorso omette palesemente di considerare l'espressione "a noi ci dà fastidio l'esistenza sua e della sua famiglia, sono dei pazzi", chiaramente lesiva dell'altrui patrimonio morale in quanto attributiva al destinatario di una condizione di squilibrio mentale; e, per concludere sul primo motivo, costituisce mera rilettura del fatto la prospettazione di una reazione del B.P. ad un atto di prepotenza del D.A.
Quanto al secondo motivo, palesemente privo di pregio, è l'assunto che nella B.T. avrebbe fatto difetto l'animus iniuriandi essendo noto che l'ingiuria è reato a dolo generico e l'effettiva intenzione di ledere l'altrui patrimonio morale non è richiesta, salvo che nelle ipotesi - estranee alla fattispecie - nelle quali la carica ingiuriosa delle espressioni dipenda da circostanze di fatto speciali e contingenti.
Destituito di fondamento, poi, è il terzio motivo con il quale si contesta la configurazione del delitto ex art. 610 c.p. sul rilievo che, nella specie, avrebbero fatto difetto la violenza fisica ovvero la minaccia.
Vero è, infatti, che nel reato di violenza privata (art. 610 c.p.), il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idneo a privare coattivamente della libertà di determinazione o di azione l'offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà (Cass. Sezione V, 17/12/2003, rv 228063); nella specie, la sentenza ha descritto un fatto di voluta intenzione dell'imputato di mantenere il proprio veicolo - già parcheggiato irregolarmente in un'area condominiale alla quale non aveva diritto di accedere ("condominio a lui estraneo") - in modo tale da impedire alla persona offesa di transitare con il proprio veicolo per uscire sulla pubblica via, rifiutando reiteratamente di liberare l'accesso, pretendendo "con evidente protervia ed arroganza" che la persona offesa attendesse secondo proprie necessità (la "discesa" della sorella), e tanto basta per integrare la violenza quale normativamente prevista.
Al rigetto dei ricorsi consegue la solidale condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagameto delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma in pubblica udienza il 24 aprile 2006.
Depositata il 16 maggio 2006.
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