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Il decreto di allontanamento emesso dal Questore deve essere supportato da adeguata motivazione, non essendo sufficiente un richiamo al provvedimento prefettizio di espulsione, poichè attraverso tale atto vengono adotatte delle scelte connotate da discrezionalità tecnica, che hanno una loro autonomia concettuale ed una loro giuridica rilevanza diversa rispetto alle scelte preventivamente demandate al Prefetto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI SEVERO - Presidente
Dott.RIGGIO GIANFRANCO - Consigliere
Dott.GRANERO FRANCANTONIO - Consigliere
Dott.TURONE GIULIANO - Consigliere
Dott.CORRADINI GRAZIA - Consigliere
- ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore Generale della repubblica presso la Corte d'Appello di Brescia nei confronti di I.H., n. il ... avverso la sentenza del 16/05/2005 del Tribunale di Brescia; Visti gli atti, la sentenza ed il procedimento; Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRANERO Francantonio; Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Oscar CEDRANGOLO che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il procuratore generale di Brescia ricorre in Cassazione avverso la sentenza pronunciata il 16 maggio 2005 dal tribunale monocratico della stessa sede nel procedimento a carico di I. H., imputato del reato previsto e punito dall'articolo 14 comma 5 ter del decreto legislativo 30 luglio 2002 n. 189 e mandato assolto perché il fatto non sussiste, nel presupposto della mancanza di motivazione e della conseguente disapplicabilità del decreto del questore. Il ricorrente, ricordando il contrasto giurisprudenziale nell'ambito dei tribunali del distretto, richiama la giurisprudenza di questa corte secondo la quale non è necessaria la motivazione del decreto di allontanamento emesso dal questore, occorrendo fare riferimento a quella contenuta nel decreto di espulsione preventivamente emanato dal prefetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Procuratore Generale ricorrente si è appellato ad un principio di diritto affermato da talune sentenze di questa stessa sezione, secondo il quale la motivazione non sarebbe richiesta nel prowedimento del Questore, a causa del suo carattere meramente esecutivo di quello di espulsione emanato dal Prefetto, cui occorrerebbe riferirsi per il doveroso controllo di legittimità inerente alla motivazione. La tesi, però, nonostante i ricordati precedenti, si dimostra fallace e non può essere seguita, per due ragioni tra loro interagenti, la cui congiunta considerazione convince della necessità che anche il decreto del Questore sia supportato da adeguata motivazione. Vi è, intanto, il fondamentale principio di diritto, sancito dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo il quale, per la parte che qui rileva, ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, deve essere motivato. E' ben vero che il terzo comma del medesimo articolo esclude dall'obbligo i casi in cui le ragioni della decisione risultino da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, ma questa eccezione non può essere applicata - nel caso che qui interessa - attraverso il richiamo al provvedimento prefettizio di espulsione, cui occorrerebbe fare rinvio ai fini del controllo della motivazione. Diverso infatti, è l'oggetto giuridico, e diversi sono i presupposti dell'uno e dell'altro provvedimento. Si giunge, così, alla seconda delle ragioni tra loro interagenti cui si è fatto cenno. Nel secondo provvedimento, quello del Questore, quest'ultimo, pur tenuto, in seguito ai provvedimento prefettizio, all'obbligo giuridico di dar corso all'espulsione, si trova di fronte a tre scelte, rimesse a valutazioni connotate da discrezionalità tecnica, che hanno una loro autonomia concettuale ed una loro giuridica rilevanza diversa rispetto alle scelte preventivamente demandate al Prefetto: l'accompagnamento immediato alla frontiera e, quando ciò non sia possibile per le ragioni indicate dalla norma, il trattenimento presso un centro di accoglienza, o, in caso di impossibile ricorrenza di questa seconda ipotesi, l'ordine di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. È evidente lo spettro delle eventualità tra le quali il Questore è chiamato a scegliere, sulla base di presupposti diversi, pur nell'adempimento di un'attività vincolata, quanto all'esito, all'esecuzione del decreto prefettizio. È altrettanto evidente la diversa incidenza sulla sfera della libertà personale e su tutta un'altra serie di diritti e interessi della persona, messa in moto dall'una piuttosto che dall'altra delle opzioni possibili. Non vi è, quindi, alcuna ragione per escludere un provvedimento siffatto dall'obbligo generale di motivazione, sia perché l'eventualità non è riconducile alla richiamata eccezione di cui al comma 4 dell'articolo citato, sia perché non è rinvenibile nei principi generali alcuna altra ragione che possa in altro modo giustificarla. Alla luce di queste considerazioni non appaiono esaustive e convincenti quelle opposte contenute nella sentenza di segno contrario emessa da questa stessa sezione (la già citata n. 9609 del 09/01/2004 Ud. (dep. 02/03/2004) Rv. 227224, Sabati), secondo la quale non avrebbe senso richiamare il generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi previsto dall'art. 3 della legge n. 241 del 1990; e ciò non solo e non tanto per la ragione addotta nel ricorso, secondo cui il provvedimento &l questore non avrebbe natura propriamente amministrativa, in quanto meramente attuativo del decreto di espulsione emesso dal prefetto, ma anche e soprattutto perché il suddetto obbligo, in applicazione dell'ancor più generale principio di specialità, deve ritenersi implicitamente ma inequivocabilmente escluso in forza della sua mancata previsione nella specifica disposizione normativa che prevede il provvedimento in discorso, se interpretata (doverosamente) nel contesto dell'intera ed organica disciplina in cui essa è inserita. L'invocata organica interpretazione, infatti, non sembra in grado di dar conto delle ragioni che possano indurre il Questore ad adottare l'una piuttosto che l'altra delle opzioni demandategli, sia pure nell'ambito di una provvedimento finalisticamente vincolato, così come è alquanto opinabile che all'eventuale inosservanza dell'obbligo di motivazione non corrisponda un concreto interesse nel soggetto destinatario, in considerazione del fatto (di cui, anche, è cenno nella sentenza citata, e in altre) che l'ordine di allontanamento sarebbe in ogni caso la più favorevole delle ipotesi di fronte alle quali il soggetto passivo viene a trovarsi. Considerando infatti la situazione di disagio in cui sempre versa lo straniero privo del permesso di soggiorno, è veramente molto dubbio che l'ordine di allontanarsi con i propri mezzi (quali? con l'aiuto di chi? come?) sia per lui più favorevole dell'essere trattenuto, almeno provvisoriamente, in un centro di accoglienza. Per tutte queste ragioni, il Collegio ritiene di discostarsi da quel precedente e, in adesione a quelli di segno opposto, riaffermare il principio di diritto circa l'obbligo di motivazione del decreto del Questore e la conseguente infondatezza dell'opposto principio costituente l'unico fondamento del ricorso in esame.
Il ricorso va perciò respinto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2006
Depositato in Cancelleria 15 marzo 2006
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