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Non integrano il reato di favoreggiamento della prostituzione, p. e p. dall'art. 3, n. 8 L. 75/58, gli atti diretti “a favore della persona della prostituta” e non della prostituzione della stessa.
Tali devono considerarsi l'intestazione, da parte di una prostituta, dell'appartamento e delle utenze in cui la stessa eserciti il meretricio unitamente ad altre donne, con organizzazione per la suddivisione equanime delle spese.
Non integrano il reato de quo, e sono penalmente irrilevanti, nemmeno la mera pubblicazione di annunci, non accompagnata da ulteriori attività quali ad esempio l’interessarsi alle foto delle donne da pubblicare, l’aver contattato il fotografo per fare delle nuove doto, il far sottoporre le donne a servizio fotografici erotici.
N. 4664/2009 R.G. Mod.16 N. 19484/2006 R.G. notizie di reato
SENTENZA N. 3579
del 01.10.2010
dep. 30.12.2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA
PRIMA Sezione Penale
Riunito in camera di consiglio nella persona del:
dott. Anna Maria DALLA LIBERA Presidente-Estensore
dott. Francesco BERAGLIA Giudice
dott. Marina CAVALLERI Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa penale a carico di:
B. C., nata a Brescia il **/**/19**, domiciliata c/o la propria residenza in via D*** 2 Brescia.
Difesa d’ufficio dall’avv. Stefano Paloschi del Foro di Brescia.
LIBERA-CONTUMACE
IMPUTATA
Per il delitto di cui all’art. 3 co. 8 L. 75/58 perché, favoriva la prostituzione di A. G. F. e M. V. E. mettendo a loro disposizione l’appartamento ubicato in via *** 90 a Brescia ove si svolgevano le prestazioni sessuali, procurando loro i preservativi ed accogliendo i clienti che si portavano sul luogo.
In Brescia nell’ottobre-novembre 2006.
CONCLUSIONI
Il Pubblico Ministero conclude con richiesta di affermazione della penale responsabilità dell’imputata in ordine ai reati ascritti, chiede, concesse le attenuanti generiche, condanna alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione € 1.000,00 di multa.
Il difensore dell’imputata chiede: assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine minimo pena, concesse le attenuanti generiche e benefici di legge.
FATTO E DIRITTO
A seguito do indagini della Squadra mobile della Questura di Brescia, il Pubblico Ministero chiedeva il rinvio a giudizio di B. C., per il delitto di cui in epigrafe.
In dibattimento, svoltosi nella contumacia della prevenuta, già versato agli atti il verbale di incidente probatorio di M. V. E. e documentazione pubblicitaria relativa ad attività di intrattenimento, si procedeva alla escussione dei testi P. I. e A. G., all’esito le parti concludendo come da verbale.
Ritiene il Tribunale che dalla istruttoria così compiuta non siano emersi elementi di prova della sussistenza del fatto contestato alla odierna prevenuta, non essendo stati portati alla attenzione del Collegio elementi concreti da cui dedurre che la stessa effettivamente favorisse la prostituzione di M. V. E. e di A. G., indicate in imputazione, che da lei avrebbero ricevuto i preservativi, nonché la disponibilità dell’appartamento sito in via *** 90 in Brescia, dove si sarebbero svolti gli incontri sessuali a pagamento.
In data sette agosto 2006 gli agenti della Questura effettuavano una perquisizione nell’appartamento de quo, rinvenendo materiale pubblicitario finalizzato ad incontri erotici, nonché le due donne straniere sopra indicate, M. V. E. ed A. G. Francisca unitamente a F. S. e R. P., questo completamente nudo.
La B., sentita nella immediatezza, in relazione a quanto sequestrato dichiarava che il centro denominato “Studio Eros” era un luogo ove si esercita l’attività di massaggi completi e pertanto comprese le parti intime e che le ragazze trovate in abbigliamento intimo “sono ragazze che dividono le spese di affitto e di pubblicità e che quando arriva un cliente si appartano con lo stesso in una delle camere per effettuare il massaggio che le stesse concordano con il cliente”. Per quanto riguarda le sim card rinvenute sul tavolino del salone le aveva acquistate da una persona che non conosceva al prezzo di 50,00 euro cadauna, per l’attività di massaggio al fine di non essere rintracciata personalmente.
M. V. E. in incidente probatorio specificava di essere arrivata in Italia nel 2002, di aver lavorato in un night club senza alcun contratto, in quanto clandestina e che solo nel 2003 ottenne il permesso di soggiorno iniziando a lavorare in un ristorante di Leno (Bs).
Conobbe la B. tramite un amica.
La B. si prostituiva in un appartamento.
La teste decise di andare da lei in quanto tale appartamento era più bello rispetto a quello dove la teste esercitava l’attività di meretricio.
Con la B. divideva tutte le spese, versandole 600 euro al mese per tutte le spese; peraltro, questa prima del suo arrivo aveva già preso in locazione l’appartamento di via *** e qui aveva già iniziato a prostituirsi.
I clienti venivano recuperati tramite la pubblicità sui quotidiani fornendo contestualmente il proprio numero di cellulare, ed i contatti con questi venivano gestiti insieme alla B.
Nell’appartamento vi era una terza ragazza.
Comunque ogni ragazza stabiliva le proprie tariffe e incassava direttamente il ricavato della propria attività di prostituzione. La teste stessa aveva le chiavi dell’appartamento.
A. G. F. in udienza ha reso la seguente testimonianza.
Nel 2006 esercitava l’attività di meretricio in un appartamento sito in via *** a Brescia.
In detto appartamento abitavano anche una ragazza di origini rumene e l’odierna imputata, che conosceva già da prima, avendo con la stessa convissuto in un altro appartamento.
Anche la B. si prostituiva.
Le due donne decisero di cambiare appartamento in quanto le spese erano troppo elevate. Infatti inizialmente le prostitute pagavano una cifra irrisoria ma il proprietario pretese 500 euro la settimana e addirittura, alla fine, il 50 % di quanto riscuotevano.
La B. prese in locazione l’abitazione di via ***. L’accordo era quello di dividere le spese dell’affitto e delle bollette. E così, effettivamente, avvenne.
Le due donne si fecero pubblicità mediante annunci sui giornali. La teste si recò personalmente presso i giornali, fornendo il proprio numero telefonico e la propria carta d’identità, perché venissero pubblicati gli annunci. Lo stesso venne fatto dall’odierna imputata.
Le due donne erano indipendenti: ognuna aveva il proprio numero telefonico con cui fissare gli appuntamenti con i clienti. Poteva capitare che si aiutassero in caso una delle due fosse occupata e non potesse quindi rispondere al telefono. In tale circostanza chi era libera rispondeva al telefono.
L’odierna imputata faceva pubblicità all’appartamento chiamandolo STUDIO EROS.
La teste invece preferiva fare altro genere di pubblicità, indicando un nome di fantasia, e il proprio numero telefonico.
Afferma di aver avuto clienti che si erano rivolti a STUDIO EROS e chi quindi non l’avevano contattata direttamente.
Le è capitato di essere stata scelta dai clienti che si erano recati nell’appartamento grazie alla pubblicità dello STUDIO EROS.
Non conosce i rapporti economici intercorrenti tra l’odierna imputata e le rumene che abitavano nell’appartamento di via ***.
Ribadisce di aver sempre diviso equamente le spese con la B.: dall’affitto, alle bollette e alla pubblicità dello STUDIO EROS.
Quanto alla pubblicità di STUDIO EROS era la B. ad occuparsene. Di regola si spendevano € 100,00 alla settimana di pubblicità che le due donne si dividevano equamente.
Non sa quanto le rumene pagassero. Vi erano tre rumene.
Ella personalmente peraltro si recava all’appartamento poche volte. Quando sapeva di venire a Brescia, faceva la opportuna pubblicità.
Precisa che si allontanò per i mesi estivi che passò nel paese di origine con il figlio. Per quei tre mesi non versò alla B. la metà dell’affitto. Al suo ritorno vide le rumene.
Non ricorda con precisione se pagava 300 o 600 euro al mese di affitto.
A domanda del Difensore, la teste afferma che aveva propri clienti che avevano letti gli annunci personali e clienti della struttura collettiva STUDIO EROS.
Le ragazze, di comune accorso, decisero di creare il numero associato relativo a STUDIO EROS.
Sempre di comune accordo si decise che fosse l’odierna imputata a occuparsi della relativa pubblicità. Questo per comodità e per praticità.
Capitava che le ragazze si scambiassero gli abiti e gli oggetti o che detti beni venissero lasciati nell’appartamento a disposizione delle altre prostitute.
Non ha mai avuto le chiavi dell’appartamento.
Il teste P., in servizio presso la Questura, che svolse le indagini, ebbe a riferire che si portò presso l’indicato appartamento al fine di verificare se ivi si svolgesse attività illecita. avendo appreso, tramite pubblicità, che lì si svolgevano prestazioni a pagamento.
Lì giunto trovò l’odierna imputata, che si faceva chiamare con il nome di Gioia, che gli presentò un prezzario e constatò che nell’appartamento vi erano anche altre due ragazze, una brasiliana ed una rumena.
Il teste si limitò a constatare la presenza delle ragazze, ed a sentire la brasiliana a verbale.
Non poté dunque trarre dalle circostanze rilevate alcuna attività di organizzazione particolare in capo alla odierna prevenuta, rispetto alle altre ragazze.
Tanto premesso, osserva il Collegio quanto segue.
Se è pur vero che il favoreggiamento è configurabile in ogni interposizione personale diretta a procurare in qualsiasi modo condizioni favorevoli all’esercizio del meretricio, senza che abbia rilevanza il movente che determina la condotta, non essendo richiesto né il fine di servire l’altrui libidine, né il fine di lucro, nella fattispecie concreta è provato solo che la imputata e le due prostitute in imputazione indicate si erano accordate per dividere insieme le spese di un unico appartamento, dove ognuna operava in autonomia, con la propria clientela, senza vincoli di orario, né di pagamenti, tanto che, in caso di prolungata assenza, nemmeno eran tenute a versare alcunché per il canone di affitto.
Inoltre l’appartamento era stato trovato dalla B. insieme con la A., che già unitamente alla prima esercitava la prostituzione in altra abitazione, da cui poi le due si eran allontanate per motivi economici.
Non è emerso dunque un “aiuto” della B. rispetto alle altre donne, ai fini dell’esercizio della loro attività di meretricio, ma piuttosto una comune organizzazione, a vantaggio di ciascuna, anche della stessa B., che così veniva ad operare in condizioni di parità, senza alcun ruolo di organizzazione o agevolazione da parte della imputata.
Peraltro, le straniere sono risultate anche in regola nel territorio italiano.
È obbligo anche rammentare che, come da ripetute pronunce della Cassazione, la mera pubblicazione degli annunci, non accompagnata da ulteriori attività – quali ad esempio l’interessarsi alle foto delle donne da pubblicare, l’aver contattato il fotografo per fare delle nuove doto, il far sottoporre le donne a servizio fotografici erotici – è penalmente irrilevante, in quanto considerata un normale servizio svolto “a favore della persona della prostituta” e non della prostituzione.
Non vi è dunque prova idonea in punto di sussistenza della condotta addebitata nel capo di imputazione alla B..
Segue dunque la formula assolutoria di cui al dispositivo.
Quanto ancora in sequestro va confiscato e distrutto (preservativi, oggetti erotici etc.: cfr il verbale di dissequestro parziale in atti).
Infine,il carico di lavoro dell’ufficio, impone termine per il deposito della motivazione
P.Q.M.
Visto l’art. 530, cpv, cpp,
assolve B. C. dal reato ascrittole perché il fatto non sussiste.
Visto l’art. 240 cp,
dispone la confisca e la distruzione di quanto ancora in sequestro.
Visto l’art. 544 cpp,
fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Brescia, lì 01 ottobre 2010
Il Presidente estensore.
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