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Legge Pecorella e travisamento della prova: istruzioni per l'uso
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. RIZZO Aldo - Presidente Dott. SIRENA Pietro Antonio - Consigliere Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere Dott. TAVASSI Marina Anna - Consigliere Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere
ha pronunciato la seguente: SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale della Libertà di Palermo nei confronti di N.G., nato il ... avverso l'ordinanza del 12/10/2005 del Tribunale della Libertà di Palermo sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Casucci Giuliano; sentite le conclusioni 1) del P.G. De Sandro A.M., che ha chiesto il rigetto del ricorso; 2) del difensore dell'indagato Avv. I.F., che ha chiesto il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza in data 12 ottobre 2005, il Tribunale di Palermo, sezione per il riesame, revocava la misura della custodia in carcere applicata nei confronti di N.G. con ordinanza del GIP in sede in ordine al delitto di cui all'art. 416 bis c.p.. Il Tribunale riteneva che la decisione gia' assunta nei confronti del coindagato D.G.R., a seguito dell'annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, assumeva particolare rilievo in relazione alla valutazione della condotta contestata al N., perche' la vicenda (relativa all'acquisizione della societa' coop. a r.l. ...) da cui era stata desunta la sua partecipazione all'associazione mafiosa e' analoga a quella di D.G..
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l'ufficio del P.M., il quale, premesso che in ordine alla sussistenza della gravita' indiziaria si era formato nei confronti di N.G. il giudicato cautelare, ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi: - violazione dell'art.416 bis c.p. per avere il provvedimento impugnato trasformato arbitrariamente la nozione di intimidazione mafiosa in quella piu' restrittiva di violenza o minaccia, la nozione di coazione psicologica in quella di costrizione e la finalita' di prevaricazione mafiosa nella realizzazione di un evento di danno altrui, pretendendo quindi che il reato in esame si perfezionasse con gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art.629 c.p.; - violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e) per avere il Tribunale fatto esplicito riferimento alla decisione assunta nei confronti di D.G., assumendone l'assoluta analogia con quella di N., senza tenere conto non soltanto che l'annullamento per la posizione di D.G. era stato disposto con rinvio (ed in tal sede il Tribunale aveva frainteso il dictum della S.C. avendo omesso di considerare i parametri imposti, fra i quali, come indice rivelatore, era imposto l'accertamento sulle condizioni patrimoniali della societa' ..., senza spendere una parola sull'elemento dell'affectio societatis) ed escludendo qualsiasi valore alle dichiarazioni rese da V.C. il 14 maggio 2003 in ordine alle confidenze ricevute dal N., nonostante il loro chiaro significato, sul cui contenuto e' stata omessa ogni valutazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va rilevato innanzi tutto che in relazione alla posizione di N.G. si e' formato il cd. giudicato cautelare, in quanto il ricorso da lui proposto contro l'ordinanza del Tribunale di Palermo del 4 marzo 2005, che aveva rigettato la richiesta di riesame contro il provvedimento impositivo della custodia cautelare in carcere, era stato dichiarato inammissibile con sentenza di questa Corte dell'8 giugno 2005.
Il collegio condivide la regola interpretativa secondo la quale "in tema di giudicato cautelare, puo' costituire fatto nuovo, idoneo a modificare il quadro indiziario gia', a suo tempo, valutato ed a legittimare istanza di revoca della misura, il fatto che, nell'ambito dello stesso procedimento, un altro indagato o imputato abbia ottenuto una decisione favorevole". (Cass. Sez. 5, n. 21344 del 23/04/2002 - 30/05/2002).
Tuttavia l'effetto estensivo dell'impugnazione in materia cautelare (art.587 cpp) in conseguenza della frammentazione del procedimento (derivante dalla diversita' dei mezzi di impugnazione proposti) non e' precluso solo allorche' il vizio del provvedimento cautelare sia cosi' radicale da essere necessariamente comune a tutti i coindagati (Cass., Sez. 5, 24.3-6.5.2004 n. 21641).
Nel caso in esame, la circostanza che nei confronti del coindagato D.G.R. il medesimo Tribunale (a seguito di annullamento con rinvio dell'ordinanza del Tribunale di Palermo in sede di riesame) abbia annullato l'ordinanza di custodia cautelare per aver ritenuto nei suoi confronti l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di partecipazione alla medesima associazione di tipo mafioso, non sembra assumere decisivo rilievo, posto che per la posizione dell'odierno resistente la Corte di Cassazione ha ritenuto che "il Tribunale di Palermo .... ha fornito un'attenta analisi della vicenda nel suo complesso e delle condotte direttamente imputabili a N.G. (.....) non solo tramite le dichiarazioni (anche queste estremamente significative, reiterate e ribadite anche a soggetti terzi) di D.G.R., ma altresi' tramite riscontri esterni diversi (vedi le dichiarazioni rese dal collaborante V.C. in data 4.5.2003)....".
Pertanto, posto che la posizione di D.G.R. risulta essere, sotto il profilo cautelare, non ancora definita, assume principale rilievo la parte della motivazione dell'ordinanza impugnata che si occupa dell'elemento di novita' introdotto con l'istanza di revoca, costituito dalla produzione dalla copia del Giornale di Sicilia del 31.1.2001.
Il Tribunale ha valutato che l'articolo pubblicato in tale data (che dava notizia che l'arresto di S. era avvenuto "in un luogo vicino al nascondiglio di P., tanto vicino che i poliziotti si aspettavano di trovare proprio lui e non S.") aveva svuotato di valore le dichiarazioni rese in data 4.5.2003 da V.C., secondo le quali "nel periodo in cui era recluso presso il carcere di Trapani nel 2001, il N. gli aveva confidato che dopo la cattura dello S., aveva incontrato L.B.C. che gli aveva riferito che quando lo S. era stato catturato il P. si trovava in altro caseggiato a pochi metri dal luogo ove aveva fatto irruzione la polizia".
Il P.M. ricorrente critica questa parte della motivazione mediante il rinvio al contenuto degli atti, in particolare alle dichiarazioni rese da V.C. in occasione dell'interrogatorio in data 4 maggio 2003, del quale riporta ampio stralcio, dimostrativo (ad avviso del ricorrente) del fatto che esse erano "assai piu' ricche e circostanziate di quelle riportate sul Giornale di Sicilia".
Il P.M. ricorrente, propone pero' in tal modo una valutazione alternativa rispetto a quella gia' formulata sulla medesima questione dal giudice di merito denunciando quindi sostanzialmente un travisamento del fatto, come tale non consentito in sede di legittimita' neppure nella rinnovata, e gia' vigente formulazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
Come noto, la formula novellata ha introdotto come nuova ipotesi di vizio della motivazione (oltre alla mancanza e alla manifesta illogicita') la contraddittorieta' della stessa, risultante non soltanto dal testo del provvedimento impugnato, ma anche "da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame".
La questione assume particolare rilevanza nei, caso in cui (come quello in esame) il giudice dell'appello sia andato di contrario avviso rispetto alla decisione adottata in prima istanza, ponendo cosi' la parte vittoriosa in primo grado in condizione di non potersi difendere adeguatamente nel successivo grado di giudizio che, essendo di legittimita', preclude qualsiasi riesame nel merito.
La giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. 30.10-24.11.2003 n.45276), al fine di ovviare alle difficolta' della parte soccombente in appello, aveva individuato quale possibilita' di ricondurre nel vizio di mancanza di motivazione (in quanto all'epoca gia' deducibile in sede di legittimita'), la mancata risposta da, parte del decidente alle sollecitazioni proposte con memorie difensive, dirette ad estendete le sue valutazioni su elementi diversi non posti a fondamento dell'atto di appello e non oggetto di valutazione da parte del primo giudice. Nel contempo sollecitava il legislatore per un opportuno intervento che rimediasse alle difficolta' evidenziate e suggeriva di modificare il giudizio di appello con la previsione, in caso di difformita' di valutazione, di separare la fase rescindente da quella rescissoria.
La scelta del legislatore e' stata diversa: da un lato ha escluso la possibilita' di appello per le sentenze di assoluzione. Dall'altro ha esteso il ricorso per cassazione, con le modifiche apportate alle lettere d) ed e) dell'art. 606 c.p.p., comma 1. Tralasciando la modifica apportata alla lettere d), che qui non interessa, e preso atto che la modifica apportata all'art. 593 c.p.p. ha ad oggetto solo l'inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento (non quindi i provvedimento in materia di custodia cautelare che non accolgono le richieste del pubblico ministero, sicche' inalterata rimane la disciplina dell'art.310 c.p.p.), e' fuor di dubbio che la nuova formulazione della lettera c) dell'art. 606 c.p.p. cit. deve trovare applicazione anche nel giudizio incidentale cautelare e quindi anche nel caso (come quello in esame) in cui il pubblico ministero si trovi ad avere in appello una decisione diversa, e per lui sfavorevole, rispetto a quella ottenuta in prima istanza.
Il dato normativo lascia inalterata la natura del controllo del giudizio di cassazione, che puo' essere solo di legittimita'. Non si fa carico alla Suprema Corte di formulare un'ulteriore valutazione di merito. Si estende soltanto la congerie dei vizi denunciatali e rilevabili.
Il nuovo vizio e' quello che attiene sempre alla motivazione ma che individua come tertium comparationis, al fine di rilevarne la mancanza l'illogicita' o la contraddittorieta', non solo il testo del provvedimento stesso ma "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame".
L'espressione adottata ("altri atti del processo") non puo' essere interpretata nel senso, limitato, di atti a contenuto valutativo (come gli atti di impugnazione e le memorie difensive) ma anche gli atti a contenuto probatorio (come i verbali) al fine di rimediare al vizio della motivazione dipendenti dalla divaricazione tra le risultanze processuali e la sentenza.
La novella normativa introduce cosi' due nuovi vizi definibili come travisamento della prova, che si realizza allorche' nella motivazione della sentenza si introduce un'informazione rilevante, che non esiste nel processo, allorche' si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione.
Attraverso l'indicazione specifica della prova, che si assume travisata o omessa, si consente alla Corte di Cassazione di verificare la correttezza della motivazione (sotto il profilo della sua non contraddittorieta' e completezza) rispetto al processo.
Questo ovviamente (si ribadisce) nel caso di decisione di appello difforme da quella di primo grado.
Ed invero in caso di cd. doppia conforme il limite del devolutum non puo' essere valicato ipotizzando recuperi in sede di legittimita' (salva l'ipotesi in cui il giudice del gravame, al fine di superare le critiche mosse dall'appellante al provvedimento di primo grado, individui atti a contenuto probatorio mai prima presi in considerazione, in relazione ai quali il ricorrente deve conservare la' possibilita' di denunciarne il travisamento).
Il dato a contenuto probatorio, che si denuncia come travisato o come omesso, deve avere la caratteristica della decisivita', ovviamente nell'ambito dell'apparato motivazionale oggetto di critica (non e' concepibile una rivalutazione del complesso probatorio, perche' in tal modo si sconfinerebbe nel merito).
Fissati in tal modo i limiti del controllo della motivazione consentito alla luce della nuova formulazione della lettera e) dell'art. 606 c.p.p., comma 1, si osserva che nel caso in esame, in relazione all'elemento di novita' (costituito dalla pubblicazione sul Giornale di Sicilia nel gennaio 2001 dell'arresto di S. in luogo vicino al nascondiglio di P.) nulla di specifico il P.M. ricorrente ha potuto contrapporre alla correttezza e completezza della motivazione del Tribunale. Ed invero la parte del verbale delle dichiarazioni rese da V.C. che si assume essere stata trascurata nell'ordinanza impugnata ha ad oggetto episodi risalenti agli anni 1994-1995, epoca che risulta non essere oggetto di contestazione nel presente procedimento cautelare (nello stesso ricorso del P.M. si da atto che a carico di N. e' pendente un diverso procedimento con imputazione di cui all'art. 416 bis c.p. in relazione a condotte contestate fino al 6 novembre 1998). Va quindi esclusa la decisivita' dell'atto probatorio indicato.
In conseguenza il ricorso deve essere rigettato, perche' per effetto dell'esclusione del valore di riscontro delle dichiarazioni di V., restano allo stato solo quelle del coindagato D.G.R., insufficienti. P.Q.M. Rigetta il ricorso.
Cosi' deciso in Roma, il 23 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2006
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