Versione per la stampa
E' meritevole di annullamento la sentenza che riconsce all’ímputato la sussistenza dell’attenuante di cui al comma 5 dell’articolo73 Dpr 309/90, determinando la misura della pena partendo da quella prevista nel caso di concessione di detta attenuante senza operare il bilanciamento della medesima con la contestata aggravante della recidiva per la quale ha conteggiato l’aumento di pena nella misura di due terzi.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 27 febbraio-5 aprile 2007, n. 14152
(Presidente Marini – Relatore Campanato)
Fatto e diritto
B. A. imputato dei reati di cui all’articolo 73 Dpr 309/90 per avere concordato con M. L. la cessione di grammi 2,09 e detenuto tale quantitativo di sostanza stupefacente per consegnarlo alla predetta acquirente (fatto commesso a Genova il 30 maggio 2006 ) e di avere altresi in più occasioni, per un periodo di circa tre mesi da marzo a maggio 2006, rifornito la M. di circa due o tre grammi di cocaina, circa tre volte alla settimana, veniva condannato dal Gip presso il Tribunale di Genova, con sentenza in data 25 ottobre 2006 pronunciata con rito abbreviato, alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 4.600,00 di multa, con la concessione dell’attenuante di cui all’articolo 73 comma 5 Dpr 309/90, operato l’aumento per la contestata recidiva e la continuazione.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Genova che ne chiede l’annullamento parziale con corretta determinazione della pena, deducendo l’errore di diritto in cui è incorso il Gip il quale ha ravvisato la sussistenza dell’attenuante di cui al comma 5 dell’articolo73 Dpr 309/90 ed anziché operare il bilanciamento tra attenuanti ed aggravanti previsto dall’articolo 69 Cp ha prima considerato l’attenuante e poi operato l’aumento per la recidiva.
Secondo il Gip in forza dell’articolo 3 della legge 251/05 l’articolo 69 comma 4 tale comparazione deve essere operata anche con riferimento alle circostanze inerenti la persona del colpevole ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria dei reato, con la sola esclusione dei casi previsti all’articolo99 quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112 primo comma,n.4 per cui vi è divieto di prevalenza delle attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti.
Il Gip riporta l’opinione dominante secondo la quale l’attenuante potrebbe rientrare nel giudizio di comparazione, ma con il solo effetto di dichiararla equivalente o sottovalente rispetto alla recidiva reiterata di cui al quarto comma dell’articolo 99.
In questo caso la concessione dell’attenuante dei comma quinto del citato articolo 73 non potrebbe comportare l’effetto di irrogare la pena prevista per i fatti di lieve entità, perché anche l’equivalenza ricondurrebbe la pena a quella stabilita nel primo comma dell’articolo 73 e quindi non potrebbe essere inferiore ai sei anni di reclusione e lire 26.000,00 di multa, salve diminuzioni per il rito.
Questa norma, se cosi interpretata , secondo il giudice, travolgerebbe gli effetti di concessione di attenuanti rilevantissime per la sola circostanza di due precedenti condanne, traducendosi in una forma di sanzione irragionevole ed ingiusta.
Partendo da questa premessa e rammentando che la questione è anche stata sottoposta sotto altro profilo alla valutazione della Corte Costituzionale, il Gip propone una diversa lettura dell’articolo69 Cp, distinguendolo in quattro parti:
1) una prima parte precisa che il giudizio di comparazione deve essere compiuto anche con riferimento alle circostanze inerenti alla persona (le circostanze indicate nell’articolo70 u.c. Cp);
2) una seconda parte in cui si introduce un’eccezione a tale principio con riferimento alla recidiva reiterata, che viene esclusa da tale giudizio di comparazione e comporterà un aumento di pena ogni qualvolta il giudice ritenga di applicarla , anche se eventuali attenuanti siano state valutate prevalenti sulle eventuali altre aggravanti;
3) una terza parte, in deroga ai principi generali in tema di bilanciamento si stabilisce la non prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti di cui agli articoli 111 e 112 primo comma n.4;
4) una quarta parte in cui si chiarisce che il giudizio di comparazione opera anche quando per le circostanze la legge stabilisce una specie diversa o determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria.
In questo modo in sostanza il Gip distingue gli effetti della riforma sulla recidiva rispetto alle circostanze di cui agli articoli 111 e 112 Cp sottolineando anche l’improprietà del termine "ritenute circostanze aggravanti" rispetto alla recidiva che va o esclusa , se contestata per errore, oppure "applicata" se esistente e contestata in modo corretto in quanto la legge, una volta ravvisata la sussistenza l’articolo99 Cp, lascia al giudice il solo margine di applicare o meno il previsto aumento.
L’espressione " ritenute" si adatta, secondo il Gip, in modo perfetto alle aggravanti previste dagli articoli 111 e 112 Cp che potranno entrare nel giudizio di comparazione solo all’esito della valutazione di merito e solo nel caso i cui il giudice le reputi effettivamente sussistenti.
Il Gip inoltre fa riferimento ad altre norme che hanno escluso alcune aggravanti, come l’articolo 7 Dl 152/91 in tema di mafia, l’articolo 3 del Dl 122/93 in terna di discriminazione o odio etnico, nazionale, razziale o religioso, dal bilanciamento con le attenuanti, stabilendo che queste ultime comportino una diminuzione sulla pena risultante dall’aumento conseguente alle citate aggravanti.
Analogamente nel caso della recidiva l’attenuante opera senza giudizio di prevalenza , e pertanto la recidiva va applicata con l’aumento che deriva dall’essere reiterata, (aumento della metà) oppure reiterata, specifica ed infraquinquennale (aumento di due terzi), sempre che il giudice non escluda di dover operare l’aumento, trattandosi pur sempre di un’applicazione facoltativa.
Sulla base di tale ragionamento il Gip ha determinato la pena base in un anno di reclusione ed euro 3.000,00 di multa in considerazione della concessa attenuante; l’ha aumentata di due terzi per l’applicazione della recidiva, portandola ad anni uno, mesi nove di reclusione ed euro 5.000 di multa ed ancora l’ha aumentata per la continuazione ad anni due, mesi sei di reclusione ed euro 6.900 di multa e ridotta di un terzo per la specialità del rito abbreviato.
Secondo il Procuratore ricorrente il Gip ha commesso un errore di diritto: sotto il profilo della costituzionalità della norma rileva che la previsione relativa alla non prevalenza di attenuanti sulla recidiva aggravata non lede né l’articolo 3, né l’articolo 27 della Costituzione perché è caratteristica della legge collocare su di uno stesso livello situazioni diverse, ma equivalenti in una valutazione complessiva del fatto.
Il ragionamento sul punto del giudice non viene condiviso dal ricorrente perché esso valuta solo la dimensione del fatto e non quella della personalità dell’imputato che si esprime attraverso l’avvenuta ed accertata commissione di più reati oggetto di plurime condanne.
Quanto ai riferimenti esemplificativi il ricorrente sottolinea che le attenuanti di cui al comma 4 dell’articolo 630 Cp e comma 7 dell’articolo 73 hanno un aspetto premiale ed è ragionevole che il legislatore escluda dal premio il soggetto recidivo.
Quanto alla distinzione operata tra il riferimento della norma all’articolo 99 comma quarto Cp ed agli articoli 111 e 112 Cp attraverso il termine "nonché", il Procuratore ricorrente osserva che esso indica una congiunzione e non una separazione. Per altro entrambe le circostanze sono accomunate dal fatto che si riferiscono ad una rilevante capacità a delinquere, desumibile quanto all’articolo 99 comma 4 Cp dai precedenti penali e quanto agli articoli 111 e 112 Cp dall’avere commesso il reato per il tramite di una persona non imputabile.
Quanto al termine "ritenute" il ricorrente sottolinea che anche in relazione all’articolo 111 Cp non vi è alcuna discrezionalità per il giudice perché se il fatto è stato commesso attraverso persona non imputabile allo stesso non resta che riconoscere la sussistenza dell’ aggravante, per cui detto termine non può che riferirsi all’atto dell’accertamento e non della valutazione dello stesso che impone automaticamente l’applicazione della circostanza.
Quanto ai lavori preparatori che il Gip cita a sostegno della propria tesi, il ricorrente ne sottolinea l’evidenza dell’intenzione di limitare la discrezionalità del giudizio nel giudizio di bilanciamento tra attenuanti ed aggravanti nel caso di soggetti caratterizzati da rilevante capacità a delinquere.
Quanto, infine alle modalità di calcolo attuate dal Gip il ricorrente nega che sia possibile estendere analogicamente la previsione normativa che riguardano altre fattispecie.
Il Pg ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata quanto al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova è fondato, per cui la sentenza va annullata in merito al trattamento sanzionatorio in quanto il Gip ha riconosciuto all’ímputato la sussistenza dell’attenuante di cui al comma 5 dell’articolo73 Dpr 309/90 ed ha determinato la misura della pena partendo da quella prevista nel caso di concessione di detta attenuante senza operare il bilanciamento della medesima con la contestata aggravante della recidiva per la quale ha conteggiato l’aumento di pena nella misura di due terzi.
Tale operazione che il giudice ha effettuato attraverso un ragionamento con il quale dimostra di conoscere la diversa interpretazione che è sempre stata data da questa Corte agli effetti della concessione di tale diminuente, la quale consente di determinare una pena ben inferiore a quella prevista dal comma 1 dell’articolo 73, ma richiede di operare il giudizio di prevalenza con eventuali aggravanti per raggiungere tale effetto, presuppone una interpretazione del tutto particolare dell’articolo 69 comma Cp , novellato dalla legge 251/05.
Questa interpretazione, che innanzi è stata riportata e che il Procuratore della Repubblica contesta, viene offerta nel tentativo di ricondurre ad equità determinate situazioni non gravi che secondo il giudice di merito verrebbero colpite da pene troppo severe solo per la sussistenza di precedenti penali.
Ma, come il Pm ricorrente ha sottolineato, si tratta di una scelta del legislatore che non viola i principi contenuti negli articoli 3 e 27 della Costituzione in quanto risponde alla volontà di dare più rilevanza alla qualità della persona che alla gravità del fatto, anche se la mancanza di díscrezíonalítà non consente al giudice di adeguare la pena al fatto, quando esso sia di entità cosi lieve da apparire punito in modo troppo severo.
Il tenore della norma non consente di ravvisare una differente previsione di esclusione del giudizio di prevalenza dell’attenuante rispetto all’ipotesi delle aggravanti di cui agli articoli 111 e 112 Cp e quella di cui all’articolo 99 quarto comma Cp, sia perché, sotto il profilo letterale, esse sono collegate dalla congiunzione "nonché", sia perché, sotto il profilo logico, si vuole limitare il potere del giudice di fronte a personalità pericolose, quali si desumono dall’esistenza di dette aggravanti, sia perché il termine "ritenute" va riferito ad entrambe, dal momento che sia la recidiva che le altre circostanze operano quando ne sussistono i loro presupposti obiettivi .
Ciò premesso la pena va determinata con il limite massimo di un bilanciamento di equivalenza tra la concessa attenuante e la citata aggravante e quindi la determinazione della pena base nella misura fissata dall’articolo 73 comma 1 dei citato decreto.
L’annullamento del trattamento sanzionatorio comporta il rinvio al Tribunale di Genova che si atterrà al principio innanzi stabilito per il nuovo giudizio sul punto relativo alla determinazione della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio al tribunale di Genova per nuovo giudizio sul punto.
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