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Penale.it - Tribunale del Riesame di Brescia, Ordinanza 26 ottobre 2010 (dep. 28 ottobre 2010)

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Tribunale del Riesame di Brescia, Ordinanza 26 ottobre 2010 (dep. 28 ottobre 2010)
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Non può ritenersi raggiunta prova dell'allontanamento dal luogo d'esecuzione della misura degli arresti domiciliari in caso di unico accesso infruttuoso da parte di personale di servizio con suono del campanello, non seguito da ulteriori accessi di controllo. Inoltre, la concessione di autorizzazione permanente all'allontanamento dal luogo di esecuzione della misura si pone in contrasto con il divieto di comunicare con persone terze dai conviventi o dagli incaricati a prestare assistenza tipico degli arresti domiciliari c.d. "ristretti".

R. G. 438/10 Mod. 17
R. G. N. R. 22208/09
 
 
TRIBUNALE DI BRESCIA
 
SEZIONE RIESAME
 
Il Tribunale di Brescia, Sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei sequestri, composto dai signori:
1) Dott. Michele Mocciola                                                                               Presidente;   
2) Dott. Paolo Talamo                                                                                          Giudice;                  
3) Dott. Simone Medioli Devoto                                                           Giudice Relatore;               
riuniti in camera di consiglio,
sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 26 ottobre 2010,
ha emesso la seguente
ORDINANZA
in merito all’atto d’appello presentato nell’Interesse di P.M. avverso l’ordinanza del 28 settembre 2010 mediante la quale il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia ha sostituito, ex art. 276 c.p.p., la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere.
*****
Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia, con ordinanza emessa all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto in data 31 ottobre 2009, applicava a P.M. la misura cautelare degli arresti domiciliari – con divieto di comunicare con persone diverse da quelle che con lui abitano o che lo assistono – ritenendolo gravemente indiziato del reato di detenzione di grammi 777 circa di cocaina e ritenendo parimenti sussistenti le esigenze cautelari ex art. 274 lett. c) c.p.p.
Con successiva ordinanza del 13 gennaio 2010 veniva autorizzato l’invocato mutamento dei luoghi di esecuzione della suddetta misura domiciliare (da R*** a S***, via M*** n. 11) e, fermo restando il divieto di comunicare con soggetti terzi, veniva altresì concesso all’indagato di allontanarsi dall’abitazione per due ore al giorno, onde consentirgli di svolgere l’attività fisica necessaria per la sua salute, e di recarsi presso esercizi commerciali per l’approvvigionamento di generi alimentari o di altri beni di uso quotidiano.
A seguito delle annotazioni di P.G. del 16 marzo 2010 – con la quale i Carabinieri di S*** rappresentavano di avere notato, in pari data, P.M. mentre discorreva, trovandosi fuori casa ed a tre metri dalla porta d’ingresso, con due operai addetti alla sistemazione del giardino della casa confinante – e del 23 marzo 2010 – con la quale personale della Guardia di Finanza di B*** segnalava che, lo stesso giorno, il pregiudicato A.E. si era recato presso l’abitazione occupata dal P. ed, avvicinandosi al cancello, si era intrattenuto a parlare con quest’ultimo per alcuni minuti- il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia, con ordinanza del 6 aprile 2010, sostituiva, ex art. 276 c.p.p., la misura cautelare degli arresti domiciliari in carcere.
All’esito della procedura ex. art. 310 c.p.p., la suddetta misura carceraria veniva sostituita in melius con nuova applicazione, a carico dell’appellante, degli arresti domiciliari c.d. “ristretti” (cfr. ordinanza del 28 maggio 2010, in atti).
Il Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Brescia, con sentenza emessa in data 4 giugno 2010 all’esito di giudizio abbreviato, condannava P.M. alla pena detentiva di sei anni di reclusione.
Con ordinanza dell’11 giugno 2010 la stessa Autorità giudicante autorizzava P.M. ad assentarsi dall’abitazione di restrizione coatta (per ragioni di salute e per attendere alle spese di sostentamento ordinario) e ad avere contatti con persone non conviventi nella stessa misura e negli stessi termini già in precedenza definiti.
Mediante l’ordinanza qui impugnata lo stesso G.U.P. di Brescia sostituiva, ex. art. 276 comma 1 ter c.p.p., la misura domiciliare in esecuzione con quella della custodia in carcere.
A supporto di siffatta decisione, infatti, rilevava come il prevenuto avesse violato le prescrizioni poste a suo carico – sia in data 28 luglio 2010, allorquando veniva notato rincasare a bordo di un motociclo, sia il precedente 13 settembre 2010, quando, ad ore 9,22, gli operanti di P.G. incaricati ai controlli non avevano ricevuto risposta nonostante numerose chiamate a mezzo del citofono di casa – pur a seguito delle pregresse trasgressioni agli obblighi cautelari commesse nel marzo del 2010.
Tenuto conto della presenza di condizioni di salute inquadrabili ex art. art. 275 comma 4 bis c.p.p., disponeva che il Pappalardo fosse condotto in un “istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie da individuarsi a cura dell’Amministrazione penitenziaria”.
Con il presente gravame la difesa del prevenuto impugna il suddetto provvedimento e ne chiede la caducazione con immediato ripristino della misura degli arresti domiciliari.
A sostegno dell’impugnazione deduce – sottolineando incidentalmente l’irrilevanza delle già valutate vicende del marzo 2010 – che i fatti del 28 luglio 2010 non sono tali da configurar alcuna trasgressione alle prescrizioni imposte al P., né indicativi di carenza di autocontrollo da parte sua, tenuto conto che l’allontanamento dai luoghi di restrizione coatta è avvenuto nell’ambito delle concesse autorizzazioni le quali, peraltro, non prescrivevano in alcun modo che gli spostamenti dell’imputato dovessero essere compiuti a piedi (anziché con l’ausilio di un veicolo).
Quanto ai fatti del 13 settembre 2010, ancora, evidenzia come vi sia stato un unico accesso dei militari presso l’abitazione in uso all’appellante e come, pertanto, la mancata risposta di questi al suono del citofono possa essere stata causata da un contingente impedimento (come asserito dallo stesso P. personalmente, il quale ha dichiarato di essersi verosimilmente trovato in doccia), anziché dalla sua assenza dal domicilio.
*****
L’appello è fondato ed, in quanto tale, merita accoglimento nella misura e per le ragioni che si vanno ad esporre.
*****
Ritiene il Collegio che i fatti posti a supporto del provvedimento di aggravamento della misura ex art. 276 c.p.p., evincibili dalle annotazioni di P.G. del 13 settembre 2010 e del 18 settembre 2010, non siano tali da configurare alcuna trasgressione degli obblighi cautelari imposti al P.M..
Giova al riguardo rimarcare che, in forza delle richiamate ordinanze del 13 gennaio 2010, del 28 maggio 2010 (emessa ex art. 310 c.p.p.) e dell’11 giugno 2010, P.M. era all’epoca sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari (presso l’abitazione ubicata in Sirmione, via Mantegna n. 11), con autorizzazione ad allontanarsi dai medesimi luoghi per due ore al giorno, nelle giornate dal lunedì al venerdì, al fine di praticare l’attività fisica aerobica consigliata (con obbligo di comunicare preventivamente l’orario ed il percorso prescelto), nonché a raggiungere esercizi commerciali al fine di approvvigionarsi di generi alimentari o di altri beni di uso quotidiano; egli, contestualmente, era gravato dal divieto di comunicare e di incontrarsi con persone diverse da quelle conviventi o prestanti assistenza e pure, in relazione alle superiori autorizzazioni, da quelle diverse dei venditori di generi alimentari e di altri prodotti di uso quotidiano.
Orbene, con riferimento alla fattispecie del 28 luglio 2010, alcun addebito pare potersi muovere all’imputato per il solo fatto di essere stato visto dagli operanti di P.G. mentre faceva rientro presso la propria abitazione muovendosi con il mezzo di un ciclomotore (alle ore 18,28).
Rilevato incidentalmente che egli risulta essersi allontanato dai luoghi di restrizione in un tempo consentito (cfr. annotazione del 28 settembre 2010, dalla quale emerge che egli aveva indicato di assentarsi da casa, per le finalità autorizzate, dalle ore 10,30 alle ore 11,30 e dalle ore 17,30 alle 18,30), si osserva, dunque, come l’uso di un veicolo non gli fosse stato precluso in alcun modo e come, d’altra parte, l’impiego di un ciclomotore da parte sua appaia del tutto compatibile con le riconosciute esigenze di approvvigionamento di generi alimentari o di altri beni di uso quotidiano. Con riferimento alla fattispecie del 13 settembre 2010, poi, ravvisa il Collegio ragionevoli elementi per escludere che l’odierno appellante si trovasse al di fuori del domicilio al momento dell’accesso dei militari.
Dall’annotazione redatta in pari data, invero, si evince che personale in servizio presso i Carabinieri della Stazione di S*** era giunto, ad ore 9,22, presso l’abitazione di via Mantegna n. 11 e che, dopo aver suonato più volte il citofono, non aveva ricevuto alcuna risposta.
Orbene, osservato come il tentativo di reperimento del P. – in mancanza di ulteriori accessi successivi – sia stato circoscritto in questo unico frangente, sussistono plausibili motivi per pensare che lo stesso imputato possa non aver udito il suono del campanello (per essersi trovato in doccia o perché, magari, sotto l’effetto di farmaci ansiolitici, come da lui stesso ipotizzato; cfr. documento prodotto all’udienza del 26 ottobre 2010, in atti) pur essendo rimasto presente presso l’abitazione di restrizione coatta; l’esclusione di una ipotesi di evasione, invero, appare ancor più verosimile tenuto conto della circostanza per cui l’interessato non aveva alcun ragionevole motivo di uscire dal proprio domicilio in tempi non consentiti, ben potendo allontanarsene lecitamente per congrui periodi nel corso di ogni giorno dal lunedì al venerdì.
Alla luce delle considerazioni che precedono, dunque, deve escludersi la sussistenza dei presupposti fondanti l’intervenuta modifica in pejus del trattamento cautelare ex art. 276 c.p.p. e, parimenti, la presenza di indici sintomatici di un aggravamento del quadro cautelare per sopravvenuto difetto di capacità autocustodiali da parte del P.M..
Ne consegue, così, la revoca dell’ordinanza impugnata e, per l’effetto, il ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari, da eseguirsi – per ragioni di maggiore opportunità – presso l’abitazione in uso ai familiari, in R*** (BS), via A*** n. 3.
Con riguardo al trattamento accessorio ex art. 284 c.p.p., la dichiarazione di disponibilità formalizzata dal figlio P.A. – il quale si è appunto reso disponibile ad ospitare il proprio padre presso la suddetta abitazione ed a prendersi cura di lui nel provvedere alle ordinarie esigenze di vita – rende ingiustificata e, quindi, non reiterabile la pregressa autorizzazione ad uscire dal domicilio di restrizione per l’approvvigionamento di generi alimentari o di altri beni di uso quotidiano.
Le perduranti condizioni di salute di P.M., invece, legittimano la reiterazione dell’autorizzazione all’allontanamento dall’abitazione – per due ore al giorno e nelle giornate dal lunedì al venerdì – onde consentire allo stesso imputato di praticare l’attività fisica aerobica necessaria, previa comunicazione alla P.G. competente per i controlli (Stazione dei Carabinieri di R***) degli orari e degli itinerari prescelti.                                                                                                     Il tenore di una simile autorizzazione, rileva il Collegio, risulta di fatto incompatibile con il previgente divieto di comunicare con persone terze dai conviventi o dagli incaricati a prestare assistenza, divieto rispetto al quale, pertanto, non si dispone ripristino alcuno.
P.Q.M.
Visto l’art. 310 c.p.p.,
- in accoglimento dell’appello proposto dal difensore di P.M., revoca la misura cautelare della custodia in carcere applicata allo stesso P.M. con ordinanza emessa, ex art. 276 c.p.p., dal G.I.P. di Brescia in data 28 settembre 2009 e, per l’effetto, dispone il ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari da eseguirsi presso l’abitazione in uso ai familiari, in R*** (BS), via A*** n. 3;
- autorizza P.M. ad allontanarsi dai suddetti luoghi di detenzione domiciliare – per due ore al giorno e nelle giornate dal lunedì al venerdì – onde consentire allo stesso imputato di praticare l’attività aerobica necessaria, previa comunicazione alla P.G. competente per i controlli (Stazione dei Carabinieri di R***) degli orari e degli itinerari prescelti;
- autorizza P.M. a raggiungere senza accompagnamento il luogo sopra indicato immediatamente dopo la dimissione dall’istituto penitenziario per la via più breve e nel tempo strettamente necessario;
- dispone la dimissione di P.M. dall’istituto carcerario se non detenuto per altra causa.
Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, nonché al Pubblico Ministero ed alla P.G. competente al controllo delle prescrizioni (Stazione dei Carabinieri di R***), ai sensi dell’art. 97 bis disp. att. c.p.p.
Manda alla Cancelleria per l’esecuzione e per gli adempimenti di competenza.
Brescia, 26 ottobre 2010
IL GIUDICE EST.                                                                                IL PRESIDENTE
Simone Medioli Devoto                                                                           Michele Mocciola
 
Depositato nella cancelleria
del Tribunale di Brescia
oggi 28/10/2010
alle ore 8.00
Il Cancelliere C1
Adele Agliardi
 
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