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Penale.it - Tribunale di Bari, Sezione per il Riesame, Ordinanza 18 ottobre 2006 (dep. 23 ottobre 2006)

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Tribunale di Bari, Sezione per il Riesame, Ordinanza 18 ottobre 2006 (dep. 23 ottobre 2006)
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TV ad accesso condizionato e reato di cui all'art. 171-ter, lett. e), l. 633/41: il fine di lucro nella fruizione di un abbonamento ad uso privato in contesto pubblico o commerciale non e' presunto

n. 327/2006 r.t.s.
n. 15698/2006 rgnr pm Ba
                                                                 TRIBUNALE DI BARI
                                                             * Sezione del riesame *
riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:
- dr. Oronzo Putignano (presidente rel.)
- dr. Giovanni Abbattista (giudice)
- dr. Francesca Della Valle (giudice)
decidendo sull'istanza di riesame ex art. 324 cpp presentata l'11.10.2006 dai difensori di XXX, gli avv. Ernesto Cianciola e Avv. Simona De Napoli, avverso il decreto di convalida di sequestro emesso il 28.9.2006 dal Pm presso il Tribunale di Bari;
esaminati gli atti del procedimento, pervenuti in cancelleria il 13.10.2006, udito difensore dell'istante e sciogliendo la riserva di cui al separato verbale d'udienza, il Collegio
Espone ed Osserva
La sera del 26.9.2006 personale della GdF di Bari, durante l'espletamento di un servizio predisposto a tutela del diritto d'autore, accedeva presso il locale "GGGGGGG di XXXX".
I verbalizzanti constatavano la presenza di un televisore collocato all'interno dell'unica sala del locale, che proiettava l'incontro di calcio valido per la "Champions League" Milan-Lille, concesso in visione a pagamento ad utenti titolari di abbonamento al servizio ad accesso condizionato "Mediaset Premium".
Il XXXX, richiesto dai finanziari, non era in grado di esibire la documentazione comprovante il contratto di abbonamento relativamente alla smart card inserita nel decoder. Sul retro di questa era apposta la dicitura: "l'utilizzo della card e limitato ad ambiti personali e/o domestici. E' vietato l'utilizzo in ambiti commerciali e/o in locali aperti al pubblico".
Per tale ragione la Pg, contestando il reato previsto dall'art. 171-ter lett. e) L. n. 633/1941, sottoponeva a sequestro il decoder digitale e la relativa smart card.
Con decreto del 28.9.2006 il Pm presso il Tribunale di Bari – che indicava, quasi certamente per un mero lapsus calami, l’art. 171-ter comma 2 anziché l’art. 171-ter, co. 1 lett. e) L. n. 633/1941 – convalidava il sequestro d'urgenza ritenendo che lo stesso "sia stato legittimamente eseguito in quanto trattasi di sequestro di corpo di reato soggetto a confisca o, comunque, di cose pertinenti ad esso, assolutamente necessario per l'accertamento dei fatti, per la prosecuzione delle indagini e per l'assicurazione della prova di merito".
Avverso tale provvedimento di sequestro giudiziario i difensori del XXXX proponevano istanza di riesame, sostanzialmente deducendo l'inconfigurabilità del reato ipotizzato tenuto conto dell'occasionalità della sua condotta, dell'assenza di lucro e di consapevolezza dell'illiceità del fatto, dell'appartenenza del decoder al padre YYYY (estraneo al procedimento penale). La parte tecnica chiedeva il dissequestro e la conseguente restituzione dei beni ablati.
Invero, l'art. 171-ter, co. 1, lett. e) L n. 633/1941, introdotto dall'art. 14 L. 18.8.2000, n. 248, punisce, se il fatto è commesso per uso non personale, chiunque a fini di lucro, in assenza di accordo con illegittimo distributore, ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato.
Al riguardo la Corte d'Appello di Catanzaro, con sentenza del 7.1.2004 (in Altalex, 29.6.2004), ha ritenuto che la trasmissione in pubblico di programmi codificati, attraverso l'utilizzazione di abbonamenti ad uso privato (cd. smart card), non configuri il reato di cui all'art. 171-ter, co. 1, lett. e), L. n. 633/1941, posto che tale ipotesi, rientrando nell'ambito delle attività illecite previste dall'art. 4 D.lvo 15.11.2000, n. 373, e sanzionata solo in via amministrativa dal successivo art. 6 del medesimo decreto legislativo. E ciò in aderenza all'orientamento espresso da Cass., sez. 28.11.2001, n. 42561, secondo cui il D.lvo n. 373/2000 ha depenalizzato tutte le condotte aventi ad oggetto l'acquisizione, l'installazione e la detenzione di apparecchiature e strumenti idonei ad eludere i sistemi di protezione delle trasmissioni televisive in forma codificata e quindi l'intero settore televisivo.
Si è invece statuito in senso difforme (Cass., sez. III 17.5-23.9.2002, n. 31579, Martina, rv. 222308) che, in tema di tutela del diritto d'autore, l'uso di una scheda elettronica ("smart card") che consente la ricezione dei programmi televisivi a pagamento in un locale e nell'ambito dell'attività di un circolo privato, cui più persone accedono dietro pagamento di una quota associativa, configura il reato di cui all'art. 171 ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, qualora il contratto posto in essere con la società di trasmissione dei programmi preveda l'uso strettamente personale e familiare di tale strumento, con esclusione di finalità commerciali (ma, a dire il vero, tale pronuncia riguarda il servizio di pay tv che era offerto in abbonamento da "Stream", società poi acquisita da "Sky" unitamente a "Telepiù").
Mette conto segnalare che con ordinanza del 7.10.2004 il Gip del Tribunale di Catanzaro sollevava questione di legittimità costituzionale del disposto dell'art. 171 ter, primo comma, lett. e) della legge 22 aprile 1941 n. 633, in relazione all'art. 3 Cost.
Il giudice rimettente rilevava che chi versa in situazione di manifesta e totale pirateria elettronica, in quanto fraudolentemente produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica che digitale, e punito con sanzione amministrativa pecuniaria. Mentre chi, munito di regolare contratto e lecito detentore di siffatte apparecchiature, viola il contratto operando una diffusione ad utilizzo improprio, si espone a sanzione più grave, sicché, paradossalmente, un comportamento confinato nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretto da fini di arricchimento patrimoniale e concernente servizi erogati senza corrispettivo economico, resta sottoposto a sanzione penale.
Investito dell'incidente di costituzionalità il Giudice delle leggi con ordinanza n. 157 del 5.4.2006 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione giacché il rimettente, "nel denunciare l’”ingiustificata disparità di trattamento tra chi realizza un fatto di maggior disvalore, punito come illecito amministrativo, e chi realizza un fatto di minor disvalore, autore di un illecito penale e come tale sanzionato", muove da un erroneo presupposto ermeneutico, giacché, pur richiamando l'interpretazione che la Corte di Cassazione ha dato dell'art. 171 ter, comma 1, lettera e), della legge n. 633 del 1941, egli poi se ne discosta, ritenendo che la fattispecie di reato da esso prevista sia integrata anche in presenza di "un comportamento confinato nella sfera privata del soggetto agente o, comunque, non sorretto da fini di arricchimento patrimoniale", laddove la norma denunciata richiede che il fatto sia commesso “per uso non personale” e "a fini di lucro"; che, inoltre, l’ordinanza di rimessione non indica, né lascia chiaramente desumere, la disposizione di legge che configurerebbe come illecito amministrativo la condotta dal giudice a quo ritenuta di maggior disvalore; che, infatti, l'ordinanza di rinvio si limita genericamente a richiedere, come termine di raffronto, la condotta di "chi versa in situazione di manifesta e totale pirateria elettronica, in quanto fraudolentemente produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica che digitale", senza ancorarla ad una precisa disposizione di legge, assunta a tertium comparationis; che, d'altra parte, occorre considerare, per un verso, che l’art. 171-octies, comma 1, della legge n. 633 del 1941 – dichiarato costituzionalmente illegittimo, con la sentenza n. 426 del 2004, limitatamente ai fatti commessi fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003, n. 22, nella parte in cui puniva con sanzione penale, anziché con la sanzione amministrativa prevista dall'art. 6 del decreto legislativo 15 novembre 2000, n. 373, l’utilizzazione per uso privato di apparecchi o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale – prevede, per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge n. 22 del 2003, la sanzione penale della reclusione e della multa per "chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitate"; e, per l'altro verso, che le fattispecie già sanzionate in via amministrativa in base al combinato disposto degli artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 373 del 2000 (i quali, limitatamente alle condotte tipiche sostanzialmente assimilabili o sovrapponibili alle fattispecie penalmente sanzionate dal citato art. 171-octies, contemplavano quali elementi specializzanti il fine di commercio nonché la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato) hanno acquistato rilievo penale a seguito dell'art. 1 della citata Legge n. 22 del 2003 ...".
Orbene, è utile chiarire che per accedere ai servizi di "Mediaset Premium" l'utente – contrariamente a quanto ritenuto dai finanzieri – non deve sottoscrivere alcun contratto di abbonamento. Anzi la "filosofia" su cui si fondano i servizi offerti tramite il cd. digitale terrestre e proprio quella opposta: ciò garantire l'eliminazione di ogni canone fisso per il cliente, tenuto invece a pagare di volta in volta soltanto l'evento mediatico che intende seguire in tv. Per i locali pubblici, circoli ed associazioni "Mediaset Premium Club" prevede una tessera, un welcome kit ed un box interattivo terrestre predisposto per l'utilizzo dell'anzidetta smart card.
Nella vicenda in esame il fatto risulta commesso per uso non esclusivamente personale; difetta il consenso del distributore ai fini della fruibilità del servizio in ambiti extraresidenziali e quindi vi è stata la diffusione in un esercizio commerciale di un servizio criptato ricevuto grazie ad un decodificatore di trasmissione ad accesso condizionato.
Cionondimeno, né nel verbale di sequestro, né nell'impugnato decreto sono stati addotti elementi in qualche modo dimostrativi del fine strumentale di arricchimento patrimoniale perseguito dall'istante attraverso l'utilizzo del decodificatore e della smart card nel proprio esercizio commerciale, non potendosi ritenere che lo scopo lucrativo, prescritto ai fini dell'incriminabilità della condotta, si colga in maniera indiretta e mediata nell'avere il XXXX - assicurando la disponibilità del servizio televisivo offerto da "Mediaset" - eventualmente invogliato gli avventori a fare accesso nel suo locale e ad effettuare l'acquisto di prodotti d'asporto (sul punto, mentre i finanzieri non danno atto in verbale delle persone presenti, il difensore deduce che nella sala assistevano alla partita di calcio soltanto sette amici del prevenuto).
A tale carenza dimostrativa circa l'esistenza, anche astratta, di un presupposto costitutivo del reato ipotizzato, quale il fine di lucro, non può che conseguire l'annullamento del decreto di convalida del sequestro e la conseguente restituzione in favore dell'avente diritto di quanto oggetto dell'attività apprensiva svolta dalla GdF di Bari.
P.Q.M.
Accoglie l'istanza di riesame e, per l'effetto, annulla il decreto di convalida di sequestro emesso il 28.9.2006 dal Pm presso il Tribunale di Bari nei confronti di XXXX, disponendo — a cura della GdF che ha appreso le res — il dissequestro e la conseguente restituzione in favore dell'avente diritto dei beni ablati.
Si dà mandato alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
Cosi deciso in Bari, il 18 ottobre 2006
 
IL PRESIDENTE
dr Oronzo Putignano
Il Cancelliere
Dott.ssa Caterina NATALE
per gentile concessione di StudioCianciola.it
 
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