IL GIUDICE
Letti gli atti del proc. pen. n. ... a carico di K.H., nato in ... il ...;
atteso che il predetto è chiamato a rispondere con decreto di citazione diretta, emesso in data 20-5-2005, dei reati di cui agli artt. 582 cp, 594 cp, 612 cp, commessi tra il 28 marzo 2000 e il 6 ottobre 2000;
rilevato che, essendo stato il dibattimento aperto in data odierna, possono applicarsi, ex art. 10/3° co. L 251/2005, ove più favorevoli, i termini di prescrizione previsti dall’art. 157 cp, come novellato dall’art. 6 L 251/2005 cit.;
considerato in particolare che nel caso di specie deve aversi riguardo al disposto del nuovo art. 157/5° co. cp, in forza del quale, allorché per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni, che in caso di interruzione della prescrizione, può essere aumentato di un quarto, fino a tre anni e nove mesi;
atteso che tale previsione deve essere riferita ai reati oggi di competenza del giudice di pace, per i quali in effetti ai sensi dell’art. 52 D.l.vo 274/2000 può essere irrogata nei casi di cui al secondo comma, lettere a) seconda parte, b) e c), la sanzione della permanenza domiciliare o del lavoro sostitutivo, in alternativa, alla mera pena pecuniaria;
rilevato che tutti i reati per cui è processo, stante il tenore dell’imputazione, sono oggi di competenza del giudice di pace e che dunque, ai sensi dell’art. 2 cp, essi sono soggetti al più favorevole trattamento sanzionatorio dettato dall’art. 52 D.l.vo 274 cit.;
ritenuto a tale stregua che in relazione al tipo di sanzione per essi prevista risulta corrispondentemente applicabile anche il nuovo termine di prescrizione come sopra indicato;
atteso peraltro che proprio sulla scorta di tale considerazione si appalesa rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 157/co. 5 cp, come novellato dall’art. 6 L 251/2005, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui, senza tener conto dell’effettiva gravità dei reati, ma anzi in contrasto con la pena edittale prevista, contempla irragionevolmente termini di prescrizione diversi, a seconda che per il reato siano o meno irrogabili, in alternativa alla pena pecuniaria, la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo,
osserva in particolare quanto segue.
Innanzi tutto deve ritenersi che il disposto dell’art. 157 co. 5 cp, risultante dalle modifiche apportate dall’art. 6 L 251/2005, non sia riferibile a reati diversi da quelli oggi di competenza del giudice di pace, puniti con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo.
Diversamente intesa, la norma risulterebbe inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto riferimento.
D’altro canto nulla rileva che l’art. 52 D.l.vo 274/2000 contempli un meccanismo sanzionatorio a griglia, prevedendo al secondo comma lett. a), seconda parte, lett. b) e lett.c), in alternativa alle altre, anche la mera pena pecuniaria.
In particolare deve escludersi che, per il solo fatto della possibilità di irrogare quest’ultima, debba aversi riguardo al termine dettato dall’art. 157 co. 1 cp, in forza del quale la prescrizione matura in almeno sei anni per i delitti e in almeno quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria.
Il primo comma infatti correla il termine alla natura del reato mentre il quinto comma al fatto in sé che la legge stabilisca una pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria.
Men che mai, stante il tenore della norma, potrebbe aversi riguardo al tipo di trattamento in concreto irrogato, atteso che la prescrizione è correlata alla pena edittalmente prevista.
Ciò posto, deve prendersi atto che vi sono reati attualmente rientranti nella competenza del giudice di pace, in genere quelli meno gravi, per i quali è irrogabile la sola pena pecuniaria: si tratta dei casi contemplati dall’art. 52/1° co. D.l.vo 274/2000, cioè dei reati originariamente puniti con la sola pena pecuniaria, come la minaccia semplice di cui all’art. 612 cp, e dei casi contemplati dall’art. 52/2° co. lett. a) prima parte, cioè dei reati per i quali era prevista la pena detentiva non superiore a mesi sei alternativa a quella pecuniaria, come nel caso dell’ingiuria di cui all’art. 594 cp.
Valutando il sistema delineato dal nuovo art. 157 cp, commi 1 e 5, deve necessariamente concludersi, non essendo possibile pervenire a soluzioni interpretative diverse, che i reati oggi di competenza del giudice di pace sono soggetti a termini di prescrizione diversi, a seconda che siano puniti con la sola pena pecuniaria, nel qual caso il termine è di anni sei per i delitti e di anni quattro per le contravvenzioni, ovvero, in alternativa, con la permanenza domiciliare o il lavoro sostitutivo, nel qual caso il termine è sempre di anni tre.
Ma un siffatto meccanismo risulta platealmente irragionevole, in quanto, a prescindere da qualsivoglia riferimento alla possibilità di un più rapido “oblio sociale dell’illecito”, si contempla un termine prescrizionale più lungo per reati oggettivamente meno gravi (talvolta di gran lunga meno gravi), in quanto implicanti una minore offesa ad uno stesso bene ovvero lesivi di un bene di rango inferiore.
E’ sufficiente in proposito considerare che se taluno minaccia di picchiare un altro individuo o lo percuote, i delitti di cui agli artt. 612 e 581 cp, puniti con pena pecuniaria, sono soggetti al termine prescrizionale di anni sei, mentre se lo stesso individuo passa effettivamente a vie di fatto, procurando lesioni lievi, il reato, punito anche con permanenza domiciliare o lavoro sostitutivo, è soggetto al termine di prescrizione di anni tre.
Analogamente nel rapporto tra ingiuria e diffamazione.
Ad una siffatta irrazionalità, ascrivibile a malgoverno della discrezionalità legislativa e non emendabile in malam partem, non può ovviarsi che con l’unificazione del termine di prescrizione per tutti i reati di competenza del giudice di pace, nel senso che sia per essi indistintamente applicabile il termine di anni tre, come previsto dall’art. 157 co. 5 cp.
Ciò risponde del resto all’eadem ratio della creazione di un “diritto mite”, in cui la mitezza si rifletta non solo nel trattamento sanzionatorio ma anche nella delimitazione del lasso temporale entro il quale permane l’interesse alla punizione.
La questione è nella specie rilevante, in quanto all’imputato sono contestati il reato di lesioni personali lievi, per il quale è applicabile il termine di prescrizione più breve e che dunque potrebbe considerarsi già prescritto, e i reati di ingiurie e minaccia semplice, per i quali è teoricamente applicabile il termine di prescrizione ordinaria di anni sei aumentabile di un quarto fino a anni sette e mesi sei, o, che è lo stesso, il termine di anni cinque aumentabile fino ad anni sette e mesi sei, previsto dall’art. 157 cp nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dalla L 251/2005, ma che potrebbero parimenti considerarsi prescritti in caso di ritenuta fondatezza della questione di legittimità costituzionale.
P. Q. M.
Visto l’art. 23 L 87/1953,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata per contrasto con l’art. 3 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell’art. 157/5° co. cp, come novellato dall’art. 6 L 25172005, nella parte in cui non prevede che il termine di prescrizione di anni tre si applichi, oltre che ai reati puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, a tutti gli altri reati di competenza del giudice di pace;
sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Dispone che l’ordinanza, di cui è data lettura in udienza alle parti, sia notificata all’imputato, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica.
Perugia, 20-3-2006
Il Giudice
Dott. Massimo Ricciarelli