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Penale.it - Tribunale di Milano, Sezione del Riesame, 11 marzo 2005 - Pres. dott. Pietro Carfagna - est. Tommaso E. Epidendio .- D.R.

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Tribunale di Milano, Sezione del Riesame, 11 marzo 2005 - Pres. dott. Pietro Carfagna - est. Tommaso E. Epidendio .- D.R.
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Sequestro di materiale informatico – Convalida di sequestro di hard disk di un computer in uso ad una Società per azioni in sede di conclusioni delle indagini preliminari – Necessità – Rilevanza (c.p.p. artt. 324, 415 bis; c.p. artt. 110, 615 ter, 640 ter,; D.lvo n.196 del 2003, art. 167) Deve ritenersi dimostrato che sull’hard disk siano contenuti dati rilevanti in ordine alla gestione del data base e del tutto correttamente la Polizia Giudiziaria prima e il Pubblico Ministero successivamente hanno apposto un vincolo reale sull’hard disk in modo da preservare il bene e consentire un utile esame dei dati rilevanti da parte di persona esperta e, quindi, in ultima analisi attraverso perizia dibattimentale sul medesimo HD, i cui esiti fruttuosi risultano quindi collegati proprio all’adozione dell’impugnato sequestro probatorio.

N°00/2005 RG TRS N.0000/2004 R.G.N.R. N._R.G. A.G. Svolgimento del processo nel procedimento ex art. 324 c.p.p. promosso personalmente da B S.p.a. con sede legale in P., legalmente rappresentata da D. R.; assistita e difesa dall’Avv. V. del Foro di Milano; con atto depositato in data 25.2.2005, avverso il decreto di convalida emesso dal P.M. presso il Tribunale di Milano del sequestro effettuato dalla PG. In data 3.2.2005 di un “hard disk” estratto da un computer portatile in uso alla società ricorrente; - letti gli atti pervenuti il 3.3.2005; - all’esito dell’udienza camerale odierna e sciogliendo la riserva ha emesso la seguente ordinanza Con l’impugnato decreto il P.M. in data 5.2.2005 convalidava il sequestro di cui sopra, rilevando che il vincolo reale riguardava cosa pertinente il reato “trattandosi di hard disk di un computer in uso alla B S.p.a. … dove è risultato presente il data base relativo alla newsletter OMISSIS di cui ai capi d’incolpazione del procedimento in oggetto”, riguardante i reati di cui agli artt. 110 c.p., 167 in relazione agli artt. 4, 23, 129 e 130 D.Lvo n. 196/2003, 110 e 615 ter c.p., 110 e 640 ter c.p., accertati e commessi in S. M. dal 29.3.2004 al 14.10.2004. Aggiungeva il P.M. che tale database doveva “essere mantenuto al procedimento, allo stesso modo che l’ulteriore documentazione informatica (sempre di provenienza della B S.p.a. …) contenuta nel sequestrato HD. In quanto , allo stato, senza una consulenza tecnica non è possibile accertare esattamente l’esatto contenuto, provenienza, titolo del possesso di tutti i files ivi presenti”. Con il ricorso per il riesame la difesa, dopo aver premesso che l’ ”hard disk”di cui trattasi era stato sequestrato in seguito alle sommarie informazioni rese da un dipendente della B S.p.a. alla P.G. (nell’ambito di indagini supplementari richieste dalla medesima difesa dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini ai sensi dell’art. 415bis c.p.p.), lamentava in primo luogo l’illegittimità del sequestro probatorio che non avrebbe potuto essere effettuato nella fase processuale in cui si trovava il procedimento specie ove il vincolo doveva ritenersi apposto, per espressa indicazione del P.M., su cosa pertinente il reato. In ogni caso, aggiungeva la difesa, anche a voler considerare il corpo del reato, il “data base“ di “OMISSIS”,illegittimo sarebbe stato comunque il sequestro degli ulteriori “files”, sequestro che avrebbe dovuto considerarsi inevitabilmente finalizzato a ricercare ulteriori tracce pertinenti ulteriori e non precisati reati. Aggiungeva ancora il difensore che l’unico reato contestato alla società era quello di cui all’art. 640 ter, delitto che tuttavia non poteva essere stato realizzato dal dipendente o attraverso il PC aziendale. Quanto poi ai reati di cui agli artt. 615 bis c.p.e 167 D.Lvo n.196/2003 gli stessi erano stati contestati come commessi da C. e F., con la conseguenza che nessuna condotta strumentale o connessa alla consumazione di detti reati poteva ritenersi realizzata tramite il PC aziendale di altro dipendente. Aggiungeva ancora la difesa che la gestione dei “data base”delle liste ospitate dalla B era realizzata attraverso:“server” della società e non tramite i PC. Rimarcava infine la difesa che proprio le indicazioni del P.M in ordine alla necessità di una consulenza tecnica per appurare i contenuti dei “file” dimostravano la natura congetturale della pertinenzialità con il reato ipotizzato dal P.M.. Questo Tribunale ritiene che il ricorso sia infondato. Invero, quanto alla pretesa illegittimità del sequestro avuto riguardo alla fase del procedimento, deve rilevarsi come in atti risulti intervenuta proroga di sessanta giorni del termine delle indagini preliminari con ordinanza del GIP emessa in data 22.12.2004 con la quale veniva disposta la proroga di sessanta giorni del termine di cui all’art. 415bis comma 4 c.p.p., il quale prevede appunto che il P.M. possa compiere “nuove indagini” a seguito delle richieste dell’indagato entro il termine di trenta giorni dalla richiesta prorogabile per una sola volta per non più di sessanta giorni. La richiesta di nuove indagini da parte della difesa (documentata in atti) risale al 1.12.2004 di tal ché il termine che sarebbe dovuto scadere il 31.12.2004, essendo stato prorogato di 60 giorni, è venuto a scadere il successivo 3.3.2005. Il sequestro probatorio di cui trattasi risulta quindi intervenuto il 3.2.2005 durante la proroga del termine per il compimento delle nuove indagini, con la conseguenza che lo stesso deve ritenersi tempestivo già in base all’espressa disposizione dell’art. 415bis comma 5. La norma in esame si riferisce poi al compimento di “nuove indagini” “a seguito delle richieste dell’indagato”, di tal ché deve ritenersi priva di qualsiasi fondamento normativo positivo l’assunzione secondo la quale il P.M. sarebbe legittimato a compiere solo gli atti specificamente indicati e determinati dalla difesa, dovendosi invece ritenere, in base al chiaro tenore letterale della disposizione in parola, che debba soltanto sussistere un nesso funzionale tra richieste dell’indagato e il nuovo atto d’indagine compiuto dal P.M. (in tal senso cfr. Cass. Sez. III 14.1.2004 n.813| ussulti RV 227509). A questo riguardo il Collegio deve osservare come fra le richieste della difesa vi fosse quella di effettuare una consulenza tecnica sul “data base” in sequestro relativo a OMISSIS, sito internet di tale Co che all’epoca pubblicava una “newsletter” periodica distribuita da B spa ciò per verificare l’assunto difensivo secondo cui, contrariamente a quanto sostenuto dal querelante Co, anche successivamente alla risoluzione del contratto con B erano stati effettuati cinque “download” integrali della lista (quattro ad opera dello stesso Co e uno da parte di tale I. dipendente della B spa) e che la gestione del “data base” era stata quindi regolare. Orbene, proprio in seguito all’escussione a sommarie informazioni dell’I. questi, per rispondere alle domande degli operanti in ordine al “download”della lista di “OMISSIS”, consultava un PC di pertinenza della B , sul quale veniva verificata la presenza del “data base relativo alla newletter “OMISSIS” (cfr. verbale di sequestro e verbale di sommarie informazioni rese da I. in atti). Deve pertanto concludersi che, in base alle emergenze in atti, sussista un collegamento funzionale tra le richieste della difesa e i nuovi atti di indagine compiuti dal P.M.. Le osservazioni di cui sopra dimostrano inoltre la totale infondatezza delle doglianze difensive in merito alla insussistenza del nesso di pertinenzialità tra l’ “hard disk” sequestrato e i reati per cui si procede. Infatti, nel procedimento in esame sono stati contestati i reati di trattamento illecito di dati (art. 167 D.Lvo n. 167/2003) – in quanto la B attraverso C. (legale rappresentante e amministratore della società) e F. (quale soggetto responsabile del trattamento dei dati) comunicavano e diffondevano i dati personali degli iscritti alla Newsletter “OMISSIS” per trarre benefici economici dovuti agli introiti commerciali e pubblicitari derivanti da detto utilizzo anche dopo la risoluzione del contratto di concessione degli spazi pubblicitari disponibili nella newsletter – di accesso abusivo ad un sistema informatico (art. 615 ter c.p.) – per essersi mantenuti contro la volontà della società del querelante nel sistema informatico di gestione tecnica del servizio di newsletter abbinato al sito “OMISSIS” protetto da password di sicurezza – nonché del reato di frode informatica (art. 640ter c.p.) per aver alterato o comunque per essere intervenuti senza diritto sui dati del server su cui è allocato il sito inerente il database degli utenti. Orbene di detti reati sono accusati, come ovvio, le persone fisiche (posto che nel nostro sistema i reati del codice penale sono attribuiti esclusivamente a persone fisiche) né altrettanto ovviamente è contestato un reato alla società (neppure quello di cui all’art. 640ter indicato dalla difesa) perché ciò non sarebbe consentito nel nostro attuale ordinamento: è invece contestato alla società l’illecito amministrativo dipendente da reato, nel caso quello di cui all’art. 640ter c.p., ai sensi del noto D.Lvo n. 231/2001, ciò in quanto solo in relazione a tale titolo di reato (e non anche per quelli di cui agli artt. 615ter e 167 D.Lvo n.167/2003) l’art. 26 del D.lvo n.231/2001, prevede tale ipotesi di responsabilità per l’ente. Ciò non esclude, quindi, che le condotte da accertare consistano comunque nella gestione dei dati personali degli iscritti alla “newsletter” del querelante, gestione effettuata proprio dalla società odierna ricorrente, B, attraverso i suoi legali rappresentanti, i responsabili del trattamento dei dati e i suoi dipendenti. La stessa difesa del resto aveva sollecitato, come si è visto, nuove indagini attraverso consulenze tecniche su “data base” di cui trattasi in modo da accertarne la gestione, che la stessa difesa assumeva regolare. Orbene, proprio nel corso dell’escussione a sommarie informazioni di uno dei dipendenti che, secondo la stessa difesa degli imputati, avrebbe consentito il recupero dei dati al querelante (con conseguente infondatezza in fatto degli addebiti, secondo la tesi difensiva), questi ha manifestato la necessità di accedere e consultare il contenuto dell’ ”hard disk” di un “personal computer” aziendale. Conseguentemente deve ritenersi dimostrato che sul predetto “hard disk” siano contenuti dati rilevanti in ordine alla gestione del “data base” di cui trattasi (modalità di gestione su cui si fondano tutti gli addebiti) e del tutto correttamente la PG prima e il P.M. successivamente hanno apposto un vincolo reale sull’ ”hard disk” di cui trattasi in modo da preservare il bene e consentire un utile esame dei dati rilevanti da parte di persona esperta e, quindi, in ultima analisi attraverso perizia dibattimentale sul medesimo, i cui esiti fruttuosi risultano quindi collegati proprio all’adozione dell’impugnato sequestro probatorio. Né spetta certo alla difesa stabilire quali dati e quali “files” debbano essere esaminati posto che la stessa ha diritto e interesse a sollecitare nuove indagini, ma certo non ha un interesse tutelato alla parzialità degli accertamenti che la stessa ha sollecitato. Del tutto correttamente e legittimamente quindi il P.M. ha proceduto a convalidare il sequestro di cui trattasi con motivazione congrua in ordine alle ragioni che legittimavano il suo intervento, per nulla generico od esplorativo, ma specificamente orientato ad assicurare i mezzi di prova in ordine ai reati per cui stava procedendo in sede di nuove indagini sollecitate sul punto dalla stessa difesa che, va ribadito, ha proprio indicato la necessità di una consulenza tecnica, circostanza che denota l’utilità probatoria del sequestro, così come del resto indicato dallo stesso P.M.. Il fatto, poi, che nel frattempo siano scaduti i termini prorogati per le nuove indagini, non priva di rilievo il sequestro. In primo luogo, infatti, detta deduzione riguarderebbe comunque profili diversi da quelli della legittimità genetica del provvedimento, unico profilo invece, quello della legittimità genetica, a dover essere valutato in sede di riesame, risultando invece devolvibili con la diversa procedura di restituzione ex artt. 262 ss c.p.p. le questioni sopravvenute che possano giustificare una successiva restituzione del bene originariamente appreso in modo legittimo (Cass. Sez. III 18.9.2003 n. 39714 Hartl RV 226345; Cass, sez. VI 10.1.1995 n. 16 Frati RV 200888). In secondo luogo l’esigenza probatoria permane in ogni caso e a maggior ragione in relazione all’esigenza di garantire l’eventuale futura perizia dibattimentale sul bene. Nessuna equivocità può poi ravvisarsi in ordine all’oggetto del sequestro, espressamente individuato nell’ ”hard disk” dalla PG operante e come tale menzionato nello stesso provvedimento impugnato e già sopra ricordato (“trattandosi di hard disk di un personal computer in uso alla B…”), non potendosi confondere la corretta individuazione dell’oggetto del sequestro con l’esposizione degli argomenti in ordine all’utilità probatoria e concernente quindi l’esigenza di accertare, attraverso esperti informatici, tutti i dati rilevanti relativi alla gestione del “data base”della “newsletter” di cui si tratta. Nessuna contestazione risulta poi sviluppata in ordine alla sussistenza del “fumus commissi delicti”, da intendersi come congruità degli elementi indicati ad essere sussunti nella fattispecie astratta di reato contestata e non come censura in fatto che comporterebbe una sorta di processo nel processo che il legislatore ha inteso escludere nel procedimento del riesame ex art. 324 c.p.p.. Come è noto, infatti, la Cassazione a Sezioni Unite ha stabilito che il Tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza però non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente prendere atto della tesi accusatoria senza svolgere alcuna attività ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete perciò il potere dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L’accertamento del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali situazioni processuali, ma che vanno valutati così come esposti al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto il Tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro•. Orbene sotto questo profilo il P.M. risulta aver congruamente esposto le circostanze di fatto, come già visto pienamente sussumibili nelle fattispecie contestate, dandosi conto in atti di una querela abbondantemente documentata e come tale idonea a sostenere il “fumus”, allo stato non smentito da ulteriori emergenze investigative. Il fatto poi che la difesa degli imputati abbia sollecitato approfondimenti anche mediante valutazioni di esperti informatici sulla gestione dei “data base” non esclude certo il “fumus” ma dimostra invece l’esigenza di accertamenti istruttori volti a verificare censure in fatto, ciò che appunto rende doverosa l’adozione del sequestro ed evidenzia la sua utilità probatoria. Il provvedimento impugnato risulta quindi adottato in presenza di tutti i presupposti (“fumus”, nesso pertinenziale e utilità probatoria) del sequestro e risulta congruamente motivato al riguardo. Sulla scorta di tutte le precedenti considerazioni deve pertanto confermarsi l’impugnato decreto. Alla decisione del Tribunale consegue la condanna dell’istante al pagamento delle spese del procedimento. PQM Conferma l’impugnato provvedimento. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Manda alla cancelleria per gli adempimenti e comunicazioni di rito. Milano, 11.3.2005 Il Giudice est. Il Presidente

 
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