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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 25 settembre 2007 (dep. 9 ottobre 2007), n. 37139

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Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 25 settembre 2007 (dep. 9 ottobre 2007), n. 37139
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Occupazione abusiva di case popolari: marcia indietro della Cassazione.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
così composta:
Dott. Giuseppe COSENTINO Presidente
Dott. Secondo CARMENINI Consigliere rel.
Dott. Renato BERNABAI Consigliere
Dott Pietro ZAPPIA Consigliere
Dott. Adriano IASILLO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal P.M. presso il Tribunale di Napoli nei confronti di
IANNICELLA ROSARIA, nata a Napoli 1'1.7.1970
avverso
la sentenza in data 23.1.2006 del Tribunale di Napoli/ Frattamaggiore
sentita la relazione del consigliere Carmenini
sentito il p.g., nella persona del dr. Giovanni Galati che ha concluso per il rigetto del ricorso
sentito il difensore avv. Gerardo Russillo quale sostituto proces suale dell'avv. Andrea Cafiero che ha concluso per il rigetto del ricorso
OSSERVA
Con sentenza del 23.1.2006 il Tribunale di Napoli/Sezione Distaccata di Frattamaggiore, in composizione monocratica, assolveva con la formula perché il fatto non costituisce reato IANNICELLA Rosaria imputata del delitto dì cui agli artt. 633 e 639 bis c.p., "perché, al fine dì occuparlo, si immetteva arbitrariamente in un alloggio di proprietà dell'IACP, sito in Grumo Neviano".
Avverso detta sentenza il P.M. presso lo stesso Tribunale propone ricorso diretto per cassazione, deducendo la violazione dell'art. 606 lett. b) ed e) c.p.p., nell'assunto che la motivazione della sentenza appare manifestamente illogica, oltre che implicante l'erronea applicazione di norme giuridiche, di cui doveva tenersi conto nell'applicazione dell'art. 633 c.p.
L'Ufficio ricorrente rileva che il giudice ha affermato che gli Istituti Autonomi delle Case Popolari hanno tra le loro finalità quella di "regolarizzare le locazioni degli immobili per riscuotere i canoni" e che gli alloggi dell'IACP erano destinati ad un'assegnazione "previo l'espletamento della relativa procedura"; sostiene che, tuttavia, lo stesso giudicante non è stato consequenziale a tale premessa nel punto in cui ha escluso l'arbitrarietà dell'occupazione, in quanto unico interesse dell'ente sarebbe quello che le persone che occupano i propri alloggi
paghino il relativo canone, cosa concretamente avvenuta ad opera dell'imputata.
Il P.M. sottolinea che si tratta di una conclusione in conflitto con le premesse logico-giuridiche accolte dal giudicante, tale da aprire, tra l'altro, "la porta ad un'inammissibile corsa all'occupazione degli alloggi di edilizia popolare, in palese contrasto con il disposto di cui all'art. 18 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 e dell'art. 30 Legge Regionale Campania 2/7/1997 n.18, nella parte in cui attribuiscono al Sindaco la competenza a disporre il rilascio degli alloggi occupati senza titolo, già attribuita al Presidente dell'lacp, prevedendo pertanto una rilevanza della volontà dell'ente in ordine al rispetto delle graduatorie relative alla loro assegnazione".
Il ricorso è fondato.
Per una corretta soluzione del caso è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del fatto, procedere, poi, alla definizione della ratio legis che ispira la materia della c.d. edilizia popolare, concludendo, infine, con l'indagine relativa agli elementi costitutivi del delitto di invasione di edifici (art. 633 c.p.), contestato all'imputata.
1) La ricostruzione del fatto.
Il giudice di merito ha accertato che: la lannicella conosceva da molto tempo la precedente assegnataria dell'alloggio; quando quest'ultima se ne allontanò per motivi di carattere personale, essa Io occupò senza alcun titolo;
successivamente si autodenunciò come occupante abusivo e presentò istanza di regolarizzazione all'IACP, ai sensi della legge Regione Campania 14 aprile 2000, n. 13; dopo un altro periodo di tempo cominciò a pagare il canone; all'epoca della sentenza in esame, tuttavia, non aveva ancora stipulato il contratto con l'ente, in quanto era in corso la verifica dei requisiti previsti dalla legge regionale dì sanatoria, tra i quali anche quelli relativi al reddito ed alla mancanza di disponibilità di altro appartamento ne! territorio.
Sulla base di questi dati di fatto non controversi il Tribunale partenopeo ha evidenziato come non vi sia dubbio che "la lannicella abbia posto in essere la condotta materiale prevista dal reato di cui all'art. 633", ma ha concluso che non può parlarsi di occupazione contro la volontà dell'Istituto, in quanto "gli alloggi dell'IACP erano comunque destinati ad un'assegnazione previa l'espletamento della relativa procedura e pertanto non vi era certamente una volontà contraria dell'ente all'occupazione degli stessi".
2) L'edilizia residenziale pubblica.
All'esigenza di realizzare alloggi per i meno abbienti deve corrispondere un particolare impegno degli organismi pubblici preposti, tanto che numerose sono le leggi succedutesi nel tempo, a cominciare dalla c. d. legge "Luzzatti" del 31 maggio 1903 (v. tra le principali normative, R.D. 1165/1938, L. 167/1962, L. 865/1971; D.P.R. 1035/1972; D.P.R. 616/1977, attributivo ai comuni della competenza in ordine all'assegnazione degli alloggi popolari; v. il trasferimento alle regioni, con il D. Lg. 112/1998, della maggior parte delle funzioni in questa materia ...). La stessa denominazione corrente che l'attività edilizia pubblica ha
avuto nel corso degli anni (edilizia economica e popolare, legge sulla casa, edilizia residenziale pubblica) dimostra l'obbiettivo di tutela di un bene primario quale quello dell'abitazione, per chi si trovi in condizioni di specifico e definito disagio.
Proprio l'intensa importanza sociale della materia può condurre e spesso conduce a situazioni conflittuali tra i singoli e gli enti preposti all'attuazione di tali finalità. Ma proprio questa funzione sociale comporta che il cardine di tutta la disciplina dell'edilizia popolare poggia sull'inderogabile principio che l'assegnazione degli alloggi deve avvenire secondo criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati attraverso idonee procedure; nessuna rilevanza può avere l'arbitrio del singolo, pur bisognoso.
Da queste puntualizzazioni deriva che la ratio legis in questo settore normativo non può essere disgiunta dal rigoroso rispetto delle regole, senza di cui si avrebbe quella che il Pubblico Ministero ricorrente definisce icasticamente come "inammissibile corsa all'occupazione degli alloggi di edilizia popolare", con il concreto pericolo che possano essere imposte regole diverse da quelle di pubblica finalità, da soggetti diversi da quelli stabiliti dalle leggi. Del resto nel caso di specie, secondo la ricostruzione del fatto effettuata dal giudice di merito, l'occupazione è avvenuta senza alcun valido titolo e solo a seguito di una sorta di "passaparola" tra la precedente occupante e l'attuale imputata, sua conoscente privilegiata.
In buona sostanza e conclusivamente sull'argomento, si deve evidenziare che la linea ispiratrice di tutta la normativa in tema segue costantemente
un'unica direttrice, a cominciare dagli strumenti urbanistici particolareggiati, a seguire all'acquisizione delle aree edificabili, al finanziamento con pubblico denaro, fino all'assegnazione, in locazione o in proprietà: l'individuazione del soggetto assegnatario, non arbitraria e soggettiva, ma pubblica e regolata.
Si può, dunque, affermare il seguente principio di diritto: gli alloggi costruiti dagli Istituti Autonomi Case Popolari per la realizzazione dei loro fini devono essere considerati beni immobili destinati al perseguimento di finalità di interesse pubblico e devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto.
3) II delitto previsto dall'art. 633 c.p.
Per quanto rileva nel presente caso è sufficiente ribadire il costante orientamento di questa Corte, secondo cui nel reato di invasione di terreni o edifici previsto dall'art. 633 c.p. la nozione di "invasione" non richiede modalità esecutive violente, non si riferisce quindi all'aspetto aggressivo della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento arbitrario, tipico di chi si introduce nell'altrui immobile contra ius in quanto privo del diritto d'accesso (v. Cass. Sez. 2, sent. 2003/49169 rv 227692).
Nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo, deve, poi, ritenersi che il delitto ha natura permanente e cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto dall'edificio, o con la sentenza di condanna, dato che l'offesa al patrimonio pubblico perdura sino a che continua l'invasione arbitraria
del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto (ibidem; v. anche Cass. Sez. 3, sent. 2004/02026 rv 227949).
Ai fini della prescrizione del reato nel caso di specie, deve rilevarsi che nel decreto di rinvio a giudizio risulta contestata una durata della permanenza precisamente individuata nel tempo, essendo stata contestata la "condotta tuttora in corso" e il giudice di merito ha sottolineato che fino alla data della sentenza impugnata non erano stati accertati i requisiti abilitanti alla fruizione della regolarizzazione. Per altro, in difetto di norma di pari livello che lo preveda espressamente (e senza addentrarsi nella tematica qui non rilevante del valore di una legge regionale sul punto), la eventuale sanatoria se vale a far cessare l'arbitrarietà dell'invasione - quanto meno sotto il profilo soggettivo - dal momento del riconoscimento formale, non può valere retroattivamente, né quale causa di estinzione del reato; l'acquiescenza di fatto dell'ente proprietario non elide la situazione di arbitrarietà, non potendo gli organi dell'ente sottrarsi al dovere di assegnazione secondo i criteri sopra menzionati. Tanto più che il legislatore penale ha rafforzato la cogenza dell'art. 633 c.p. prevedendo la procedibilità di ufficio se si tratta di immobili pubblici o destinati ad uso pubblico (art. 639 bis c.p.).
Sulla base delle argomentazioni fin qui esposte la sentenza impugnata deve ritenersi viziata da erronea applicazione delle norme riguardanti l'assegnazione degli alloggi IACP nella parte in cui esse servono a delineare l'arbitrarietà o meno dell'occupazione di cui si discute, in quanto ha affermato la liceità dell'occupazione stessa in difetto di una effettiva regolarizzazione
secondo i dettati normativi anche regionali; nonché da intrinseca contraddittorietà della motivazione là dove ha ritenuto che l'ente fosse consenziente all'occupazione perché il suo fine è quello di riscuotere i canoni per utilizzare in maniera fruttuosa il patrimonio (laddove il fine è quello ben diverso di assegnare le case ai bisognosi seconde le regole stabilite) e, per implicito, che difettasse il dolo nell'agente.
Consegue l'annullamento con rinvio, disponendosi, ai sensi dell'art. 569 comma 4, c.p.p., la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Napoli, che nel nuovo giudizio si uniformerà alle questioni di diritto decise.
P.Q.M.
Annulla l'impugnata sentenza e dispone che gli atti siano trasmessi alla Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio.
Così deciso in Roma, il giorno 25.9.2007
 
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