Non è abnorme il provvedimento con il quale il giudice di pace, ovviando ad una omissione del pubblico ministero, a fronte della richiesta di archiviazione per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell'art. 34 d.l.vo 28 agosto 2000 n. 274, acquisisca la dichiarazione della persona offesa di avere interesse alla prosecuzione del procedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FATTORI Paolo - Presidente -
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere -
Dott. IACOPINO Silvana - Consigliere -
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUBBLICO MINISTERO PRESSO TRBUNALE di MODENA;
nei confronti di:
1) L.M., N. IL 04/08/1963;
2) PARTE OFFESA;
avverso ORDINANZA del 28/12/2003 GIUDICE DI PACE di MODENA;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BRUSCO CARLO GIUSEPPE;
lette le conclusioni del P.G. Dr. DE SANDRO A.M. che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
La Corte:
OSSERVA
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena ha proposto ricorso avverso l'ordinanza 28 dicembre 2003 del Giudice di pace di Modena che ha rigettato la richiesta di archiviazione del procedimento instaurato nei confronti di L.M. nei cui confronti si era proceduto per il reato di cui all'art. 590 cod. pen..
Il ricorrente - premesso di aver chiesto l'archiviazione del procedimento per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 34 d.l.vo 28 agosto 2000 n. 274 - denuncia l'abnormità del provvedimento perché il giudice avrebbe escluso di poter applicare la speciale causa di improcedibilità prevista dalla norma indicata dopo aver acquisito, al di fuori di ogni ipotesi normativa, la dichiarazione della persona offesa di avere interesse alla prosecuzione del procedimento sostanzialmente instaurando una procedura camerale non consentita e compiendo un atto d'indagine preliminare precluso al giudice.
Il primo problema che si pone è quello all'impugnabilità del provvedimento in esame che, solo se ritenuto abnorme, potrebbe formare oggetto del proposto ricorso. Le sezioni unite di questa Corte hanno, in più occasioni, ribadito (v. Cass., sez. un., 24 novembre 1999 n. 26, Magnani e 20 dicembre 1997 n. 17, Di Battista) che si caratterizza per abnormità non soltanto il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall'intero ordinamento processuale ma, altresì, quello che, pur essendo in astratto espressione di un legittimo potere, si esplichi, al di là di ogni ragionevole limite, al di fuori dei casi consentiti o delle ipotesi previste.
Si è aggiunto, in queste decisioni, che l'abnormità dell'atto può riguardare tanto il profilo strutturale (quando l'atto si pone al di fuori del sistema normativo) quanto il profilo funzionale (quando, pur non ponendosi al di fuori del sistema, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo).
Com'è noto l'art. 34 del d.l.vo citato ha introdotto la causa di esclusione della procedibilità in casi di particolare tenuità del fatto che va stabilita avuto riguardo alle caratteristiche indicate nel primo comma dell'art. 34 ed è importante sottolineare che le censure di costituzionalità proposte contro questa previsione sono state dichiarate manifestamente infondate (v. Cass., sez. 7^, 25 giugno 2003 n. 2674, Pitimada; 2 ottobre 2003 n. 14815, Zedda). La tipologia del reato non condiziona l'applicabilità dell'istituto (in particolare la natura contravvenzionale del reato: v. Cass., sez. 4^, 8 aprile 2003 n. 25917, Ritucci) che è applicabile anche nelle ipotesi di reati nelle quali difetti la persona offesa (così Cass., sez. 4^, 2 luglio 2003 n. 36980, Tomesani).
La persona offesa dal reato può però condizionare l'applicabilità della causa di esclusione della procedibilità perché, nel corso delle indagini preliminari, la pronunzia di improcedibilità ai sensi dell'art. 34 è subordinata alla circostanza che non risulti "un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento" (comma 2) mentre, dopo che è stata esercitata l'azione penale, "la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono" (comma 3). È evidente che, nel corso delle indagini preliminari, la dichiarazione che la persona offesa non ha interesse alla prosecuzione del procedimento deve essere acquisita dal pubblico ministero prima di chiedere l'archiviazione del procedimento. Il che, nella specie, non è avvenuto. Ma non ritiene la Corte che debba essere ritenuto abnorme l'atto compiuto dal giudice di pace perché, essendo a lui riservata la verifica dell'esistenza dei presupposti per l'applicazione dell'istituto, l'interpello della persona offesa mirava ad ovviare ad una omissione del pubblico ministero e non si sovrapponeva agli accertamenti da lui compiuti.
Nè può affermarsi che l'interpello in esame costituisca atto di indagine preliminare, come tale precluso al giudice, perché in realtà trattasi di semplice informazione assunta al di fuori delle regole ma inerente non alla fondatezza della notitia criminis ma ad un atto di impulso del procedimento condizionante lo sviluppo del medesimo. Trattasi quindi di un adempimento meramente procedimentale privo di qualunque effetto sulle indagini.
In conclusione se di vizio può parlarsi il provvedimento in esame non appare abnorme trattandosi di atto che si inserisce, a seguito dell'omissione del pubblico ministero, nell'accertamento devoluto alla competenza del giudice di pace investito della richiesta di archiviazione e diretto alla verifica dell'esistenza di uno dei presupposti per l'applicazione della norma invocata. Esclusa l'abnormità dell'atto deve escludersi l'impugnabilità dell'ordinanza oggetto del ricorso fondata su tale atto per il principio di tassatività delle impugnazioni e degli atti impugnabili.
Il ricorso deve conseguentemente essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2004
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