La legge del 1998 n.269, contro lo sfruttamento sessuale dei minori, viene riformata dalla legge n.38 del 06 febbraio 2006 rubricata "Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo di Internet". Da poco entrata in vigore, G.U. 15.02.06, è già sottoaccusa come testo normativo incivile colpevole di peggiorare una legge già di per sè pessima (Comunicato ALCEI 13.02.06).
Comprendere l'innovazione legislativa e la necessità di un nuovo intervento in materia non può prescindere da una dettagliata analisi sul come la previgente normativa, da molti fortemente criticata, ha trovato comunque applicazione nel sistema.
La legge n.269/98, è scaturita dall'impegno assunto dall'Italia con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, del 20.11.89, ratificata in Italia con legge del 25.05.91, n.176. Si trattava di una prima vittoria a favore del minore protetto da ogni forma di sfruttamento a suo danno, codificando in ben 19 articoli una necessaria quanto mai sperata tutela per quella dignità personale e libertà sessuale da sempre negata dai perversi "bisogni" degli adulti. Certo le vaghezze di alcuni concetti normativi e le difficoltà applicative degli stessi, così prestandosi alle più fantasiose interpretazioni, portarono ben presto ad una serie di critiche e dubbi di legittimità Costituzionale. Dei meriti devono comunque essere riconosciuti, primo fra tutti, quello di aver introdotto nuove ed autonome figure delittuose contro la prostituzione e la pornografia minorile, considerando che, in precedenza, la minore età della vittima di sfruttamento sessuale costituiva semplicemente una aggravante del reato di violenza sessuale di cui all'art.609bis c.p. Colonne portanti, a tutela dell'integrità e della libertà psico-fisica del minore, sono l'art.600bis, con il quale viene incriminato l'esercizio della prostituzione, il cui aspetto saliente della norma consiste nella circostanza che la punizione si estende anche alla domanda e non solo all'offerta; nonché l'innovativo art.600quinquies che punisce tutte quelle iniziative turistiche finalizzate alla fruizione di attività di prostituzione minorile. Quest'ultimo nasce in seguito all'accertata vastità e gravità del fenomeno, nonché, dall'esigenza di offrire una speciale tutela ai diritti del fanciullo avvertita da tutto il mondo che ha partecipato e cooperato nella lotta all'abuso attraverso Convenzioni internazionali e legislazioni nazionali. La variabile Internet svolge un ruolo sconcertante nell'ambito del fenomeno, contribuendo a limitare i rischi di essere scoperti ed arrestati nell'acquisto dei "virtuali viaggi organizzati" per fruire di reali prestazioni sessuali in lontani paesi esotici; espatrio anch'esso colpevole, nel garantire una maggiore immunità legata all'anonimato e all'inesistenza di un’adeguata legislazione nel paese di destinazione. Grazie alla legge del 1998/269, il turista italiano denunciato per pedofilia all'estero è perseguito anche dalla legge italiana oltre che da quella del paese in cui è stato denunciato, in deroga al principio generale della territorialità della legge penale che, appunto, non opera per le fattispecie di cui agli artt. 600bis, 600ter, 600quater, 600quinquies c.p. Una più incisiva tutela è prevista dall'art.16 della citata legge, recante "comunicazioni agli utenti", che pone obblighi informativi a carico degli operatori turistici che organizzano, sia nei modi convenzionali che per via telematica, viaggi collettivi o individuali nei paesi esteri. L'operatore turistico ha l'obbligo di inserire l'avvertenza di legge della pena della reclusione per i reati in esame, anche se commessi all'estero, nei materiali propagandistici, nei cataloghi e nei documenti di viaggio individuali. Comunemente si parla del cosiddetto "codice di condotta", che tutela anche l'operatore turistico che non intende organizzare né agevolare in alcun modo il turismo sessuale. Senza voler tralasciare ulteriori modificazioni ed innovazioni apportate al codice penale e di rito si ricorda l'introduzione di più efficaci strumenti processuali quali: l'obbligatorietà dell'arresto in flagranza previsto per un maggior numero di reati rispetto al passato, l'ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni e di ogni forma di comunicazione senza eccessivi ed infruttuosi limiti burocratici. Ulteriori mezzi di contrasto, previsti dall'art.14, sono attribuiti alla polizia giudiziaria e alla polizia delle telecomunicazione, quest'ultima competente per i su menzionati reati commessi per mezzo di Internet come: l'acquisto simulato di materiale pedopornografico, l'apertura di siti Internet di copertura, normativizzando per la prima volta la c.d. "trappola informatica" per adescare pedofili tramite l'offerta di illecite proposte sia pur fittizie. Inoltre, tipica, la figura dell'agente undercovering infiltrato nelle varie chat-line spacciandosi ora per pedofilo ora per bambino sempre al fine dell'adescamento.
FRAINTENDIMENTI E CONTRASTI CON I PRINCIPI COSTITUZIONALI (L.269/98)
Tuttavia il problema fondamentale, ruota intorno all'infelice formulazione dell'art. 600ter e in particolare dell'art. 600quater c.p.
Il primo prevede ed incrimina diverse condotte legate allo sfruttamento della pornografia minorile: dalla realizzazione di esibizioni pornografiche o produzione di detto materiale, al commercio o distribuzione, divulgazione e pubblicizzazione di materiale o informazioni di tipo pedopornografico; articolo che conclude con il richiamo della cessione consapevole e a titolo gratuito del materiale incriminante, spesso trattasi di produzioni amatoriali realizzate dai soggetti coinvolti. Innanzitutto che cosa si intende per pornografia infantile? Quando una persona può essere incriminata a norma del primo comma dell'articolo in commento? Orbene, l'unione Europea, con l'approvazione della decisione quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003, detta alcune regole per una più efficace cooperazione tra gli Stati nella lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini, definendo all'articolo 1 la pornografia infantile. Si tratta di materiale pornografico che ritrae o rappresenta visivamente:
A) Un bambino reale implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, fra cui l'esibizione lasciva dei genitali o dell'area pubica;
B) Una persona reale che sembra essere un bambino implicata o coinvolta in una condotta sessuale. Qui sorge il primo dubbio, come può essere incriminato un soggetto, del reato di cui trattasi, che richiede specificatamente lo sfruttamento dei minori per realizzare materiale "pedopornografico" se poi si è condannati per essere semplicemente coinvolti con una persona che sembra essere un bambino, atteso che nel nostro ordinamento è lecita la pornografia stante la sua differenziazione da quella pedopornografia? Fortunatamente, al nr.2 dell'art.3, si specifica che lo Stato può prevedere che esulino dalla responsabilità penale le condotte connesse con la pornografia infantile, in cui la persona che sembra essere un minore in realtà è maggiore degli anni diciotto al momento del fatto. Ma allora che necessità c'era di una simile disposizione che risulta essere solamente forviante! Se si tratta di un minore la macchina della giustizia si metterà in moto, in osservanza della norma in commento, diversamente il problema non si pone, e certamente ciò non serve a far comprendere che cosa si intenda per pornografia minorile, cosa si ricomprende e cosa esula da tale nozione.
C) Infine, immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto in una condotta sessuale. Anche in quest'ultima ipotesi si rende opportuno un chiarimento: la condotta in esame non rientra nella previsione di cui al primo comma dell'art.600ter c.p., per il semplice motivo che, il legislatore, richiede lo "sfruttamento" del minore per realizzare esibizioni o produzioni di natura pornografica. Trattandosi di immagini di bambini "inesistenti", risulta addirittura difficoltoso considerarle realistiche, in quanto riproduzioni virtuali, come accade al cinema nella realizzazione al computer di scene ed immagini dei films attraverso l'estrinsecazione di quel processo mentale del regista. Tanto è vero che, la lettera c dell'art. 3, punisce la diffusione di detto materiale e non il possesso a uso personale. All'uopo, si ricorda, una sentenza della Suprema Corte, sent. n.13 del 05.07.2000, che stabilisce il concreto pericolo di diffusione, indipendentemente dall'esistenza del fine lucrativo, del materiale incriminante, anticipando la tutela penale della libertà sessuale dei minori a tutte quelle condotte ritenute prodromiche del delitto di pedofilia considerato come reato di pericolo concreto. In Italia, nel concetto di pornografia minorile rientrano tutte quelle rappresentazioni di immagini e scene che richiamano un rapporto sessuale tra un adulto ed un minore, nonché gli atti di libidine e qualsiasivoglia situazione di tipo erotizzante, rappresentazioni sia video sia fotografiche che virtuali. Definizione, si premette, che è bene memorizzare se si considerano le innumerevoli difficoltà interpretative alle quali si è prestato l'art.600quater all'atto applicativo. Il problema consiste nell'indiscriminato trattamento sanzionatorio tra chi detiene il materiale per fini vietati dalla norma, da chi trovato in possesso di detto materiale per semplice curiosità. Ciò risulterebbe, a prima vista, incompatibile con il principio di offensività, il quale richiede che la condotta dell'agente sia idonea a ledere o porre in pericolo un qualche bene giuridico, posto che nel caso di detenzione il comportamento esaurisce la sua efficacia nella sola sfera privata dell'agente. Si deve allora ritenere che il delitto in esame rientra tra i c.d. delitti di scopo dove, non si incrimina l'offesa ad un bene giuridico, che tra l'altro manca, ma certe situazioni o condotte che lo Stato ha interesse a prevenire il loro verificarsi, una sorta di "processo all'intenzione". Assurdo! Se si considera che anche in presenza di una piena assoluzione sul piano giuridico, a ciò non corrisponde una analoga convinzione a livello sociale in cui il soggetto oramai etichettato come pedofilo sarà marginalizzato a causa del continuo sospetto di una sua colpevolezza. Il tutto, per un errore giudiziario dovuto alla mancanza di discrete indagini preliminari, o legato ad erronee interpretazioni di una norma poco chiara, o di un potere giudiziario esercitato in modo troppo discrezionale.
E' il caso di una persona, indagata per il delitto di cui all'art.600ter, terzo comma c.p., sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per aver, attraverso Internet, distribuito materiale fotografico avente ad oggetto minori ritratti nudi. In realtà si trattava della propria figlia la cui foto era stata inviata via e-mail alla nonna. In questo caso mancava, tra l'altro, il presupposto legale della divulgazione o distribuzione ad un numero indeterminato di persone al fine dell'esistenza del reato de quo, in conformità delle diverse pronunce della Suprema Corte in materia.
Con ciò non si vuole giustificare il comportamento parafilico di determinati soggetti e, negare al contempo, una repressione degli stessi e una penetrante tutela per i minori, semplicemente si vuole evitare il rischio che milioni di persone possano essere limitati della loro libertà, privata del rispetto sociale e della dignità personale senza un giustificato motivo. E' facile commettere degli errori, il difficile è riconoscerli e spesso un risarcimento non è sufficiente.
LA RIFORMA DELLA L. 38/06. COSA CAMBIA.
Cosa cambia con la nuova legge? Il legislatore è riuscito a superare tali ostacoli?
L'iter legislativo che ha portato all'attuale testo normativo è ricco di proposte di legge. Per ragioni di sintesi si citano i due disegni di legge più significativi. Il primo, è identificato come atto della Camera n.2415, presentato il 26 febbraio 2002, ed assorbito, tra molti altri, dall'atto c.4599 il 15 giugno 2005; al quale segue l'atto del Senato n.3503, ancora in stato di relazione in data 13 dicembre 2005 e successivamente sfociato nell'attuale testo normativo.
Si ritiene che in relazione a fenomeni profondamente radicati sia infruttuoso intervenire, in primis, per una definitiva eliminazione degli stessi. A sostegno di quanto detto si reputa maggiormente proficuo un tipo d’intervento mirante a circoscriverli al fine di indebolirli e successivamente, semmai fosse possibile, soffocarli totalmente. Nell'eventuale impossibilità di una definitiva scomparsa avremmo comunque ottenuto un soddisfacente successo, rendendoli quasi privi di forza. Dalla nuova legge possano attendersi notevoli risultati, a discapito delle critiche che già ha sollevato, quantomeno in relazione ai soggetti coinvolti nella lotta alla pedofilia, in numero e con compiti maggiori rispetto al passato. Tuttavia non mancano alcune lacune e contrasti interpretativi che con le modifiche introdotte dalla nuova legge, si sperava, avrebbero dovuto colmare e chiarire. Entrando nel merito della discussione, al capo II rubricato "Norme contro la pedopornografia a mezzo Internet", l'art.19 inserisce una serie di nuovi articoli alla modificata legge tra i quali: l'art.14bis prevede l'istituzione presso il ministero dell'interno del centro nazionale per il contrasto della pedopornografia in rete, con il compito di monitorare quei siti-web che diffondono detto materiale e raccogliere le relative segnalazioni provenienti anche da autorità straniere. All'obbligo di segnalazione al "centro" (art.14ter) sull'andamento del fenomeno in rete, sono tenuti i fornitori di connettività ad Internet, qualora vengano a conoscenza di attività illecite volte alla diffusione e commercializzazione di materiale pedopornografico; nonché l'obbligo di utilizzare strumenti di filtraggio ed ogni altra innovazione tecnologica al fine di impedire l'accesso ai siti segnalati e vietati dal centro (art.14quater). In realtà, già dal 1997, i Ministri delle Telecomunicazioni dei 15 paesi dell'Unione Europea avevano approvato un codice di condotta per regolarizzare l'uso di Internet prevedendo, tra l'altro, dei meccanismi di filtraggio e degli speciali selettori in grado di rilevare ed oscurare quei siti contenenti materiale incriminante. Questo sistema prevede che una apposita agenzia, secondo una propria tabella a punti, rilasci delle etichette P.I.C.S. ( Platform for Internet Content Selection) a quei siti che, in base al punteggio raggiunto non siano considerati pericolosi ed illegali. Inoltre, nel computer verrebbe istallato uno specifico software che è in grado di leggere queste indicazioni ed escludere i siti pericolosi dove "piccoli" navigatori potrebbero inconsapevolmente accedervi. Il problema di fondo è che si tratta di un progetto impossibile da realizzare se si considerano che le differenze culturali e giuridiche di ogni nazione ostacolano una totale adesione dei paesi membri; ciò che per noi può essere censurato perchè illecito in un altro paese può essere tutelato perchè lecito e possibile. Il problema oggi non dovrebbe porsi in tali termini perchè, gli strumenti di filtraggio previsti dalla legge n.38/06 consentono di rilevare quei siti vietati per contenuto dal centro ed "impedirne l'accesso" e non oscurandoli. Ciò significherebbe che il sito può essere "letto" da chiunque vi acceda da qualsiasi parte del mondo, ma in Italia ai minori ne è ostacolato l'accesso in seguito alle segnalazioni e alle relative protezioni istallate nei propri computers. L'ulteriore onere, previsto per i fornitori di connettività alla rete Internet, e quello di conservare le informazioni raccolte per almeno 45 giorni, termine riduttivo se si pensa alla richiesta di 5 fino a 10 anni presente nelle precedenti proposte di legge (es. disegno di legge n.2683 e n.3398). Tra le iniziative finalizzate ad impedire il commercio del materiale incriminante in rete, assumono particolare rilievo le misure finanziarie di cui all'art.14quinquies: le segnalazioni raccolte dal centro e relative ai soggetti che acquistano e diffondono detto materiale in rete, vengono trasmesse all'Ufficio italiano dei cambi. L'UIC, a sua volta, comunica alle banche e a tutti gli istituti che prestano servizi di pagamento che i titolari delle carte di credito da loro emesse vengono di fatto utilizzate per l'acquisto di prodotti pedopornografici in Internet o su altre reti di comunicazioni; ciò comporta la revoca dell'autorizzazione all'utilizzo della carta di credito e la risoluzione di diritto dei contratti stipulati con gli enti finanziari su menzionati. Da ultimo, è prevista l'istituzione di un Osservatorio, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il contrasto della pedofilia con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relative alle attività svolte da tutte le amministrazioni per la prevenzione e la repressione della pedofilia. A tal fine in ogni Osservatorio è istituita una banca dati per raccogliere dette informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno. La legislazione interna sembrerebbe tendente ad uniformarsi agli interventi normativi, in materia, adottati da altre nazioni; ciò, evidentemente, a sostegno degli effetti positivi che in altri paesi hanno già prodotto. In tal senso in Inghilterra, contro la pedofilia on-line, è stato istituito un pool di esperti denominato Virtual Global Taskforce, con il compito di monitorare la rete e indagare sui siti, newsgroup e chat rooms. Si tratta di un importante intervento, dopo l'annuncio della British Telecom di bloccare tutti quei siti che praticano la pedofilia o pornografia minorile in rete. Un ultimo intervento previsto per la lotta in rete della pedofilia è la creazione di una Black-List per le carte di credito di quei proprietari scoperti nell'atto di acquisti di materiale pedopornografico.
ALTRE MODIFICHE: ESTENSIONE DELLA PROTEZIONE, INASPRIMENTO DELLE PENE. NUOVI CONTRASTI COSTITUZIONALI E VECCHIE OMBRE.
Nel proseguo dell'analisi dell'attuale normativa salta subito agli occhi il profondo accanimento contro gli autori di violenze sessuali sui minori, il grave trattamento sanzionatorio dall'evidente inasprimento delle pene, sino ai due terzi, all'esclusione di alcuni benefici di legge quale il c.d. "patteggiamento" per il delitto di sfruttamento sessuale, nonchè la pena accessoria dell'interdizione perpetua dall'attività di insegnamento nelle scuole pubbliche e private e negli uffici o servizi in istituzioni o strutture frequentate prevalentemente dai minori (600septies c.p.). Quest'ultima trova applicazione anche nel caso in cui la pena complessivamente inflitta sia inferiore ai tre anni (es. per petteggiamento), superando il vecchio ed odioso ostacolo del limite edittale che diversamente avrebbe consentito a chiunque, espiata la mite pena, di riprendere l'insegnamento, quotidianamente a contatto con i minori e con l'allarmante rischio di recidiva che caratterizza tali soggetti. A parte ipotesi di confisca dei beni ai fini del risarcimento ed alcune preclusioni di legge contemplate nel testo previgente, tutto ciò che oggi si apprende dal nuovo testo è frutto di anni di discussione e innovazioni parlamentari. In realtà il legislatore sembra aver perseguito l’intento di frenare, da un lato, le inaccettabili manifestazioni perverse verso i minori sperando che, condanne così cruenti, costituiscano un efficace deterrente; dall’altro, novità della legge, ha esteso l’esigenza di tutela del minore sino al compimento del suo diciottesimo anno di età. In precedenza l’agente veniva punito qualora la vittima fosse stata minore degli anni 14, o degli anni 16 quando vi fosse stato abuso di rapporti di parentela o di altri rapporti assimilati, fissando l’età del consenso in materia sessuale, appunto, ai 14 anni salvo particolari ipotesi. L’estensione della protezione sino al compimento del diciottesimo anno di età, costituisce un’innovazione apprezzabile se si considera che spesso i minori sono vittime di abusi intrafamiliari dove risulta quasi impossibile sfuggire per paura o per vergogna, e dove, qualunque sia l’età della persona lesa purché minore, risulta necessario tutelare il corretto sviluppo della personalità sessuale dello stesso. Notevole importanza riveste l'attuale formulazione del primo comma dell'art. 600ter, in particolare la sostituzione del previgente termine "sfruttare" con la nozione "utilizzare" minori degli anni 18. In precedenza all'agente veniva richiesto dalla norma una condotta tipica caratterizzata dall'esistenza del dolo specifico, ossia, il minore doveva essere sfruttato e non semplicemente utilizzato. In altri termini ciò significava l'inserimento del minore in un’attività non occasionale finalizzata alla esibizione e produzione di materiale pedopornografico con lo scopo di trarre un’utilità in generale e non necessariamente di tipo lucrativa. A quest'ultima interpretazione era giunta la Suprema Corte a sezioni unite in seguito ai continui contrasti interpretativi segnando, ancora una volta, un punto a favore del minore che diversamente avrebbe subito un’ulteriore violenza nel vedere sottoporre ad un trattamento mite chi, dopo averlo sfruttato e impiegato come mezzo nella produzione di materiale pornografico, detto prodotto non essendo poi venduto ne ceduto gratuitamente, al fine della configurabilità della più lieve ipotesi di cui al quarto comma art.600ter, veniva accusato di semplice detenzione...forse! (art. 600quater c.p.). Si può supporre che tale pronuncia sia il precedente dal quale l'odierna norma scaturisce. Utilizzare il minore attraverso le diverse modalità d’impiego al quale lo stesso si può prestare, ovviamente richiamando l'attenzione sull'aspetto sessuale ed in modo tale che la sua libertà psico-fisica sia completamente o notevolmente compromessa, è la condotta richiesta per integrare il reato; non più dolo specifico ma un comportamento connotato dal dolo generico. Importante è che non si ecceda all'atto repressivo perchè, se è vero che lo "sfruttamento" sessuale del minore richiedeva un animus specifico maggiore, altrettanto veritiero è che l'ampliamento della condotta criminis sino all'utilizzo del minore per scopi sessuali, può giungere all'inaccettabile conseguenza di punire anche, quelle produzioni foto-video private, in cui entrambi i partners, es.adulto con minore che abbia già raggiunto l’età del consenso sessuale, siano consenzienti al rapporto, colpevoli solo di ricorrere a particolari quanto mai fantasiose pratiche sessuali. Nessun dubbio sull’esclusione della necessità di un’utilità economica in aggiunta alla privata lussuria dell’agente, necessaria è l’offesa alla personalità sessuale e alla fragilità del minore, ciò è quanto bisogna contrastare evitando ingerenze nella sfera privata in cui tale offesa o pericoli manchi. A sostegno dell’esigenza di una più incisiva tutela dei minori la volontà del legislatore nell’introdurre, sempre al primo comma dell’articolo in commento, l’ipotesi “dell’induzione” del minore alla partecipazione di esibizione pornografiche; ossia l’inganno mediante il quale l’adulto fa accettare al minore una situazione che consapevolmente non avrebbe mai accettato. Perplessità sorgono in ordine agli artt. 600quater e 600quater I. Come già detto, la detenzione di materiale pedopornografico rimanendo nella sfera privata dell'agente, comportava notevoli dubbi di legittimità in mancanza di una violazione del principio di offensività. In effetti, la detenzione di detto materiale non era idonea a ledere o mettere in pericolo un qualche bene giuridico tutelato dalla norma, da qui l'esigenza dello Stato di intervenire, comunque, nell'esclusivo interesse di prevenire condotte ritenute prodromiche ovvero di concreto pericolo. Quest'ultima, su una bilancia di valori, avrebbe avuto un peso maggiore dinanzi alla volontà di un avvocato di far rispettare un principio fondamentale del nostro ordinamento nonché i diritti del proprio assistito. Può la situazione risolversi modificando semplicemente un termine che può condurre ai medesimi dubbi interpretativi? Con riguardo all'art.600quater I, pornografia virtuale, è vero non sono più contemplate le immagini raffiguranti persone che sembrano minori, ma si parla di rappresentazioni la cui qualità fa apparire come vere situazioni non reali. Insomma, cosa dire, cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia! Qui non solo manca una qualche offesa o messa in pericolo ad un bene giuridico, ma manca addirittura la vittima.
CONCLUSIONI.
La presenza di un grande numero di soggetti legati alla pedofilia ha partorito le ulteriori modifiche introdotte dalla legge n.38/06 il cui merito, senza dubbio degno di considerazione, è quello di tutelare il corretto sviluppo psico-fisico del minore attraverso un più incisivo intervento contro ogni tipologia di abuso a suo danno. Purtroppo, tale fine, viene perseguito mediante l'introduzione di alcune norme forse troppo generiche e poco chiare prestandosi, come già accaduto con la previgente normativa, alle innumerevoli interpretazioni di dubbia legittimità costituzionale. Basti pensare ai continui contrasti con i principi fondamentali che informano il nostro ordinamento, quali fra tutti il "principio di offensività", la cui violazione si verifica spesso e soprattutto in relazione alla mancanza di una precisa e corretta definizione della pornografia minorile; nonché le continue ed indiscriminate ingerenze nella sfera giuridica privata dei soggetti coinvolti sulla base di un semplice sospetto. A parte le premesse considerazioni, il nobile intento del legislatore assume maggiore rilevanza nella fase preventiva di intervento, laddove numerose sono le persone competenti che a vario titolo si inseriscono in quei sistemi di controllo e di monitoraggio via Internet al fine di impedire la diffusione di materiale pedopornografico e lo sfruttamento, in genere, del minore. Anche se, secondo il comunicato ALCEI del 13.02.06, con i nuovi obblighi i provider vengono di fatto gravati di eccessivi oneri divenendo dei veri e propri poliziotti, criticando, nel medesimo comunicato, le modifiche introdotte dalla nuova legge come norme incivili che "aggiungono altre barbarie legali" con il pretesto della tutela dei minori. Mentre da un altro versante, A. Cadoppi, su Guida al Diritto n.9, pag.44, scrive di "aberrazione giuridica" legata alla violazione dei vari principi Costituzionali e di eccessiva indeterminatezza delle norme. Esercitare solo funzioni di controllo, punizione e difesa, trasformano, quello che dovrebbe essere un intervento di aiuto, in un sicuro fallimento. L'omissione più grave, accanto alle su menzionate perplessità, è la mancata predisposizione di uno spazio destinato al trattamento terapeutico per il recupero del pedofilo al fine di risocializzazione dello stesso in conformità, tra l'altro, allo scopo che la pena ha nel nostro ordinamento. Nelle diverse proposte di legge e da più parti sia in ambito medico che dal governo, la pedofilia viene classificata come malattia sia pur non alla stregua dei gravi disturbi mentali che comportano, come conseguenza, un’elusione della pena. Ciò si può ragionevolmente presumere dalle varie strategie terapeutiche proposte, tra le quali rientra la c.d. "castrazione chimica", ossia una terapia farmacologica con lo scopo di contenere, fino a rimuovere laddove risultasse possibile, il sintomo morboso di attrazione erotica verso i bambini. La difficoltà di un simile trattamento è legata all'impossibilità di una sua introduzione obbligatoria in quanto, la legge, richiede il necessario consenso del paziente a qualsiasi trattamento medico senza il quale lo stesso non può essere intrapreso, salvo il caso d’interventi medico-chirurgici urgenti. Vi è chi ritiene, invocando a sostegno l'art.32 Cost., l'obbligatorietà del trattamento di recupero in virtù di un indubbio vantaggio nei risultati, nella facile praticabilità dello stesso anche negli istituti penitenziari e nel costo contenuto dei farmaci da impiegare. Soprattutto sostenendo che, il diritto alla salute, è garantito come dovere dello Stato non solo nell'interesse del singolo individuo al quale si riferisce, ma dell'intera collettività. Senza dubbio le atrocità esercitate sui minori, i gravi danni psichici oltre che fisici subiti in seguito all'abuso, la forte esigenza di protezione avanzata dalle famiglie, sono tutte richieste di aiuto, di una vita serena e tranquilla contro il pericolo di recidiva in cui tali soggetti, proprio perchè malati e privi di sostegno, possono incorrere. Su una bilancia di valori, i diritti del fanciullo, come riconosciuti dalla Convenzione ONU, la sua adeguata crescita psico-fisica, sono o non sono quel minimo di diritto alla salute che lo Stato dovrebbe tutelare? Sottoponendo obbligatoriamente alla terapia i soggetti coinvolti così ottenendo un recupero sociale dei medesimi, un contenuto rischio di recidiva, una più efficace protezione verso quei bambini che fortunatamente non hanno conosciuto cos'è la violenza sessuale, un più ampio raggio di tutela della collettività, ci si chiede: dov'è il contrasto con l'art.32 della Costituzione? Se la pena tende alla risocializzazione del reo per un futuro inserimento come "uomo civile" nella società, la terapia non ha forse il medesimo scopo? In Belgio, una recente legge del novembre 2000, ha introdotto l'obbligo del trattamento terapeutico per il delinquente sessuale. In Olanda ed in Spagna sono previsti dei centri specializzati di recupero, salvo l'eccessiva brutalità prevista in terra olandese e consistente in pubblici avvisi rivolti alla comunità locale nei quali è allertata del possibile rischio di recidiva in cui può incorrere il delinquente rilasciato in seguito all'esecuzione della pena. In Italia non è stata normativizzata neanche la possibilità di sottoporsi volontariamente ad una terapia, disponendo, all'uopo, uno specchio dettagliato sui tipi di farmaci da impiegare, sugli effetti, sul tipo di somministrazione e sulle possibilità di riuscita. Non può risolversi un problema se non si individua l'origine che l'ha scatenato al fine di eliminare o circoscrivere la causa del male.
Daniela Castagna - maggio 2006
(riproduzione riservata)
BIBLIOGRAFIA.
GUIDA AL DIRITTO, N.9, IL SOLE 24 ORE.
CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DEL FANCIULLO.
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G. MAROTTA, con la collaborazione di I. CORRADINI, C. DI FEDE, R. DI PIETRO, P. GALDIERI, V. GUIDUCCI, G. STEFANO MANZI, G. ME, A. PICCI. Tecnologie dell’informazione e comportamenti devianti, Ed. Universitarie di Lettere Economia e Diritto, Milano 2004.
MASSIMO POLITI, Magistrato, La legge contro lo sfruttamento sessuale dei minori (L.3 agosto 1998, n. 269), Ed Laurus Robuffo, Roma 1998.