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 Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 19 marzo 2010 (dep. 13 luglio 2010) n. 27135

Integra il reato di frode informatica, previsto dall'art. 640 ter c.p., l'introduzione, in apparecchi elettronici per il gioco di intrattenimento senza vincite, di una seconda scheda, attivabile a distanza, che li abilita all'esercizio del gioco d'azzardo (cosiddette slot machine), trattandosi della attivazione di un diverso programma con alterazione del funzionamento di un sistema informatico

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana - Presidente

Dott. OLDI Paolo - rel. Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) M.M. N. IL (OMISSIS);

avverso l'ordinanza n. 2495/2009 TRIB. LIBERTA' di BOLOGNA, del 14/12/2009;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO OLDI;

sentite le conclusioni del PG Dott. Angelo Di Popolo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 14 dicembre 2009 il Tribunale del riesame di Bologna, così parzialmente confermando il provvedimento del locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto fra l'altro che M.M. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indagato per il delitto di associazione per delinquere e per i reati fine di concorso in accesso abusivo a sistema informatico, frode informatica, impedimento di comunicazioni relative a sistema telematico, installazione di apparecchi atti a impedire comunicazioni relative a un sistema telematico, corruzione di pubblico ufficiale.

In fatto si era accertato che il M. e altri dieci compartecipi si erano associati nell'attività di distribuzione a gestori di esercizi pubblici di apparecchi di intrattenimento modificati in modo tale da perpetrare la truffa informatica ai danni dello Stato. Detti apparecchi appartenevano, nella regolamentazione legislativa, a due distinte categorie; la prima, regolata dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110, comma 6 (T.U.L.P.S.), riguardava apparecchi da gioco che producevano vincite, per i quali era prevista l'emissione, da parte dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, di nulla osta alla distribuzione e alla messa in esercizio, nonchè un collegamento telematico che consentisse all'Amministrazione di rilevare il volume di gioco e determinarne la tassazione; la seconda, prevista dallo stesso art. 110, comma 7, cit. T.U.L.P.S., riguardava apparecchi senza premi, incentrati sull'abilità del giocatore e assoggettati ad imposte versate forfettariamente.

Dalle perquisizioni e verifiche eseguite in esercizi pubblici, nonchè dalle ulteriori attività investigative, comprensive di intercettazioni telefoniche e ambientali, era emerso che gli apparecchi della prima categoria distribuiti dal M. e dai suoi sodali erano stati alterati nel loro funzionamento con l'utilizzo di un componente denominato "abbattitore", collocato nel cavo di trasmissione del flusso telematico di dati e capace di interromperlo inviando dati non veritieri sul volume di gioco; gli apparecchi della seconda categoria erano stati invece alterati col sistema della "doppia scheda", cioè con l'introduzione di una seconda scheda, la quale, attivata con un telecomando, trasformava l'apparecchio dalla tipologia del gioco di intrattenimento senza vincite in quella delle slot machine, consentendo il gioco d'azzardo senza collegamento alla A.A.M.S. e, quindi, senza dar luogo all'addebito dell'imposta erariale.

Per poter realizzare i reati fine programmati dal gruppo, il M. - secondo l'ipotesi accusatoria recepita dal Tribunale - era anche ricorso a condotte corruttive di pubblici ufficiali, onde poter ottenere anticipatamente informazioni sui controlli degli esercizi pubblici. Ravvisata la gravità indiziaria in ordine ai fatti suesposti, il Tribunale ha anche ritenuto sussistere le esigenze cautelari sotto il duplice profilo del pericolo di reiterazione dell'attività criminosa e di inquinamento delle prove.

Ha proposto ricorso per cassazione il M., per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure.

La prima censura prende in osservazione gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 7, cit. T.U.L.P.S., per rilevare che l'apposizione di una seconda scheda all'interno dell'apparecchio non comporta alcuna alterazione del software preesistente, ma soltanto l'introduzione di un nuovo gioco in aggiunta a quello originario, sotto la copertura di questo; osserva, altresì, il ricorrente che nessun collegamento telematico è stato attivato, sicchè il sistema informatico che si pretende frodato non è, in realtà, mai esistito:

donde l'insussistenza del reato di frode informatica.

La seconda censura si occupa degli apparecchi di cui al cit. art. 110, comma 6. Di quelli appartenenti a tale tipologia, osserva il ricorrente, due soli sono stati sottoposti a sequestro, ed entrambi non appartengono al deducente, ma alla società "Nevada Games";

d'altra parte, aggiunge, non vi è agli atti la prova della funzione svolta dall'artificio elettronico rinvenuto, nè che lo stesso non vi fosse ab origine.

Motivi della decisione

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Attenendosi alla distinzione opportunamente operata dal Tribunale, cui si è attenuto anche il ricorrente nell'esposizione delle proprie doglianze, è opportuno prendere prioritariamente in esame le apparecchiature appartenenti alla tipologia di cui al settimo comma dell'art. 110, cit. T.U.L.P.S.. Il trattamento di questi, sia al fine del rispetto delle norme di pubblica sicurezza, sia ai fini fiscali, è modulato sulle caratteristiche imposte: le quali devono consistere nella finalità di puro intrattenimento del gioco, nell'assenza di premi, nella possibilità per il giocatore di ottenere un prolungamento della partita in funzione dell'abilità espressa.

Nel caso specifico di cui si controverte l'introduzione di una seconda scheda, attivabile a distanza con esclusione della scheda in dotazione normale, ha comportato uno stravolgimento delle caratteristiche dell'apparecchio, abilitandolo all'esercizio di un gioco diverso (quello delle slot machine) che, consentendo la vincita di premi in denaro, è riconducibile alla tipologia del gioco d'azzardo.

Al quesito se tale modificazione possa considerarsi integrare il delitto di frode informatica, di cui all'art. 640 ter c.p., deve darsi risposta affermativa. La norma incriminatrice s'indirizza a sanzionare la condotta di chi "alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico e telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno"; orbene, poichè la scheda originariamente contenuta nell'apparecchio così modificato era la sede del software del sistema informatico complessivo costituente l'impianto di gioco (al quale non era essenziale una componente telematica, non prevista come obbligatoria dal citato art. 110, comma 7, cit. T.U.L.P.S.), è innegabile che la sostituzione di essa abbia comportato l'attivazione di un diverso programma e, per tal via, quella "alterazione del funzionamento di un sistema informatico" che la norma penale è finalizzata a reprimere.

Non rileva, cioè, il fatto che il software contenuto nella scheda originaria sia rimasto inalterato e possa operare regolarmente una volta riattivato: ciò che risulta alterato, nel caso in esame, è il funzionamento del sistema informatico nel suo complesso, in dipendenza della sostituzione del software con altro diversamente operante: a ciò non essendo di ostacolo la reversibilità della modifica.

Nè si richiede necessariamente, ai fini della configurabilità della frode, che vi sia un intervento sui dati, poichè tale ipotesi è prevista dall'alt. 640 ter c.p. in via alternativa all'alterazione del sistema informatico (come è espresso dall'uso della congiunzione disgiuntiva "o"); ciò che rileva è invece l'acquisizione di un ingiusto profitto con altrui danno, che nel caso di cui ci si occupa è ravvisato nell'esercizio del gioco d'azzardo senza assoggettarlo al controllo telematico e alla conseguente tassazione proporzionale.

In ordine alle apparecchiature appartenenti alla tipologia di cui all'art. 110, comma 6, cit. T.U.L.P.S., cioè di quelli autorizzati per l'esercizio del gioco d'azzardo, è sostanzialmente incontestata l'illiceità dell'introduzione del cosiddetto "abbattitore" destinato ad interferire nel collegamento telematico con l'Amministrazione Autonoma del Monopoli di Stato, in guisa da sottrarre alla tassazione la maggior parte dei ricavi prodotti dall'uso degli apparecchi. La linea difensiva del ricorrente si attesta, invece, sulla contestazione del proprio coinvolgimento nella condotta illecita, in ordine alla quale egli sostiene essere carente la prova.

La censura così prospettata si colloca in area di inammissibilità, in quanto si traduce nella sollecitazione di un riesame del merito attraverso la rinnovata valutazio-ne degli elementi indiziari acquisiti.

Il Tribunale ha dato pienamente conto delle ragioni che l'hanno indotto a individuare in M.M. il noleggiatore delle apparecchiature illecitamente modificate; a tal fine ha valorizzato non soltanto l'informativa della Guardia di Finanza, ma altresì il contenuto delle conversazioni intercettate: in una di queste, in particolare, ha evidenziato l'affermazione resa dallo stesso M. circa la riconducibilità a lui stesso delle "macchinette" di cui si tratta. Al contempo ha evidenziato come i colloqui intercettati abbiano apprestato una solida base indiziaria circa la riferibilità al gruppo degli indagati delle operazioni di alterazione delle apparecchiature sottoposte a sequestro.

L'interpretazione degli esiti captativi e la complessiva valutazione degli elementi indiziari, ai fini della ricostruzione del fatto e della individuazione dei responsabili, sono compiti rimessi dall'ordinamento al giudice di merito, il cui risultato non può dunque essere sindacato in sede di legittimità, volta che la relativa motivazione sia immune - come è nella specie - da vizi di carattere logico e giuridico.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. al c.p.p., comma 1 ter.

 
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