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 Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 6 aprile 2017 (dep. 17 luglio 2017), n. 34895

Opposizione a decreto penale di condanna: inammissibile se presentata via PEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -

Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -

Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - rel. Consigliere -

Dott. PAVICH Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F.G.G., N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 330/2016 GIP TRIBUNALE di MANTOVA, del 06/04/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LOREDANA MICCICHE';

lette le conclusioni del PG Dott. Ciro Angelillis che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con decreto penale di condanna n. 128/2016 emesso dal GIP presso il Tribunale di Mantova in data 4 febbraio 2016, F.G.G. veniva condannato alla pena di Euro 3.400,00 di ammenda per il reato previsto e punito dall'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e comma 2 sexies; avverso tale decreto veniva proposta opposizione con contestuale richiesta di applicazione della pena e di sostituzione della pena stessa con lavori di pubblica utilità. Il GIP emetteva provvedimento del seguente tenore, apposto in calce all'impugnazione: "Il Giudice dichiara inammissibile l'opposizione non essendo consentito nel processo penale alle parti private effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) (Cass. Sez. 1, n. 18135/2015). Si comunichi".

2. Avverso tale decisione propone ricorso in cassazione a mezzo del difensore di fiducia il F. richiamando il disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 48, comma 2 che equipara ad ogni effetto di legge la trasmissione del documento per via telematica, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 48 alla notificazione a mezzo posta, salvo che la legge disponga diversamente.

3. E' stata presentata memoria integrativa in cui viene ampiamente richiamato a sostegno della proposta impugnazione l'excursus normativo in materia.

4. il Procuratore generale, nella persona di Ciro Angelillis, ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Va premesso che la normativa citata in ricorso (D.Lgs. n. 82 del 2005, Codice dell'amministrazione digitale) la quale prevede, all'art. 48, comma 2 che "la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta" non rileva nel caso di specie. Ciò per l'assorbente ragione che le disposizioni in essa contenute si applicano, come espressamente previsto dall'art. 2, comma 2, alle Pubbliche Amministrazioni di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2, e quindi non valgono in ambito processuale.

3. Questa Corte (Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, n. 18235 Rv. 263189) ha parimenti escluso la possibilità che alla parte privata, nel processo penale, sia consentito l'utilizzo della PEC. La predetta problematica è stata poi in particolare affrontata con la decisione n. 18823 del 30 marzo 2016, Rv. 266931, secondo cui l'utilizzo della posta elettronica certificata è stato consentito, a partire dal 15/12/2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato - a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149 e 150 c.p.p., e art. 151 c.p.p., comma 2 (L. n. 228 del 2012 (art. 1 comma 19); D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, commi 9 e 10). Si è dunque ribadito che le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplinate dall'art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC, consentita solo nei limiti sopra indicati.

4. Ancora, da ultimo, (Sez. 3, Sentenza n. 48584 del 20/09/2016 Rv. 268192) è stato altresì precisato che è inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). Con la predetta decisione, si è ulteriormente chiarito che non è estesa al giudizio penale in cassazione la facoltà di deposito telematico - prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in L. n. 221 del 2012 - di istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite. A maggior ragione, dunque, deve escludersi la possibilità che il deposito dell'impugnazione avvenga mediante invio tramite la PEC del difensore presso la cancelleria.

5. Si impone, dunque, il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2017

 
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