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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza 20 dicembre 2007 (dep. 07 gennaio 2008), n. 231

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Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza 20 dicembre 2007 (dep. 07 gennaio 2008), n. 231
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Procedimenti ex art. 324 c.p.p.: il riesame può proporsi anche con telegramma o raccomandata ex art. 583 c.p.p. (conforme: Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza 20 dicembre 2007, dep. 07 gennaio 2008, n. 230)

Fatto

1. Il giorno 1° febbraio 2007, personale appartenente alla Digos della Questura di Varese procedeva, ex art. 352 c.p.p., alla perquisizione dell'immobile di proprietà di I.T., sorpreso a vendere gasolio sulla pubblica via. All'esito della perquisizione, gli operanti sottoponevano a sequestro probatorio numerose taniche, cinque delle quali contenenti benzina, tredici contenenti gasolio, e altre ancora, in numero di quarantasette, vuote. Con decreto del 3 febbraio 2007, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese convalidava il sequestro, a norma dell'art. 355 c.p.p., ritenendo configurabili i reati di cui agli artt. 624, 625, 678, 679 c.p. Il decreto veniva notificato all'indagato in data 12 febbraio 2007 In data 22 febbraio 2007, l'avv. F.B., che nel frattempo era stato nominato difensore dal T., inoltrava per posta raccomandata richiesta di riesame avverso il suddetto decreto del pubblico ministero. Il plico perveniva al Tribunale di Varese in data 24 febbraio 2007. Nella richiesta, sottoscritta dall'avv. B., si chiedeva l'annullamento del decreto di convalida del sequestro e la restituzione delle cose sequestrate al T.. Con decreto in data 26 febbraio 2007, il pubblico ministero disponeva la restituzione a E.V., datore di lavoro del T., della benzina e del gasolio in sequestro, mantenendo il vincolo solo sulle taniche vuote.

2. Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Varese, in funzione di giudice del riesame ex art. 324 c.p.p. in relazione all'art. 355 comma 3 c.p.p., dichiarava inammissibile la richiesta di riesame, in quanto "depositata solo il 24/2/07, quindi oltre il termine di dieci giorni fissato dagli arte. 355-324 c.p.p." e, relativamente al carburante, per sopravvenuta carenza di interesse stante l'intervenuto dissequestro, e condannava il T. al pagamento delle spese del procedimento.

3. Ha proposto ricorso per cassazione l'indagato, a mezzo dell'avv. F.B., il quale, premessa una puntualizzazione cronologica dell'iter della procedura relativa al sequestro e alla impugnativa davanti al tribunale del riesame, denuncia la violazione degli artt. 324, 582 e 583 c.p.p.,, osservando che, come chiarito dalla Sezioni unite con la sentenza in data 11 maggio 1993, ric. Esposito Mocerino, seguita da conforme giurisprudenza, deve considerarsi rituale la formalità della spedizione della richiesta di riesame a mezzo posta, sicché erroneamente il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la richiesta. A detto motivo di ricorso, fanno poi seguito, con la precisazione che vengono fatte "per mero scrupolo", ulteriori doglianze, con le quali si evidenziano: l'assoluta mancanza di motivazione del decreto di convalida del sequestro, in particolare circa il nesso di pertinenza tra le cose e i reati ipotizzati; la non configurabilità delle fattispecie criminose; la carente indicazione delle esigenze di cautela o di urgenza; la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'indagato. Il ricorrente conclusivamente ha chiesto in via principale l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata e conseguentemente del decreto di convalida del sequestro; e, in via subordinata, l'annullamento con rinvio della medesima ordinanza.

4. La Quinta Sezione della Corte di cassazione, cui il ricorso era stato assegnato, con ordinanza resa alla Camera di consiglio del 18 settembre 2007, rilevato un contrasto di giurisprudenza circa la ritualità della proposizione a mezzo posta della richiesta di riesame in tema di provvedimenti di sequestro, ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, a norma dell'art. 618 c p p.

 In particolare nella ordinanza si osserva che pur dopo la sentenza delle Sezioni unite in data 11 maggio 1993, ric. Esposito Mocerino, con la quale era stato affermato che la richiesta di riesame ai sensi vuoi dell'art. 309 vuoi dell'art. 324 c.p.p. poteva essere proposta anche mediante telegramma o con atto trasmesso a mezzo di raccomandata, a norma dell'art. 583 c.p.p., alcune decisioni delle singole sezioni avevano mantenuto la linea interpretativa secondo cui il richiamo fatto dagli artt. 309 comma 4 e 324 comma 2 c.p.p. alle forme dell'art. 582 c.p.p., e non anche a quelle di cui all'art. 583 c.p.p., rendeva inammissibile una richiesta di riesame proposta con l'uso del mezzo postale; e che tale indirizzo dissenziente si è poi consolidato, con riguardo alle sole richieste di riesame avverso provvedimenti di sequestro, dopo che la legge 8 agosto 1995, n. 332, mentre aveva inserito nell'art. 309 comma 4 il richiamo anche alle forme dell'art. 583 c.p.p., aveva lasciato inalterato nell'art. 324 comma 2 c.p.p. il solo richiamo alle forme dell'art. 582 c.p.p. A tale restrittivo indirizzo, si osserva ancora nella ordinanza, continua però ad contrapporsi quello in linea con le indicazioni ermeneutiche segnate dalla sentenza Esposito Mocerino, la cui validità non poteva ritenersi essere intaccata dalle novità recate dalla legge n. 332 del 1995; ed è appunto su questa linea interpretativa che espressamente afferma di collocarsi il Collegio rimettente, richiamando le argomentazioni rese dalle Sezioni unite. Si è peraltro ritenuto che, perdurando e anzi precisandosi su altre basi normative il contrasto, fosse doveroso rimetterne la risoluzione alle Sezioni unite.

5. Nell'imminenza della udienza ha depositato memoria l'avv. B., che insiste per l'accoglimento del ricorso, tra l'altro evidenziando che, come si ricava dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalente, sussiste una omogeneità di disciplina tra misure cautelari reali e personali quanto al regime della impugnazione, sicché anche per le prime deve ritenersi ammissibile la spedizione dell'atto di riesame a mezzo di raccomandata, non ostandovi, in mancanza di una ratio differenziatrice, la riformulazione del solo comma 4 dell'art. 309 c.p.p. ad opera della legge n. 332 del 1995. Inoltre si sostiene che l'interesse al ricorso permane, anche in relazione a quanto previsto dall'art. 405 comma 1-bis c.p.p., pur dopo la sopravvenuta "perdita di efficacia della misura" (recte, del provvedimento di sequestro).


Diritto


1. La questione di diritto implicata dal ricorso, a prescindere dalle particolarità della fattispecie concreta, è riassumibile nel seguente quesito: "se la richiesta di riesame del provvedimento che dispone o convalida un sequestro sia validamente proposta, ai sensi dell'art. 583 c.p.p., anche mediante telegramma o con trasmissione dell'atto a mezzo di posta raccomandata alla cancelleria del tribunale competente a norma dell'art. 324 comma 5 c.p.p."o

2. Al quesito deve essere data risposta affermativa.

3. Nella versione originaria del codice di rito, ai fini della presentazione delle richieste di riesame di misure cautelari personali o di provvedimenti di sequestro (non solo cautelari ma anche probatori), si rimandava alle "forme previste dall'articolo 582" (artt. 309 comma 4 e 324 comma 2).

L'art. 582 c.p.p. disciplina, in via generale, le formalità della presentazione dell'atto di impugnazione, prevedendo, tra l'altro, che esso debba essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Questa ultima specificazione è però espressamente derogata per le richieste di riesame, che si presentano nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento, se si tratta di richieste avverso provvedimenti di sequestro (art. 324 comma 5) o in quella del tribunale "distrettuale", se si tratta di richieste avverso provvedimenti di coercizione personale (art. 309 comma 7, come novellato dalla legge 8 agosto 1995, n. 332). Il mancato rinvio da parte degli artt. 309 e 324 c.p.p. all'art. 583 c.p.p., che prevede, anch'esso in via generale, che le impugnazioni possano essere proposte con telegramma o con atto trasmesso a mezzo di raccomandata (comma 1), e che in tal caso l'impugnazione si considera proposta dalla data di spedizione della raccomandata o del telegramma (comma 2), aveva fatto sorgere un contrasto interpretativo nell'ambito della Corte di cassazione, con riferimento, in genere, alle richieste di riesame: in alcune decisioni si era affermato che l'esclusivo rinvio alle forme dell'art. 582 c.p.p. rendesse inammissibile la proposizione della richiesta a mezzo di telegramma o con l'invio dell'atto per posta raccomandata, dato che queste forme erano previste dall'art. 583, che però non era richiamato dagli artt. 309 e 324 c.p.p.; secondo un opposto orientamento, il rinvio esplicito all'art. 582 implicava quello, ad esso complementare, all'art. 583.

4. Le Sezioni unite, investite della risoluzione del contrasto, avevano, con la sentenza emessa alla c.c. dell'il maggio 1993, ric. Esposito Nocerino, condiviso l'orientamento estensivo, affermando che: la specificità della procedura di riesame, rispetto alla disciplina generale delle impugnazioni, attiene essenzialmente alla individuazione dell'ufficio giudiziario ove l'atto deve essere presentato (non quello che ha emesso il provvedimento impugnato ma quello competente a decidere), come aveva già puntualizzato Sez. un., c.c. 18 giugno 1991, D'Alfonso; non era decisivo il rinvio operato dagli artt. 309 coma 4 e 324 comma 2 al solo art. 582 c.p.p., sia perché questa disposizione certamente non esaurisce la disciplina sulle impugnazioni in tema di riesame, sia perché il rinvio richiamava le modalità ordinarie della "presentazione" dell'atto di impugnazione, ma non escludeva che questa potesse avvenire con le modalità complementari indicate dall'art. 583 c.p.p., che significativamente si riferisce alla "proposizione" dell'atto di impugnazione, e quindi a una modalità particolare della "presentazione" dell'atto; non vi erano ragioni, neanche attinenti alla esigenza di celerità, per le quali nella procedura di riesame la modalità di spedizione per posta dovesse essere impedita, considerato che ove l'atto sia depositato nella pretura (ora tribunale o giudice di pace) del luogo ove si trovano le parti o i difensori o davanti a un agente consolare all'estero, questi uffici devono poi provvedere a trasmetterlo, per posta, alla cancelleria del tribunale del riesame.

5. Tali argomentazioni, mentre vennero fatte proprie da Sez. c.c. 22 aprile 1994, Sabato, furono consapevolmente contrastate, isolatamente, da una precedente sentenza della medesima Sez. Il (c.c. 13 ottobre 1993, ric. Ascione), secondo cui il rinvio fatto dall'art. 309 comma 4 alle forme dell'art. 582 era talmente "preciso e inequivocabile" da non poter essere integrato, a pena di un arbitrario ampliamento della sua portata, in contrasto con i criteri generali dettati dall'art. 12 delle preleggi, con quello all'art. 583, sia pure al fine di emendare, in via interpretativa, una svista del legislatore. Per il vero, anche Sez. I, c.c. 17 maggio 1994, Guerrieri, continua ad affermare che l'art. 583 c.p.p. non trova applicazione nel procedimento di riesame (nella specie, avverso un sequestro preventivo), non facendo però alcun riferimento alla citata pronuncia delle Sezioni unite.

6. Con l'art. 16 comma 2 della legge 8 agosto 1995, n. 332 venne modificato il comma 4 dell'art. 309 c.p.p., prevedendosi che per la richiesta di riesame relativa alle misure coercitive "si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583". L'estensione del richiamo all'art. 583 c.p.p. ha reso dunque testualmente incontrovertibile che l'atto di riesame in materia di coercizione personale possa essere inviato per telegramma o a mezzo di raccomandata.

7. In epoca successiva a tale intervento legislativo, incidente solo sull'art. 309, parte della giurisprudenza di legittimità ha ritenuto tuttora validi gli approdi della citata sentenza delle Sezioni unite con riferimento anche alle richieste di riesame di provvedimenti di sequestro, essendosi osservato che non appariva interpretativamente corretto desumere dall'esplicita modifica dell'art. 309 una intenzione di segno opposto con riguardo alle richieste di riesame ex art. 324 (v. Sez. Il, c.c. 20 giugno 1997, Violante; Sez. V, c.c. 9 marzo 2006, Tavecchio).

8. Per contro, altra parte della giurisprudenza, che si compendia in due decisioni della Seconda sezione penale dal contenuto motivazionale identico (c.c. 16 ottobre 2003, Ferrigno; c.c. 31 ottobre 2003, De Gemini), basandosi esclusivamente sulla considerazione che la novella del 1995 non è intervenuta anche sul comma 2 dell'art. 324 c.p.p. - il quale, relativamente alle richieste di riesame di provvedimenti di sequestro, continua a mantenere il solo rinvio alle "forme previste dall'art. 582" -, ha ritenuto di individuare una intenzione differenziatrice del legislatore, razionalmente giustificabile sulla base delle diversità degli interessi in gioco e delle relative procedure, diretta a escludere l'ammissibilità della formalità della spedizione per telegramma o con posta raccomandata dell'atto di riesame dei provvedimenti di sequestro, a differenza di quanto stabilito per il riesame dei provvedimenti applicativi di misure personali coercitive. Questa linea interpretativa non è condivisibile.

9. Occorre partire dalla considerazione che con la giurisprudenza da ultimo richiamata non si contesta l'esattezza degli argomenti esposti nella sentenza delle Sezioni unite Esposito Mocerino, ma, come detto, si trae esclusivamente dalla novità normativa costituita dalla modifica dell'art. 309 comma 4 c.p.p. ad opera della legge n. 332 del 1995 la conseguenza che, non essendo il legislatore intervenuto parallelamente anche sull'art. 324, si sia inteso escludere, per le sole richieste di riesame avverso provvedimenti di sequestro, l'ammissibilità della proposizione della richiesta a mezzo di telegramma o di plico raccomandato, ex art. 583 c.p.p.

10. Trattandosi di individuare l'intenzione del legislatore, in un contesto interessato da contrasti giurisprudenziali e, insieme, da una produzione legislativa a un tempo caotica e frenetica, sarebbe inappagante fondarsi sul mero rilievo per cui nell'art. 309 la legge "disse" e nell'art. 324 "tacque", in applicazione di un'antica regola interpretativa che è adeguata a epoche di legislazione ideale.

10.1. Occorre dunque contestualizzare il senso di quell'intervento, se possibile facendo riferimento, in primo luogo, ai lavori preparatori e, più precisamente, all'intenzione espressa dal legislatore. Ora, va ricordato che/nel corso dei lavori della Commissione Giustizia della Camera, venne rilevato (seduta del 13 dicembre 1994, on. Marino) che la modifica del comma 4 dell'art. 309 era opportuna in presenza di un contrasto giurisprudenziale sulla proponibilità della richiesta di riesame (in genere) con le modalità dell'art. 583 c.p.p.; contrasto che all'epoca era ancora non risolto, posto che, come prima precisato, alla sentenza delle Sezioni unite non si era del tutto adeguata la giurisprudenza delle singole sezioni, tanto che la riferita sentenza pronunciata su ricorso Ascione aveva argomentatamente dichiarato di dissentirvi e a questa si era affiancata altra decisione (la citata sentenza su ricorso Guerrieri), pur se con apparente non consapevolezza della divergenza dal dictum delle Sezioni unite. Inoltre, non traspare alcuna indicazione dai lavori preparatori nel senso che vi fosse una concorrente volontà di differenziare, quanto a forme di presentazione, l'una e l'altra richiesta di riesame; tanto più, è il caso di rilevare, che l'intervento del legislatore del 1995 aveva come principale obiettivo quello di una rivisitazione della disciplina in materia di misure cautelari personali, sicché è ben immaginabile che fosse fuori della attenzione riformatrice la materia del riesame avverso provvedimenti di natura "reale".

10.2. In secondo luogo, va accertato se, oggettivamente, una differenziazione quanto a modalità di proposizione delle richieste di riesame in materia personale e reale possa essere razionalmente giustificata in base alle caratteristiche dei due rimedi. Nella citata sentenza della Sez. TI, ric. Ferrigno, che costituisce il modello dell'altra decisione che ne riproduce la motivazione, e che sostiene la non casualità della differenziata previsione normativa, si evidenziano le ragioni di una simile diversità di disciplina: 1. In materia di libertà personale può giustificarsi un peculiare favore per una maggiore gamma di forme di esercizio del diritto di impugnazione; 2. Il luogo, le cadenze e gli effetti dei due procedimenti di riesame sono non poco differenti; 3. Il ricorso per cassazione ha un ambito diverso a seconda che si verta in materia personale o reale. Ora, quanto al primo punto, va osservato che non si coglie alcuna ragione per escludere per le sole richieste di riesame in materia "reale" forme di presentazione che sono comuni indistintamente a ogni altra impugnazione penale, in base alla disciplina generale, applicabile alle più varie materie, che non distingue affatto tra natura degli interessi in gioco; quanto al secondo, che è irrilevante una diversità di effetti, di cadenze e di luogo di presentazione tra le due procedure, se non si colleghi razionalmente tale indiscutibile dato alla esigenza o anche solo alla opportunità di una diversità di forme di presentazione (ora più variegate, ora meno), esigenza che non solo non è stata messa in luce dalla giurisprudenza di cui si discute, né mai dalla dottrina, ma che non è nemmeno oggettivamente ipotizzabile; quanto al terzo, che la limitazione del ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 325 comma 1 c.p.p., al solo caso della "violazione di legge", a differenza di quanto previsto dall'art. 311 c.p.p., non ha evidentemente nulla a che vedere, sia dal punto di vista normativo sia da quello logico, con la disciplina delle formalità di proposizione della precedente impugnazione. L'unico dato di rilievo che potrebbe essere evocabile con riferimento al thema decidendum, in quanto potenzialmente interferente proprio con le modalità di presentazione della richiesta di riesame, è quello della oggettiva maggiore urgenza della decisione in materia di libertà personale, tenuto conto dei valori implicati. Ma proprio questo aspetto avrebbe potuto semmai far propendere il legislatore a escludere dalla materia regolata dall'art. 309 c.p.p., e non da quella dell'art. 324, forme di proposizione della richiesta meno affidabili circa la celerità della loro definizione. Scelta che invece non è stata adottata, non solo perché in via interpretativa ciò doveva ab origine essere ritenuto, stando alle puntuali osservazioni della citata sentenza delle Sezioni unite Esposito Mocerino, ma perché positivamente esclusa dalla ricordata novellazione dell'art. 309 comma 4 c.p.p. ad opera della legge n. 332 del 1995.

10.3. In terzo luogo, anche ove mai sussistessero dubbi interpretativi, occorrerebbe privilegiare il favor impugnationis (v. per il principio, tra le altre, Sez. un., c.c. 31 ottobre 2001, Bonaventura), tanto più che nel senso dell'ammissibilità del ricorso al mezzo postale ai fini della proposizione di atti di impugnazione si indirizzano esigenze di effettività della tutela giurisdizionale che attraversano le più diverse forme di contenzioso, come testimoniato anche dalla giurisprudenza costituzionale (v. sent. n. 98 del 2004, in tema di opposizione a ordinanza-ingiunzione; sent. n. 520 del 2002, in tema di ricorso alla commissione tributaria). Una limitazione delle modalità di presentazione della richiesta di riesame per i soli provvedimenti di sequestro parrebbe anzi sacrificare irragionevolmente le esigenze di tutela giurisdizionale, sol che si consideri che tale genere di provvedimenti sono idonei a incidere sulla posizione soggettiva non solo della persona sottosta a indagini ma anche di quella di ogni altro interessato (v. art. 324 comma 1 c.p.p.).

11. Va dunque affermato il seguente principio di diritto: "La richiesta di riesame del provvedimento che dispone o convalida un sequestro è validamente proposta, ai sensi dell'art. 583 c.p.p., anche con telegramma o con trasmissione dell'atto a mezzo di raccomandata alla cancelleria del tribunale competente a norma dell'art. 324 comma 5 c.p.p.".

12. Occorre peraltro considerare che, successivamente alla proposizione del ricorso, in data 19 dicembre 2007, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Varese ha disposto la restituzione delle taniche sequestrate agli aventi diritto Ivan Tonelli e Daniele Antonio Maran. Tale provvedimento priva dunque di interesse concreto la impugnazione, con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
 
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