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"Atti sessuali": anche il palpeggiamento fugace è reato
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITALONE Claudio - Presidente Dott. GRASSI Aldo - Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere Dott. SARNO Giulio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Bari nei confronti di S.C.V., nato il ..., avverso la sentenza del 06/02/2004 della Corte d'Appello di Bari; Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dr. Sarno Giulio; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vincenzo Geraci che ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'impugnata sentenza; Udito, per la parte civile, l'Avv. M.R.D. del Foro di ...; Udito i difensori Avv. A.P. del Foro di ... e G.T. del Foro di ....
FATTO E DIRITTO
In data 22.4.2002 il G.U.P. presso il Tribunale di Foggia condannava S.C.V. - insegnante di scienze matematiche presso la Scuola media statale "..." di ... - alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre alla pena accessoria della interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela ed alla curatela ed al risarcimento dei danni e spese in favore delle parti civili con il pagamento di una provvisionale di Euro 800,00 per ciascuna di esse, avendolo ritenuto colpevole del delitto di cui agli artt. 81, 609 quater c.p., comma 1 e 2 perchè "con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, ed anche in tempi diversi, compiva atti sessuali, consistiti in toccamenti delle mammelle e delle cosce di alcune sue alunne, con l'aggravante di aver agito ai danni di persone minori degli anni 14 e nella qualità di insegnante delle stesse".
A seguito di gravame, la Corte di Appello di Bari, con sentenza del 6.2.2004, assolveva, ai sensi dell'art. 530 cpv c.p., l'imputato perchè il fatto non costituisce reato. Pur dando atto che le deposizioni erano univoche nell'attribuire all'imputato i comportamenti contestati, il giudice di appello riteneva che i contatti fisici messi in atto dal S. fossero improntati ad un atteggiamento di paternalità o comunque di incuranza e involontarietà e che, pure censurabili sul piano dei rapporti sociali, i comportamenti stessi non rivestivano significatività sotto il profilo sessuale.
Evidenziava al riguardo la corte di merito che il S. aveva avuto contatti - fugaci - con le ragazze solo in aula al cospetto anche degli altri alunni della classe laddove avrebbe avuto invece interesse a non rendere palese il desiderio libidinoso e che ben avrebbe potuto, invece, organizzare occasioni di maggiore intimità e appartarsi con scuse varie (necessità di ripetizioni, ad esempio) che gli consentissero di dar uno sfogo più soddisfacente alla sua libidine ed avanzava il dubbio che la rilevanza sessuale dei gesti del S. fosse in realtà dipesa dall'interpretazione soggettiva delle ragazze che si erano reciprocamente suggestionate.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Bari chiedendone l'annullamento con rinvio per manifesta illogicità della motivazione in quanto incoerentemente slegata dalle emergenze processuali e basata su parametri valutativi non corretti circa il significato tecnico-giuridico della condotta posta in errore dall'imputato.
Il ricorso è fondato.
Come rilevato dal PG ricorrente, i fatti sono incontestati. Rispetto alla decisione di primo grado, il giudice di appello motiva l'assoluzione per un verso ritenendo che possano astrattamente rientrare nell'ambito di rilevanza penale i soli fatti descritti dalla R. - che denuncia toccamenti all'inguine - e per altro aspetto formulando il dubbio circa la complessiva attendibilità delle dichiarazioni rese dalle parti lese che la corte di merito ritiene di potere attribuire ad un fenomeno di reciproca suggestione.
Ciò posto la decisione di appello appare evidentemente censurabile sotto entrambi i profili.
Anzitutto, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, nel caso di palpeggiamenti e di toccamenti all'inguine, al seno, al fondo della coscia è indubbiamente ravvisabile, secondo l'orientamento costante di questa Corte, la concreta idoneità della condotta a compromettere la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale e a suscitare o soddisfare la brama sessuale dell'agente (ex plurimis: Sez. 3 02/07/2003 n. 36758 RV 226072).
Non può essere, pertanto, condivisa in linea di principio l'affermazione secondo cui solo i fatti denunciati dalla R. potevano assumere oggettiva valenza rispetto al reato contestato (art.609 quater c.p.).
Per contro si deve ritenere corretto il richiamo operato dal primo giudice alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui l'espressione "atti sessuali" va riferita non solo alle zone genitali ma anche a quelle ritenute erogene dalla scienza medica, psicologica ed antropologica - sociologica (Sez. 3 n. 66551/1998).
Nè rileva per l'esclusione della valenza sessuale, come vorrebbe il giudice d'appello, la fugacita' dell'atto.
Come affermato dal giudice di prime cure, infatti, questa Corte ha già precisato che tra gli atti sessuali vanno inclusi i palpeggiamenti, i toccamenti e gli sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non complesso e/o di breve durata essendo del tutto irrilevante ai fini della consumazione che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica (Sez. 3 n. 7772/2000).
Procedendo oltre nell'esame dei motivi di ricorso, va poi rilevato che l'assoluzione ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p., anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 46 del 2006, postula evidentemente che la sussistenza del dubbio circa la colpevolezza dell'imputato discenda dall'insufficienza, dall'incertezza o dalla contraddittorietà oggettiva delle prove di accusa.
Nella specie la sentenza impugnata, pur dando atto che "il prof. S. ha in effetti agito così come dicono le sue giovani alunne che lo accusano" e pur riconoscendo che le ragazze hanno sempre avvertito il significato morboso ed insidioso delle "particolari attenzioni" da questi poste in essere, reagendo e tentando di difendersi dalle subdole manovre e dall'invadente "maneggio" dell'imputato, definito "rattoso", insinua il dubbio, assolutamente soggettivo e slegato sotto il profilo motivazionale da obiettive emergenze probatorie, che le dichiarazioni rese dalle ragazze siano in realtà frutto di reciproca suggestione e, quindi, sostanzialmente inattendibili.
Le conclusioni cui perviene la corte di merito finiscono sostanzialmente per poggiare, infatti, sulla sola considerazione - assolutamente soggettiva - che giammai il professore - persona stimata nell'ambiente di lavoro - avrebbe potuto dare sfogo alle sue pulsioni in classe, ma non vengono in alcun modo chiarite in motivazione le ragioni che avrebbero indotto le ragazze a rendere le dichiarazioni accusatorie nei confronti dell'insegnante.
Così argomentata, la sentenza non solo evidenzia aspetti di insufficienza motivazionale e di intrinseca contraddittorietà sotto il profilo logico, ma sembra porsi anche in palese contrasto con le risultanze stesse del processo.
Ed a tale riguardo ritiene il Collegio di dovere aggiungere anche che, in maniera del tutto immotivata, la decisione di secondo grado si discosta dall'affermazione del primo giudice secondo cui "atteggiamenti particolari" dal prof. S. erano stati posti in essere anche l'anno precedente con riferimento ad altra alunna, M.A., invitata secondo quanto dalla stessa riferito da altra insegnante - la professoressa B. - ad andare nella sua stanza di albergo.
E' questo peraltro un aspetto su cui invece la motivazione avrebbe dovuto essere particolarmente esaustiva essendo stato utilizzato dal giudice di prime cure l'episodio della M. come elemento obiettivo di riscontro rispetto alle dichiarazioni rese dalle altre alunne.
La sentenza va, pertanto, annullata con rinvio per consentire un nuovo esame della vicenda che tenga conto dei principi enunciati. In sede di rinvio si provvederà alla richiesta liquidazione delle spese di parte civile per il giudizio dinanzi a questa Corte. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Bari.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2006. Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2006
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