Versione per la stampa
Mandato d'arresto europeo e chiamata in correità
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Presidente Dott. OLIVA Bruno - Consigliere Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere
ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello degli Abbruzzi - L'Aquila; contro la sentenza in data 1 febbraio 2006 emessa dalla detta Corte territoriale nei confronti di N.G.;
Letti gli atti e la sentenza impugnata; Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. B. Oliva; Udito il Procuratore Generale, Dott. Fraticelli Mario, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe la Corte di Appello di L'Aquila ha rigettato la richiesta formulata dal Vice Procuratore della Repubblica presso il Tribunale de Grande Istance de Nancy per l'arresto e la consegna di N.G. in esecuzione del mandato di arresto europeo in data 9 novembre 2005 emesso con riferimento ad un traffico internazionale di cocaina. Decisione giustificata dal rilievo che a' termini dell'art.17, comma 4 della legge 22 aprile 2005, n. 69, la consegna della persona ricercata e' subordinata alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, da riscontrare alla luce dei principi dell'ordinamento dello Stato richiesto, e che dagli atti trasmessi dall'Autorita' francese era possibile desumere che l'asserita partecipazione del N. all'illecito traffico si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni, prive di qualsiasi riscontro oggettivo e soggettivo, rese dal coimputato W.I., per cui la richiesta non era compatibile con i principi dell'ordinamento italiano.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di L'Aquila, lamentando il vizio della motivazione e l'erronea applicazione della legge penale, dal momento che il mandato di arresto europeo emesso dalla Procura della Repubblica di Nancy recava menzione espressa della duplice chiamata di correo di W.I. e C.J., entrambi reclutati dal N., promotore ed organizzatore di un traffico di stupefacenti tra l'America del sud e l'Europa, in specie l'Italia, ed arrestati nel corso del trasporto di kg. 4.080 di cocaina, e che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, le due chiamate di correo, caratterizzate da coerenza, autonomia, attendibilita' e specificita', si riscontravano a vicenda e costituivano, quindi, un valido e grave compendio indiziario.
Con memoria difensiva in data 24 marzo 2006 il N. ha invocato il rigetto del ricorso, rappresentando l'illegittimita' della richiesta dell'Autorita' francese, poiche' il mandato di arresto europeo non puo' avere corso qualora, come nella specie, i reati contestati siano stati commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato richiesto o la persona ricercata sia gia' stata giudicata per gli stessi fatti con sentenza irrevocabile da uno degli stati membri dell'Unione europea. Peraltro, come giustamente rilevato dalla Corte territoriale, la richiesta, che non evocava fatti di rilevanza penale attribuibili nei suoi confronti, era fondata esclusivamente sulla chiamata di correo del cittadino egiziano, tra l'altro interessato alle dichiarazioni accusatorie onde beneficiare della legislazione premiale prevista dallo Stato francese, avendo la C. riconosciuto soltanto i fatti, riferendo di far parte di un'organizzazione dedita al traffico di cocaina.
Il ricorso e' fondato alla luce dei rilievi del Procuratore ricorrente, da correlare alle pertinenti osservazioni del N..
In materia di valutazione della chiamata in reita' o correita' da parte dei soggetti indicati dall'art. 192 c.p.p., comma 3, che l'Autorita' richiesta e' tenuta ad effettuare secondo i principi del proprio ordinamento a' termini del 4 comma dell'art. 17 della L. 22 aprile 2005, n. 69, va ribadito che il Giudice deve innanzi tutto affrontare il problema della credibilita' del dichiarante in relazione tra l'altro alla sua personalita', al suo passato, ai suoi rapporti con l'accusato, alle ragioni che lo hanno indotto alla confessione, e quindi deve verificare l'attendibilita' delle dichiarazioni rese ed esaminare l'esistenza di riscontri ai fini della necessaria conferma dell'attendibilita'.
Orbene, tale complessa indagine risulta del tutto omessa nella sentenza impugnata, specie per quanto concerne l'esame e la valutazione dei riscontri alle dichiarazioni del W.I., ritenuti insussistenti dalla Corte territoriale, senza pero' tenere conto della versione dei fatti resa dalla C., cui e' cenno nella documentazione trasmessa dall'autorita' francese.
Il provvedimento impugnato deve, quindi, essere annullato ai sensi dell'art. 22, comma 6 della citata legge n. 69 del 2006,con rinvio alla Corte di appello di Perugia, che esprimera' il proprio convincimento in ordine alla richiesta in esame, valutando anche, come evidenziato dal N., l'eventuale sussistenza, a' termini della lettera "p" dell'art. 18 della gia' indicata legge, di condizioni ostative alla consegna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia.
Cosi' deciso in Roma, il 3 aprile 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2006
|