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Con la sentenza della Grande Sezione del 23 ottobre 2007 (C-440/05. Commissione/Consiglio (pubblicata in calce), la Corte di Giustizia delle Comunità europee torna ad affrontare il tema del conflitto dell’attribuzione di competenze, fra Unione europea e Comunità europea, in materia penale: l’oggetto del giudizio è costituito dalla decisione quadro del 12 luglio 2005, n. 2005/667/GAI con cui il Consiglio, a completamento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2005/35/CE, ha imposto agli Stati membri l’obbligo di prevedere determinate sanzioni penali per i reati contro l’ambiente derivanti dall’inosservanza di norme comunitarie in materia di sicurezza marittima.
La Commissione aveva adito la Corte chiedendo l’annullamento della decisione quadro per violazione dell’art. 47 T.UE, in quanto basata su un fondamento normativo inappropriato.
Secondo la Commissione, la Comunità avrebbe una competenza implicita connessa ad un fondamento normativo specifico (da individuarsi in base allo scopo e al contenuto dell’atto da adottare: v. CGCE 13 settembre 2005, C-176/03 in Diritto penale e processo, 2005, 1312), laddove il ricorso al diritto penale serva a garantire la piena efficacia della politica comunitaria.
In ragione del loro contenuto, del loro scopo e della necessità di attuare il dispositivo della direttiva 2005/35/CE, le misure di cui alla decisione quadro ricadrebbero, secondo la Commissione, nell’ambito di quella competenza che l’art. 80, n. 2, T.CE attribuisce alla Comunità europea.
Il giudizio della Corte prende le mosse dall’affermazione che la politica comune dei trasporti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 70 e 80, n. 1, T.CE, si annovera tra i fondamenti della Comunità (v. CGCE, 28 novembre 1978, C-97/78, Schumalla, in Raccolta, 1978, 2311, 4).
La Corte, rileva come l’art. 80, n. 2, Trattato CE, attribuisca al Consiglio la facoltà di decidere se, in quale misura e con quale procedura possano essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima (v. CGCE 17 maggio 1994, causa C-18/93, Corsica Ferries, ivi, 1993, 1783, 25): tuttavia, prosegue la Corte, tale facoltà non esclude affatto l’applicazione del T.CE ai trasporti marittimi (v. CGCE 7 giugno 2007, C-178/05, Commissione c. Grecia, ivi, 2007, 0000, 52), né vi è alcuna limitazione in ordine alla natura delle disposizioni comuni particolari che il Consiglio può adottare su tale fondamento. Il legislatore comunitario, infatti, è competente a predisporre “le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti” (cfr. CGCE 9 settembre 2004, C-184/02 e C-223/02 riunite, Spagna e Finlandia c. Parlamento e Consiglio, ivi, 2004, 7789, 28, in tema di trasporto su strada), nonché “ogni altra utile disposizione” in materia di navigazione marittima.
La Corte richiama, quindi, la propria costante giurisprudenza (CGCE 11 giugno 1991, C-300/89, Commissione c. Consiglio, detta “Biossido di titanio”, ivi, 1991, 2867, 10; CGCE 19 settembre 2002, C-336/00, Huber, ivi, 2002, 7699, 30; CGCE 13 settembre 2005, C-176/03, cit.) per ricordare che la scelta del fondamento normativo di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali lo scopo ed il contenuto dell’atto stesso.
Nel caso di specie, osserva la Corte, scopo della decisione quadro, secondo il suo stesso preambolo, è il miglioramento della sicurezza marittima ed il rafforzamento della tutela dell’ambiente marino contro l’inquinamento provocato dalle navi. Quanto al contenuto, esso è da ravvisarsi, da una parte, nell’obbligo per gli Stati membri di prevedere sanzioni penali per le persone giuridiche o fisiche che abbiano commesso, istigato a commettere o concorso ad un reato di cui agli artt. 4 e 5 della direttiva 2005/35/CE e, dall’altra, nella determinazione del livello e dei tipi di sanzioni penali applicabili.
Sostiene, poi, la Corte che, sebbene, in via di principio, la legislazione penale e quella processuale penale non rientrino nella competenza della Comunità (v. CGCE 11 novembre 1981, C-203/80, Casati, in Raccolta, 1981, 2595, 27; 16 giugno 1998, C-226/97, Lemmens, in Diritto penale e processo, 1998, 9, 1098, con ulteriori indicazioni; CGCE 13 settembre 2005, C-176/03, cit.), è pur vero che il legislatore comunitario può imporre agli Stati membri l’obbligo di introdurre sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive per garantire la piena efficacia delle norme che emana a tutela dell’ambiente, quando ciò sia misura indispensabile per combattere gravi danni ambientali. A tal proposito, la Corte rileva come dalla lettura dei diversi “considerando” della direttiva e della decisione quadro emerga chiaramente che il Consiglio stesso ha ritenuto tali sanzioni necessarie ad assicurare il rispetto della normativa comunitaria in materia.
Tuttavia la Corte limita con un’affermazione del tutto nuova la portata della riconosciuta competenza penale della Comunità. Secondo la Corte, infatti, “per quanto riguarda invece la determinazione del tipo e del livello delle sanzioni penali applicabili, occorre evidenziare che questa non rientra nella competenza della Comunità, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione” (punto 70 in motivazione).
La Corte non motiva in alcun modo l’assunto. Ha preferito l’opinione forse prevalente tra quelle portate alla sua attenzione nel corso del procedimento. Nel corso del procedimento, il Parlamento Europeo aveva sostenuto, contro l’opinione del Consiglio, la competenza della Comunità anche in punto di sanzioni. Gli Stati membri intervenuti avevano condiviso sostanzialmente il ragionamento del Consiglio, affermando che la competenza implicita della Comunità a stabilire sanzioni penali – quale definita dalla Corte nella causa C‑176/03 – ha carattere eccezionale, dev’essere interpretata restrittivamente, è limitata alle misure che risultino «necessarie» o (assolutamente) «indispensabili» per contrastare gravi reati ambientali, non si estenderebbe oltre il settore della tutela dell’ambiente a un’altra politica comune, quale la politica dei trasporti in discussione, e in ogni caso ne è esclusa l’armonizzazione del tipo e del livello delle sanzioni penali. L’Avvocato Generale Jan Mazak, che pure si è espresso negativamente in ordine alla competenza in materia di pene, nelle sue conclusioni si sofferma ampiamente sulla questione: “103. Passando alla questione se, in tale contesto, la Comunità possa stabilire il tipo e il livello delle sanzioni applicabili (la «profondità» della competenza), concordo con l’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer [conclusioni in causa C‑176/03, cit., paragrafi 83-87] che il legislatore comunitario può obbligare gli Stati membri a stabilire sanzioni penali e prescrivere che tali sanzioni siano efficaci, proporzionate e dissuasive, ma, a parte questo, non può stabilire con precisione le sanzioni da comminare. - 104. Si deve ricordare che, in tale contesto, la questione non riguarda un eventuale potere della Comunità di comminare essa stessa sanzioni penali, quanto il potere di obbligare gli Stati membri a qualificare come reati penali, nei rispettivi ordinamenti penali, alcune forme di comportamento, come strumento per preservare l’ordinamento giuridico comunitario. È quindi evidente che ciò solleva questioni concernenti non solo la coerenza interna del diritto penale dell’Unione, che la Commissione ha esaminato correttamente nella comunicazione relativa alla sentenza nella causa C‑176/03, ma anche la coerenza di ogni sistema penale nazionale. - 105. Dagli argomenti dedotti in proposito dai governi intervenienti emerge che gli Stati membri, in generale, hanno idee diverse già sulla funzione e sullo scopo del diritto penale in quanto strumento per l’attuazione del diritto. A livello più pratico, tali disparità di vedute si rispecchiano nelle divergenze tra i sistemi penali nazionali per quanto riguarda il livello generale delle sanzioni, la ponderazione tra le varie forme di condanne e, ovviamente, il tipo e il livello delle sanzioni previste per determinati reati. Ogni codice penale è espressione di una particolare classificazione degli interessi giuridici che esso mira a tutelare (la proprietà, la persona, l’ambiente e così via) e le sanzioni variano in base a tale classificazione. - 106. Pertanto, il fatto che il legislatore comunitario stabilisca il tipo e il livello delle sanzioni da comminare – in virtù di una competenza accessoria alle specifiche competenze previste dal Trattato e che consente, a livello settoriale, (solo) un’armonizzazione parziale delle legislazioni penali nazionali – potrebbe determinare una frammentazione e compromettere la coerenza dei sistemi penali nazionali. - 107. Inoltre, la gravità di una sanzione penale, la sua efficacia e il suo effetto dissuasivo non possono essere considerati disgiuntamente dalle altre sanzioni penali previste dal diritto nazionale e dal modo in cui le sanzioni vengono utilizzate in un determinato Stato membro come strumento di attuazione del diritto. Come ha osservato in proposito il governo del Regno Unito, un determinato livello di ammenda può inviare messaggi molto diversi in Stati membri diversi sulla gravità del reato in questione. - 108. Ritengo pertanto, e conformemente al principio di sussidiarietà, che gli Stati membri, di regola, si trovino in una posizione migliore rispetto alla Comunità per «tradurre» la nozione di «sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive» nei rispettivi sistemi giuridici e contesti sociali. - 109. La sentenza nella causa C‑176/03 non contraddice questa tesi. Anzi, l’osservazione della Corte secondo cui le disposizioni della decisione quadro annullata «lasciano tuttavia agli Stati membri la scelta delle sanzioni penali applicabili, le quali devono comunque essere, conformemente all’art. 5, n. 1, della stessa decisione, effettive, proporzionate e dissuasive» rispecchia la posizione dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, il quale ha affermato che la Comunità non è autorizzata a spingersi oltre l’imposizione agli Stati membri dell’obbligo di prevedere determinati reati e assoggettarli a sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive [paragrafi 83-85 conclusioni cit.]. Inoltre, tale delimitazione delle rispettive competenze della Comunità e degli Stati membri è conforme alla giurisprudenza precedente alla sentenza nella causa C‑176/03 [Sentenza 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia, cit.; sentenza 8 luglio 1999, causa C‑186/98, in Raccolta, 1999, 4883, punto 12]. - 110. È vero che, a differenza dell’avvocato generale, la Corte non ha specificamente esaminato la disposizione dell’art. 5, n. 1, della decisione quadro annullata, secondo cui i comportamenti più gravi avrebbero dovuto essere sanzionati con pene privative della libertà, che avrebbero potuto comportare l’estradizione, e non ha espressamente dichiarato che tale disposizione (concernente il tipo di sanzione) non avrebbe potuto essere adottata in base al primo pilastro. Sarebbe erroneo, tuttavia, dedurne che una norma relativa al tipo di sanzione possa essere effettivamente adottata su tale base. L’osservazione della Corte secondo cui il fondamento normativo adeguato su cui adottare la decisione quadro, che essa riteneva indivisibile, sarebbe stato l’art. 175 CE – in quanto stabiliva che determinati comportamenti particolarmente dannosi per l’ambiente andavano perseguiti penalmente – implicava già che la decisione quadro dovesse essere annullata, e quest’ultima non è stata ulteriormente esaminata in quanto non era necessario. - 111. La delimitazione delle competenze così delineata, secondo cui la Comunità può pretendere che vengano comminate sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive ma deve lasciare agli Stati membri la scelta del tipo e del livello, presenta anche il vantaggio della chiarezza. Dubito che sarebbe possibile un’ulteriore distinzione in base al grado di precisione con cui la Comunità può determinare le sanzioni . - 112. Riassumendo, si può affermare che, conformemente alla sentenza nella causa C‑176/03, per come la interpreto io, il legislatore comunitario può, ogniqualvolta occorrano provvedimenti penali per garantire la piena effettività del diritto comunitario e tali provvedimenti siano indispensabili per contrastare gravi violazioni in un determinato settore, obbligare gli Stati membri a perseguire penalmente taluni comportamenti e ad adottare al riguardo sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. - 113. Tale competenza consente alla Commissione di avvalersi, entro i limiti delle competenze e dei settori politici rientranti nelle sue attribuzioni, dell’intera gamma delle misure giuridiche di esecuzione allo scopo di preservare il suo ordinamento giuridico. La suddetta competenza costituisce quindi un fattore importante del progresso del diritto comunitario verso, per così dire, una lex perfecta. Al contempo, l’esistenza di tale competenza non rimette in discussione la regola generale secondo cui il diritto penale e le norme di diritto penale rientrano nella competenza degli Stati membri, e tale competenza – dato che lascia agli Stati membri la scelta delle sanzioni penali applicabili – non interferisce assolutamente con i sistemi penali nazionali in misura tale da poterne inammissibilmente compromettere la coerenza”.
La Corte conclude affermando che le norme della decisione quadro che impongono agli Stati membri l’obbligo di sanzionare penalmente determinati comportamenti – in ragione del loro scopo e del loro contenuto – avrebbero dovuto essere adottate con gli strumenti normativi previsti dal T.CE; le disposizioni che determinano il tipo e del livello delle sanzioni applicabili – pur adottabili con una decisione quadro – essendo inscindibilmente legate alle prime, non possono che seguire, nel giudizio della Corte, la sorte delle norme che individuano i comportamenti da sanzionare.
In ragione quindi del ricorso ad una decisione quadro per disciplinare una materia riservate al legislatore (ed al metodo) comunitario, la Corte ha annullato la decisione quadro del Consiglio 12 luglio 2005, 2005/667/GAI, intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell’inquinamento provocato dalle navi.
avv. prof. Silvio Riondato - professore associato di diritto penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Padova – dicembre 2007
(riproduzione riservata)
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
«Ricorso di annullamento – Artt. 31, n. 1, lett. e), UE, 34 UE e 47 UE – Decisione quadro 2005/667/GAI – Repressione dell’inquinamento provocato dalle navi – Sanzioni penali – Competenza della Comunità – Fondamento normativo – Art. 80, n. 2, CE»
Nella causa C‑440/05,
avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 35, n. 6, UE, proposto l’8 dicembre 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. W. Bogensberger e R. Troosters, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
sostenuta da:
Parlamento europeo, rappresentato dalla sig.ra M. Gómez-Leal, dai sigg. J. Rodrigues e A. Auersperger Matiã, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
interveniente,
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai sigg. J.-C. Piris e J. Schutte, nonché dalla sig.ra K. Michoel, in qualità di agenti,
convenuto,
sostenuto da:
Regno del Belgio, rappresentato dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente;
Repubblica ceca, rappresentata dal sig. T. Boèek, in qualità di agente;
Regno di Danimarca, rappresentato dal sig. J. Molde, in qualità di agente;
Repubblica di Estonia, rappresentata dal sig. L. Uibo, in qualità di agente;
Repubblica ellenica, rappresentata dalle sig.re S. Chala e A. Samoni-Rantou, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Repubblica francese, rappresentata dalla sig.ra E. Belliard, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra S. Gasri, in qualità di agenti;
Irlanda, rappresentata dai sigg. D. O’Hagan e E. Fitzsimons, nonché dalla sig.ra N. Hyland, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Repubblica di Lettonia, rappresentata dalla sig.ra E. Balode-Buraka e dal sig. E. Broks, in qualità di agenti;
Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriauèiûnas, in qualità di agente;
Repubblica di Ungheria, rappresentata dal sig. P. Gottfried, in qualità di agente;
Repubblica di Malta, rappresentata dal sig. S. Camilleri, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Grech, Deputy Attorney General;
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;
Repubblica d'Austria, rappresentata dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Repubblica di Polonia, rappresentata dalla sig.ra E. Oúniecka-Tamecka, in qualità di agente;
Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra M.L. Duarte, in qualità di agenti;
Repubblica slovacca, rappresentata dal sig. R. Procházka, in qualità di agente;
Repubblica di Finlandia, rappresentata dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Regno di Svezia, rappresentato dalla sig.ra K. Wistrand, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalle sigg.re E. O’Neill e D.J. Rhee, nonché dal sig. D. Anderson, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
intervenienti,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e A. Tizzano, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, M. Ilešiè, J. Malenovský, T. von Danwitz e A. Arabadjiev, e dalla sig.ra C. Toader, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 28 giugno 2007,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di annullare la decisione quadro del Consiglio 12 luglio 2005, 2005/667/GAI, intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell'inquinamento provocato dalle navi (GU L 255, pag. 164).
Contesto normativo e fatti
2 Il 12 luglio 2005 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, su iniziativa della Commissione, la decisione quadro 2005/667.
3 Fondata sul titolo VI del Trattato UE, in particolare sugli artt. 31, n. 1, lett. e), UE e 34, n. 2, lett. b), UE, la decisione quadro 2005/667 costituisce, come emerge dai suoi primi cinque ‘considerando’, lo strumento con cui l’Unione europea intende procedere al ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale obbligando questi ultimi a comminare sanzioni penali comuni al fine di lottare contro l'inquinamento provocato dalle navi, in modo intenzionale o per negligenza grave.
4 Tale decisione quadro completa la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/35/CE, relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni (GU L 255, pag. 11), allo scopo di rafforzare la sicurezza marittima mediante il ravvicinamento delle normative degli Stati membri.
5 La decisione quadro di cui trattasi prevede l’adozione da parte degli Stati membri di una serie di provvedimenti correlati al diritto penale al fine di raggiungere l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2005/35, ossia garantire un elevato livello di sicurezza e di protezione dell’ambiente nel trasporto marittimo.
6 L’art. 1 della decisione quadro 2005/667 così dispone:
«Ai fini della presente decisione quadro si applicano le definizioni di cui all'articolo 2 della direttiva 2005/35/CE».
7 L’art. 2 di tale decisione quadro prevede quanto segue:
«1. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, della presente decisione quadro, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché un'infrazione ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2005/35/CE sia considerata un reato penale.
2. Il paragrafo 1 non si applica a membri dell'equipaggio per quanto riguarda infrazioni che avvengono negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale, nelle zone economiche esclusive e in alto mare, qualora siano soddisfatte le condizioni fissate nell'allegato I, regola 11, lettera b), o nell'allegato II, regola 6, lettera b), della convenzione MARPOL 73/78».
8 L’art. 3 della medesima decisione quadro recita:
«Ciascuno Stato membro, in conformità con il diritto nazionale, adotta le misure necessarie a fare sì che il favoreggiamento, la complicità o l'istigazione nella commissione di un reato di cui all'articolo 2 siano punibili».
9 L’art. 4 della decisione quadro 2005/667 è formulato nei seguenti termini :
«1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli 2 e 3 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono, almeno per i casi gravi, sanzioni penali privative della libertà di durata massima compresa tra almeno uno e tre anni.
2. In casi di minore gravità, in cui l'atto commesso non produce danni alla qualità dell'acqua, uno Stato membro può prevedere sanzioni di natura diversa da quelle stabilite al paragrafo 1.
3. Le sanzioni penali di cui al paragrafo 1 possono essere corredate di altre sanzioni o misure, in particolare sanzioni pecuniarie o, per una persona fisica, il divieto di esercitare un'attività che richiede un'autorizzazione o approvazione ufficiale o di fondare, gestire o dirigere una società o una fondazione, allorché i fatti che hanno condotto alla sua condanna inducano a temere che possa essere nuovamente intrapresa un'iniziativa criminale analoga.
4. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il reato di cui all'articolo 2, se commesso deliberatamente, sia punibile con una pena detentiva della durata massima compresa tra almeno cinque e dieci anni, qualora il reato abbia causato danni significativi ed estesi alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste e la morte o lesioni gravi a persone.
5. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il reato commesso deliberatamente di cui all'articolo 2 sia punibile con una pena detentiva della durata massima compresa tra almeno due e cinque anni nei seguenti casi:
a) il reato ha causato danni significativi ed estesi alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste; oppure
b) il reato è stato commesso nell'ambito delle attività di un'organizzazione criminale ai sensi dell'azione comune 98/733/GAI del Consiglio, del 21 dicembre 1998, relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea [GU L 351, pag. 1], a prescindere dal livello delle sanzioni previsto in tale azione comune.
6. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il reato di cui all'articolo 2, se commesso per grave negligenza, sia punibile con una pena detentiva della durata massima compresa tra almeno due e cinque anni, qualora il reato abbia causato danni significativi ed estesi alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste e la morte o lesioni gravi a persone.
7. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il reato di cui all'articolo 2, se commesso per grave negligenza, sia punibile con una pena detentiva della durata massima compresa tra almeno uno e tre anni, qualora il reato abbia causato danni significativi ed estesi alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste.
8. Per quanto riguarda le pene detentive, il presente articolo si applica fatto salvo il diritto internazionale e in particolare l'articolo 230 della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare».
10 Ai sensi dell’art. 5 della decisione quadro 2005/667:
«1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei reati di cui agli articoli 2 e 3 commessi a loro vantaggio da persone che agiscano a titolo individuale o in quanto membri di un organismo della persona giuridica, che detengano una posizione preminente in seno alla persona giuridica, basata:
a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; o
b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
c) sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.
2. Oltre ai casi previsti al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili, qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di un soggetto tra quelli descritti al paragrafo 1 abbiano reso possibile la commissione, a vantaggio della persona giuridica, del reato di cui all'articolo 2 da parte di una persona sottoposta all'autorità di tale soggetto.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l'avvio di procedimenti penali contro le persone fisiche che abbiano commesso un reato di cui agli articoli 2 e 3, abbiano istigato qualcuno a commetterlo o vi abbiano concorso».
11 L’art. 6 della decisione quadro 2005/667 dispone:
«1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché alla persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, siano applicabili sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni:
a) includono sanzioni penali o non penali che, almeno per i casi in cui la persona giuridica è considerata responsabile dei reati di cui all'articolo 2, sono:
i) di un importo massimo compreso tra almeno 150 000 EUR e 300 000 EUR;
ii) di un importo massimo compreso tra almeno 750 000 EUR e 1 500 000 EUR nei casi più gravi, inclusi almeno i reati commessi intenzionalmente di cui all'articolo 4, paragrafi 4 e 5;
b) possono, per tutti i casi, comprendere altre sanzioni diverse dalle sanzioni pecuniarie, tra cui:
i) l’esclusione dal godimento di un beneficio o aiuto pubblico;
ii) il divieto temporaneo o permanente di esercitare un'attività commerciale;
iii) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
iv) un provvedimento giudiziario di liquidazione;
v) l’obbligo di adottare misure specifiche volte ad eliminare le conseguenze del reato che hanno dato luogo alla responsabilità della persona giuridica.
2. Ai fini dell'attuazione del paragrafo 1, lettera a), e fatta salva la prima frase del paragrafo 1, gli Stati membri in cui non è stato adottato l'euro applicano, tra l'euro e la loro moneta, il tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 12 luglio 2005.
3. Uno Stato membro può attuare il paragrafo 1, lettera a), applicando un sistema in base al quale la sanzione pecuniaria è proporzionata alla cifra d'affari della persona giuridica, al vantaggio finanziario ottenuto o sperato tramite la commissione del reato o a qualsiasi altro valore connesso alla situazione finanziaria della persona giuridica, purché tale sistema consenta di irrogare sanzioni massime che siano almeno equivalenti agli importi minimi per le sanzioni massime previsti nel paragrafo 1, lettera a).
4. Uno Stato membro che attui la decisione quadro conformemente al paragrafo 3 notifica al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione che intende farlo.
5. Ciascuno Stato membro adotta i provvedimenti necessari affinché alla persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, siano applicabili sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive».
12 L’art. 7, n. 1, della decisione quadro 2005/667 prevede le caratteristiche di fatto dei reati per i quali gli Stati membri devono, nella misura loro consentita dal diritto internazionale, adottare le misure necessarie per stabilire la loro competenza.
13 Ai sensi dell’art. 7, n. 4, di tale decisione quadro, quando un reato rientra nella giurisdizione di più di uno Stato membro, gli Stati membri interessati si adoperano in modo da coordinare adeguatamente le loro azioni, specialmente riguardo ai termini dell’azione penale e alle modalità di mutua assistenza. L’art. 7, n. 5, di detta decisione quadro prevede elementi di collegamento che devono essere presi in considerazione a tale riguardo.
14 L’art. 8 della decisione quadro 2005/667 così dispone:
«1. Lo Stato membro che è a conoscenza di un reato cui si applica l'articolo 2 o del rischio che sia commesso un tale reato che provoca o potrebbe provocare un inquinamento imminente, ne informa immediatamente gli altri Stati membri che potrebbero essere esposti ai danni di tale inquinamento, nonché la Commissione.
2. Lo Stato membro che è a conoscenza di un reato cui si applica l'articolo 2 o del rischio che sia commesso un tale reato che potrebbe rientrare nella competenza giurisdizionale di un altro Stato membro, ne informa immediatamente quest’ultimo.
3. Gli Stati membri notificano senza ritardo allo Stato di bandiera, o a qualsiasi altro Stato interessato, le misure adottate ai sensi della presente decisione quadro, ed in particolare dell'articolo 7».
15 A norma dell’art. 9 della decisione quadro 2005/667:
«1. Ciascuno Stato membro designa punti di contatto esistenti o, se necessario, ne istituisce dei nuovi, specialmente per lo scambio di informazioni, come precisato all'articolo 8.
2. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione quale o quali dei suoi servizi svolge o svolgono funzione di punto di contatto in conformità del paragrafo 1. La Commissione comunica tale informazione agli altri Stati membri».
16 Conformemente all’art. 10 della decisione quadro 2005/667, il campo d'applicazione territoriale di quest’ultima è quello della direttiva 2005/35.
17 L’art. 11 della decisione quadro 2005/667 prevede quanto segue :
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 12 gennaio 2007.
2. Entro il 12 gennaio 2007, gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla scorta di tali informazioni e di una relazione scritta redatta dalla Commissione, il Consiglio verifica entro il 12 gennaio 2009 in quale misura gli Stati membri abbiano adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro.
3. Entro il 12 gennaio 2012, la Commissione, sulla scorta delle informazioni fornite dagli Stati membri sull'applicazione pratica delle disposizioni attuative della presente decisione quadro, presenta al Consiglio una relazione e le eventuali proposte che ritiene opportune e che possono comprendere proposte intese a che gli Stati membri, in merito ai reati commessi nelle loro acque territoriali o nella zona economica esclusiva o in una zona equivalente, non considerino che navi battenti bandiera degli altri Stati membri siano navi straniere ai sensi dell'articolo 230 della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare».
18 Conformemente al suo art. 12, la decisione quadro 2005/667 è entrata in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
19 L’art. 1 della direttiva 2005/35 prevede quanto segue:
«1. Scopo della presente direttiva è quello di recepire nel diritto comunitario le norme internazionali in materia di inquinamento provocato dalle navi e di garantire che ai responsabili di scarichi vengano comminate sanzioni adeguate come indicato all'articolo 8, al fine di aumentare la sicurezza marittima e migliorare la protezione dell'ambiente marino dall'inquinamento provocato dalle navi.
2. La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di adottare misure più rigorose contro l'inquinamento provocato dalle navi, conformemente al diritto internazionale».
20 L’art. 2 della direttiva 2005/35 così dispone:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
1. “Convenzione Marpol 73/78”: la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi e il relativo protocollo del 1978, nella versione aggiornata.
2. “Sostanze inquinanti”: le sostanze inserite nell'allegato I (idrocarburi) e nell'allegato II (sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) della convenzione Marpol 73/78.
3. “Scarico”: ogni rigetto comunque proveniente da una nave, quale figura all'articolo 2 della convenzione Marpol 73/78.
4. “Nave”: un'imbarcazione marittima di qualsiasi tipo e battente qualsiasi bandiera, che operi nell'ambiente marino; sono inclusi gli aliscafi, i veicoli su cuscino d'aria, i sommergibili e i natanti».
21 Ai sensi dell’art. 3 di tale direttiva:
«1. La presente direttiva è applicabile, conformemente al diritto internazionale, agli scarichi di sostanze inquinanti:
a) nelle acque interne, compresi i porti, di uno Stato membro, nella misura in cui è applicabile il regime Marpol;
b) nelle acque territoriali di uno Stato membro;
c) negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti al regime di passaggio di transito, come specificato nella parte III, sezione 2 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare, nella misura in cui uno Stato membro abbia giurisdizione su tali stretti;
d) nella zona economica esclusiva o in una zona equivalente di uno Stato membro, istituita ai sensi del diritto internazionale;
e) in alto mare.
2. La presente direttiva si applica agli scarichi di sostanze inquinanti di tutte le navi, a prescindere dalla bandiera, ad esclusione delle navi militari da guerra o ausiliarie o di altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate, al momento, solo per servizi statali a fini non commerciali».
22 L’art. 4 della direttiva in parola recita :
«Gli Stati membri provvedono affinché gli scarichi di sostanze inquinanti effettuati dalle navi in una delle aree di cui all'articolo 3, paragrafo 1, siano considerati violazioni se effettuati intenzionalmente, temerariamente o per negligenza grave. Tali violazioni sono considerate reati dalla decisione quadro 2005/667(…) che completa la presente direttiva, e in presenza delle circostanze previste da tale decisione».
23 Conformemente all’art. 8 della direttiva 2005/35:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le violazioni di cui all'articolo 4 siano soggette a sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che possono comprendere sanzioni penali o amministrative.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le sanzioni di cui al paragrafo 1 si applichino a chiunque sia responsabile di una violazione ai sensi dell'articolo 4».
24 In occasione dell’adozione sia della direttiva 2005/35 che della decisione quadro 2005/667, la Commissione ha rilasciato dichiarazioni per dissociarsi dalla «ripartizione» effettuata dal Consiglio. La dichiarazione relativa alla decisione quadro 2005/667 è del seguente tenore:
«In considerazione dell'importanza di lottare contro l'inquinamento provocato dalle navi, la Commissione è favorevole a considerare reato lo scarico di sostanze inquinanti e all'adozione di sanzioni a livello nazionale in caso di violazione della normativa comunitaria relativa all'inquinamento provocato dalle navi.
La Commissione ritiene tuttavia che la decisione quadro non costituisca lo strumento giuridico appropriato per imporre agli Stati membri di considerare reato gli scarichi in mare illeciti di sostanze inquinanti e per prevedere sanzioni di natura penale corrispondenti a livello nazionale.
La Commissione, come sostiene dinanzi alla Corte di giustizia in occasione del suo ricorso C‑176/03 [sentenza 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑1789] contro la decisione quadro “protezione dell'ambiente attraverso il diritto penale” ritiene in effetti che, nell'ambito delle competenze che detiene al fine di realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 2 del [T]rattato che istituisce la Comunità europea, la Comunità abbia la facoltà di esigere che gli Stati membri prevedano sanzioni – comprese, se del caso, sanzioni penali – a livello nazionale, qualora ciò si renda necessario per raggiungere un obiettivo comunitario.
Quanto detto riguarda le questioni inerenti all'inquinamento provocato dalle navi, per il quale l'articolo 80, paragrafo 2, del [T]rattato che istituisce la Comunità europea costituisce la base giuridica.
In attesa della sentenza C‑176/03, se il Consiglio adotta la decisione quadro senza tener conto di questa competenza comunitaria, la Commissione si riserva tutti i diritti che le conferisce il [T]rattato».
25 Convinta che la decisione quadro 2005/667 non sia stata adottata su un fondamento normativo appropriato e che sia stato così violato l’art. 47 UE, la Commissione ha introdotto il presente ricorso.
Sul ricorso
26 Con ordinanza del presidente della Corte 25 aprile 2006, è stato autorizzato l'intervento del Parlamento europeo, da una parte, e del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica ellenica, della Repubblica francese, dell’Irlanda, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, nonché del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra, a sostegno delle conclusioni, rispettivamente, della Commissione e del Consiglio.
27 Con ordinanza 28 settembre 2006, il presidente della Corte ha autorizzato l’intervento della Repubblica di Slovenia a sostegno delle conclusioni del Consiglio.
Argomenti delle parti
28 La Commissione ritiene che, a causa del fondamento normativo scelto per la sua adozione, la decisione quadro 2005/667 violi l’art. 47 UE e debba pertanto essere annullata.
29 Secondo la Commissione, emerge dalla citata sentenza Commissione/Consiglio, la cui portata trascenderebbe l’ambito della politica comunitaria relativa alla tutela dell’ambiente, che occorre fare riferimento allo scopo e al contenuto di un atto al fine di determinare il fondamento normativo appropriato per la sua adozione. Certamente, la Corte avrebbe ricordato in tale sentenza che il diritto penale non rientra, in linea di principio, nella competenza della Comunità. Tuttavia, essa avrebbe riconosciuto che la Comunità ha una competenza implicita collegata ad un fondamento normativo specifico e dunque può adottare provvedimenti penali appropriati, a condizione che sussista la necessità di lottare contro inadempimenti nell’attuazione degli obiettivi della Comunità e che i detti provvedimenti abbiano lo scopo di garantire la piena efficacia della politica comunitaria in questione. La Corte non avrebbe peraltro definito l’ampiezza della competenza del legislatore comunitario in materia penale, poiché non avrebbe operato alcuna distinzione in relazione alla natura dei provvedimenti penali di cui trattasi.
30 Nella specie, emergerebbe dal preambolo della decisione quadro 2005/667 che lo scopo di quest’ultima sia quello di integrare, al fine di garantirne l’efficacia, il dispositivo posto in essere dalla direttiva 2005/35, la quale è stata adottata in base all’art. 80, n. 2, CE.
31 Per quanto riguarda il contenuto di tale decisione quadro, la Commissione fa valere che i provvedimenti di cui agli artt. 1‑10 di quest’ultima sono tutti correlati al diritto penale e riguardano comportamenti che devono essere considerati censurabili sul piano del diritto comunitario.
32 Il criterio relativo al requisito di una necessità, stabilito dalla Corte nella sua citata sentenza Commissione/Consiglio, sarebbe altresì soddisfatto nel caso di specie. Da un lato, il Consiglio lo avrebbe implicitamente ammesso adottando la decisione quadro 2005/667, poiché l’art. 29, secondo comma, terzo trattino, UE dispone che gli Stati membri possono procedere al ravvicinamento della loro normativa penale solo «ove necessario». Dall’altro, tenuto conto delle specificità delle condotte contemplate dalla direttiva 2005/35, tutte le disposizioni di tale decisione quadro sarebbero necessarie per garantire l’efficacia del dispositivo della direttiva in parola.
33 La Commissione aggiunge che, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, la Corte non esige la presenza di un criterio supplementare legato al carattere «trasversale» della politica comunitaria in questione affinché possa essere riconosciuta alla Comunità una competenza in materia penale. Un criterio del genere priverebbe peraltro la maggior parte dei settori del diritto comunitario della possibilità di qualsiasi protezione penale da parte del diritto comunitario, anche allorquando fosse dimostrata la necessità di adottare provvedimenti correlati al diritto penale.
34 Quanto all’argomento secondo cui il Consiglio sarebbe rimasto libero di agire sulla base del titolo VI del Trattato UE per adottare misure correlate al diritto penale degli Stati membri, poiché avrebbe deciso, conformemente al diritto riconosciutogli dall’art. 80, n. 2, CE, di non precisare più ampiamente le sanzioni di cui alla direttiva 2005/35, la Commissione afferma che tale disposizione non condiziona la competenza comunitaria in quanto tale, ma unicamente il suo esercizio. Certamente, il Consiglio avrebbe potuto decidere che gli Stati membri restassero competenti. Tuttavia, in un’ipotesi del genere gli Stati membri avrebbero dovuto intervenire isolatamente, dato che l’art. 47 UE esclude il ricorso al titolo VI del Trattato UE.
35 La Commissione sostiene inoltre che la decisione quadro 2005/667 non armonizza il livello e i tipi di sanzioni penali applicabili, dato che gli Stati membri conservano una certa libertà in materia e i giudici nazionali godono della facoltà di individualizzare le pene. Le disposizioni di tale decisione quadro non si distinguerebbero quindi fondamentalmente da quelle di cui all’art. 5, n. 1, della decisione quadro del Consiglio 27 gennaio 2003, 2003/80/GAI, relativa alla protezione dell'ambiente attraverso il diritto penale (GU L 29, pag. 55), annullata dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Consiglio.
36 Certo, il diritto penale non costituirebbe una politica comunitaria autonoma. Tuttavia, la Comunità disporrebbe ciò nondimeno di una competenza penale accessoria che potrebbe esercitare ove necessario. Il criterio relativo al requisito di una necessità, adottato dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Consiglio, si applicherebbe unicamente all’esercizio di detta competenza e non alla sua sussistenza.
37 Tenuto conto dell’approccio funzionale seguito dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Consiglio, nonché del fatto che le misure previste dagli artt. 1‑10 della decisione quadro 2005/667 costituiscono norme di natura penale necessarie per garantire l’efficacia della politica comune dei trasporti, quale sviluppata dalla direttiva 2005/35, la Commissione ritiene che tale decisione quadro violi nel suo insieme l’art. 47 UE e debba pertanto essere annullata.
38 La Commissione rileva parimenti che i termini «indispensabile» e «necessario», da una parte, e la nozione di «ove necessario», ai sensi dell’art. 29 UE, dall’altra, coprono di fatto lo stesso concetto e che, sotto tale aspetto, non sussista alcuna differenza tra il Trattato CE e il Trattato UE.
39 La suddetta istituzione ritiene, infine, che l’interpretazione da essa data alla citata sentenza Commissione/Consiglio non privi il titolo VI del Trattato UE della sua efficacia pratica, in quanto molti settori ricompresi in questo titolo non sarebbero interessati dagli effetti di tale interpretazione.
40 Il Parlamento europeo fa osservare che la decisione quadro 2005/667 corrisponde perfettamente alla fattispecie oggetto della citata sentenza Commissione/Consiglio. Anzitutto, in ordine al suo obiettivo e contenuto, essa sarebbe del tutto analoga alla decisione quadro 2003/80 annullata dalla Corte in tale sentenza. Come si evince dal preambolo della decisione quadro 2005/667, la lotta contro l’inquinamento e la tutela dell’ambiente non costituirebbero obiettivi accessori o secondari di tale decisione quadro. Del pari, il contenuto di quest’ultima sarebbe simile a quello della decisione quadro 2003/80, dato che in entrambi i casi i comportamenti incriminati attengono allo scarico di sostanze inquinanti. Le due decisioni quadro si distinguerebbero certamente per quanto riguarda la definizione esatta del livello e dei tipi di sanzioni penali applicabili, ma nel caso di specie tale differenza non sarebbe tale da giustificare una soluzione che si discosti da quella adottata nella citata sentenza Commissione/Consiglio. Infatti, in tale sentenza la Corte avrebbe già dichiarato che la competenza del legislatore comunitario in materia penale si estende alle disposizioni, quale l’art. 5, n. 1, della decisione quadro 2003/80, riguardanti il tipo e il livello delle sanzioni penali.
41 Nella presente fattispecie sarebbe poi soddisfatto altresì il criterio relativo al requisito di una necessità. Infine, poiché gli artt. 1‑6 della decisione quadro 2005/667 rientrano nella competenza comunitaria, si dovrebbe considerare che detta decisione, tenuto conto dell’indivisibilità delle sue disposizioni, violi nel suo insieme l’art. 47 UE.
42 A titolo principale, il Consiglio fa invece valere che adottando, unitamente al Parlamento europeo, secondo la procedura di codecisione, la direttiva 2005/35 esso ha deciso, conformemente all’art. 80, n. 2, CE, «se» e «in quale misura» il legislatore comunitario debba esercitare la sua competenza per adottare disposizioni riguardanti l’inquinamento provocato dalle navi, in particolare le disposizioni che introducono sanzioni in caso di trasgressione delle norme che disciplinano la materia. Mediante l’adozione di tale direttiva, il legislatore comunitario avrebbe inteso fissare limiti al proprio potere d’azione in materia di politica dei trasporti marittimi. Tale modo di procedere sarebbe del tutto conforme all’art. 80, n. 2, CE e alla giurisprudenza della Corte.
43 Certamente, il legislatore comunitario avrebbe potuto decidere di spingersi oltre sulla base dell’art. 80, n. 2, CE. Conformemente al diritto conferitogli dal Trattato CE, esso avrebbe tuttavia deciso di non farlo. Sarebbe, peraltro, importante notare che il Parlamento europeo e il Consiglio hanno seguito la proposta della Commissione in merito al fondamento normativo da scegliere per l’adozione della direttiva 2005/35. Sebbene tale direttiva persegua parimenti obiettivi attinenti alla tutela dell’ambiente, il legislatore comunitario avrebbe ritenuto che essa si collochi essenzialmente nell’ambito della politica comune dei trasporti e che l’aggiunta di un fondamento normativo riguardante la tutela dell’ambiente, segnatamente l’art. 175, n. 1, CE, non fosse necessaria. Orbene, il fondamento normativo prescelto non sarebbe rimesso in questione né dal Parlamento, né dalla Commissione.
44 Tenuto conto del carattere subordinato della competenza conferita dall’art. 80 CE alla Comunità in materia di politica dei trasporti e del fatto che, a differenza della politica nell’ambito della tutela dell’ambiente alla quale si riferiva la citata sentenza Commissione/Consiglio, la politica in parola non persegue un obiettivo che rivesta un carattere essenziale, trasversale e fondamentale, il Consiglio ritiene che le conseguenze da trarre da tale sentenza non debbano necessariamente essere le stesse per entrambe le politiche.
45 Ciò posto, non si potrebbe validamente sostenere che il legislatore comunitario avrebbe dovuto adottare le disposizioni previste dalla decisione quadro 2005/667.
46 In subordine, il Consiglio sostiene che la Comunità non è competente a fissare in modo vincolante il livello e i tipi di sanzioni penali che gli Stati membri devono prevedere nel loro ordinamento nazionale e che, pertanto, il Consiglio non ha violato i Trattati CE e UE adottando gli artt. 1, 4, nn. 1, 4, 5, 6 e 7, 6, nn. 1, lett. a), 2 e 3, nonché 7‑12 della decisione quadro 2005/667.
47 Tenuto conto dello scopo e del contenuto della decisione quadro 2005/667, che costituirebbero elementi essenziali per determinare il fondamento normativo appropriato per l’adozione di un atto, il Consiglio afferma che tale decisione quadro mira a ravvicinare le normative degli Stati membri in materia di lotta contro l’inquinamento provocato dalle navi, procedendo ad un’armonizzazione del livello e dei tipi di sanzioni penali applicabili. Orbene, dalla citata sentenza Commissione/Consiglio emergerebbe che una tale armonizzazione, di gran lunga maggiore di quella prevista dalla decisione quadro 2003/80, attualmente esuli dalla competenza comunitaria.
48 Poiché la soluzione sancita dalla Corte in detta pronuncia dovrebbe essere intesa come eccezione al principio secondo il quale la legislazione penale, così come le norme di procedura penale, non rientra nella competenza della Comunità, il Consiglio ritiene che i criteri seguiti dalla Corte a sostegno di questa soluzione siano da interpretare in senso restrittivo. Detta soluzione si applicherebbe dunque soltanto in caso di «necessità», nozione che non sarebbe identica a quella di «ove necessario », di cui all’art. 29, secondo comma, UE.
49 Il Consiglio aggiunge che l’interpretazione suggerita dalla Commissione in ordine alla citata sentenza Commissione/Consiglio, da una parte, avrebbe per effetto di svuotare in modo significativo il titolo VI del Trattato UE della sua efficacia pratica e, dall’altra, ignorerebbe manifestamente il fatto che la soluzione adottata dalla Corte in tale sentenza era motivata dal carattere essenziale, trasversale e fondamentale dell’obiettivo comunitario costituito dalla tutela dell’ambiente.
50 Il Consiglio rileva, infine, che nella sua citata sentenza Commissione/Consiglio la Corte ha statuito che, a motivo del loro scopo e contenuto, gli artt. 1‑7 della decisione quadro 2003/80 avrebbero potuto essere adottati dalla Comunità ed essa avrebbe dunque escluso da tale sfera di competenze gli artt. 8, sulla competenza giurisdizionale, nonché 9, relativo all’estradizione e alle azioni giudiziarie, di detta decisione. Del pari, andrebbe nella specie osservato che gli artt. 7, 8 e 9 della decisione quadro 2005/667 concernono materie rispetto alle quali la Comunità non si è vista conferire dal Trattato CE alcuna competenza.
51 Gli argomenti dedotti dagli Stati membri intervenuti nella presente causa corrispondono in ampia misura a quelli invocati dal Consiglio.
Giudizio della Corte
52 In forza dell’art. 47 UE, nessuna delle disposizioni del Trattato CE può essere intaccata da una disposizione del Trattato UE. Il medesimo principio figura al primo comma dell’art. 29 UE, che introduce il titolo VI di quest’ultimo Trattato, intitolato «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale».
53 Spetta alla Corte vigilare affinché gli atti che il Consiglio considera rientranti nell’ambito del detto titolo VI non sconfinino nelle competenze che le disposizioni del Trattato CE attribuiscono alla Comunità (v. sentenze 12 maggio 1998, causa C‑170/96, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2763, punto 16, e 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 39).
54 È dunque importante verificare se le disposizioni della decisione quadro 2005/667 non pregiudichino la competenza che la Comunità detiene in virtù dell’art. 80, n. 2, CE, nella misura in cui avrebbero potuto, come sostenuto dalla Commissione, essere adottate sul fondamento di quest’ultima disposizione.
55 A tale riguardo, si deve anzitutto rammentare che la politica comune dei trasporti si annovera tra i fondamenti della Comunità poiché, ai sensi dell’art. 70 CE, in combinato disposto con l’art. 80, n. 1, CE, le finalità del Trattato vengono infatti perseguite dagli Stati membri nel settore dei trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili, nell'ambito d'una siffatta politica (v. sentenza 28 novembre 1978, causa 97/78, Schumalla, Racc. pag. 2311, punto 4).
56 Preme poi precisare che, a norma dell’art. 80, n. 2, CE, il Consiglio ha la facoltà di decidere se, in quale misura e con quale procedura possano essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima (v., in particolare, sentenza 17 maggio 1994, causa C‑18/93, Corsica Ferries, Racc. pag. I‑1783, punto 25), e che si applicano le norme procedurali dell’art. 71 CE.
57 Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, l’art. 80, n. 2, CE, lungi dall’escludere l’applicazione del Trattato CE ai trasporti marittimi, si limita a prevedere che le disposizioni particolari di quest’ultimo relative alla politica comune dei trasporti, enunciate nel titolo V di questo stesso Trattato, non si applicano automaticamente a tale ambito di attività (v., in particolare, sentenza 7 giugno 2007, causa C‑178/05, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑0000, punto 52).
58 Nei limiti in cui l’art. 80, n. 2, CE, non prevede nessuna esplicita limitazione in ordine alla natura delle disposizioni comuni particolari che il Consiglio può adottare su tale fondamento conformemente alle norme procedurali dell’art. 71 CE, in virtù di questa disposizione il legislatore comunitario dispone di un ampio potere normativo ed è competente, a tale titolo e per analogia con le altre disposizioni del Trattato CE relative alla politica comune dei trasporti, in particolare l’art. 71, n. 1, CE, a predisporre segnatamente «le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti» nonché «ogni altra utile disposizione» in materia di navigazione marittima (v., in tal senso, per quanto riguarda il trasporto su strada, sentenza 9 settembre 2004, cause riunite C‑184/02 e C‑223/02, Spagna e Finlandia/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I‑7789, punto 28).
59 Detta constatazione, secondo cui, nell’ambito delle competenze conferitegli dall’art. 80, n. 2, CE, il legislatore comunitario può adottare misure volte al miglioramento della sicurezza dei trasporti marittimi, non è rimessa in questione dalla circostanza che, nel presente caso, il Consiglio non abbia giudicato opportuno adottare le disposizioni della decisione quadro 2005/667 sul fondamento di tale art. 80, n. 2, CE. In effetti, a tale riguardo, è sufficiente rilevare che l’esistenza di una competenza attribuita dall’art. 80, n. 2, CE non è tributaria della decisione del legislatore di esercitarla effettivamente.
60 Occorre aggiungere che, nei limiti in cui le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente, che costituisce uno degli obiettivi essenziali della Comunità (v., in particolare, sentenza 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 41), devono, a tenore dell’art. 6 CE, «essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie», una tale tutela deve essere considerata un obiettivo appartenente altresì alla politica comune dei trasporti. Il legislatore comunitario può dunque, sulla base dell’art. 80, n. 2, CE e nell’esercizio delle attribuzioni conferitegli da tale disposizione, decidere di promuovere la tutela dell’ambiente (v., per analogia, sentenza 19 settembre 2002, causa C‑336/00, Huber,Racc. pag. I‑7699, punto 36).
61 È bene infine rammentare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la scelta del fondamento normativo di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto (v. sentenze 11 giugno 1991, causa C‑300/89, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio», Racc. pag. I‑2867, punto 10, Huber, cit., punto 30, e 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 45).
62 Per quanto riguarda in particolare la decisione quadro 2005/667, dal suo preambolo emerge che essa ha come obiettivo il miglioramento della sicurezza marittima e, nel contempo, il rafforzamento della tutela dell’ambiente marino contro l’inquinamento provocato dalle navi. Come risulta dal suo secondo e terzo ‘considerando’, essa intende, infatti, conseguire il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri al fine di evitare che si riproducano danni quali quelli derivanti dal naufragio della petroliera Prestige.
63 Come si ricava dal suo quarto ‘considerando’ nonché dal sesto ‘considerando’ della direttiva 2005/35, tale decisione quadro integra quest’ultima direttiva mediante regole dettagliate in campo penale. Come si desume dai suoi ‘considerando’ primo e quindicesimo nonché dal suo art. 1, detta direttiva ha ugualmente lo scopo di garantire un livello elevato di sicurezza e di tutela dell’ambiente nel trasporto marittimo. Come risulta dal suo quindicesimo ‘considerando’ e dal suo art. 1, essa ha per obiettivo l'inserimento nel diritto comunitario delle norme internazionali in materia di inquinamento provocato dalle navi e l'istituzione di sanzioni, penali e amministrative, in caso di violazione di tali norme, al fine di garantirne l’efficacia.
64 Per quanto riguarda il contenuto della decisione quadro 2005/667, in forza dei suoi artt. 2, 3 e 5, essa stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di prevedere sanzioni penali per le persone giuridiche o fisiche che abbiano commesso, che abbiano istigato a commettere o abbiano concorso ad un reato di cui agli artt. 4 e 5 della direttiva 2005/35.
65 Tale decisione quadro, secondo la quale le sanzioni penali devono essere effettive, proporzionate e dissuasive, ai suoi artt. 4 e 6 fissa, peraltro, il tipo e il livello delle sanzioni penali applicabili in funzione dei danni che detti reati abbiano cagionato alla qualità delle acque, alle specie animali o vegetali o alle persone.
66 Se è vero che, in via di principio, la legislazione penale, così come le norme di procedura penale, non rientrano nella competenza della Comunità (v., in tal senso, sentenze 11 novembre 1981, causa 203/80, Casati, Racc. pag. 2595, punto 27, 16 giugno 1998, causa C‑226/97, Lemmens, Racc. pag. I‑3711, punto 19, nonché 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 47), resta nondimeno il fatto che il legislatore comunitario, allorché l’applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle competenti autorità nazionali costituisce una misura indispensabile di lotta contro danni ambientali gravi, può imporre agli Stati membri l’obbligo di introdurre tali sanzioni per garantire la piena efficacia delle norme che emana in tale ambito (v., in tal senso, sentenza 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, cit., punto 48).
67 Nel caso di specie occorre rilevare, da una parte, che le disposizioni della decisione quadro 2005/667 riguardano, alla stregua di quelle della decisione quadro 2003/80 di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza 13 settembre 2005, Commissione/Consiglio, i comportamenti idonei a cagionare danni particolarmente gravi all’ambiente derivanti, nella specie, dall’inosservanza delle norme comunitarie in materia di sicurezza marittima.
68 D’altra parte, dalla lettura combinata dei ‘considerando’ terzo-quinto, settimo ed ottavo della direttiva 2005/35, nonché dai primi cinque ‘considerando’ della decisione quadro 2005/667 risulta che il Consiglio ha ritenuto che sanzioni penali fossero necessarie per assicurare il rispetto della normativa comunitaria emanata in materia di sicurezza marittima.
69 Di conseguenza, poiché gli artt. 2, 3 e 5 della decisione quadro 2005/667 mirano a garantire l’efficacia delle norme adottate nel campo della sicurezza marittima, la cui inosservanza può avere gravi conseguenze per l’ambiente, imponendo agli Stati membri l’obbligo di sanzionare penalmente determinati comportamenti, tali articoli devono essere considerati come finalizzati essenzialmente al miglioramento della sicurezza marittima, al pari della tutela dell’ambiente, e avrebbero potuto essere validamente adottati sul fondamento dell’art. 80, n. 2, CE.
70 Per quanto riguarda invece la determinazione del tipo e del livello delle sanzioni penali applicabili, occorre evidenziare che questa non rientra nella competenza della Comunità, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione.
71 Ne consegue che il legislatore comunitario non può adottare disposizioni quali gli artt. 4 e 6 della decisione quadro 2005/667, in quanto tali articoli hanno per oggetto il tipo e il livello delle sanzioni penali applicabili. Di conseguenza, tali disposizioni non sono state adottate in violazione dell’art. 47 UE.
72 Per quanto attiene a tali disposizioni, va parimenti rilevato che la circostanza che esse rinviino alle disposizioni degli artt. 2, 3 e 5 di questa stessa decisione quadro mette in rilievo i legami inscindibili che, nella fattispecie, uniscono tali disposizioni a quelle relative ai reati penali cui si riferiscono.
73 Quanto agli artt. 7‑12 della decisione quadro 2005/667, che riguardano rispettivamente la competenza giurisdizionale, la notificazione di informazioni tra gli Stati membri, la designazione di punti di contatto, l’ambito di applicazione territoriale di tale decisione quadro, l’obbligo di attuazione gravante sugli Stati membri nonché la data di entrata in vigore di detta decisione quadro, è sufficiente constatare che, nel caso di specie, questi articoli sono altresì uniti da legami inscindibili alle disposizioni di questa stessa decisione quadro di cui ai punti 69 e 71 della presente sentenza, di modo che non è necessario pronunciarsi sulla questione se essi possano rientrare nella competenza del legislatore comunitario.
74 Alla luce di tutto ciò che precede, si deve concludere che la decisione quadro 2005/667, sconfinando nelle competenze che l’art. 80, n. 2, CE attribuisce alla Comunità, viola l’art. 47 UE e deve essere annullata nel suo insieme a motivo della sua indivisibilità.
Sulle spese
75 Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, va condannato alle spese. In applicazione dell'art. 69, n. 4, primo comma, gli intervenienti nella causa sopportano le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) La decisione quadro del Consiglio 12 luglio 2005, 2005/667/GAI, intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione dell’inquinamento provocato dalle navi, è annullata.
2) Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.
3) Il Regno del Belgio, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica ellenica, la Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché il Parlamento europeo sopportano le proprie spese.
Firme
* Lingua processuale: il francese.
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