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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 6 aprile 2006 (dep. 10 maggio 2006), n. 16002/2006 (1236/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 6 aprile 2006 (dep. 10 maggio 2006), n. 16002/2006 (1236/2006)
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Remissione in termini: la notifica presso il difensore di fiducia è equiparabile a quella fatta all'imputato personalmente e la nomina fiduciaria implica tout court la conoscenza del procedimento, anche per il latitante

                         REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                       SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRANERO Francantonio - Presidente
Dott. SIOTTO Maria Cristina - Consigliere
Dott. TURONE Giuliano Cesare - Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere
Dott. PIRACCINI Paola - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da L.I., nato il ..., avverso l'ordinanza del 23/12/2004 del Tribunale di Bologna;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Turone Giuliano Cesare;
Letta la requisitoria del Procuratore Generale, Dr. Iacoviello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;  
    FATTO
1. Con ordinanza 23 dicembre 2004 il Tribunale di Bologna, come giudice dell'esecuzione, respingeva l'incidente di esecuzione proposto nell'interesse di L.I., confermando l'esecutività della sentenza contumaciale emessa dallo stesso Tribunale il 12 luglio 2000 nei confronti del predetto, dichiarata irrevocabile il 29 dicembre 2001, e respingeva altresì l'istanza subordinata di restituzione nel termine per l'impugnazione di tale sentenza, il cui estratto contumaciale era stato notificato all'imputato latitante mediante consegna di copia al difensore di ufficio ex art. 165 cpp.
La difesa aveva basato le sue richieste sulla circostanza che il L.I. era detenuto in Germania dal 7 luglio 1999, cosa che gli aveva impedito di comparire al dibattimento di primo grado conclusosi con l'udienza del 12 luglio 2000, nonchè sulla circostanza che la notifica dell'estratto contumaciale fosse avvenuta irritualmente ex art. 165 cpp a mani di un difensore d'ufficio.
Il Tribunale rigettava tali richieste sostenendo, in primo luogo, che la condizione di latitanza non cessa nel caso di detenzione all'estero e che quindi era corretta la notifica dell'estratto contumaciale a norma dell'art. 165 cpp. Affermava altresì che, ritenuta la legittimità del titolo esecutivo, non vi erano gli estremi della rimessione in termini perchè la notifica al difesnore ben poteva consentire al ricorrente la conoscenza del provvedimento e quindi l'impugnativa dello stesso.
Avverso l'ordinanza propone ricorso la difesa dell'imputato.
Con il primo motivo il ricorrente obietta che la latitanza cessa con l'inizio della detenzione all'estero, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità con sentenza n.21035 del 2003, e che la detenzione all'estero ha determinato un impedimento a comparire.
Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che sussistevano tutte le condizioni per la rimessione in termini, posto che la notifica dell'estratto contumaciale a mani del difensore d'ufficio non ha determinato un'effettiva conoscenza del provvedimento.
Nei motivi aggiunti, presentati il 20 marzo 2006, il ricorrente richiama le sentenze Sejdovic e Somogyi del 2004 della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo nonchè la nuova disciplina introdotta con il decreto legge 21 febbraio 2005 n.17, convertito con modificazioni nella legge 22 aprile 2005 n.60.
2. Il primo motivo di ricorso è fondato esclusivamente nella parte in cui contesta che la condizione di latitanza si mantenga anche nel caso di detenzione all'estero.
Ed invero, la giurisprudenza è ormai consolidata nel senso che l'arresto dell'imputato all'estero comporta la cessazione dello stato di latitanza.
In particolare, ciò è stato affermato da Cass. S.U., 26 marzo 2003 n.21035, dep. 13 maggio 2003, Caridi, CED 224134, ove si legge -  nel corso della motivazione - come "l'arresto all'estero, disposto nell'ambito di una procedura estradizionale, di indagato o imputato latitanti, comporti la cessazione del loro stato di latitanza. Ma ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche nella ipotesi in cui l'arresto in territorio estero avvenga per altra causa, come nei casi di reati ivi commessi. Anche in tali evenienze, difatti, l'arresto del renitente al provvedimento cautelare o esecutivo fa venir meno ogni margine di volontarietà della sua condotta in riferimento al provvedimento restrittivo dell'autorità nazionale, nel senso che la oggettiva sottrazione allo stesso non è più affatto imputabile ad una sua libera scelta determinativa e ad una conseguente sua volontaria condotta in tal senso. Deve quindi conclusivamente ritenersi che l'arresto all'estero, disposto nell'ambito di una procedura estradizionale o anche per altra causa, di indagato o imputato latitanti, comporta la cessazione del loro stato di latitanza, con conseguente inapplicabilità, da quel momento, del regime proprio di tale istituto" (conf. Cass. Sez. VI, 10 aprile 2003 n.29702, dep. 16 luglio 2003, Dattilo, CED 225484).
Senonchè, perchè si produca la cessazione della latitanza, lo stato di detenzione all'estero deve risultare dagli atti (Cass. Sez. IV, 30 giugno 2004 n.36780, dep. 17 settembre 2004, Arcuri, CED 229760: " L'arresto dell'imputato all'estero per una causa diversa dall'estradizione comporta la cessazione dello stato di latitanza purchè lo stato di detenzione sia noto all'autorità giudiziaria che procede; infatti, per l'imputato latitante, a differenza di quello irreperibile, non sono necessarie nuove ricerche prima dell'emanazione del decreto di citazione e, inoltre, l'assoluto impedimento a comparire, ai sensi dell'art. 420ter comma 1 cpp, deve "risultare" dagli atti e non deve essere verificato dal giudice").
Nel caso di specie lo stato di detenzione all'estero, come si desume dall'ordinanza impugnata, non risultava dagli atti di causa; nè ciò è stato contestato dal ricorrente.
Pertanto il primo motivo di ricorso non è accoglibile.
3. E' invece fondato il secondo motivo di ricorso (sviluppato altresì nel secondo motivo aggiunto), ove si sostiene che il L.I. ha diritto alla rimessione in termini per poter impugnare la sentenza contumaciale. E ciò in base alla normativa in materia di contumacia entrata in vigore successivamente all'emissione del provvedimento impugnato (e successivamente alla stessa presentazione del ricorso), vale a dire in base alla nuova formulazione dell'art. 175 comma 2 cpp, così come modificato dal decreto legge 21 febbraio 2005 n.17, convertito con modificazioni nella legge 22 aprile 2005 n.60.
4. In proposito occorre anzitutto stabilire il significato e la portata della modifica legislativa dell'art. 175 comma 2 cpp laddove esso prevede che colui che non abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento debba essere restituito nel termine per proporre impugnazione alla sentenza contumaciale.
Osserva il Collegio che la occasio legis ed i "considerata" costituenti la premessa del decreto legge 21 febbraio 2005 n.17 costituiscono elementi fondamentali per la interpretazione della disposizione, la quale è stata emanata a causa della urgenza di armonizzare la legislazione italiana al nuovo sistema di consegna del condannato tra gli Stati membri dell'Unione Europea, che consente alle autorità giudiziarie degli stati membri di rifiutare l'esecuzione del mandato di arresto europeo in base ad una sentenza di condanna in contumacia ove non sia garantita, sempre che ne ricorrano i presupposti, la possibilità di un nuovo processo.
Di qui la necessità, per il nostro ordinamento giuridico, di meglio adeguare il nuovo regime di impugnazione tardiva dei provvedimenti contumaciali ai principi di cui all'art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) e, conseguentemente, di introdurre anche nuove disposizioni in materia di notificazioni all'imputato e di elezione di domicilio da parte della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato, i quali abbiano nominato un difensore di fiducia, onde corrispondere più adeguatamente al principio di ragionevole durata del processo.
In tale ambito il legislatore ha introdotto anzitutto un allargamento delle ipotesi in cui è ammessa l'impugnazione tardiva della sentenza contumaciale, sostituendo alla prova della non conoscenza del provvvedimento - che in precedenza doveva essere fornita dal condannato - una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza, ponendo a carico del giudice l'onere di effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il condannato avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento e avesse volontariamente rinunciato a comparire.
Così ha stabilito l'art. 1 della novella legislativa, modificando il secondo comma dell'art. 175 cpp ("Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tal fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica").
Inoltre il legislatore - al fine dichiarato di garantire la ragionevole durata del processo e quindi di accelerare i tempi di notifica degli atti - ha introdotto la notificazione obbligatoria presso il difensore di fiducia di tutti gli atti, destinati personalmente all'imputato, successivi alla nomina di tale difensore, anche se l'imputato non abbia eletto domicilio presso lo stesso, salvo che il difensore di fiducia non dichiari immediatamente all'autorità che procede di non accettare la notificazione.
Ciò è stato stabilito dall'art.2 della novella legislativa, che ha introdotto il nuovo comma 8bis nell'art. 157 cpp ("Le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'art.96, mediante consegna ai difensori. Il difensore può dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non accettare la notificazione. Per le modalità della notificazione si applicano anche le disposizioni previste dall'art.148 comma 2bis").
Va detto che già in precedenza era prevista la notificazione obbligatoria presso il difensore di fiducia nel caso in cui l'imputato avesse eletto domicilio presso lo stesso, per cui l'allargamento delle ipotesi di notifica presso il difensore di fiducia anche indipendentemente dalla elezione di domicilio assume il significato di attribuire a tale difensore un preciso onere - già sussistente in base alla normativa pregressa ed in particolare agli obblighi di deontologia professionale -  di portare effettivamente a conoscenza dell'assistito tutti gli atti processuali che lo riguardano, anche se non domiciliatario del suo assistito, salva la possibilità di rivolgersi al giudice per comunicare che non intende più accettare le notificazioni, in situazioni in cui non può più assolvere tale onere.
Tutto ciò comporta che la notificazione presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell'atto, alla notifica all'imputato personalmente, poichè, da un lato, rientra negli obblighi di deontologia professionale del difensore la consegna dell'atto al proprio assistito (ovvero comunicare tempestivamente all'autorità giudiziaria la non accettazione per impossibilità di consegnare gli atti al destinatario); dall'altro, è onere dell'imputato mantenersi in contatto con il proprio difensore di fiducia onde mantenersi al corrente degli sviluppi del procedimento.
Ed è ovvio che tale equiparazione vale anche per il periodo precedente alla novella legislativa, poichè anche prima della modifica sussisteva l'obbligo per il difensore di fiducia di fare pervenire al proprio assistito gli atti a lui diretti personalmente, specie in caso di elezione di domicilio presso il suo studio (si veda, in questi termini, recentissimamente, Cass. Sez. I, 07 febbraio 2006, n.8232, dep. 08 marzo 2006, Zine Ei Mostafa).
5. La novella legislativa su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente è entrata in vigore il 24 aprile 2005.
La giurisprudenza anteriore a tale data - inevitabilmente basata sulla vecchia formulazione dell'at. 175 comma 2 cpp - ha sempre affernato che "la restituzione nel termine ai fini dell'impugnazione tardiva della sentenza contumaciale, che presuppone la non addebitabilità al condannato in contumacia della mancata conoscenza della decisione, non può essere concessa al latitante che, nel sottrarsi volontariamente al procedimento, si è posto scientemente nella condizione di non poterne conoscere lo sviluppo e l'esito" (cfr Cass. Sez. I, 22 ottobre 2003, n.45237, dep. 24 novembre 2003, Spahiu, CED 226758).
Sulla base di questa giurisprudenza l'attuale ricorrente si è visto respingere la richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale.
In proposito il Tribunale di Bologna ha affermato la ritualità della notifica dell'estratto contumaciale della sentenza effettuata ex art. 165 cpp al difensore d'ufficio; ed ha aggiunto che "la conoscenza (scilicet, dell'atto in tal guisa notificato) viene garantita in modo indiretto dalla notifica al difensore che può essere contattato dall'imputato senza alcun rischio" laddove "la mancata conoscenza diretta dipende da una scelta volontaria addebitabile al L.I.".
Sennonchè questa tesi - il principio giurisprudenziale cui essa si ispira -  si pone in contrasto con la lettera e lo spirito della normativa entrata in vigore il 24 aprile 2005, la quale esige (perchè si possa negare la restituzione nel termine prevista dall'art. 175 comma 2 cpp) che il giudice abbia accertato la sussistenza della prova di una pregressa conoscenza effettiva del procedimento e del provvedimento da parte dell'interessato.
In mancanza di tale prova la richiesta di restituzione nel termine non può essere respinta. A nulla rileva, pertanto, che l'imputato si sia reso latitante sottraendosi così al procedimento, posto che la nuova formulazione dell'art. 175 comma 2 (a differenza di quella vecchia) non consente un'interpretazione che dia rilievo a tale circostanza.
D'altro canto, va sottolineato che la novella legislativa, impiegando l'espressione "effettiva conoscenza", ha evidentemente inteso ridimensionare - ai fini e per gli effetti di un maggiore adeguamento all'art.6 CEDU e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo - l'incidenza di talune forme di conoscenza "presunta" che non danno sufficienti garanzie di corrispondere ad una conoscenza, appunto, "effettiva".
Orbene, nel caso di specie, non appare ragionevole desumere una conoscenza effettiva in capo al L.I. dell'estratto contumaciale notificato al difensore d'ufficio ex art. 165 cpp, essendo ciò avvenuto in un momento in cui lo stesso L.I. era detenuto all'estero senza che ciò risultasse agli atti del procedimento italiano. Con la conseguenza ulteriore che nulla può indurre a ritenere nè che il difensore d'ufficio fosse in grado di mettersi in contatto con il suo assistito, nè che il L.I. potesse avere contezza dell'identità di tale difensore e della stessa pendenza del procedimento.
Del resto la nuova formulazione dell'art. 175 comma 2 cpp va letta congiuntamente alla nuova norma di cui all'art. 157 comma 8bis cpp.
Quest'ultima norma, come si è visto, comporta che la notificazione presso il difensore di fiducia sia del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell'atto, alla notifica all'imputato personalmente.
Ebbene, questa equiparazione, lungi dal ridursi a una mera fictio iuris, è ampiamente giustificata dalla natura e dalla sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l'avvocato difensore nominato di fiducia dall'imputato e l'imputato stesso, il quale, proprio nel momento in cui dà il mandato al professionista nel quadro di uno specifico procedimento penale, dimostra (o conferma) di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento (e ciò anche nel caso in cui egli risulti formalmente irreperibile all'autorità giudiziaria o, addirittura, sia dichiarato latitante dalla medesima).
E' pertanto del tutto ragionevole ritenere che, anche successivamente alla nomina, il perdurante rapporto professionale intercorrente tra l'imputato e il suo difensore di fiducia continuerà a consentire al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più idonee.
Con la conseguenza che potrà ritenersi dimostrata la conoscenza effettiva, da parte dell'imputato, degli atti notificati a mani del difensore di fiducia a norma della'rt. 161 comma 4 cpp ovvero - in caso di latitanza - a norma dell'art. 165 cpp.
E con la conseguenza ulteriore che la richiesta di restituzione nel termine avanzata ex art. 175 comma 2 cpp dovrà essere, in quel caso, respinta (dovendosi altresì ritenere, relativamente all'imputato latitante, che la scelta della latitanza equivalga, in qual caso, a volontaria rinuncia a comparire).
In altri termini il legislatore, con la novella legislativa entrata in vigore il 24 aprile 2005, oltre a introdurre un'esigenza di "conoscenza effettiva" ai fini dell'art. 175 comma 2 cpp, ha scelto di privilegiare il ruolo del difensore di fiducia accentuandone ulteriormente la valenza (rispetto alla difesa d'ufficio) e riconoscendo al relativo rapporto professionale ("fiduciario" nel senso più rigoroso del termine) un inedito rilievo specifico e concreto sotto il profilo del soddisfacimento reale di tale esigenza di "conoscenza effettiva".
Tuttavia, operando tale scelta, il legislatore ha finito con il riconoscere implicitamente l'intrinseca debolezza delle cosidette "presunzioni di conoscenza" legate alle notificazioni effettuate a norma degli artt. 161 comma 4 e 165 cpp a mani di un difensore nominato di ufficio all'imputato processato in contumacia in quanto irreperibile o latitante.
Si deve pertanto concludere che tali notificazioni al difensore d'uffico siano, di per sè, inidonee a dimostrare la "effetiva conoscenza del procedimento o del provvedimento" in capo all'imputato (a meno che, nel caso specifico, la conoscenza non emerga aliunde, ovvero non si dimostri che il difensore d'ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e a instaurare un effettivo rapporto professionale  con lui).
Nel caso di specie, per i motivi già precisati, la conoscenza del procedimento da parte del L.I., qualora non sia desumibile aliunde, non può farsi discendere dalla mera notifica dell'estratto contumaciale della sentenza avvenuta a mani del difensore d'ufficio.
L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per un nuovo esame della richiesta del L.I. che tenga conto dei principi di diritto come sopra formulati.
    P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bologna.
Così deciso in Roma il 06 aprile 2006
Depositata in cancelleria il 10 maggio 2006.
 
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