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Penale.it - Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 24 gennaio 2006 (dep. 02 marzo 2006), n. 7628/2006 (66/2006)

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Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 24 gennaio 2006 (dep. 02 marzo 2006), n. 7628/2006 (66/2006)
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L'abolizione del servizio militare obbligatorio (a seguito dell'introduzione di forze armate esclusivamente professionali, realizzata dalla L. 14 novembre 2000, n. 331, art.1, comma 6) abroga il delitto di rifiuto di prestare detto servizio da parte dei cittadini ad esso tenuti per chiamata di leva e determina - in forza dell'art. 2 c.p., comma 2 - la non punibilita' della condotta di chi in precedenza, allorche' detto servizio era obbligatorio, ha rifiutato di prestarlo ovvero la cessazione dell'esecuzione e degli effetti penali della condanna eventualmente intervenuta

                        REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GEMELLI Torquato - Presidente
Dott. BARDOVAGNI Paolo - Consigliere
Dott. GIORDANO Umberto - Consigliere
Dott. TURONE Giuliano - Consigliere
Dott. PEPINO Livio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
                              SENTENZA
sul ricorso proposto da B.G. n. il ... contro la sentenza 1 febbraio 2005 della Corte di appello di Perugia;
visti gli atti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Livio Pepino,
sentito il Procuratore Generale Dr. Gianfranco Viglietta che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato.
                         
       OSSERVA
1. Con sentenza 1 febbraio 2005 la Corte di Appello di Perugia ha confermato la sentenza 19 luglio 2000 del Tribunale di Orvieto che ha dichiarato B.G.colpevole del reato di cui alla L. n. 230 del 1998, art. 14, comma 2, (perche', non avendo chiesto l'ammissione al servizio civile, rifiutava di prestare il servizio militare, prima di averlo assunto, adducendo motivi di coscienza, in ... e lo ha condannato, concesse le attenuanti generiche, alla pena di sei mesi di reclusione.
Ha osservato la Corte di merito che:
a1) il B. e' stato ammesso al servizio civile sostitutivo, pur non avendone diritto (a causa di precedente presentazione di domanda di arruolamento nella Guardia di finanza), in forza di una falsa dichiarazione (per la quale e' stato condannato, con sentenza 6 aprile 2001 del Tribunale di Orvieto, irrevocabile il 20 luglio 2001, alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione);
a2) detta ammissione  al servizio civile non fa venir meno il reato contestato sia perche' il provvedimento dell'amministrazione sul punto era illegittimo e, dunque, doveva essere disatteso dal Giudice penale sia perche', in  ogni caso, l'impossibilita' di prestare il servizio civile esclude che il rifiuto opposto dal B. alla prestazione del servizio militare possa essere considerato legittimo.
Ha proposto ricorso il B. deducendo:
b1) nullita' della sentenza per mancata correlazione tra l'imputazione contestata (in cui si fa riferimento alla omessa richiesta di ammissione al servizio civile) e quella ritenuta in sentenza (nella quale si fa riferimento  ad  una
ammissione al servizio civile illegittima perche' ottenuta con false dichiarazioni in assenza delle condizioni di legge); b2) illogicita' della motivazione in punto di possibilita', per il Giudice, di disapplicare l'atto amministrativo con cui esso ricorrente era stato ammesso al servizio civile;  
b3) mancanza di motivazione sull'esistenza del necessario elemento soggettivo.
Il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.
2. Preliminare all'esame dei motivi di ricorso e' la verifica  della sussistenza o meno, a seguito della entrata in vigore  della L. 14 novembre 2000, n. 331 (recante "norme per l'istituzione del servizio militare professionale"), di una  situazione rilevante ai sensi dell'art. 129 c.p.p..
2.1. La L. n.331 del 2000, come noto, prevede:
c1) che "le forze armate sono organizzate su base obbligatoria e su base professionale secondo quanto previsto dalla presente legge" (art. 1, comma 7); 
c2) che il "reclutamento su base obbligatoria" e' consentito solo:
a) "qualora  sia  deliberato lo stato di guerra ai  sensi  dell'art.  78 Cost. o una grave crisi internazionale nella quale  l'Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifichi   un aumento della consistenza numerica delle Forze Armate"; b) subordinatamente alla circostanza che "il personale in servizio sia insufficiente e non sia possibile colmare le vacanze di organico mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non piu' di cinque  anni" (art. 2, comma 1, lett. f). In tale ultima ipotesi "il  servizio di leva e' ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri" (D.Lgs. 8 maggio 2001, n. 215, art. 7, comma 3).
Per disciplinare il reclutamento nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore della legge e il funzionamento a regime del nuovo sistema in essa previsto nonche' per regolamentare "la graduale sostituzione (...) dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa" (L. n. 331 del 2000, art. 3, comma 1) e' stato emanato il D.Lgs. 8 maggio 2001, n. 215 il cui art. 7, comma 1, dispone che  "il servizio militare di leva e' sospeso a decorrere dal 1 gennaio  2007" e "fino al 31 dicembre 2006, le esigenze delle Forze armate sono soddisfatte  ricorrendo ai giovani soggetti alla leva nati entro il 1985".
Tale iter e' stato, poi, modificato con L. 23 agosto 2004, n. 226 il cui art. 1 prevede che "le chiamate per lo svolgimento del servizio di leva sono sospese a decorrere dal 1 gennaio 2005" e che "fino al 31 dicembre 2004 sono chiamati a svolgere il servizio  di leva  (...)  i  soggetti nati entro il 1985". 
Per effetto di tale complesso normativo l'ultimo contingente per il servizio militare obbligatorio e' stato chiamato alle armi il ... ed ha terminato il servizio il ..., data in cui  la "istituzione del servizio militare professionale" e' andata a regime.
2.2. Cosi' definito il nuovo quadro normativo (e le relative tappe di realizzazione) si pone il problema degli effetti della sua entrata in vigore sul sistema preesistente.
Un dato appare incontestabile: le disposizioni del D.P. 14 febbraio 1964, n. 237 e dalla L. 24 dicembre 1986, n. 958 (e  successive modifiche) concernenti le modalita' di prestazione del servizio militare obbligatorio di leva sono abrogate ai sensi dell'art. 15, seconda parte, delle preleggi essendo le nuove disposizioni contenute nella L. n. 331 del 2000 incompatibili con le precedenti e regolando la nuova legge l'intera materia gia' disciplinata da quella anteriore. A tale  conclusione non osta - non essendovi alcuna incompatibilita' logica - la circostanza che l'abrogazione si sia verificata gradualmente (L. n. 331 del 2000, art. 3, comma 1) secondo un iter dettato da appositi decreti legislativi (e leggi
modificative) conclusosi definitivamente solo il 31 ottobre 2005.
Ne' vi osta il disposto della L. 331 del 2000, art. 3, lett. h, n. 2, che anzi, prevedendo l'adozione di un decreto legislativo per "indicare espressamente le norme abrogate in materia di servizio militare obbligatorio coordinando le restanti norme in vigore con quelle emanate in attuazione della presente legge", da espressamente atto che l'abrogazione delle norme incompatibili o estranee al nuovo sistema si e' ormai verificata e si limita a prevedere  -  come di regola accade nella emanazione di testi unici in materie complesse  - una (opportuna) opera di chiarificazione  finalizzata ad evitare incertezze e contrasti.
Piu' delicata e' la questione del complesso normativo colpito  dalla abrogazione de qua.
In particolare, e' discusso in dottrina (ed anche nella giurisprudenza di questa Corte) se detta abrogazione investa solo le disposizioni in tema di modalita' di prestazione ovvero la stessa esistenza del servizio militare obbligatorio (a cominciare dalla L. n. 958 del 1986, art. 1, comma 3, nella parte in cui prevede che "sono soggetti agli obblighi di leva tutti i cittadini").
La risposta, nonostante alcune imprecisioni terminologiche contenute nella legge citata e nella produzione normativa  che vi ha dato attuazione, e' quella piu' radicale. Il criterio distintivo tra modifica di un istituto giuridico e sua abrogazione tacita sta infatti - come noto - nella esistenza o meno di una continuita' normativa tra la nuova disciplina e quella precedente (ovvero  nel permanere o meno di identita' degli elementi costitutivi fondamentali delle due fattispecie e dell'interesse tutelato).
Orbene, nel caso di specie, la  disciplina dettata dalla L. n. 331 del 2000 ha inciso proprio sugli elementi fondamentali   del servizio militare obbligatorio (abolendolo in toto in tempo di pace e prevedendolo solo, e in termini eventuali, in  caso di guerra o situazioni assimilate e subordinatamente alla insufficienza quantitativa del personale militare  professionale) e sulla ratio dello stesso (ritenuta maggiore idoneita' ad assicurare la difesa militare dello Stato di  forze armate formate da professionisti rispetto al coinvolgimento di tutti i cittadini dotati dei necessari requisiti).
La radicalita' della modifica determina una evidente soluzione di continuita' tra i due sistemi e non appare qualificabile  altrimenti che come abrogazione del servizio militare obbligatorio di leva e introduzione di un diverso apparato di difesa caratterizzato dal professionismo e dalla partecipazione su base volontaria con possibilita' di integrazione su base  obbligatoria solo in via eventuale e residuale e in caso di guerra (o ipotesi assimilate), alle condizioni stabilite dalla legge.
Ne' contrasta con questa interpretazione del dato normativo la circostanza che l'art.7, comma 1, del D.Lgs. 8 maggio 2001, n. 215 e la L. 23 agosto 2004, n. 226, art. 1 - nel disciplinare il periodo transitorio tra l'entrata in vigore della L. n. 331 del 2000 e la sua applicazione a regime - usino, con riferimento al servizio militare e alle relative chiamate, il  termine  "sospensione": e', infatti, evidente che la terminologia utilizzata per regolamentare l'iter della riforma  (garantendo "la graduale sostituzione dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale civile") non puo' mettere in dubbio o modificare il contenuto e le caratteristiche delle stesse.
2.3. Resta, a questo punto, da affrontare la questione degli effetti dell'abrogazione del servizio militare obbligatorio sulle violazioni, anteriormente commesse, delle norme penali che sanzionano, in vario modo, il rifiuto di prestarlo. In altri termini occorre verificare se trovi o meno applicazione, nella specie, l'art. 2 c.p., comma 2, secondo cui "nessuno puo' essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato".
Il dato di partenza e' noto: "l'istituto della successione delle leggi penali nel tempo riguarda le norme che definiscono la struttura essenziale e circostanziata del reato e conseguentemente, ai fini dell'applicabilita' dell'art. 2 c.p., si deve tenere conto anche di quelle fonti normative che, pur non comprese nel precetto penale, ne integrano tuttavia il contenuto" (cosi', per tutte, Cass., sez. 3^, 1 febbraio - 10 marzo 2005, Pitrella, riv. n. 231228 e Cass., sez.  3^,
12  marzo - 14 maggio 2002, Pata, rivista n. 221943).
Cio' posto, e' di tutta evidenza, alla stregua di quanto si e' detto, che la normativa in tema di leva obbligatoria e' decisiva per individuare il contenuto e i limiti della fattispecie delittuosa di rifiuto della prestazione del servizio militare.
La conseguenza e' obbligata: l'abolizione del servizio militare obbligatorio (a seguito dell'introduzione di forze armate esclusivamente professionali, realizzata dalla L. 14 novembre  2000, n. 331, art.1, comma 6) abroga il delitto di rifiuto  di prestare detto servizio da parte dei cittadini ad esso tenuti per chiamata di leva e determina - in forza dell'art. 2 c.p., comma 2 - la non punibilita' della condotta di chi in precedenza, allorche' detto servizio era obbligatorio, ha rifiutato di prestarlo ovvero la cessazione dell'esecuzione e degli effetti penali della condanna eventualmente intervenuta (cfr., in senso conforme, Cass., sez. 1^, 10 febbraio - 31 marzo 2005, Procuratore Generale in proc. Caruso, riv. n. 231721 nonche' Cass., sez. 1^, 6 maggio - 24 giugno 2005, Taboni, riv. n. 231763 e, con riferimento ad ipotesi affini, Cass., sez.  3^, 4  febbraio  -  27  marzo 2003, Pertot, riv. n. 224243,  secondo  cui "sussiste abolitio criminis  del reato di contrabbando doganale (D.P.R. n. 43 del 1973, art. 282) consistente nell'omissione del pagamento del dazio ad valorem del 6% gravante sull'alluminio in pani proveniente dalla Repubblica Federale Yugoslavia in virtu' della sopravvenienza del regolamento comunitario n. 2007 del 2000, integrato e modificato dal regolamento n. 2563 del 2000 che ha sottratto tale merce ai diritti di confine sulla stessa gravanti, in quanto le norme impositive del dazio costituiscono norme extrapenali integrataci del  precetto penale e, in quanto tali, rientranti nell'ambito di applicazione dell'art. 2 c.p." e Cass., sez. 6^, 9 dicembre 2002 - 16 gennaio 2003, Di Campli Finore, riv. n. 223341, secondo cui  "non integra il reato di esercizio abusivo di una professione la condotta del praticante avvocato, abilitato al patrocinio, il quale  abbia assunto la difesa di un minore nell'udienza di convalida dell'arresto tenuta dal Giudice per le indagini  preliminari del Tribunale per i minorenni, in quanto, nei limiti in cui tale attivita' difensionale e' consentita dalla  norma sopravvenuta di cui alla L. 16 dicembre 1999, n. 47, art. 7, la modifica della norma extrapenale si riflette sulla struttura stessa del precetto penale ed opera, dunque, il principio di retroattivita' della legge piu' favorevole (art. 2, cpv. c.p.)".
3. Alla  stregua  di  quanto precede deve, nella specie, trovare applicazione  l'art. 129 c.p., comma 1, e la sentenza impugnata  deve essere annullata senza rinvio perche' il fatto non e' piu'  previsto dalla legge come reato (assorbendo tale pronuncia i motivi di ricorso).
                               P.Q.M.
Annulla  senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato.
Cosi' deciso in Roma, il 24 gennaio 2006.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2006
 
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