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Non costituisce reato la detenzione di disegni o cartoni animati pedopornografici riproducenti bambini e adolescenti di fantasia
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
SEZIONE IX PENALE
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Il collegio composto dai Sigg. Magistrati:
dott.ssa Flores TANGA Presidente (estensore)
dott.ssa Paola BRAGGION Giudice
dott.ssa Gloria GAMBITTA Giudice
all’udienza del 11/11/2010 , ha pronunciato e pubblicato la seguente
SENTENZA
nei confronti di :
M. S., nato a (omissis) il (omissis) e res.te in (omissis) Via (omissis) – presente – elett.te dom.to presso lo studio del difensore Avv. Andrea Mecca sito in Piazza Umanitaria nr. 2 – presente -
Imputato
A) reato p. e p. dagli artt. 81 comma 2 c.p., - 600 ter comma 3 – 5 c.p. perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi, mediante il computer installato presso l’abitazione della sua convivente L. G. sita in (omissis) Via (omissis), utilizzando i programmi di file sharing “Emule” e “Lime Ware” – programmi che consentono a tutti gli utenti dei programmi medesimi di cambiarsi i dati presenti – distribuiva e divulgava nonché scaricava per via telematica un ingente quantitativo di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale di minori degli anni 18 (n. 1 video a carattere pedoponografico, n. 1 file (omissis) codice hash MD 5 condiviso tramite Emule eseguito in data 20/02/2009 alle ore 9.18; n. 1635 file pedopornografici cancellati e condivisi), materiale rinvenuto sui supporti informatici di cui al verbale di perquisizione e sequestro del 10/06/2009.
Con l’aggravante dell’ingente quantitativo del materiale pedopornografico scaricato.
Fatto commesso in (omissis) in data anteriore e prossima al 10/06/2009.
B) reato p. e p. dall’art. 600 quater c.p. in relazione all’art. 600 quater 1 c.p. perché, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 600 ter c.p., consapevolmente si procurava e deteneva materiale pornografico rappresentante immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parte di esse, in particolare n. 6990 immagini e 36 video virtuali a carattere pedopornografico.
Con l’aggravante dell’ingente quantitativo del materiale pedopornografico virtuale detenuto.
Fatto commesso ed accertato il 10/06/2009 (data della perquisizione e del sequestro).
Con la recidiva ex art. 99 comma 2 n. 1 c.p..
Ad esito all’odierno dibattimento, celebratosi in presenza dell’imputato, sentite le parti che hanno adottato le seguenti
CONCLUSIONI
il Pubblico Ministero nella persona di Dott.ssa Giancarla Serafini:
unificati i reati col vincolo della continuazione riconosciute le att. gen. equivalenti alla contestata recidiva chiede una pena finale di anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 6000,00 di multa.
la Difesa, nella persona dell’Avv. Andrea Mecca:
assoluzione perché il fatto non costituisce reato, in subordine minimo della pena att. gen. e concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto 12.4.2010 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano disponeva procedersi con giudizio immediato nei confronti di M. S. in ordine al reato di cui agli artt. 81 II comma, 600 ter comma III e V anche in relazione all’art. 600 quater 1 CP commesso in (omissis) in data anteriore e prossima al 10.6.2009 come da provvedimento in atti.
L’imputato reiterava avanti il Collegio la richiesta di rito abbreviato condizionata all’esame del consulente informatico e dello psicoterapeuta che lo aveva preso in carico.
Il Tribunale disponeva procedersi a tale rito acquisendo gli atti del fascicolo investigativo ed ammettendo la testimonianza anche del consulente informatico del Pubblico Ministero.
All’udienza del 26.10.2010, all’esito delle prove assunte, il Pubblico Ministero formulava le nuove contestazioni di cui ai capi A) e B) in rubrica, nulla opponendo la difesa.
Il difensore dell’imputato, come da memoria depositata in data 8.11.2010, sollevava eccezione di incostituzionalità dell’art. 600 quater 1 CP rilevandone l’indeterminatezza e ritenendo in particolare, che la norma, nel reprimere la detenzione delle immagini virtuali “ realizzate utilizzando immagini di minori o parti di esse” non chiarisce se queste immagini debbano essere formate anche da immagini reali di minori e così violando il principio di precisione, rilevante ex art. 25 II comma della Costituzione riguardo alla comprensione che deve avere l’imputato e anche l’art. 24 della Costituzione in riferimento al diritto di difesa.
Le parti concludevano come da verbale.
Il procedimento trae origine dalla attività di indagine e di contrasto, anche sotto copertura, svolta nel febbraio del 2009 dalla Polizia Postale della Emilia Romagna finalizzata alla identificazione dei responsabili delle condotte di immissione, distribuzione e divulgazione di materiale dal contenuto pedopornografico attraverso l’uso di rete peer to peer .
Il Tribunale considera preliminarmente che, nell’epoca attuale, a fronte delle continue innovazioni tecnologiche e in un contesto di collegamenti a distanza tra elaboratori elettronici, gli archivi a disposizione di un numero indeterminato di utenti si moltiplicano.
L’elaboratore può diventare uno strumento di attività illecite attraverso il quale vengono commessi reati del genere di quelli oggetto del presente procedimento : in rerum natura sarà sempre meno frequente rinvenire un detentore di materiale pedopornografico in possesso di supporti cartacei.
La criminalità si avvale delle innovazioni tecnologiche digitali e sfrutta anch’essa ogni potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione, così risultando Internet lo strumento utilizzato in via privilegiata dagli interessati al suddetto materiale per ottenerne la disponibilità.
Per comprendere appieno i fatti oggetto del presente procedimento e valutare se le condotte obiettivamente tenute dell’imputato integrino innanzitutto il delitto sub. A), è dunque necessario richiamare la descrizione della struttura e del funzionamento in Internet delle reti file sharing e principalmente di eMule sulla scorta del contenuto delle relazioni dei consulenti del Pubblico Ministero e della Difesa, delle loro dichiarazioni esplicative rese nel processo e, da ultimo, anche alla luce dello stesso dato empirico del software.
Una frettolosa e incompleta considerazione delle modalità operative del software in termini causa – effetto e della tipologia di accesso degli utenti ai dati esistenti nel sistema determina elevato rischio di frustrazione dell’operatività dell’art. 600 ter CP secondo le reali intenzioni del legislatore e una conseguente assenza di tutela delle persone dei minori le cui immagini sono state sfruttate in un contesto sessuale.
Nell’uso comune per “ peer to peer” ( acronimo P2P), cioè rete paritaria, si intende una rete di computer o qualsiasi rete informatica che non possiede nodi gerarchizzati come client o server fissi ( clienti e serventi) ma un numero di nodi equivalenti ( in inglese peer da cui il nome) che fungono sia da cliente che da servente verso altri nodi della rete; in buona sostanza l’antitesi della architettura client – server.
Mediante questa configurazione qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione.
L’esempio classico del peer to peer è la rete per la condivisione di file detta file sharing.
Le reti file sharing permettono di individuare più copie dello stesso file nella rete per mezzo di hash crittografici, di riprendere lo scaricamento del file, di eseguire lo scaricamento da più fonti contemporaneamente, di ricercare un file particolare per mezzo di un URI, Universal Resource Identifier.
In questo quadro si inserisce eMule che è un software open source di condivisione file.
Il programma ha tra i suoi punti di forza la semplicità e la pulizia della interfaccia grafica, la localizzazione in numerose lingue, una vasta e attiva comunità di utenti che mantengono vivo il progetto rilasciando regolarmente nuove versioni.
L’indice dei files condivisi da un client ( utente eMule) viene inviato al server di accesso alla rete durante la connessione tra i due.
Un cliente si connette a un solo server alla volta, sufficiente per eseguire una ricerca su tutti i server presenti nella rete perché comunicano tra loro e il programma riprende i download/upload in corso non appena è di nuovo disponibile una connessione Internet.
Un file viene identificato in modo univoco nel network attraverso il proprio hash che viene calcolato da eMule utilizzando l’algoritmo MD4.
Per i file di dimensione minore di 4 Gigabyte l’hash è di 32 cifre esadecimali mentre i files di dimensione maggiore hanno un hash esteso.
L’univocità di un file nella rete è garantita dall’accoppiamento di lunghezza in byte con l’hash.
Per scaricare un file si entra nel programma e si utilizza la finestra “ cerca” che contiene vari campi ( nome, tipo con riferimento al formato, metodo di ricerca e filtri).
Le parole chiave per iniziare la ricerca vengono inserite nel campo del nome.
Avviata ed effettuata la ricerca, il sistema visualizza i risultati nel campo inferiore che elenca i files con indicazione delle dimensioni, disponibilità, fonti di completezza e relativi ID.
Il file, su eMule, viene identificato non tanto dalla denominazione quanto dal codice hash : una ricerca potrà pertanto restituire files che avranno anche più di un nome.
Scelto il file, con un doppio click si avvia la fase di scaricamento dello stesso ovvero download.
In eMule il sistema di scaricamento è gestito da code; eMule crea, in automatico sul disco dell’utente, una lista di attesa ( coda) in cui inserisce tutte le richieste di upload : ciò significa che ogni utente che chiede un file sarà messo in una lista di attesa stilata in base ad un punteggio attribuito dal programma stesso.
Nell’eMule dell’utente vi è una unica coda di upload per tutti gli utenti che scaricano da lui.
Quando è l’utente che scarica da altri, egli entra in coda e acquisisce il file pezzo per pezzo : ogni pezzo è denominato chunk..
Allorché si inizia a scaricare da qualcuno si è alla posizione zero della coda e si attiva automaticamente un sistema di “ crediti” che serve a calcolare quale posizione si ha in coda nei confronti degli utenti cui si richiede il file : è un sistema “ meritocratico” che ha evidentemente lo scopo di combattere gli utenti detti “ leechers” cioè sanguisughe che pongono l’upload al minimo o utilizzano versioni modificate che fanno scaricare gli altri.
Più l’utente fa scaricare più crediti accumula.
I crediti consentiranno all’utente di avere coefficiente moltiplicativo più alto nel calcolo del suo punteggio di coda e quindi gli permettono di scavalcare altri utenti che magari stanno attendendo da più tempo ma ne hanno di meno; più crediti si hanno più si sale nella coda e prima si scarica.
Il Tribunale rileva sin d’ora come l’imputato fosse a piena conoscenza del sistema perché lui stesso, in sede di spontanee dichiarazioni, dopo aver riferito “ per me condivisione vuol dire che qualcuno viene a guardare nel mio computer”, spiegava di aver collocato la cartella dei files condivisi ( comp) sul desktop e che quando entrava in file sharing spesso rimaneva “ collegato per due o tre giorni, perché non mettendo dei files in condivisione in eMule vieni messo all’ultimo posto e quindi fai fatica a scaricare” ( pag. 8 trascr. ud. 26.10.2010).
Il M. attribuiva i lunghi tempi di collegamento al fatto che egli non intendeva porre documenti in condivisione e così impiegava più tempo per acquisire ciò che gli interessava; come si vedrà il tempo di ore e anche giorni era invece necessario per scaricare files contenenti video o comunque un rilevante quantitativo di immagini.
In un sistema operativo comune – quale quello che figurava sull’elaboratore appartenente all’imputato ed oggetto del sequestro operato dalla Polizia il 10.6.2009, come accertato dagli Operanti ed in seguito anche dal consulente tecnico del Pubblico Ministero – nella fase di installazione del programma eMule viene creata una cartella del file system all’interno della quale si trovano altre sottocartelle ed in particolare una di default, destinata a contenere i files in fase di ricerca e download , un’altra che contiene i files completi in condivisione e altra cartella che contiene i files necessari al corretto funzionamento del programma.
Tra questi i principali sono quelli :
-
· di salvataggio dell’user ID, hash utente che identifica l’utente all’interno della rete;
· di indicazione della chiave univoca del client che serve a garantire agli altri la certezza che l’hash associato al proprio eMule provenga realmente dall’utente;
· di memorizzazione degli utenti con cui vi è stata comunicazione ( che hanno scaricato dall’utente o da cui l’utente ha scaricato) e serve a calcolare i crediti;
· di “ know.met” che raccoglie le informazioni sui files in download, in condivisione in upload e che si sono scaricati in passato e per ogni file vengono salvati hash, dimensione, data ultima modifica e nome leggibili con editor esadecimale;
· di AC_ SearchStrings.dat che contiene le parole chiave utilizzate per la ricerca di files.
Nell’ambito della suddetta indagine gli Operanti del Compartimento Polizia Postale e delle Telecomunicazioni Emilia Romagna agivano sotto copertura nella rete eMule e con operazioni di file sharing riuscivano a individuare e ad acquisire dai terminali , accertandone compiutamente il contenuto, diverso materiale a carattere pedopornografico.
Nella comunicazione di notizia di reato 18.2.2009 e relativi seguiti - tutti agli atti del fascicolo del Pubblico Ministero interamente acquisito nel rito abbreviato - rivolti al PM di Bologna, veniva quindi illustrata la rilevazione di utenti che ponevano in condivisione, all’interno della rete di server utilizzati dal programma di file sharing denominato eMule, files aventi gli hash specificati e denominazione inequivocabilmente riconducibile al materiale già acquisito ed avente accertato contenuto pedopornografico.
Gli Operanti alle ore 09.18 del 20.2.2010 individuavano dapprima l’indirizzo IP (omissis) – Nickname denominato “2” accertando la condivisione proprio del file BETA oggetto di indagine nonché l’indirizzo della utenza Telecom : il PC era riconducibile alla linea telefonica (omissis) intestata a L. G. residente in (omissis).
Con nota 25.5.2009 gli Operanti informavano il PM che l’utente aveva avuto accesso alla rete di server utilizzati dal programma di file sharing denominato eMule, acquisendo e mettendo in condivisione con altri utenti il predetto file inequivocabilmente identificato a mezzo hash e costituito da immagini e filmati prodotti mediante l’utilizzo sessuale di minori degli anni 18.
Il Pubblico Ministero di Bologna in data 3.6.2009 emanava il decreto di perquisizione e sequestro in atti che veniva eseguito il 10.6.2009 dagli Operanti della Polizia di Stato Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per la Lombardia.
Gli Operanti irrompevano in casa della L. alle 07.00 del mattino e procedevano alle operazioni alla presenza della sola L. cui venivano impartiti gli avviso di rito.
All’atto della perquisizione veniva rinvenuto un PC acceso, collegato alla rete con il software eMule attivo ed intento allo scarico di files.
L. G. riferiva alla Polizia che il PC HP Pavillion – disco Maxtor da 200 GB rinvenuto acceso e collegato alla utenza telefonica a lei intestata era di proprietà del suo convivente M. S. il quale risiedeva a (omissis) in una via che al momento non rammentava ma che soleva trascorrere quasi tutti giorni e le notti da lei.
Durante l’interrogatorio reso al GIP il M. in seguito confermava di essere esclusivo proprietario e utilizzatore di quel PC.
Alle ore 07.08 del 10.6.2009 gli Operanti effettuavano in loco i primi accertamenti.
Il PC era acceso con eMule attivo in background e veniva verificato l’orario per constatare che fosse allineato all’ora esatta : la data dell’orologio di windows corrispondeva al 11.3.2009 mentre l’ora era esatta.
Sul desktop, nella cartella dei files condivisi, vi erano dei files video; veniva aperto il file denominato ALFA e gli Operanti accertavano che lo stesso era stato interamente scaricato.
Il file conteneva una riproduzione video di materiale prodotto tramite lo sfruttamento sessuale di minori, risultava completato attraverso il software Emule, era rimasto in condivisione ed era stato acquisito da altri utenti.
Oltre al disco C vi era anche altro disco esterno; gli Operanti spegnevano il PC alle ore 07.53 e procedevano al sequestro di tutto quanto elencato nel verbale in atti.
Gli atti del procedimento venivano quindi trasmessi a Milano per competenza territoriale.
La locale Procura disponeva consulenza tecnica incaricando il dr. Alessandro BORRA di esaminare tutto il materiale informatico in sequestro e di indicarne natura e contento, ricostruendo la condotta posta in essere dall’indagato con particolare riguardo alle modalità di accesso a sistemi informatici e/o telematici, alla frequenza di accessi ed ad eventuali collegamenti con altro soggetti, al numero delle immagini/filmati di natura pedopornografica eventualmente detenuti effettuando copia su supporto informatico del materiale di interesse alle indagini.
Nella relazione in atti il consulente indicava e descriveva l’intero materiale sequestrato ed esaminato, specificandone la rilevanza ai fini delle indagini ed indicando la collocazione di tutti i files considerati quale attribuita dall’imputato; i files venivano tutti indicizzati dal consulente ed inclusi, titolo, anteprima e contenuto ove disponibile, in un cd rom allegato alla relazione.
E’ stata estratta copia autentica di tale supporto informatico.
Tutto il contenuto del cd rom, a fronte dei necessari richiami ad elenchi ed immagini, costituisce parte integrante della presente motivazione.
Il PC HP Pavillion t000 s/n CZB5070BDF contenente un hard disk disco SATA da 3.5 Maxtor da 200 GB recava installati in data 24.11.2008 i programmi eMule e LimeWare, la gestione di file video e il linguaggio di programmazione Python : nella relazione figura la descrizione delle modalità di impostazione e utilizzazione.
Il Tribunale osserva come la strutturazione dei sistemi in quel PC debba valutarsi in relazione al relativo utilizzo, quale emerge dal complessivo contenuto della relazione, ed in riferimento alla totalità del materiale obiettivamente acquisito dall’utente, risultando l’intero contesto – come riferito nel processo anche dal consulente del Pubblico Ministero ( pag. 46 trascr. ud. 26.10.2010) indicativo di indubbia una buona conoscenza del mondo informatico da parte dell’imputato.
In particolare l’imputato aveva modificato le impostazioni del programma eMule “ andando a definire come scaricamento dei files una cartella a lui comoda, che era sopra il suo desktop, quindi per andare più velocemente a riprendere i files…..una certa competenza dell’uso dello strumento informatico ce l’aveva”.
Quanto al software eMule, impostato con le caratteristiche indicate dal consulente BORRA ( in particolare nella figura C 2 –13 pag. 22 della relazione - con nickname e user hash corrispondenti a quelli già accertati dalla Polizia pag. 3 annot. 30.3.2009 ) il file AC_ SearchStrings.dat che contiene l’elenco delle chiavi di ricerca digitate, indica la presenza di parole indirizzate verso contenuti pedopornografici quali (omissis), (omissis), (omissis) pedofilia, (omissis), (omissis) e (omissis).
Sul PC il consulente riscontrava innanzitutto quanto accertato dalla Polizia Postale perché risultava scaricato da M. il 21.2.2009 ore 21.04, termine del download, proprio il file “BETA” ( pag. 24 della relazione) già oggetto delle indagini in data 20.2.2009 ore 09.18 durante la condivisione.
Si trattava di un file “ zippato” ovvero “ compresso” cioè un unico documento di notevoli dimensioni ( file size) che conteneva al suo interno ben 1803 immagini e 34 filmati il cui scaricamento richiedeva evidentemente un tempo considerevole.
A pag. 24 della relazione il consulente del Pubblico Ministero ne evidenziava i dettagli di acquisizione e condivisione con altri utenti.
Il file non era più presente nel PC perché cancellato dall’imputato prima del 10.6.2009 ma nell’elenco know.met erano rimasti impressi sia l’hash sia il titolo indicati dalla Polizia Postale ( pag. 3 annotazione 30.3.2009 e pag. 24 relazione del CT ) e così emergendo che si trattava proprio del file già oggetto di indagine e, come si evince dalle annotazioni in atti della Polizia Postale a seguito degli specificati accertamenti, contenente materiale pedopornografico.
Nella cartella contenente i file scaricati e condivisi con eMule era presente 1 filmato intitolato “ ALFA” : il file era stato scaricato interamente dal M. e altri utenti di eMule lo avevano scaricato dall’imputato.
I dati obiettivi impressi nel PC dell’imputato ed evidenziati dal consulente del Pubblico Ministero consentono di individuare il tempo della acquisizione del file.
Come accertato dal CT BORRA l’imputato, di sicuro dopo il febbraio del 2009 – epoca in cui la Polizia Postale in tempo reale rilevava lo scaricamento del file BETA - aveva modificato la data nel suo PC tant’è che la Polizia dava atto che al momento della perquisizione , ore 07.00 del 10.6.2009, mentre l’ora era corretta il giorno risultava indicato al 11.3.2009 e dunque era erroneo; in ogni caso il video veniva non solo scaricato interamente ma anche condiviso ( figure c.2-17 e C. 2 –18 pagg. 24 e 25 della relazione) prima del sopraggiungere degli Operanti che lo aprivano e ne verificavano il contenuto pedopornografico alle ore 07.29 spegnendo il computer che sequestravano alle ore 07.53.
Prima del suo allontanamento da casa il M. si era dunque inserito in eMule digitando in particolare la parola chiave “(omissis)” che compare anche nel titolo del file ( pag. 24 relazione del CT).
Il consulente ( pag. 23) dava atto della pluralità di parole chiave che l’imputato aveva utilizzato per le pregresse ricerche in rete di materiale pedopornografico, di certo svolte sino al 10.6.2009 : a parte il termine inequivocabile “ pedofilia” ne figurano altre quali (omissis), (omissis), (omissis), (omissis) pedofilia, (omissis), (omissis) e (omissis) che figurano associate a files di inequivocabile contenuto pedopornografico ( vedi pag. 32 della relazione e immagine di anteprima del video n. 3 di cui, malgrado la cancellazione del contenuto del film, è rimasta impressa appunto la prima immagine in cui all’odioso contenuto di minore impegnato in rapporto orale è accompagnata la parola (omissis) ; i file contenenti le immagini nn. 153 e 159, visibili nel supporto informatico e di cui all’elenco pagg. da 25 a 31 della relazione , intitolati rispettivamente “(omissis).ipg” e “(omissis) 05.jpg” )
Come chiarito dal consulente del Pubblico Ministero “ questi qui non sono termini usuali, cioè una persona che per la prima volta va su Internet e cerca materiale pedopornografico….o uno glielo dice che deve scrivere (omissis) o sennò non se lo può immaginare. Quindi è chiaro che se uno ricerca quella parola è perché ricerca quel contenuto, cioè ha già una conoscenza di quello che vuole ottenere” e il nome della quasi totalità dei files scaricati faceva riferimento a contenuti pedopornografici, “ come se lo strumento eMule fosse impiegato quasi esclusivamente per questo tipo di ricerca” ( pagg. 48 – 49 trascr. ud. 26.10.2010) e analoga considerazione valeva per i files di LimeWare.
Lo stesso consulente di parte dichiarava : “ sono sigle per determinare materiale pedopornografico, ovviamente lo si vede che ha tentato nelle varie formule” ( pag. 29 trascr. ud. 26.10.2010).
Attivata la ricerca compariva nell’elenco proprio quel titolo, ALFA, dall’inequivocabile contenuto non solo pedopornografico ma anche incestuoso e l’imputato lo selezionava attivando la procedura di scaricamento.
Quanto alla selezione del file il consulente aveva già precisato : “ nel momento in cui uno cerca qualcosa è un po’ come cercare su Google, si mette una stringa, viene fuori l’elenco dei files e uno decide di scaricarli e la decisione avviene sul nome del file, non ci sono altri metodi” ( pag. 39)
Il Tribunale, alla luce degli accertamenti relativi ai pregressi scaricamenti e condivisione del file “BETA” di contenuto pedopornografico, degli ulteriori files di cui è stata considerata l’immagine di anteprima e della considerazione di tutto l’ulteriore materiale rinvenuto in possesso dell’imputato, in seguito menzionato, ritiene che le condotte di individuazione del file pedopornografico così nominato ( ALFA) e di scaricamento dello stesso, cui seguiva l’inclusione nella cartella dei files condivisi ove veniva rinvenuto dalla Polizia, abbiano costituito oggetto di consapevole scelta dell’imputato.
Quel video, come detto entrato per intero nella cartella dei files condivisi e interamente riportato dal consulente nel supporto informatico in atti , dura ben 12 minuti e rappresenta soggetti in carne ed ossa e dunque reali : una bambina, svestita e di pochi anni, che compie e subisce atti sessuali diversi con un uomo adulto.
Ben 41 utenti, prima dell’intervento della Polizia, facevano in tempo a scaricare un quantitativo di “ chunks” complessivamente superiore alla durata dell’intero filmato e comunque degna di nota è la possibilità da parte del M. di visualizzare le immagini del file già durante la fase di scarico perché sul PC dell’imputato ( vedasi pag. 34 della relazione del CT in proposito) erano installati i players che consentivano l’operazione, in altre circostanze da lui effettuata.
Il consulente precisava altresì : “ …si mette in scaricamento e ci sono due depositi, due cartelle separate, una dei files in scaricamento, al termine dello scaricamento questi files automaticamente vengono messi nella cartella dei files terminati. In entrambe le situazioni i files sono condivisi, cioè altri utenti possono vederli. Si può in realtà impostare il software in modo diverso ma facendo così uno non scarica più niente, quindi eMule diventa inefficiente. Quindi tutti i files nel momento in cui sono scaricati sono anche condivisi. Non solo, anche nel momento in cui sono scaricati ad un certo punto diventano visibili anche se non sono completamente scaricati, se ne è visibile solo una parte; una persona può selezionare, vedere il contenuto ed eventualmente se non è di interesse cancellarlo.
Attività di cui si è trovato riscontro tra i registri di Windows, cioè effettivamente l’utente sapeva che i files che erano in scaricamento potevano essere visti perché è una attività che ha fatto” ( pag. 39 trascr. ud. 26.10.2010).
Il file know.met di riepilogo di eMule , che memorizza il nome di tutti i files scaricati e condivisi dal 21.1.2009 alla data dell’11.3.2009 sul computer, da intendersi 10.6.2009, ne indicava ben 1630 elencati dal CT nel supporto informatico.
L’elenco comprendeva anche il file segnalato dalla PG “BETA” nonché il video “ALFA”, oggetto di considerazione specifica da parte del CT a fronte della relativa conservazione per intero.
Ad eccezione del video “ ALFA” , tutti gli altri files, compreso BETA, erano stati cancellati perché il M. aveva “ ripulito” il suo PC prima dell’arrivo degli Operanti.
Il contenuto pedopornografico risulta accertato per il file “ BETA” come si evince con chiarezza dagli esiti delle indagini della Polizia Postale Emilia Romagna acquisiti agli atti nel rito abbreviato e per il file “ ALFA”perché, come detto, il supporto informatico contiene questo video per intero.
Di tutti i files scaricati , posti in condivisione e poi cancellati, sono però rimaste 169 immagini di anteprima contenute nel file “ thumbs.db” che l’imputato non è riuscito ad eliminare anche perché non visibile con la configurazione di default del sistema operativo installato.
Il consulente BORRA estraeva il file “ thumbs.db” e con idoneo programma di cui viene dato atto nella relazione ( pag. 25) ne estrapolava il contenuto rappresentato dalle 169 immagini di anteprima.
Anche tali immagini sono state tutte incluse dal Consulente del Pubblico Ministero nel supporto informatico e sono ben visibili.
L’elenco dei titoli di questi 169 files - scaricati e posti in condivisione dal 26.1.2009 al 18.2.2009 - è riportato nel supporto informatico e da pag. 25 a pag. 31 della relazione.
Il Tribunale ha visionato le rimaste 169 immagini di anteprima e ne ha individuate 49, di certo e assolutamente inequivocabile contenuto pedopornografico in quanto fotografie di soggetti di tutta evidenza minorenni, anche bambini di pochi anni, ritratti nudi o nudi e impegnati in atti sessuali tra loro o con adulti.
Si tratta in “ thumbs.db” delle n. 49 immagini :
5,6,7,8,17,22,23,32,40,41,42,45,48,52,57,59,60,61,65,68,73,75,77,84,85,88,94,95,97,98,99,103,111112,114,117,118,119,121,122,12336,143,145,152,153,155,159,163
dei file elencati e titolati nella relazione da pag. 25 a pag. 31.
Sempre sul PC era installato un secondo software di file sharing, LimeWare.
La cartella condivisa era vuota al momento della analisi ma sino alla data 8.3.2009 conteneva 5 video di probabile contenuto pedopornografico ( pagg. 31 e 32 della relazione) in considerazione sia del titolo che del contenuto di per sé obiettivamente pedopornografico relativi alle rispettive 5 immagini di anteprima rimaste , quali intitolate e rappresentate a pag. 32 della relazione e ben visibili nel supporto informatico.
E’ materiale pornografico rilevante per la integrazione del delitto di pornografia minorile quello di contenuto lascivo, idoneo ad eccitare le pulsioni erotiche del fruitore sicché in esso vanno ricomprese non solo le immagini raffiguranti amplessi ma anche corpi seminudi , nudi o con i genitali in mostra.
Il Tribunale ritiene che il delitto di distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione di materiale pornografico realizzato mediante lo sfruttamento di minori degli anni diciotto sussista allorché l’utente, nella consapevolezza di tale contenuto e del funzionamento del sistema che egli utilizza , in concreto lo ponga a disposizione di un numero indeterminato di destinatari, come avviene ed è avvenuto nel caso di specie con l’inserimento nella rete Internet, mediante i modelli di comunicazione “ peer to peer” di eMule e LimeWare, di filmati ed immagini di esibizioni pornografiche di minorenni.
Il dettato normativo non richiede che il materiale immesso in rete con i suddetti sistemi sia poi anche materialmente acquisito da terzi - cosa peraltro avvenuta con riferimento al video, al file BETA ed alle immagini n. 23, 52, 153 di cui all’elenco di pagg. 25 – 31 della relazione - risultando sufficiente che l’agente l’abbia messo a loro disposizione ponendo in essere condizioni tali da consentirne l’apprensione e dunque la propagazione : la natura del reato è quella di pericolo stante la possibilità di accesso ai dati ad un numero indeterminato di soggetti e il delitto risulta integrato allorché in concreto sia data loro la possibilità di accesso a quei dati.
M. S. era consapevole non solo del contenuto pedopornografico delle immagini che acquisiva scaricandole via file sharing ma anche del funzionamento dei software tale da determinare la relativa immediata disponibilità e progressiva acquisizione da parte di un numero indeterminato di altri utenti.
Come si evince dalla considerazione dell’intero materiale disponibile il M., persona pregiudicata per analogo delitto e dunque recidiva, se era interessato in generale alla pornografia comunque prediligeva immagini di minori coinvolti in atti sessuali.
Ogni sorta di rappresentazione visibile e riportata dal CT del PM nel cd rom in atti – non solo il video ma anche le fotografie di minori reali nonché le immagini virtuali, i disegni e i cartoons di cui poi si dirà - raffigura soggetti minorenni chiaramente coinvolti in atti sessuali tra loro e/o con adulti con privilegio di contesti incestuosi chiaramente specificati.
La Polizia nelle annotazioni in atti ed i consulenti , specie durante le dichiarazioni rese nel processo, hanno indicato quali chiavi di ricerca utilizzate da M., sia in epoca pregressa che la notte immediatamente antecedente l’intervento degli Operanti, parole assolutamente inequivoche in ordine alla natura del materiale che l’utente intendeva acquisire : l’imputato non si era imbattuto accidentalmente né in BETA né in nessuna delle immagini di anteprima rimaste dopo la cancellazione, cioè le 49 di eMule e le 5 di LimeWare, relative tutte a files scaricati e rimasti nella cartella dei files condivisi , per i tempi specificati di cui il consulente dava conto nella relazione e prima dell’intervento della Polizia, non negando il M. la consapevolezza del relativo contenuto ( dichiarazioni rese al GIP in data 25.3.2010 come da verbale in atti).
Con riguardo al video acquisito per intero , l’asserzione dell’imputato di non aver invece fatto in tempo a visionare il filmato prima dell’arrivo della Polizia e di non averne quindi “ verificato” il contenuto pedopornografico ( dich. spontanee rese da M. all’ud. 26.10.2010 pag. 7 trascrizioni) non è idonea ad assumere rilevanza di sorta a fronte dell’intero contesto probatorio.
Il filmato “ ALFA” non era infatti stato scaricato e messo in condivisione casualmente, durante navigazioni Internet di tutt’altro argomento, ricette di cucina o video musicali, o verso mete meramente pornografiche e dunque nella possibile ignoranza del relativo contenuto ma, a mezzo di parola chiave che di fatto consentiva accesso a quel genere di immagini, aveva costituito, come per i documenti pregressi, oggetto di una specifica ricerca e della volontaria apprensione dello stesso proprio con quel titolo e dunque nella consapevolezza non solo del contenuto pedopornografico quale obiettivamente accertato ma anche della relativa condivisione con altri utenti.
Il sistema era infatti eMule e l’imputato, persona ben avvezza all’uso di siffatto strumento come emerge dal contesto di programmi e materiali rinvenuti nel suo PC, nei tempi specificati dall’accusa nella contestazione sub. A) si addentrava nelle reti file sharing proprio per trovare immagini del tipo di quelle contenute in BETA, delle 49 immagini di anteprima della cartella files condivisi via eMule, di quelle delle anteprime dei 5 video condivisi via LimeWare, rete di file sharing per cui si ripropongono le predette considerazioni e da ultimo di quelle del video “ padre seduce la figlia di sette anni” ed era a piena conoscenza delle relative modalità di funzionamento nonché di trattamento e destinazione dei dati acquisiti.
In sintesi, allorché l’utente che si avvale di un PC strutturato come quello dell’imputato, alla ricerca di un file si connette in Internet entrando in rete file sharing, si collega automaticamente ad altri utenti che stanno cercando gli stessi dati e che li stanno acquisendo progressivamente o che hanno già ultimato il download e che detengono il file completo nella cartella dei files condivisi : ciò in quanto il programma cerca il documento e lo acquisisce rinvenendo e scaricando da fonti multiple e fuori ordine una serie di “ chunks” ( parti) che, come già detto, alla fine dell’operazione costituiranno il documento completo.
Degna di nota la circostanza della opzione dell’utente all’atto della installazione, momento in cui gli viene chiesto di scegliere se vuole che la configurazione di eMule e i suoi download siano specifici per l’utente o condivisi : nel secondo caso, e ciò è avvenuto da parte dell’imputato, la configurazione e i download sono stati memorizzati nella cartella file condivisi in Internet con eMule e l’operatività del sistema era automatica.
I files vengono come detto condivisi già durante lo scaricamento anche se incompleti e l’imputato disponeva di players, comunemente installati in ogni PC, che gli consentivano di visualizzare le immagini già durante la fase di scaricamento.
In conclusione il caso di specie, tenuto conto dell’intero contesto e delle modalità di ricerca sovra descritte , non è affatto quello dell’ignaro utente che, ricercando via eMule materiale assolutamente innocuo incorre suo malgrado nella progressiva acquisizione e contemporanea condivisione con altri utenti di fotogrammi che rappresentano immagini pedopornografiche ma è quello di chi scientemente ricerca ed acquisisce immagini pedopornografiche ed è pienamente consapevole che altri utenti possono inserirsi a loro volta sia in una operazione di scaricamento in corso sia attingendo ai fotogrammi dell’intero video già archiviato nella cartella files condivisi.
Sussiste pertanto il reato sub A) con riferimento :
- al video ((omissis)) ALFA
- al file “ BETA”
- alle 49 immagini di anteprima dei files eMule
- alle 5 immagini di anteprima dei files Lime Ware
Sussiste la contestata aggravante della ingente quantità a fronte dell’entità del materiale quale sovradescritto.
Per tutte le restanti immagini dell’elenco dei files cancellati, in totale assenza di anteprime, non è stata raggiunta la prova del contenuto pedopornografico degli stessi.
Quanto agli ulteriori 6990 files detenuti dall’imputato, ricompresi dal consulente sotto l’unica denominazione di “ pedo pornografia virtuale”( pag 32 e segg. della relazione) e riportati nel supporto informatico , il Collegio è stato del pari costretto a visionare tale materiale al fine di valutare in cosa effettivamente consistesse .
Si tratta di immagini detenute dall’imputato in assenza di condivisione e nella piena consapevolezza del loro contenuto, come si evince da quanto dichiarato dal M. al GIP in data 25.3.2010.
Le immagini sono di diversa tipologia e possono essere distinte in categorie.
1) Immagini e video bidimensionali o tridimensionali realizzate come disegni anche con la tecnica del “cartone animato”, immediatamente indicative di creazione di fantasia;
2) Immagini tridimensionali rappresentanti soggetti minorenni non confondibili con persone reali : ancorché realizzato nel rispetto delle proporzioni , il prodotto finale è costituito dalla creazione grafica a computer di figure all’evidenza del tutto simili non a persone reali ma a “ manichini” impegnati in atti sessuali.
Le immagini di cui alle categorie 1) e 2), ancorchè suscitino nell’osservatore riprovazione e disgusto , sono tout court disegni che riproducono soggetti “ virtuali” perché costruiti con il computer ma non suscettibili di essere confusi, anche per qualità grafica, con persone reali e dunque né rappresentative né evocative di situazioni reali.
3) Immagini tridimensionali, realizzate con elevata qualità grafica che rappresentano figure umane plastiche e proporzionate di adulti e minori coinvolti in atti sessuali dove alla sommità del corpo del minorenne è stata apposta l’immagine bidimensionale ritraente un bambino realmente esistente.
Nella cartella sono state individuate 18 immagini :
3,4,5,6,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16,17,18,19,23 ( sul cd rom in cartella 2, fake, vari )
La valutazione della realtà dell’immagine del volto discende innanzitutto dalla evidenza della rappresentazione fotografica dei visi dei bambini : i volti di minori reali, ancorché non identificati, estrapolati da video o fotografie ritraenti proprio soggetti reali, facilmente reperibili anche in Internet in siti del tutto leciti, sono stati aggiunti a corpi tridimensionali realizzati virtualmente.
Era il consulente della Difesa a spiegare il sistema di grafica , simile al software utilizzato per ricostruire le scene del crimine : “ si crea una griglia tridimensionale, vettoriale e si dà una renderizzazione …diciamo che non si parte da una foto per la realizzazione di un modello tridimensionale, si parte proprio da una griglia per poi dare le varie sembianze” ( pag. 23 trascr. ud.26.10.2010)
Richiesto dal presidente di specificare cosa intendesse per “ griglia tridimensionale” il consulente BORDIGNON dichiarava : “ un disegno vettoriale può essere un cubo che io posso spostare e modificare nello spazio, poi posso dargli una renderizzazione, ossia color legno, color metallo…L’essere umano lo stesso, ci sono già tutta una serie di tools che possono essere la mano, la faccia, le gambe….Vengono assemblate e ovviamente dal colore degli occhi, dei capelli, il naso, cioè si crea proprio da zero un modello umano e poi è possibile muoverlo nello spazio”.
Tali le modalità per creare artificialmente le figure umane rappresentate nella immagini sopraindicate.
L’elevata qualità grafica con cui sono stati realizzati i corpi, tale da renderli simili a corpi reali e da imprimere loro plasticità e movimento e l’apposizione delle teste di soggetti reali alle figure dei minori, conferisce all’intero contesto rappresentante atti sessuali tra adulto e minore una connotazione di grave realismo.
L’apposizione di teste di soggetti veri, riferita anche dai consulenti sia del PM che della difesa durante il processo non solo quale possibile ma anche quale del tutto fattibile, è proprio quella utilizzata per la creazione delle immagini delle “ donne famose” ( vid fake pag. 34 della relazione) dove a corpi tridimensionali di donne nude creati virtualmente, impegnati in atti sessuali, è stata apposta la fotografia e così il volto reale di donne dello schermo televisivo e cinematografico , ovvero attrici, presentatrici, soubrettes nonché esponenti politiche.
Il prodotto finale, nel caso di specie, in considerazione del fatto che le figure dei minori includono una parte assolutamente riconoscibile del corpo quale è il volto e delle già descritte caratteristiche di proporzione, plasticità e movimento dei soggetti rappresentati quali impegnati in atti sessuali, è rappresentativo di situazione simile al reale e lesiva dell’onore, del decoro e dell’equilibrio della persona minorenne, esistente ancorché non identificata, la cui immagine è stata sfruttata ed associata ad un contesto sessuale quale quello suddetto che il legislatore penale riprova e punisce nella norma di cui al capo B).
L’oggetto della tutela della norma non è la moralità pubblica o il buon costume ma la preservazione della persona del minorenne dallo sfruttamento sessuale.
Da una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 600 – quater 1 CP discende che il bene giuridico protetto da tale norma, collocata tra i delitti contro la persona, è quello dello sviluppo fisico, psicologico, spirituale, morale e sociale delle persone fisiche minorenni e innanzitutto del minore ivi realmente rappresentato perché la sua immagine, nella specie proprio la fotografia della sua testa, è stata associata a contesti sessuali quali quelli oggetto del presente giudizio.
Debbono quindi essere esclusi dalla previsione normativa i disegni pornografici e dunque anche cartoni animati che rappresentano bambini e adolescenti di fantasia : la detenzione di siffatte immagini, ancorché riprovevoli per i loro contenuti contrari alla morale pubblica, sarebbe al più sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 528 CP in presenza di una condizione tuttavia assente nel caso di specie, perché il M. si limitava a detenere il materiale di cui alle categ. 1) e 2) senza farne commercio.
Per questi motivi la eccezione di incostituzionalità dell’art. 600 quater 1 CP avanzata dal difensore di M. S. è manifestamente infondata e deve essere rigettata e, in relazione alle indicate 18 immagini, sussiste il reato contestato sub. B).
M. S. deve essere pertanto ritenuto colpevole e condannato in ordine ai reati ascrittigli, unificati nel vincolo della continuazione a fronte della evidente unicità del disegno criminoso.
La pluralità delle condotte in contestazione, a fronte della pregressa condanna per il medesimo reato sub. A), risulta ostativa alla concessione delle circostanze attenuanti generiche non sussistendo altri elementi positivamente apprezzabili.
Visti gli artt. 133 e segg. CP la pena equa è quella di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa ( pena base per il più grave reato sub. A) anni due di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa aumentata per la contestata recidiva ad anni due e mesi tre di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa, aumentata ad anni due e mesi sei ed Euro 7.000,00 di multa per l’aggravante di cui all’art. 600 ter V comma CP, aumentata ad anni tre di reclusione ed Euro 8,000 di multa per la continuazione interna al capo A), aumentata ad anni tre e mesi tre di reclusione ed Euro 9.000,00 di multa per la continuazione con il reato di cui al capo B) ed infine ridotta come sopra per la scelta del rito abbreviato) oltre al pagamento delle spese processuali.
L’imputato deve essere assolto dal reato di cui al capo A) con riferimento ai residui documenti, privi di immagini di anteprima , quali meramente elencati e diversi dal video “ ALFA” e dai n. 55 menzionati (1 BETA , le 49 immagini di anteprima eMule e le 5 immagini di anteprima dei video LimeWare ) non essendo stata raggiunta la prova del relativo contenuto pedopornografico e dunque perché il fatto non sussiste.
L’imputato deve essere assolto dal reato sub. B) con riferimento ai residui documenti, diversi dai n. 18 menzionati, perché il fatto non sussiste.
Deve essere infine applicata ex art. 600 septies comma 2 CP la pena accessoria della interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio e servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
Deve essere ordinata la confisca di quanto in sequestro.
Il Tribunale indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
PQM
Rigetta l’eccezione di incostituzionalità sollevata dalla difesa dell’imputato in ordine all’art. 600 quater 1 CP.
Visti gli artt. 442,533,535 CPP
DICHIARA
M. S. colpevole del reato di cui al capo A) limitatamente al video a carattre pedopornografico denominato “ALFA” e a n. 55 files ( video e foto) dei 1635 in contestazione; colpevole del reato di cui al capo B) limitatamente a 18 immagini delle 6.990 in contestazione e, unificati detti reati nel vincolo della continuazione, ridotta la pena per il rito abbreviato, lo
CONDANNA
Alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l’art. 530 CPP
ASSOLVE
M. S. dalle residue imputazioni perché il fatto non sussiste.
Visto l’art.600 septies comma 2 CP applica all’imputato la pena accessoria della interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio e servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
Ordina la confisca di quanto in sequestro.
Visto l’art. 544 comma 3 CPP fissa in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione.
Milano 11 novembre 2010 Il presidente
Flores Tanga
(per un primo commento sulla sentenza, Mattia Di Gregorio, Pornografia virtuale: la prima applicazione giurisprudenziale)
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