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Relazione sulla Conferenza Nazionale “Avvocatura e riforma della giustizia nella Costituzione e nell’ordinamento”, tenutasi a Roma il 20-21 novembre 2009
RESOCONTO DELLA VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
“AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA
COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO”
ROMA, 20-21 NOVEMBRE 2009
Hotel Cavalieri Hilton
Una delegazione dell’Unione degli Avvocati d’Italia – sez. di Barletta, presieduta dall’Avv. Tommaso Divincenzo e composta da altri sette componenti del consiglio direttivo, tra i quali il sottoscritto, ha preso parte alla VI Conferenza Nazionale dell’Avvocatura dal titolo “Avvocatura e riforma della giustizia nella Costituzione e nell’Ordinamento”.
In una gremita sala dell’Hotel Cavalieri Hilton di Roma, che ha visto la massiccia partecipazione di oltre 1.500 avvocati provenienti da ogni parte d’Italia, si sono affrontati tutti i principali temi attinenti al mondo dell’avvocatura: riforma dell’ordinamento forense, processo breve, ruolo dell’avvocatura, patto per la giustizia, magistratura laica, riforme processuali, deleghe legislative, e molto altro.
A parte l’importanza dei temi trattati, ciò che ha reso memorabile questo incontro è stato l’enorme spessore culturale dei relatori, scelti tra i più prestigiosi esponenti del mondo accademico, politico, giuridico, delle istituzioni più rappresentative dell’avvocatura e della magistratura, e la partecipazione dei rappresentanti di numerosi Consigli degli Ordini Forensi.
I lavori hanno avuto inizio alle ore 9.30, con i saluti delle autorità e delle rappresentanze istituzionali e forensi. L’atteso intervento del Ministro Alfano, previsto per la mattinata, è stato rinviato al pomeriggio per concomitanti ed improrogabili impegni istituzionali del Guardasigilli.
Il Cardinale Julian Herranz, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, impossibilitato a partecipare personalmente al Congresso, ha inviato un messaggio nel quale, dopo aver salutato e ringraziato il Presidente dell’OUA per l’invito rivolto, ha evidenziato come la Morale ed il Diritto siano due scienze diverse, ma ciò nonostante il Diritto di una sana democrazia deve tener conto della Morale al fine di non portare ad una deriva antidemocratica e totalitaria della società.
Il tema principale affrontato nel corso dei lavori è stato quello del ruolo dell’avvocatura e delle prospettive di riforma, in considerazione delle recenti proposte attualmente all’esame del Senato. Numerosi relatori hanno evidenziato come uno dei problemi che meritano di essere risolti nel minor tempo possibile è quello dell’elevato numero degli avvocati iscritti all’albo: ad oggi se ne contano 234.000, con un aumento di circa 15.000 nuovi iscritti all’anno, ai quali occorre aggiungere coloro che si abilitano in Spagna per poi esercitare la propria attività professionale in Italia, ed i “giuristi d’impresa”, che svolgono la loro attività di consulenza ed assistenza esclusivamente in favore delle aziende presso le quali lavorano, arrivando così a circa 300.000 professionisti; numero destinato a crescere progressivamente in assenza di una seria riforma, ormai resa necessaria per restituire dignità alla professione forense.
Come osservato da un altro illustre relatore, una delle anomalie italiane che si rende necessario eliminare per presentarsi con le carte in regola alla sfida europea è l’enorme sproporzione tra il numero dei giudici e di avvocati: un rapporto di 26 avvocati per ogni giudice, che non ha pari in nessun altro paese europeo.
Ad analoghe conclusioni è giunta la Dott.ssa Pasetti, Presidente della Corte d’Appello di Venezia, osservando come: «La mutazione genetica è dovuta al numero degli avvocati. Se l'oscar non fosse dato una volta sola non avrebbe lo stesso rispetto; 234mila avvocati hanno fatto sì che foste trattati come un ammortizzatore sociale».
Le stesse considerazioni sono state condivise dall’Avv. Luca Saldarelli, Vice Presidente O.U.A., il quale ha evidenziato che a distanza di 15 anni il numero dei detenuti e dei magistrati è rimasto pressoché lo stesso, mentre gli avvocati sono quintuplicati, passando da 60.000 a quasi 300.000, aggiungendo che: «Nessuno vuole che chi ha scelto questo nobile mestiere si vedesse chiusa la porta in faccia, ma è necessario assicurare la qualità di un servizio professionale nell'interesse dei cittadini».
Sull’argomento è intervenuto anche il Sen. Avv. Filippo Berselli, Presidente della Commissione Giustizia del Senato: «Il problema è che gli avvocati italiani sono troppi, 230 mila. E se non poniamo un freno arriveremo molto presto a 300 mila, mettendo in seria difficoltà l’intera categoria». L’intervento particolarmente gradito dagli oltre 1.500 avvocati presenti in sala, che hanno risposto con un lungo applauso.
Gli ha fatto eco l’Avv. Maurizio De Tilla, Presidente dell’Organismo Unitario Avvocatura Italiana, che ha già pronta una proposta per risolvere il problema: «Il numero programmato per la nostra professione non è possibile perché sarebbe in contrasto con la normativa comunitaria», suggerendo così di spostare il problema a monte: «Servirebbe una facoltà universitaria che formi in modo specifico i futuri avvocati. Per questa facoltà il numero programmato sarebbe possibile, come oggi già avviene ad esempio per quella di Medicina. Gli ingressi non dovrebbero essere più di 4-5 mila ogni anno».
Nel pomeriggio di sabato, sotto la magistrale regia del moderatore Francesco Giorgino, giornalista caporedattore del TG1, si sono susseguiti numerosi interventi da parte di prestigiosi relatori tra i quali quello del Ministro della Giustizia Avv. Angelino Alfano, giunto verso le ore 18.00 presso l’Hotel Cavalieri Hilton, ed accolto da un caloroso saluto da parte dei partecipanti.
Nel suo intervento al VI Congresso dell'Avvocatura, il Ministro ha ribadito l'intenzione dell'esecutivo di varare una riforma che assicuri l'effettiva parità tra gli avvocati della difesa ed i pubblici ministeri, che ben presto diventeranno “avvocati dell'accusa”: «Se in un processo vi sono tre parti, ma due giudici e il pm frequentano lo stesso ufficio, lo stesso bar, e magari si vedono anche nello stesso paese, l'indomani, quando si incontrano in tribunale, si danno del tu e delle tre parti del processo l'unico che deve dare del lei è l'avvocato. Non e' un problema di forma ma di sostanza».
Ha aggiunto: «Quella attuale non è parità, e noi la vogliamo cambiare. Mettendo il pm sotto l'esecutivo? Assolutamente no, e ciò per due motivi: la libertà del pm per noi è un elemento di giustizia e di equità e di rispetto del cittadino, ma anche perché sappiamo di non essere eterni. E immaginatevi un pm sottoposto al controllo di un altro esecutivo e magari di un altro ministro della Giustizia… Noi riteniamo sacro il recinto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistrature e siamo convinti che essa debba essere autonoma e indipendente, soggetta solo alla legge; ma la legge la fa il Parlamento, espressione di quel popolo sovrano in nome del quale nelle aule di giustizia vengono pronunciate le sentenze. Non sono popoli diversi».
Nel corso del suo lungo intervento, il Ministro ha ribadito che «La riforma della giustizia la faremo seguendo i nostri convincimenti, e non sotto la dettatura dell'Associazione Nazionale dei Magistrati, anche perché abbiamo il vago e leggero sospetto che il foglio resterebbe bianco, perché i magistrati non vogliono il cambiamento». E’ seguito un lungo e fragoroso applauso da parte dei numerosissimi avvocati presenti in sala, rivendicando il ruolo di interlocutori necessari per la riforma che il Parlamento si accinge a varare. L’auspicio dell’Avvocatura è stato accolto dal ministro della Giustizia, che ha rassicurato la nutrita platea garantendo che nessuna riforma verrà approvata senza il consenso dell’avvocatura, perché, ha spiegato, «non si riformano le professioni contro le professioni».
Il Guardasigilli ha riaffermato l'importanza del ruolo dell'Avvocatura, ricordando ai professionisti presenti che: «Tutti sono riformisti e parlano di riforme, ma quello che importa è mettere mano alle cose che non funzionano, non a quelle che funzionano. Della riforma della professione mi piace perché voi avete affermato, ed io lo sosterrò in Parlamento, che l'Avvocatura non può essere lo sbocco del laureato in giurisprudenza che non riesce a trovare lavoro. Questa è una professione che deve essere titolare di un prestigio indipendentemente dalla riforma della Corte costituzionale. Deve far peso da sola. Questo aiuta anche nella strada della parità tra accusa e difesa su cui fondiamo la riforma della giustizia», aggiungendo: «Vogliamo che l’avvocatura abbia pari rango rispetto alla magistratura». Il perno della bilancia della giustizia dev’essere il giudice; sui due piatti ci sono l’avvocato dell’accusa e l’avvocato del cittadino, in posizione equilibrata ed allo stesso livello.
Avviandosi verso la conclusione del lungo intervento, il Ministro Alfano ha dichiarato di non credere a quanti dicono che il numero di processi è alto perché è alto il numero di avvocati, che incentivano il ricorso alla giustizia per aumentare i propri introiti: «l’avvocato moderno vuole più cause da chiudere brevemente e da rinnovare». Infine ha concluso sostenendo che, se si vuole sconfiggere la criminalità organizzata, dobbiamo essere consapevoli che Ministro, Presidente del Consiglio ed Avvocati giocano nella stessa squadra, sottolineando come «gli avvocati non hanno lavoro d’ufficio, lavorano finché è necessario farlo, ed occorre fare in modo che anche il resto del sistema raggiunga lo stesso livello di efficienza». La promessa finale è di battersi perché in finanziaria ci siano più risorse per la giustizia, con lo scopo di realizzare l'obiettivo di concludere il processo penale in sei anni.
Ai giovani avvocati è stata data voce attraverso l’intervento dell’Avv. Giuseppe Sileci, Presidente AIGA, il quale ha precisato come l’associazione da lui presieduta abbia giudicato complessivamente bene la riforma, ricordando al tempo stesso come le liberalizzazioni introdotte con il decreto Bersani non hanno comportato alcun vantaggio per i giovani legali, ma solo per banche, aziende ed enti pubblici, che hanno in tal modo ottenuto la possibilità di spingere i propri legali ad accettare onorari più bassi, anche al di sotto dei minimi tariffari. Il bilancio negativo nella precedente riforma non risparmia neppure la pubblicità degli studi legali, essendo ad avviso del Presidente dell’AIGA uno strumento utilizzato solo dagli studi più grandi e già avviati, e non dai giovani professionisti.
Anche l’On. Avv. Cinzia Capano, Responsabile Professioni Partito Democratico, non ha risparmiato critiche nei confronti del decreto Bersani, ricordando come fu approvato in attuazione di una direttiva comunitaria, anche se “forse male attuata”. L’illustre relatrice ha proseguito il suo intervento rivolgendo l’attenzione verso la riforma in tema di prescrizione breve, avvertendo che «se dopo due anni il processo si estingue, l’avvocato viene meno alla sua funzione». In riferimento al numero eccessivo di avvocati iscritti all’albo, ha evidenziato che: «Il problema non è prendere il numero sempre inferiore di avvocati, ma prendere i migliori».
Il giorno successivo i lavori si sono aperti con l’intervento dell’Avv. Nicola Buccico, già Presidente del CNF, il quale ha invitato tutti ad una prova di responsabilità per «vincere il piccolo egoismo e tornare in alto». La ricetta proposta dall’illustre relatore prevede l’introduzione del numero chiuso per l’accesso alla professione forense, la riduzione del numero dei tribunali e l’eliminazione delle sezioni filtro della Cassazione per decidere preliminarmente sull'ammissibilità del ricorso. Invita inoltre l’avvocatura a rivendicare il potere di svolgere parte delle competenze notarili, ed a riflettere sul numero eccessivamente elevato di avvocati abilitati all’esercizio della professione presso le giurisdizioni superiori: «1.250 avvocati all'anno diventano cassazionisti per mero decorso del tempo, siamo vicini ai 50.000 cassazionisti, il numero più alto al mondo, quindi occorre un'altra prova di coraggio: in Cassazione solo dopo superamento di un esame, rimane cassazionista chi fa almeno 5 ricorsi all'anno».
Ultima prova di responsabilità richiesta all’avvocatura riguarda il procedimento disciplinare che, a giudizio dell’Avv. Buccico, funziona poco, essendo il numero di procedimenti avviati notevolmente inferiore alle infrazioni commesse: «Se si vuol dare rilievo costituzionale all'avvocatura, occorre dare il potere disciplinare ad un organo terzo; lo so che sono temi controversi perchè siamo attaccati alle nostre tradizioni, ma oggi viviamo in un'altra epoca, non possiamo giudicarci da noi stessi. Quando proclamiamo qualcosa per gli altri dobbiamo prima proclamarlo per noi. Dobbiamo saper uscire da questi abiti stretti, dobbiamo vestire l'avvocatura in modo diverso».
E’ intervenuto poi l’Avv. Luca Saldarelli, il quale ha esordito dicendo: «Sono conosciuto per essere l'uomo dei sogni, ed un giorno mi sono svegliato da un sogno in modo abbastanza brutale. Quando ho scelto di fare l’avvocato ero consapevole che l'esercizio della professione forense non mi avrebbe reso ricco, ma in caso di successo mi avrebbe consentito di vivere agiatamente e soprattutto in libertà. Se avessi voluto diventare ricco avrei potuto fare l'avvocato d'affari, l'aziendalista, l'imprenditore, ma ho scelto di fare l'avvocato. Un giorno mi sono svegliato accorgendomi che ero diventato impresa: era stato tradita una scelta di vita alla quale avevo volontariamente aderito. E' inutile che ci dicano che la nostra professione continuerà ad essere governata da un'etica, perchè l'unica etica del mercato è il profitto».
L’intervento è proseguito affrontando il delicato tema del numero degli avvocati, ricordando alla platea come a distanza di 15 anni il numero dei detenuti e dei magistrati sia rimasto pressoché lo stesso, mentre il numero degli avvocati sia quasi quintuplicato, passando da circa 60mila agli attuali 300mila: «Nessuno vuole che chi ha scelto questo nobile mestiere si vedesse chiusa la porta in faccia, ma è necessario assicurare la qualità di un servizio professionale nell'interesse dei cittadini. Io credo che si possa ancora fare qualcosa, dobbiamo cominciare a seguire un sogno importante, ed è per questo che condivido il progetto ambizioso della costituzionalizzazione dell'avvocato, perchè possa riequilibrare nel processo una situazione di gravissima sperequazione. Una parte della magistratura vuole gestire la giustizia secondo principi e regole proprie. Ma dev'essere un progetto che si deve articolare su più fronti. Quando le sigle importanti che rappresentano i poteri forti come la finanza e l'industria attaccano il progetto di riforma, rivolgono un attacco nei nostri confronti, sull'approvazione di certe regole che sono alla base di una riqualificazione necessaria», aggiungendo che «L'approdo finale rimane l'albo chiuso, si voglia chiamare programmato o chiuso non mi interessa». Gli altri paesi europei hanno l'albo chiuso o programmato, che dir si voglia. Molte direttive europee non hanno trovato nel nostro paese attuazione, mentre si recepisce questa che consente ad un ministro, autorità che non dovrebbe centrare nulla con la nostra professione, di intervenire sulla libera concorrenza: «Io annuncio la mia disobbedienza civile a quelle che non solo regole, ma imposizioni». E’ dunque necessario riqualificare l'avvocatura attraverso un suo riconoscimento anche a livello formale: «La riforma non è il meglio che potevamo aspettarci, ma non è neppure il peggio che poteva capitarci, è una soluzione di compromesso. E' un patto di collaborazione, nel quale ci aspettiamo che nel competente ministero si cominci a dare attuazione ad una serie di pratiche corrette che consentano ai consumatori di risparmiare in termini di tempo ed ansietà».
Non mancano brevi digressioni sugli ulteriori problemi che affliggono la categoria ed il sistema della giustizia in generale: «Vi siete mai chiesti perchè le marche sono rimaste di 3,14 e non si è proceduto all'unificazione dei diritti? Perchè non si è proceduto all'informatizzazione che consentirebbe di salvare molti alberi? Su questi punti è necessario intervenire da parte di coloro che hanno gli strumenti per poter intervenire nel nostro lavoro». Ha concluso il suo intervento ricordando che: «Senza avvocatura non c'è giurisdizione, ma senza avvocatura non c'è né libertà né democrazia, e questo valga oggi e valga anche domani».
E’ poi arrivato il turno della Dott.ssa Pasetti, Presidente della Corte d’Appello di Venezia: «La mutazione genetica è dovuta al numero degli avvocati. Se l'oscar non fosse dato una volta sola non avrebbe lo stesso rispetto; 234mila avvocati hanno fatto sì che foste trattati come un ammortizzatore sociale. L'avvocato non è altro che il pendant del magistrato, siete voi che dovete crederci e secondo me non ci credete ancora, è per questo che vi ponete in antitesi con la magistratura anziché come parte collaborante. Siete voi che dovete avere il serio convincimento del ruolo che rappresentate. Gli avvocati partecipano oggi ai consigli giudiziari, che sono un momento estremamente fondamentale nell'organizzazione della giustizia. Voi avete paura del giudizio del magistrato? Allora non siete un'istituzione. Gli ordini devono farsi parte attiva. Se la giurisdizione è il piatto comune in cui ci troviamo ad operare, gli ordini devono conferire tutte le loro conoscenze e problematiche che possono riuscire a risolvere i problemi, e non le chiacchiere che sentiamo nei corridoi».
Ha poi preso la parola il Sen. Giacomo Caliendo, Sottosegretario di Stato del Ministero della Giustizia, evidenziando che una delle ragioni per le quali l'avvocatura dovrebbe essere citata nella costituzione non è solo per l'attività che svolge nella giurisdizione, ma perchè è garante dei principi di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nessun cittadino può avere da solo piena consapevolezza dei propri diritti e doveri, ed è solo l'avvocato, la persona professionalmente preparata, che è in grado di tutelarlo al meglio, ed è questa la ragione per la quale l'avvocatura deve rivendicare il suo ruolo forte nella società. Ma è un'avvocatura diversa da quella descritta da Nicola Bucci.
L’intervento è proseguito con un aneddoto personale: «Ieri sera sono passato da una strada di Roma ed ho avuto una brutta sensazione vedendo i servizi di alcuni “shop center legali”; ieri sera ho visto "Punto Legale - assistenza legale", dove prima c'era un negozio di timbri e targhe. Quell'immagine di avvocato non credo che corrisponda né al mio sentire, né a quello che prevede la legge professionale che stiamo approvando in parlamento».
Ha affrontato poi il tema della magistratura laica, che a suo avviso non può essere selezionata senza alcuna valutazione in termini di competenza professionale. Una persona diventa giudice di pace o VPO dopo sei mesi di tirocinio. Né può essere, come si è venuto trasformando, come un "giudice della terza età", quando uno perde la passione per l'avvocatura e va a fare il giudice laico. Negli Stati Uniti d'America, il Tribunale delle Dogane, che si occupa di tutto l'import-export degli USA, ha solo 16 giudici e non hanno arretrati, perchè ciascun giudice ha 5 avvocati che esercitano la giurisdizione per 5 anni. Prosegue affermando che «Certamente è stato un errore mantenere attraverso proroghe il mantenimento dei giudici laici e ne prenderemo atto, ma dobbiamo anche valutare per quale attività giurisdizionale dev'essere utilizzata la magistratura laica. Dobbiamo mantenere il limite che suggerisce l'OUA dei 60 anni, evitando il precariato della giurisdizione laica».
E’ poi arrivato il momento del dott. Antonio Balsamo: «Vedo dei forti elementi di modernità: la volontà di presentarsi con le carte in regola alla sfida europea, guardando con lucidità alle anomalie italiane come la sproporzione tra il numero dei giudici e di avvocati, un rapporto di 26 avvocati per ogni giudice, che non ha pari in nessun altro paese europeo. Occorre fare scelte coraggiose, che toccano poteri forti. Nel 1950 Piero Calamandrei diceva che magistratura e avvocatura sono due istituzioni complementari e congenite, come due fratelli gemelli. Il termine "processo breve" sembra sempre più un ossimoro, in considerazione del fatto che ci sono uffici giudiziari in cui resterà un solo sostituto. Chiediamo di impedire che i magistrati di prima nomina siano destinati a funzioni requirenti».
Non sono mancate critiche per le annunciate riforme in tema di riduzione dei tempi processuali: «Per il processo civile, il "processo breve" avrà 3 conseguenze: diminuzione delle risorse personali, riduzione del diritto al risarcimento del danno, e caos organizzativo (si presume che ciascun giudice civile dovrà fissare due udienze settimanali di 100 processi solo per quelle udienze per le quali c'è un'istanza di anticipazione del processo)».
E’ poi intervenuto il Sen. Maurizio Gasparri: «La legge che ho presentato e che è oggetto di grandi polemiche. Non la chiamo legge per un processo breve, perchè 9 o 10 anni per arrivare ad una decisione definitiva non è un tempo breve, ma un tempo giusto. Annuncio che chiederemo l'immediata calendarizzazione della riforma dell'avvocatura in commissione giustizia». E’ seguito a questo punto un lungo applauso da parte di una soddisfatta platea composta da oltre mille avvocati. Il Presidente dei senatori del PdL ha aggiunto: «Rivendico alcune scelte di fondo: per i minimi tariffari erano stati introdotti principi di pura demagogia perchè significa svilire l'attività del professionista. Così come per l'accesso alla professione: va regolamentata, ma è un inganno dire che si può andare avanti verso un'ulteriore moltiplicazione. Non c'è possibilità di ulteriore aumento del numero degli avvocati senza mantenere il decoro di questa professione». Anche in questo caso è seguito un fragoroso applauso da parte della platea.
L’On. Avv. Pierluigi Mantini, Componente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, ha dichiarato che: «Dobbiamo guardare con fiducia a questa riforma che abbiamo fortemente voluto, nonostante le imperfezioni che cercheremo di correggere senza scontri. Avremo modo di portarla avanti sapendo che è un passo importante; tuttavia sono d'accordo molto poco con le tesi sostenute da Buccico: non riusciamo con questa riforma a dare risposta a tutti i problemi dell'avvocatura. Direi che prima o poi dobbiamo prendere atto del fatto che ci sono due professioni: una è quella dell'avvocato con la toga, che vuole ridurre il numero e regolamentare l'accesso, e l’altra è quella di chi svolge l'attività di onestissimo esperto giuridico presso le imprese. Dobbiamo istituire un nobel per il diritto, quindi benvenga il rafforzamento nella costituzione del ruolo dell'avvocato, che è già presente ma va rafforzato sul piano della parità, come parte essenziale della funzione giustizia, della giurisdizione, del diritto nella società», aggiungendo che «La riforma contiene punti controversi, che mi hanno portato ad abbandonare i banchi del partito democratico, ma vorrei che non si dimenticasse la centralità: sì a più risorse per la giustizia, anche per la prossima finanziaria 2010; sì alle riforme utili; no al processus interruptus, all'aborto di massa, all'uccidere 100.000 processi per ucciderne uno», e concludendo il suo intervento ricordando che il patto per la giustizia deve prescindere dall'appartenenza politica.
La parola è passata all’On. Avv. Erminia Mazzoni che, in qualità di parlamentare europeo, ha precisato come «L'Europa ci ricorda che il nostro sistema giustizia non funziona, ma noi lo sappiamo già, dobbiamo avvertirlo dai cittadini che ce lo dicono tutti i giorni, dalle imprese. Ma l'Europa non ci dice “tempi brevi, quindi processo breve”! Ci dice "tutela dei diritti". Nel programma di Stoccolma non c'è il numero di anni, c'è la necessità di tutela dei cittadini, quindi stiamo attenti: la lunga durata dei processi equivale a denegata giustizia, stiamo attenti a che la troppo breve durata dei processi non equivalga ad altrettanto denegata giustizia».
Altri relatori hanno poi lanciato un monito nei confronti dei numerosi parlamentari intervenuti, avvertendo che «L'avvocatura ha dimostrato di essere un serio interlocutore, ma l'avvocatura saprà anche dimostrarsi severo giudice se i tempi rapidi della riforma promessi dai politici non dovessero essere rispettati».
L’Avv. Paolo Nesta, Consigliere Ordine Avvocati di Roma, ha poi preso la parola per evidenziare che con l'indennizzo diretto il lavoro degli avvocati è diminuito del 30% a vantaggio dei poteri forti, senza che sia stato raggiunto il risultato promesso circa la riduzione del prezzo delle polizze assicurative. Non sono mancate poi dure critiche nei confronti delle procedure alternative di risoluzione delle controversie, ed un accorato appello nei confronti del Ministro della Giustizia: «Nei procedimenti di conciliazione, che costituiscono condizioni di procedibilità, non è prevista la presenza obbligatoria degli avvocati: questo è fortemente pregiudizievole per l'avvocatura, ma soprattutto per i diritti dei cittadini. Chiediamo al Ministro Alfano di prevedere la presenza obbligatoria degli avvocati nei procedimenti di conciliazione per la tutela dei cittadini, i quali altrimenti non saranno in grado di sapere se accettare la conciliazione e veder tutelati al meglio i loro diritti».
I successivi interventi hanno ricordato che i consigli giudiziari in Italia sono 66, ed è necessario che rimangano in contatto tra di loro, scrivendo un protocollo che metta i nostri colleghi in condizione di poter riferire e rispondere trovando un appoggio sicuro per fare atti di coraggio denunciando situazioni che non funzionano, contrastando posizioni della magistratura a volte associata, e che sono talvolta di chiusura per interventi di riforma.
Si è poi messo in evidenza come i tempi lunghi del processo siano tali da comportare costi eccessivi da parte dello Stato, anche a seguito delle condanne per violazione della ragionevole durata del processo: solo nel distretto della Corte d'Appello di Bari, ci sono state 386 richieste di condanna, delle quali 107 portate a sentenza, con conseguente condanna dello Stato ad un risarcimento complessivo pari a 300 mila euro.
Infine si è discusso sul ruolo e sulle prospettive di riforma della magistratura laica, esprimendo perplessità in ordine alle proposte che prevedono debba essere composta da avvocati iscritti all'albo da almeno sei anni, o che debbano aver già svolto analoghe funzioni per il medesimo periodo di tempo, ai quali spetterebbe una retribuzione maggiore e che accederebbero alla magistratura dopo il superamento di un concorso. In questo modo, si è osservato, le differenze tra magistratura laica e togata diventano estremamente labili, risolvendosi esclusivamente in una diversa sfera di competenza loro attribuita, esprimendo anche perplessità in merito alla conformità costituzionale della riforma con gli artt. 102 e 106 Cost.
L’Avv. Lucio Strazziari, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, ha poi criticato le sempre più frequenti sostituzioni in udienza del giudice civile, non sempre dovute a reali ragioni di assoluto impedimento, ma anche per esigenze d'ufficio, consentendo al magistrato di impiegare il proprio tempo in modo più produttivo, rimanendo nella propria stanza per redigere sentenze, e mandando in udienza un GOT non solo per i rinvii, ma anche per l'ammissione dei mezzi di prova ed altre delicate attività senza la necessaria competenza in quella specifica causa. Una prassi non condivisa dal Presidente Strazziari, che ha evidenziato i pericoli che possono derivare da questo modus operandi.
Avv. Francesco Morelli
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