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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 marzo 2006 (dep. 8 maggio 2006), n. 15888/2006 (519/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 marzo 2006 (dep. 8 maggio 2006), n. 15888/2006 (519/2006)
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Opposizione alla richiesta di archiviazione: il termine di dieci giorni non è perentorio (basta che il gip non abbia già deciso)

                            REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                       SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Francesco - Presidente
Dott. CONZATTI Alessandro - Consigliere
Dott. PODO Carla - Consigliere
Dott. FIANDANESE Franco - Consigliere
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da M.A., nata a ..., nel procedimeto a carico di R.S., nato a ... , avverso il decreto di archiviazione del G.I.P. del Tribunale di Palermo, in data 4 febbraio 2005;
Visti gli atti, il decreto denunziato e il ricorso;
Sentita in camera di consiglio la relazione svolta dal Consigliere Dott. Franco Fiandanese;
Letta la richiesta della Procura Generale presso la Suprema Corte di annullare il provvedimento impugnato.
                    SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO
Il  G.I.P. del Tribunale di Palermo pronunciava, in data 4 febbraio 2005, decreto di archiviazione nel procedimento a  carico di R.S., indagato in relazione al reato di cui all'art. 640 c.p., previa declaratoria di inammissibilita' dell'opposizione presentata dalla  persona offesa, M.A., ritenuta intempestiva, perche' non depositata presso la cancelleria del G.I.P. nel termine di dieci giorni dall'avviso alla stessa persona offesa.
Propone ricorso per cassazione il difensore della M., denunciando inosservanza e/o erronea applicazione della  normativa processuale, in quanto non esisterebbe alcuna disposizione del codice di rito che preveda la scadenza del  termine alla materiale ricezione della proposta opposizione da parte della cancelleria del giudice competente a pronunciarsi sull'archiviazione, dovendosi ritenere rispettato il termine di legge con il deposito dell'atto presso la segreteria del P.M.. 
La Procura Generale presso la Suprema Corte ha richiesto l'annullamento del provvedimento impugnato, sul  presupposto della ritualita' della presentazione dell'atto di opposizione, nel termine prescritto dall'art. 408 c.p.p., comma 3, presso la segreteria del Procuratore della Repubblica.
                       MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e' fondato per i motivi di seguito esposti.
Il collegio ritiene che, preliminare alla verifica della tempestivita' dell'opposizione, sia l'accertamento della natura
giuridica del termine di cui all'art. 408 c.p.p., comma 3.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, il suddetto termine dovrebbe essere considerato perentorio, con la  conseguenza che legittimamente il G.I.P. pronuncia decreto di archiviazione de plano, pur in presenza di opposizione, allorche' questa sia tardiva e, quindi, da considerare inammissibile (Sez. 6^, 14/11/1995, n.4147, Cafarelli, riv. 204000; Sez. 6^, 29/03/2000, n.1574, De Gennaro, riv. 217131; Sez. 6^, 18/09/2003, n.38944, Stara, riv. 228329).
Il collegio non condivide tale orientamento, per ragioni interpretative di ordine letterale e sistematico.
Innanzitutto, a norma dell'art. 173 c.p.p., comma 1, "i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge" e, quindi, in mancanza di espressa previsione normativa il termine di cui si discute non puo' essere considerato stabilito a pena di decadenza, come e' chiarito anche dal disposto dell'art.126 disp. att. c.p.p., che attribuisce a siffatta prescrizione temporale effetti dilatori per il P.M. e per il G.I.P., i quali sono vincolati ad osservarne la scadenza, rispettivamente, prima di trasmettere gli atti e prima di disporre l'archiviazione.
Per la persona offesa il suddetto termine ha carattere accelleratorio, in quanto, se adempiuto, assicura efficacia all'opposizione, la quale altrimenti sarebbe esposta al rischio di pervenire alla cognizione del giudice a procedimento  gia' definito (Sez. 6^, 22/10/2003 - 17/02/2004, n.6475, Gozzo, riv. 228263).
Dal punto di vista sistematico, occorre considerare che la perentorieta' del termine non puo' desumersi dalla normativa  in materia di impugnazioni, poiche' e' pacificamente escluso che l'opposizione rientri nel genus delle impugnazioni,
trattandosi di atto diretto non contro un provvedimento del giudice, ma contro una richiesta del Pubblico Ministero e, quindi, costituisce esercizio del contraddittorio e si colloca nel quadro del ruolo attribuito alla persona offesa dal codice di procedura  penale. 
Il Libro 1^ del codice di procedura penale prevede nel Titolo 6^ la persona offesa, quale soggetto processuale distinto  dalla parte civile disciplinata nel precedente Titolo 5^.
La collocazione della persona offesa tra i soggetti costituisce una significativa novita' del nuovo codice di rito, che supera in tal modo l'impostazione del codice del 1930, nel quale la persona offesa non aveva alcun diritto nel  procedimento. 
Sebbene alla persona offesa non possa essere attribuita la qualifica di parte processuale (come si argomenta dagli
artt. 100 e 101), le viene riconosciuta una posizione processuale caratterizzata da una serie di diritti e di facolta', particolarmente incisivi nella fase delle indagini preliminari (artt.360, 366, 369, 398, 401, 406, 410 e 413 c.p.p.) e che si completa e si sviluppa nei momenti processuali successivi (artt.419, 429, 451, 456, 458, 465, 519 e 560 c.p.p.) nella prospettiva della costituzione di parte civile, fino a risultare quasi riassorbita nell'attivita' esperibile da quest'ultima,  ma conservando comunque una sia pur limitata autonomia (art. 572 c.p.p.), con cio' confermandosi il suo ruolo non
caratterizzato in modo esclusivo dalla tutela dell'interesse al risarcimento del danno, ma finalizzato, in sede di  procedimento di archiviazione, a stimolare dialetticamente il controllo del giudice sulla completezza delle indagini.
D'altro canto, la giurisprudenza ha chiarito che "la mancanza o la tardivita', della dichiarazione di voler essere informata della richiesta di archiviazione non esclude la facolta' della persona offesa di proporre, con gli effetti previsti dall'art. 410 c.p.p., opposizione dopo la trasmissione della richiesta del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari e fino a quando questi non abbia provveduto" (Sez. Un. 30/06/2004, n.29477, Abruzzese, riv. 228005).
E' evidente che se e' produttiva di effetti l'opposizione da parte di colui che non e' stato avvisato della iniziativa di  archiviazione per non avere formulato la relativa richiesta, non e' possibile pervenire a diverse conclusioni nell'ipotesi di opposizione presentata dopo la scadenza del termine indicato  nell'avviso.
Deve essere, pertanto, formulato il principio secondo il quale il mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto    dall'art.408 c.p.p., comma 3, non incide sull'ammissibilita' dell'atto di opposizione, che il giudice, se non abbia gia' pronunciato archiviazione, dovra' esaminare, assumendo le conseguenti deliberazioni ai sensi dell'art. 410 c.p.p..
In applicazione dei suddetti principi, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio e deve essere  disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo per nuovo esame.
               
                 P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo per nuovo esame.
Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2006
 
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