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A seguito della legge di riforma n.120 del 29 luglio 2010 - che ha profondamente mutato l’assetto normativo della confisca obbligatoria prevista dall’art. 186 comma 2 lett. C) cds – è lecito domandarsi se vi sia ancora spazio in materia per l’applicazione (o, per il mantenimento, ove la misura cautelare reale sia già stata disposta e non si sia comunque pervenuti al provvedimento ablatorio definitivo) del sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.2 c.p.p.
Lo schema logico alla base di una ragionevole risposta pare non possa prescindere da una necessaria inversione dei termini del problema, nel senso che solo focalizzandosi l’attenzione sulla natura giuridica della confisca – cui il citato sequestro sarebbe funzionale – si possono delineare nuovi profili operativi di massima attualità sul tema oggetto di indagine.
Se è vero, infatti, che il sequestro preventivo previsto dal comma 2 dell’art. 321 c.p.p. costituisce un istituto specifico ed autonomo, rispetto a quello (tipico) disciplinato dal primo comma della medesima disposizione codicistica (cfr., Cass. Sez.VI, 19 gennaio 1994), caratterizzantesi per peculiare presupposto (la mera confiscabilità del bene da sottoporre a vincolo) e scopo (garantire la conservazione della cosa sequestrata nelle more del procedimento sanzionatorio), è evidente che la sua adozione deve giocoforza parametrarsi sulla falsariga dell’ atto (confisca) che va ad “anticipare”.
La questione alle prime battute dell’entrata in vigore del D.L. n.92 del 2008 – che, come noto, ha introdotto la confisca del veicolo utilizzato per commettere il reato di guida in stato di ebbrezza, nella sua forma più grave – non si poneva, giacchè l’espresso rinvio, contenuto nella norma dell’art. 186 cds, alle disposizioni dell’art. 240 comma 2 c.p., giustificava appieno l’adozione del sequestro preventivo “strumentale” alla confisca, quale “misura di sicurezza” patrimoniale (cfr., fra le altre, Cass. Sez. IV, 6 maggio 2009).
Una volta dichiaratosi incostituzionale il suddetto “rinvio” - giusta sentenza della Consulta n. 196 del 4 giugno 2010 - qualche dubbio è cominciato ad emergere e si è andato consolidando il pregresso orientamento che, pur di mantenere la confisca de qua fra le prerogative dell’autorità giudiziaria, ne aveva tratteggiato la natura in termini di “sanzione penale” accessoria (conf., Cass. Sez.Un., 25 febbraio 2010, n.23428).
Quando il problema pareva essersi risolto, è, però, intervenuta l’ennesima riforma, ovvero, la già citata legge n.120/2010, perentoria e chiara nell’affermare la (diversa) riconducibilità della confisca del veicolo - prevista per i reati del codice della strada (e, quindi, in primis, per la fattispecie di cui all’art.186 c.2 lett. C) – all’alveo delle “sanzioni amministrative” accessorie (conf., la Circolare Ministeriale n.300 del 30 luglio 2010).
Per effetto della riqualificata natura giuridica, si è altresì riconosciuto (e riservato) all’autorità amministrativa il potere di disporre una simile misura, senza che possa rilevare in senso contrario l’impropria locuzione, conservata nel corpo dell’art 186 cds, secondo cui sempre “con la sentenza” sarebbe “disposta la confisca”.
Ed infatti, se ciò comportasse il mantenimento della sanzione fra i “capi” della pronuncia del giudice penale, davvero non si comprenderebbe perché si sia allora previsto l’antitetico obbligo per il cancelliere - del giudice che ha pronunciato la sentenza (o il decreto) divenuti irrevocabili - di trasmetterne copia autentica al Prefetto, affinchè (questi) disponga la confisca, senza considerare che, diversamente opinandosi, si finirebbe per ammettere un “duplicato” di misura, o, ancora peggio, una “delega” giudiziale ad un facere nei confronti dell’organo prefettizio.
Ma non solo. Il riconoscere in capo all’autorità giudiziaria il potere di provvedere alla confisca si porrebbe in aperto contrasto con la competenza riservata ex lege al Prefetto sull’ordine di restituzione del veicolo, nel caso di sentenza irrevocabile (parimenti comunicatagli dalla cancelleria) di proscioglimento, con l’inammissibile risultato di una spartizione di funzioni simmetriche fra soggetti giuridicamente diversi.
In buona sostanza, data per pacifica la “depenalizzazione” dell’intera procedura nel cui ambito ci si muove, non può che discenderne la sopravvenuta impossibilità di adottare (o, mantenere) un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ai sensi dell’art.321 c.2 c.p.p., ad opera di chi (il giudice penale) ha perso ogni prerogativa specifica in materia.
Del resto, depongono a favore di una siffatta ricostruzione argomenti di ordine sistematico, sia interni che esterni alla disciplina dettata dal codice della strada.
Il tramonto della misura penale si riflette, anzitutto, nella normativa speciale, novellata nel prevedere che, ai fini del sequestro, si applicano le disposizioni di cui al nuovo articolo 224 ter, il quale, a sua volta, dispone che l’agente o l’organo accertatore procede al sequestro ai sensi delle disposizioni dell’art.213 (dedicato, appunto, al sequestro cautelare amministrativo), trasmettendo copia del verbale alla Prefettura (autorità amministrativa) del luogo della commessa violazione.
Per altro verso, come ha già avuto modo di precisare la giurisprudenza di legittimità, in casi analoghi, istituti diversi - con distinti ambiti applicativi - non possono coesistere, né interferire, per cui, se è normativamente prevista una confisca amministrativa, essa non può giustificare l’applicazione (o, il mantenimento) di un sequestro preventivo penale, al solo fine di consentire all’ Autorità (amministrativa) di determinarsi (cfr., Cass. Sez. III, 18 ottobre 1989; Cass. Sez. III, 21 gennaio 1994; Cass. Sez. VI, 6 febbraio 2003; Cass. Sez. III, 5 ottobre 2005), non potendo un simile sequestro garantire l’efficace adozione di un provvedimento della pubblica amministrazione (cfr., Cass. Sez. III, 22 maggio 1989 e Cass. Sez. III, 5 ottobre 2005).
Di certo, qualche problema pratico potrebbe residuare con riguardo alle ipotesi di sequestro preventivo già disposto e, quindi, da revocare, per difetto della sua tipica finalità anticipatoria, ma a ciò potrà ovviarsi, più che con un “nuovo” sequestro amministrativo sullo stesso bene – di discutibile legittimità, sia per non essere adottato nell’immediatezza dell’accertamento (cfr., la Circolare Ministeriale sopra citata), sia per probabile contrasto con il principio di irretroattività delle misure amministrative - con il rimedio, previsto dall’art. 213 cds, della rivalsa sulla somma ricavata dall’eventuale alienazione del veicolo dissequestrato.
Dott. Luciano Padula, Magistrato - settembre 2010
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