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Penale.it - Tribunale di Livorno, in composizione monocratica, Sentenza 25 giugno 2007, n. 567

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Tribunale di Livorno, in composizione monocratica, Sentenza 25 giugno 2007, n. 567
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L'ordine di espulsione privo di indicazioni circa il mancato accompagnamento coattivo alla frontiera è atto amministrativo illegittimo per violazione di legge. Il giudice penale ha il dovere di verficare la legittimità formale e sostanziale dell'ordine di espulsione. Al giudice della cognizione è consentita la disapplicazione dell'atto amministrativo contenente un vizio di violazione di legge e/o eccesso di potere. La motivazione dell'ordine di allontanamento non può consistere in clausole meramente riproduttive delle formule normative ma deve indicare il motivo dell'impossibilità di eseguire l'accompagnamento immediato alla frontiera o dell'impossibilità di inserire lo straniero in un centro di accoglienza. L'omettere la motivazione, o, come nel caso de quo,l'omettere di prendere in considerazione l'ipotesi del mancato accompagnamento alla frontiera, inficia la legittimità del procedimento amministrativo di espulsione. L'irregolarità rende illegittimo l'atto e la procedura amministrativa dell'espulsione che costituisce requisito essenziale dell'elemento oggettivo del reato comportando la disapplicazione del provvedimento in parola.

Sentenza n. 567 del 25.06.2007
Tribunale di Livorno
Sezione penale
Rito monocratico
Rito abbreviato
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale di Livorno, in composizione monocratica
dott. Antonio Pirato
nell’udienza camera di consiglio
del 25.06.2007
Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura la seguente
sentenza
nei confronti di:
E. M. D. nato a xxxx in Senegal il xxxxxxx elettivamente domiciliato in Livorno largo Duomo 15 presso lo studio dell’avv. Alice Smareglia
Arrestato il 22.06.07 Scarcerato il 25.06.07 Libero presente
imputato
del reato di cui all’art. 14 comma V ter l. 286/98 così come modificato dall’art. 13 comma V ter l. 189/02 perchè, essendo straniero si tratteneva senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal Questore di Venezia in data 20.08.2005 e notificato in pari data
accertato in Livorno il 22.06.2007
con l’intervento del P.M. VPO Paola Cappiello munita di delega n. 290/07 del Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale di Livorno;
nonchè dell’avv. Alice Smareglia, difensore di ufficio dell’imputato
conclusioni delle parti
Il P.M. concesse le generiche stante l’incensuratezza e la diminuente per il rito chiede la condanna alla pena di mesi 5 giorni 10 di reclusione. Produce il fascicolo.
Il difensore chiede l’assoluzione
motivazione in fatto e in diritto
E. M. D. di nazionalità senegalese, è stato tratto a giudizio con le forme del giudizio direttissimo a seguito di arresto in flagranza per il reato p. e p. dall’art. 14 comma 5 ter, prima ipotesi, del T.U. D.Lg.vo 286/98 come aggiunto dalla l. 30.7.2002 n. 189 e successive modificazioni.
Si procedeva all’odierna udienza alla discussione del processo nelle forme del rito abbreviato subito dopo la chiusura della fase di convalida dell’arresto in flagranza.
Le circostanze storiche rappresentate nella documentazione prodotta dal P.M. (vale a dire il provvedimento di espulsione dello straniero dal territorio del nostro stato e l’atto di intimazione a lasciare autonomamente il territorio stesso entro il termine di 5 giorni emessi rispettivamente dal prefetto e dal questore di Venezia il 20.8.2005) sono incontestabili.
Valuta peraltro questo giudicante, sulla base di quanto emerge dagli atti acquisiti ed utilizzabili ai fini della prova, che l’imputato debba essere assolto.
In linea di principio in tema di disciplina dell’immigrazione, con riferimento al reato di permanenza sul territorio senza giustificato motivo, in violazione dell’ordine del questore di lasciare il paese entro cinque giorni, il giudice, specie quello del merito, è tenuto a verificare previamente la legalità formale e sostanziale del provvedimento che si assume violato sotto i profili della violazione di legge, dell’eccesso di potere e dell’incompetenza, atteso che la struttura del reato è del tutto corrispondente a quella dell’art. 650 cod.pen. (Cfr. Sez. I, sentenza n. 42011 del 14/10/2005).
Costituisce corollario conseguente al principio appena detto che al giudice della cognizione è consentita la disapplicazione dell’atto amministrativo contenente un vizio di violazione di legge e/o eccesso di potere ed all’uopo gli è attribuito il potere di controllo sull’atto stesso che costituisce presupposto oggettivo dell’inadempimento incriminato e perciò elemento costitutivo del reato.
Il sindacato del giudice penale, nella valutazione dell’atto amministrativo, si estende anche al controllo di legittimità dell’ordine del questore nella parte relativa alla sussistenza dei presupposti, di immediata evidenza, legittimanti il perseguimento della via di esecuzione “residuale” al posto delle vie di esecuzione principali.
Il reato di ingiustificato trattenimento di uno straniero nel territorio dello stato non si configura in assenza  di un’adeguata motivazione dell’ordine impartito dal questore ed il controllo sulla motivazione compete al giudice del procedimento per inottemperanza all’ordine stesso.
La motivazione è imposta, del resto, dall’art. 3, comma primo della legge n. 241 del 1990, che prescrive la necessità della motivazione per tutti i provvedimenti amministrativi direttamente incidenti nella sfera giuridica sostanziale del destinatario, con le uniche eccezioni degli atti normativi e degli atti a contenuto generale, oltre che dell’esistenza di una norma specifica che escluda l’obbligo di motivazione (Cfr. Cass., Sez. I, n. 42555 del 9.11.2005).
Nè è sufficiente una adeguata motivazione del decreto prefettizio di espulsione, in quanto i due provvedimenti non sono sovrapponibili riguardando quello del prefetto i presupposti e quello del questore le modalità dell’espulsione e che il carattere tassativo della sequenza delle modalità di espulsione è ragione aggiuntiva dell’obbligo di motivazione (v. ancora la sent. da ult. cit.).
Nella disciplina dettata dalla normativa in esame le modalità normali di esecuzione di una espulsione sono l’immediato accompagnamento alla frontiera o la permanenza coatta all’interno di un C.P.T., e, solo in via residuale, spetta al questore di emanare l’ordine di lasciare il territorio dello stato entro cinque giorni.
Ed infatti, la legittimità dell’ordine del questore di lasciare il territorio dello stato, impartito allo straniero di cui il prefetto abbia decretato l’espulsione, è subordinata alla motivata impossibilità di eseguire l’espulsione stessa nelle forme (espulsione immediata mediante accompagnamento alla frontiera o previo trattenimento presso un centro di permanenza temporanea) che i commi primo e quinto bis dell’art. 14 D. Lgs. 286/1998 indicano, in sequenza, come quelli normalmente da adottare, avendo il cittadino straniero interesse all’osservanza di tale previsione normativa per le conseguenze di carattere penale derivanti dall’inosservanza dell’ordine di allontanamento (Cfr. Sez. I, n. 29217 del 6.7.2005).
Ne consegue che proprio la residualità di tale ultima modalità, non possa prescindere da una formulazione dell’atto amministrativo che partendo dalla esclusione delle vie di esecuzione principali, adotti poi l’ordine di allontanamento con mezzi propri.
Se è vero che, per un verso, il giudice non può scendere ad un sindacato e ad una valutazione di merito penetrante delle scelte dell’autorità amministrativa competente, per l’altro non può esimersi dal valutare la coerenza intrinseca e estrinseca del provvedimento rispetto ai parametri normativi di riferimento, sulla scorta dell’esame degli stessi elementi di fatto presupposti e di valutazione espressi, risultanti nel provvedimento medesimo.
Ed invero, la motivazione dell’ordine di allontanamento dal territorio dello stato, impartito dal questore allo straniero, non può consistere in clausole meramente riproduttive delle formule normative di cui al testo legislativo, ma deve indicare, quantunque sinteticamente, il perchè della impossibilità di eseguire l’accompagnamento immediato alla frontiera o della impossibilità di inserire lo straniero in un centro di accoglienza (Cfr. Sez. I, n. 9538 del 17.02.2006).
Il provvedimento del questore perciò assolve all’obbligo argomentativo qualora evidenzi in modo non apodittico l’impossibilità, per l’accertata impossibilità di accompagnamento immediato alla frontiera o per la subordinata carenza delle relative strutture destinate alla permanenza temporanea, di dare esecuzione all’espulsione nelle modalità inizialmente previste dal provvedimento prefettizio.
Ma nel nostro caso, il provvedimento questorile non soltanto non esplicita in maniera congrua e non meramente formale le ragioni di una fisiologica attuazione del provvedimento espulsivo, ma si spinge perfino a omettere di prendere in considerazione una, peraltro la principale, delle ipotesi tipizzate dalla norma e cioè l’impossibilità dell’attuazione del decreto prefettizio mediante accompagnamento alla frontiera, inficiando tale vizio, irrimediabilmente e in maniera assorbente, la legittimità del procedimento amministrativo di espulsione anche tacendo degli ulteriori vizi concretamente rilevabili circa la congruità delle motivazioni addotte in merito alla asserita impossibilità di trattenimento dello straniero presso un C.P.T.
Una tale irregolarità rende illegittimo l’atto e la procedura amministrativa dell’espulsione – che costituisce requisito essenziale dell’elemento oggettivo del reato – comportando la disapplicazione del provvedimento in parola.
Occorre ad abundantiam osservare che l’odierno imputato era provvisto, al momento dell’irrogazione dell’espulsione amministrativa, di regolare passaporto talchè era ben possibile provvedere all’accompagnamento presso la frontiera e all’espatrio con il primo vettore disponibile.
Alla luce delle risultanze processuali e delle argomentazioni sopra sviluppate consegue il venir meno di un elemento oggettivo della fattispecie penale descritta dall’art. 14 ter, c. V D. Lgs. 286/98 e, quindi, l’assoluzione dell’imputato perchè il fatto non sussiste.
P.Q.M.
visti gli art. 438 e ss. 530 c.p.p.
assolve
E. M. D. dal reato a lui ascritto perchè il fatto non sussiste.
Motivazione contestuale.
Livorno, 25.6.2007
                                                                         Il giudice
                                                                  dott. Antonio Pirato
 
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