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Procedimenti camerali cautelari: va disposta la traduzione del detenuto fuori distretto che abbia presentato tempestiva e specifica istanza di essere sentito dal Tribunale del Riesame e non sia stato sentito dal Magistrato di Sorvglianza delegato (pena la nullità assoluta dell'udienza e della decisione)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NARDI Domenico - Presidente Dott. ESPOSITO Antonio - Consigliere Dott. BERNABAI Renato - Consigliere Dott. MONASTERO Francesco - Consigliere Dott. TAVASSI Marina Anna - Consigliere
ha pronunciato la seguente: SENTENZA
sul ricorso proposto da S.S., n. il ..., avverso l'ordinanza del 07/02/2006 del Tribunale del Riesame di Potenza; Sentite le conclusioni del P.G. Dr. V. Martusciello che ha chiesto l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata; Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Antonio Esposito; Udito il difensore Avv. C. N. che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con provvedimento del 16/01/06 il G.I.P. di Potenza, accogliendo la richiesta del P.M. presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere a carico di S.S., ritenendo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati rubricati ai capi A, B, D, G, H, I, J, K, L, M, N, O, P, Q, R, D1, F1, G1, H1, aggravati dalla circostanza speciale di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, fondata sulla sussistenza del delitto sub a) e cioè l'associazione per delinquere di tipo mafioso, della quale si assumeva che il ricorrente fosse l'indiscusso promotore e capo.
In particolare, i capi B, D, G, H, I, J, K, L, M, N, O, P, Q, riguardavano l'ulteriore fenomeno associativo rivolto al traffico di stupefacenti, il capo R un episodio di detenzione illecita di una pistola con matricola abrasa, gli ulteriori capi alcune ipotesi di estorsione e usura.
Il Tribunale del Riesame di Potenza, con ordinanza del 7/2/2006, ha annullato il provvedimento impugnato limitatamente ai capi H, D1, G1, H1 (estorsioni), ha rigettato nel resto la richiesta di riesame suddetta, confermando sostanzialmente la misura cautelare.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione S.S. con impugnazioni del 29/03 e 05/04/2006 deducendo una serie articolata di motivi, il primo dei quali - da ritenersi assorbente - è fondato.
Eccepisce, invero, in via preliminare, il ricorrente la nullità assoluta ed insanabile dell'ordinanza del Tribunale, con conseguente scarcerazione dello S., per violazione del comma 8 dell'art. 309 c.p.p., in relazione al comma 3 dell'art.127 del codice di rito, e tanto in forza dell'art. 179 stesso codice.
Rileva il ricorrente che per giurisprudenza costante anche della Suprema Corte a Sezioni Unite, (S.U. 25 marzo 1998 - 30 giugno 1998, n. 9; S.U. 22 novembre 1995 - 7 marzo 1996, n. 40), la mancata traduzione perchè non disposta o non eseguita dell'imputato, indagato o condannato che ne abbia fatto richiesta, all'udienza di riesame determina nullità assoluta ed insanabile, a norma dell'art. 179 c.p.p., dell'udienza camerale e della successiva pronuncia del Tribunale sull'istanza di riesame.
Infatti, nell'ambito o al di fuori della circoscrizione del Tribunale, la citazione dell'imputato o dell'indagato realizza un'unica fattispecie complessa costituita dall'avviso, dalla dichiarazione di volontà del detenuto di comparire e dalla sua successiva traduzione, atti tutti da guardarsi, per il rapporto di stretta consequenzialità che li caratterizza, in una visione unitaria dello scopo loro proprio, la vocatio in iudicium, per la valida instaurazione del contraddittorio.
E, nel caso di specie, lo S. aveva presentato in tempi adeguati e celeri la richiesta di traduzione ampiamente motivata dalla necessità di rendere ulteriori dichiarazioni a precisazione ed integrazione di quelle già rese, sia per produrre ulteriori documenti (certificazione di battesimo della figlia, documentazione dei pescherecci ...).
Rileva ancora il ricorrente che il Tribunale non aveva disposto la traduzione pur essendo fondata la richiesta, e per niente defatigatoria, e nemmeno aveva disposto l'audizione da parte del Magistrato di sorveglianza.
Osserva, infine, il ricorrente che, in ogni caso, non risultava che fossero stati trasmessi atti da parte del Magistrato di sorveglianza e deduce che la mancata trasmissione degli atti stessi determina una nullità assoluta ed insanabile a norma dell'art. 179 c.p.p. dell'udienza camerale e della relativa decisione (Cass. Sez. 2^, 25 febbraio 2004 - 27 maggio 2004 n. 24245, RV 228632).
In ordine a tale eccezione, il ricorrente, in data 25/5/2006, ha presentato dettagliati motivi aggiunti con plurimi richiami alla giurisprudenza costituzionale e a quella di questa Corte di legittimità, anche a S.U..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come si è accennato in premessa, il motivo di ricorso è fondato e determina l'accoglimento del ricorso medesimo.
Dagli atti di causa risultano incontestabilmente le seguenti circostanze:
- In data 01/02/2006, il Tribunale di Potenza, Sezione del Riesame, in persona del Presidente f.f. Dr. Luigi Spina, fissava per il giorno 07/02/2006 l'udienza di riesame avverso l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. Potenza in data 16/01/2006, disponendo la notifica di tale avviso "entro il giorno 02/02/2006 a S.S.".
La Polizia Penitenziaria, distaccamento Napoli Secondigliano, (ove l'indagato si trovava ristretto all'epoca), provvedeva alla notifica dell'avviso allo S. in data 01/02/2006 alle ore 19,00.
Il successivo 02/02/2006, alle ore 11,55, l'indagato, portatosi presso l'Ufficio Matricola, manifestava la sua espressa volontà di presenziare alla udienza del 7/2/2006 ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 123 c.p.p..
L'Ufficio Matricola inviava tale richiesta a mezzo fax n.... soltanto in data 4/2/2006, ossia dopo 2 giorni, e ciò nonostante che l'art. 44 disp. att. c.p.p. preveda che "le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni previste dall'art. 123 c.p.p., sono comunicate nel giorno stesso, o al più tardi nel giorno successivo, all'autorità giudiziaria competente mediante estratto o copia autentica, anche per mezzo di lettera raccomandata. Nei casi di speciale urgenza, la comunicazione può avvenire anche con telegramma confermato da lettera raccomandata ovvero mediante l'uso di altri mezzi tecnici idonei".
In data 04/02/2006 alle ore 18.55 l'Ufficio Matricola notificava all'indagato provvedimento del Tribunale di Potenza, Sezione del Riesame, che, senza ulteriori specificazioni, stabiliva che: "non poteva essere disposta la sua traduzione, ma che, volendo, poteva essere ascoltato dal Magistrato di Sorveglianza di Napoli"; si disponeva, altresì, la trasmissione del provvedimento al Giudice di Sorveglianza di Napoli, adempimento effettuato, via fax, alle ore 11.25 di quello stesso giorno (sabato).
Con provvedimento del 6/2/2006 (lunedì), comunicato via fax alle ore 12,10, e protocollato in arrivo alle ore 12,30, il Magistrato di Sorveglianza restituiva, al Tribunale di Potenza Sez. Riesame, la richiesta facendo presente che "l'istanza era pervenuta solo in data 4/2/2006 e, quindi, tardivamente per il richiesto adempimento della rogatoria".
- Sempre in data 6/2/2006 il detenuto, recatosi ancora una volta presso l'Ufficio Matricola, avanzava due richieste: una al Magistrato di Sorveglianza per essere sentito, e l'altra - trasmessa via fax alle ore 14,16 - al Tribunale di Potenza, Sezione del Riesame, di nuova traduzione per l'udienza in questione "intendendo fare delle dichiarazioni difensive personalmente innanzi al Tribunale e dovendo presentare documentazione in merito al procedimento".
Per quanto riguardava la prima deduce di non essere stato sentito dal Magistrato di Sorveglianza; in ordine, invece, alla seconda richiesta, rileva che il Tribunale del Riesame - presso il quale la richiesta era stata protocollata alle ore 9,30 del 7/2/2006 - aveva disposto "non luogo a procedere ... sia perchè tardiva, sia perchè già disposta la rogatoria essendo ristretto in altro distretto".
- L'udienza, in assenza dell'indagato, veniva celebrata alle ore 11,10 del 7/2/2006.
Osserva questa Corte di legittimità che il procedimento risulta inficiato da plurimi provvedimenti illegittimi e da comportamenti omissivi che hanno determinato la nullità assoluta della udienza camerale e della relativa decisione.
Va innanzitutto, premesso che non esiste un diritto pieno ed indiscutibile dell'interessato, detenuto in un luogo esterno al circondario, ad essere sentito nell'udienza camerale fissata per il riesame della misura cautelare proprio dal Giudice del riesame, poichè la regola generale prevista dall'art. 127 c.p.p., comma 3, è quella dell'audizione, a richiesta, da parte del Giudice di Sorveglianza - che costituisce in tal caso un vero e proprio diritto - al fine di evitare di dare ingresso a richieste di audizione formulate genericamente o meramente defatigatorie - intese ad ottenere il superamento dei termini per la pronunzia - regola che può, anzi deve essere disattesa quando l'indagato voglia interloquire per contestare le risultanze probatorie ed indicare - anche con la produzione di documenti - circostanze a lui favorevoli avendo egli diritto di esplicare quelle attività che non possono essere adeguatamente ed efficacemente svolte davanti al Giudice di Sorveglianza delegato (C. Cost. 31/01/1991 n. 45, Cass. sez. 5^, 2/7/1993, n. 1749, ric. Spierto; id. 10/3/1997 n. 603, ric. Fiore, RV 207175).
Nel caso di specie, se la richiesta del 2/2/2006 - "chiedo di presenziare all'udienza in riferimento" - era assolutamente generica, non lo era altrettanto quella formulata il 6/2/2006 con la quale si chiedeva al Tribunale di voler disporre la traduzione "intendendo fare delle dichiarazioni difensive personalmente innanzi il Tribunale e dovendo presentare documentazione in merito al processo".
In ogni caso, non poteva il Tribunale del Riesame disattendere la richiesta assumendo che era stata disposta rogatoria presso il Giudice di Sorveglianza dal momento che alla data della emanazione di tale provvedimento di rigetto, (7/2/2006), era già pervenuto a quel Tribunale (precisamente alle ore 12,30 del 6/2/2006), il diniego del Magistrato di Sorveglianza ad espletare la rogatoria con la restituzione della richiesta di delega.
In sostanza, il Tribunale del Riesame - al quale in data 6/2/2006 era pervenuto il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di rifiuto di dar corso alla rogatoria, ed al quale, fino al momento della discussione, non erano pervenute, da quell'ufficio, le dichiarazioni del detenuto (a ulteriore dimostrazione che l'atto delegato non era stato espletato) - non poteva emettere la decisione, ma avrebbe dovuto rinviare l'udienza e disporre la traduzione del detenuto per i seguenti motivi: a) perchè il detenuto non era stato sentito dal Magistrato di Sorveglianza; b) perchè la nuova richiesta di traduzione era formulata nei termini più specifici prima indicati, (con richiamo anche a giurisprudenza di questa Corte: S.U. 7/3/1996 n. 40, ric. Carlutti); c) perchè la nuova richiesta di traduzione non era tardiva dal momento che il termine di dieci giorni previsto dall'art. 309, comma 9, c.p.p. entro il quale il Tribunale del Riesame deve decidere sulla relativa istanza a pena di inefficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva, decorre dalla data di ricezione degli atti, (Cass. S.U. 9/10/2000 n.26, ric. Scarci, RV 216769), e dal momento che il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame, a norma dell'art. 309 c.p.p., comma 5, decorre dal giorno in cui la richiesta è pervenuta al cancelliere del Tribunale del Riesame e non già dal giorno della sua presentazione o proposizione alla Cancelleria del Tribunale o del Giudice di Pace del luogo in cui si trovano le parti, a norma dell'art. 582 c.p.p., comma 2, non potendosi ipotizzare, a carico del Presidente del Tribunale del Riesame, l'adempimento dell'obbligo di immediato avviso prima della ricezione della richiesta (Cass. S.U. 2/5/2000 n. 10, ric. Solfrizzi, RV 215827).
Nel caso di specie, la richiesta di riesame - presentata al Tribunale di Trani in data 28/1/2006 - era pervenuta al Tribunale del Riesame di Potenza il 31/1/2006; in pari data vi era stata richiesta al G.I.P. di trasmissione degli atti, pervenuti, poi, l'1/2/2006.
Ne consegue che, alla data dell'udienza del 7/2/2006, il termine perentorio (previsto dal combinato disposto dell'art. 309 commi 5 e 9 c.p.p.) non era ancora scaduto e ben poteva, e doveva essere, disposto l'aggiornamento dell'udienza con l'ordine di traduzione del detenuto per la nuova udienza onde consentirgli di esercitare il suo diritto ad essere presente personalmente per rendere dichiarazioni e presentare documenti in sua difesa.
Orbene, la mancata traduzione, perchè non disposta o non eseguita, dell'indagato che ne abbia fatto richiesta, all'udienza del riesame, determina la nullità assoluta e insanabile, a norma dell'art. 179 c.p.p., dell'udienza camerale e della successiva pronunzia del Tribunale sull'istanza di riesame (Cass. S.U. 7/3/1996, n. 40, ric. Carlutti, RV 203771).
- Assolutamente illegittimo (e sotto altro profilo del tutto ingiustificato) risulta il provvedimento del Giudice di Sorveglianza che non ha dato corso alla chiesta rogatoria, innanzitutto perchè è del tutto strumentale assumere che la richiesta era tardivamente pervenuta potendo, invece, l'adempimento essere espletato nella giornata del 6/2/2006 o al più tardi, verso le ore 9,00 del 7/2/2006, con trasmissione immediata, via fax, al Tribunale del Riesame delle dichiarazioni del detenuto, (per come diligentemente ha operato nella medesima situazione e nel connesso procedimento a carico di C.F., detenuto nelle carceri di Palmi, il Magistrato di Sorveglianza di Reggio Calabria - al quale pure la richiesta di delega era pervenuta il 4/2/2006 - che ha espletato la rogatoria alle ore 9 del 7/2/2006 trasmettendo tempestivamente le dichiarazioni dell'indagato al Tribunale del Riesame di Potenza con fax delle ore 10,06, in tempo utile affinchè i Giudici ne prendessero visione e potessero, quindi, legittimamente provvedere nel pieno rispetto del diritto di difesa).
In secondo luogo, il Magistrato di Sorveglianza di Napoli ha ignorato la disposizione prevista dall'art. 101 disp. att. c.p.p., comma 2, secondo cui "quando l'imputato è detenuto o internato in luogo posto fuori del circondario del Tribunale competente, il termine previsto dall'art. 309 c.p.p., comma 10, decorre dal momento in cui pervengono al Tribunale gli atti assunti dal Magistrato di Sorveglianza a norma dell'art. 127 c.p.p., comma 3. Il Magistrato di Sorveglianza senza ritardo assume le dichiarazioni dell'imputato, previo tempestivo avviso al difensore e trasmette gli atti al Tribunale con il mezzo più celere".
In sostanza: a) l'audizione deve avvenire prima del giorno dell'udienza; b) il verbale delle dichiarazioni - assunte senza ritardo - deve pervenire al Tribunale con il mezzo più celere; c) i termini previsti dall'art. 309 c.p.p. iniziano a decorrere, ai sensi dell'art. 101 disp. att. c.p.p., comma 2, dal momento in cui pervengono al Tribunale gli atti assunti dal Magistrato di Sorveglianza (trattasi della unica ipotesi - unitamente a quella analoga, prevista sempre dall'art. 101 disp. att. c.p.p., comma 1, in riferimento all'art. 127 c.p.p., comma 4, del legittimo impedimento del detenuto che ha chiesto di essere sentito personalmente - in cui è consentito, in via tassativa ed eccezionalmente derogatoria, dilazionare il termine per l'assunzione della decisione: v. anche Cass. Sez. 1^, 10/05/2000 n. 2221, ric. Montanari, RV 215950).
Ciò significa che tali disposizioni sono finalizzate ad ottenere, nell'interesse dell'indagato che abbia fatto richiesta di essere sentito, giustificazioni e chiarimenti in ordine alla sua posizione, (attraverso un atto del Giudice che presenti, peraltro, tutti i crismi della legalità), giustificazioni e chiarimenti da essere esaminati e discussi all'udienza camerale, nel contraddittorio tra le parti, e valutati, quindi, dal Giudice ai fini della deliberazione.
In conclusione, l'audizione innanzi al Magistrato di Sorveglianza è sostitutiva dell'intervento diretto in udienza, (è, anzi, parte dell'udienza stessa), con la conseguenza che le giustificazioni e i chiarimenti devono essere portati a conoscenza delle parti e del Giudice in udienza e, in tale sede, esaminati dalle parti al fine di poter essere utilizzati dalle stesse, anche in contraddittorio, per la discussione.
Ne consegue che, ove le dichiarazioni del detenuto non pervengano in udienza, (prima che il Giudice emetta o si riservi la decisione senza che abbia ritenuto, peraltro, di fissare nuova udienza), si verifica lesione del diritto di difesa e violazione del principio del contraddittorio con conseguente nullità della udienza camerale e della relativa decisione. Tale principio è, a maggior ragione, valido, come è ovvio, anche per l'ipotesi più grave - quale quella in esame - di mancata audizione del detenuto da parte del Magistrato di Sorveglianza delegato per l'adempimento.
Alla stregua di tali considerazioni, ritiene questa Corte di legittimità di dover enunciare il seguente principio di diritto (peraltro, enucleato da Cass. Sez. Un. 7/3/1996, n. 40, ric. Carlutti; Cass. sez. 6^, 21/07/1999 n 2427, ric. La Barbera, RV 214227; e Cass. sez. 2^, 27/05/2004, n. 24245, ric. Mini, RV 228632, nelle decisioni che hanno rispettivamente risolto le varie problematiche della complessa fattispecie) secondo cui, nel procedimento camerale de liberiate, l'audizione, ex art. 127 c.p.p., da parte del Magistrato di Sorveglianza, dell'indagato, che si trovi detenuto in un luogo posto fuori del circondario del Tribunale competente, è sostitutiva dell'intervento diretto in udienza e dunque parte integrante della stessa, per cui è regolata dalla medesima disciplina. Ne consegue che la mancata audizione dell'indagato che ne abbia fatto richiesta comporta (al pari della mancata trasmissione delle dichiarazioni rese dallo stesso che sia stato ascoltato dal Magistrato di Sorveglianza e al pari della mancata traduzione) una lesione dell'inviolabile diritto di difesa e determina la nullità assoluta, a norma dell'art. 179 c.p.p., dell'udienza camerale e della successiva pronuncia del Tribunale sull'istanza di riesame.
La ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Potenza per nuovo esame.
P.Q.M.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, annulla l'impugnata ordinanza e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Potenza per nuovo esame. Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 giugno 2006. Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2006
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