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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 21 aprile 2006 (dep. 7 giugno 2006), n. 19578/2006 (407/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 21 aprile 2006 (dep. 7 giugno 2006), n. 19578/2006 (407/2006)
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Nuovo comma 1bis dell'art. 405 cpp: il giudicato cautelare della cassazione non è vincolante nè per il pm nè per il gip

                        REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                       SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RIZZO Aldo Sebastiano  - Presidente
Dott. PAGANO Filiberto - Consigliere
Dott. PODO Carla - Consigliere
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere
Dott. MONASTERO Francesco - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) P.A.S. nato il ...
2) S.D. nato il ...
3) S.G. nato il ...
4) Z.A. nato il ...
5) S.P. nato il ...
avverso la sentenza del 27/10/2005 della Corte d'Appello di Reggio Calabria;
Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Pagano Filiberto;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per l'annullamento con rinvio per S.D., inammissibilita' per S.G., rigetto per gli altri ricorsi;
Udito il difensore Avv. V. A. del Foro di Roma che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
                               OSSERVA
I difensori di P.A.S., S.G., Z.A., S.P. e S.D. ricorrono avverso la sentenza sopra indicata che ha accertato la responsabilità dei prevenuti in ordine vari delitti commessi nel contesto di una associazione a delinquere per la commercializzazione di assegni bancari di provenienza delittuosa.
Il difensore di P.A.S., condannato alla pena di anni 5 mesi 4 di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa, deduce violazione  di legge e difetto di motivazione con riferimento al mancato accoglimento da parte del Giudice di appello della pena
concordata tra le parti con una minore sanzione.
Con altro motivo lamenta l'omessa concessione dell'attenuante della collaborazione prevista dal D.L. 13 maggio 1991, n.152, art. 8 convertito con L. 12 luglio 1991, n.203, sostenendo la concludenza di quanto dichiarato ai fini dell'accertamento di altrui responsabilità.
Nega la sussistenza di prove di colpevolezza a carico del prevenuto.
Il difensore di S.G. deduce violazione di legge per essere la declaratoria di inammissibilità dell'appello pronunciata
all'esito del dibattimento e non anche preliminarmente alla trattazione nel merito del gravame.
Il difensore di Z.A. lamenta il mancato riconoscimento del decorso del termine di prescrizione dovendo i fatti essere qualificati come concorso in ricettazione e non riciclaggio.
Deduce violazione di legge per il diniego di attenuanti generiche che devono essere concesse per la lontananza nel tempo dei fatti e lo scarso apporto causale posto in essere.
Il difensore di S.P., dipendente bancario riconosciuto responsabile di ricettazione, eccepisce manifesta illogicità della motivazione colpevolezza per non avere il Giudice di appello ritenuto attendibili le spontanee dichiarazioni di buona
fede espresse dal prevenuto con riferimento alla non consapevolezza che le operazioni bancarie poste in essere fossero irregolari.
Deduce violazione del disposto di cui all'art.192 cod. proc. pen., per essere l'affermazione di colpevolezza fondata su indizi privi di definitiva concludenza, in quanto la riferibilità all'imputato della qualifica di "direttore" risultante dalle intercettazioni telefoniche non è ascrivibile alla persona del S..
Con altro motivo deduce l'insussistenza dell'elemento soggettivo dei reati presupposti alla ricettazione, in ordine ai quali difetta la stessa prova di sussistenza. 
Con motivi aggiunti redatti in data 31.3.06 deduce la violazione della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 3, introduttivo del
comma 1bis all'art. 405 cod. proc. pen., norma che impone al P.M. il vincolo di richiedere l'archiviazione del procedimento ove la Corte di Cassazione in sede cautelare si sia pronunciata negativamente in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen..
Al riguardo rileva che in data 11.5.90 questa Corte ha annullato con rinvio la decisione relativa ad un provvedimento restrittivo tra l'altro per associazione a delinquere e riciclaggio (delitti dai quali il prevenuto è stato successivamente  prosciolto).
Deduce ancora sussistere il vizio di motivazione con riferimento ad una disparità di trattamento con altri funzionari, non avendo provveduto ad aprire conti correnti in favore dei coimputati nonche' con riferimento alla gradazione della
pena ed alla concessione di attenuanti generiche per omessa considerazione dello stato di persona incensurata che ha consegnato spontaneamente tutti i titoli in suo possesso.
Eccepisce il decorso del termine di prescrizione.
Il difensore di S.D., il cui appello e' stato dichiarato inammissibile per essere l'atto di impugnazione redatto da difensore la cui nomina non risulta in atti, deduce l'erroneità di tale decisione, essendo l'Avv. A. N. stato nominato il  20.3.03 con atto depositato presso il Tribunale di Palmi il 9.5.03, come da copia conforme fascicolata a foglio 216 ed allegata all'originale del ricorso.
Il ricorso proposto nell'interesse di P.A.S. è inammissibile in quanto la pena proposta concordemente dalle parti può essere disattesa dal Giudice di appello, dopo la delibazione della fattispecie ex art. 129 cod. proc. pen., per la sola ragione della non congruità, con la conseguenza che nessuna motivazione diversa da tale valutazione finale deve essere espressa nell'ordinanza di rigetto della richiesta di pena concordata.
Il ricorso relativo alla attenuante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n.152, art. 8, è manifestamente infondato dal momento che i reati accertati non attendono a delitti commessi per agevolare associazione mafiose ovvero posti in essere avvalendosi delle condizioni di cui all'art.416 bis cod. pen., come richiesto dalla norma invocata in ricorso.
Il terzo motivo è infine genericamente proposto in quanto la deduzione di assenza di elementi probatori di colpevolezza è prospettata apoditticamente a fronte della ammissione degli addebiti e delle risultanze delle intercettazioni evidenzianti la posizione apicale organizzativa tenuta dal prevenuto all'interno della struttura criminosa.
Anche il ricorso proposto in favore di S.G. è manifestamente infondato dovendosi confermare la giurisprudenza che
statuisce che la circostanza che l'inammissibilità dell'appello possa essere dichiarata con ordinanza prima del dibattimento non esclude che, una volta fissata l'udienza per il giudizio, il Giudice la dichiari con sentenza, all'esito di un esame preliminare dell'ammissibilità dell'impugnazione, senza entrare nel merito dell'appello (Cass. 113.7.98 n. 11027 dep. 22.10.98, rv. 211608).
Il ricorso proposto nell'interesse di Z.A., colpito da chiamata di correo corroborata dal contenuto delle intercettazioni
telefoniche, è inammissibile essendo del tutto corretta la qualificazione dei fatti riconosciuti al prevenuto che ha posto  in essere una condotta continuata e diretta alla sostituzione di titoli di provenienza delittuosa. Tanto esclude che alla  data della decisione di appello siano decorsi i termini di prescrizione, considerata anche la sospensione dei termini di prescrizione per questo prevenuto, termini debitamente e specificatamente indicati a pagina 13 della decisione di appello, in ordine ai quali il ricorrente non avanza doglianze, limitandosi a generiche negazioni.
Il ricorso relativo al diniego delle attenuanti generiche ed alla determinazione della sanzione è manifestamente infondato, in quanto la concessione di queste circostanze e la quantificazione della pena rispondono a criteri discrezionali, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti idonei a far emergere in misura sufficiente il pensiero del Giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del prevenuto (Cass.  1^  16.6.92  n. 6992, ud. 30.1.92, rv. 190645).
Trattasi di giudizio di fatto sottratto al controllo di legittimità, giudizio conseguente alla valutazione della concreta fattispecie che nel caso in esame il Giudice di appello ha compiutamente e logicamente effettuato avendo riferimento alla entità dei fatti ed al coinvolgimento del prevenuto in una intensa attività criminosa (solo gli assegni INPS sono in numero di 228).
Il ricorso proposto in favore di S.P. è parimenti inammissibile.
Ai sensi del disposto di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicche' dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti operata dal Giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. SU. 19.6.96, De Francesco).
Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al Giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n.6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). Non è quindi consentito un  diverso apprezzamento di un fatto o di un dato probatorio valutato non con manifesta illogicità da parte del Giudice di merito, il quale ha non illogicamente considerato sia i rapporti con il P. sia il numero e la qualità degli assegni trattati  dal  prevenuto.
Queste circostanze costituiscono un dato oggettivo che esclude una qualche valenza alle dichiarazioni di innocenza solo esposte senza sottoporsi ad esame e senza spiegare perchè era in possesso ed accettò un così elevato numero di assegni circolari non trasferibili, negoziati da persona non intestataria dei titoli. La condotta quindi è stata debitamente ritenuta come espressione di consapevole provenienza illegittima dei titoli (i reati presupposti sono stati provati dalle dichiarazioni degli ufficiali di P.G.), mentre l'azione penale è stata esercitata anche contro altri funzionari bancari (M.P.) in separato procedimento, senza considerare la diversità di posizione processuale di ciascun prevenuto.
Il ricorso per violazione della nuova norma di cui al comma 1bis all'art.405 cod. proc. pen., risulta manifestamente infondato trattandosi di norma processuale che trova applicazione al momento della istruzione preliminare e che comunque non preclude il giudizio ove il magistrato istruttore non ritenga di dovere disporre archiviazione.
Anche il motivo di ricorso relativo alle attenuanti generiche ed alla pena è manifestamente infondato, dovendosi richiamare quanto sopra esposto con riferimento alla posizione di Z.A., avendo il Giudice di Appello compiutamente e logicamente effettuato il proprio giudizio di merito considerando gli accertati collegamenti del prevenuto per analoghi diversi fatti con elementi appartenenti alla criminalita' organizzata della Locride.
L'inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art.129 cod. proc. pen., e nella specie l'eventuale decorso del termine di prescrizione (Cass.S.U. 21.12.00  n.32, ud. 22.11.00, rv. 217266).
Il ricorso avanzato nell'interesse di S.D. è invece fondato alla luce della documentazione correttamente richiamata.
La decisione deve essere annullata senza rinvio con trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria per il giudizio.
Le impugnazioni di P.A.S., S.G., Z.A. e S.P. sono pertanto inammissibili a norma dell'art.606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali, nonchè ciascuno al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 600,00.
                               P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.D. con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Dichiara inammissibili i ricorsi di P.A.S., S.G., Z.A. e S.P. che condanna in solido al pagamento delle spese processuali e ciascuno di essi al versamento della somma di Euro  600,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2006
 
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